29 giugno, 2018

L' Obolo della Comunità, sue origini


Nella lunga storia del  voto della nostra gente a Barbana non ci sono sempre state rose e fiori.

Nella storia dell' Isola Santuario di Barbana ci fu nel 1720 un' episodio grave che creò un enorme disagio e frizioni tra le autorità comunali e il Padre Guardiano dell'epoca che sbarrò il passo alla solenne processione prima dell'entrata in chiesa sostenendo di non riconoscere altra autorità se non il suo superiore Monsignor Abate dei Frati Minori Conventuali.

Rassegnato il Reverendo cappellano di Grado, impedito ad eseguire il rito, tornò a Grado a tarda notte per trovare il popolo in rivolta avvisato del grave fatto dai suoi rappresentanti  che lo avevano accompagnato al mattino .

Frenate le possibili violenze il Conte di Grado, convocò l' Arengo (assemblea pubblica) che incaricò quattro ambasciatori da spedire a Venezia: 
"perchè spiegassero che la giurisdizione ecclesiastica non aveva diritti sull' Isola posta nelle acque di Grado".

Nel 1721 il Senato Veneziano rendeva ragione solenne alla comunità gradese con maestria politica, avocando a sè la proprietà dell'Isola di Barbana e concedendo in perpetuo alla comunità gradese la rappresentanza della Repubblica con tutte le autorità connesse.

Per i monaci fu riservata la preservazione ecclesiastica  con il relativo obolo per il mantenimento, ovviamente a carico di Grado.

Da qui la tradizionale consegna dell' obolo al Padre Guardiano da parte del Sindaco ad ogni processione per il voto solenne della Comunità.


Miracoli della diplomazia veneziana (un colpo al sercio e un a la bote). 

E le baruffe per il controllo di Barbana tra frati e Grado  continuarono dopo il 1797 quando il territorio passò sotto la giurisdizione francese, ma questa è un' altra storia....

27 giugno, 2018

Procession de Barbana

Domenica, come ogni prima domenica di luglio dal 1237, ci sarà la Processione del Perdon de Barbana che assolve il voto della comunità gradese; grande folla, partecipazione del popolo sia sulle barche che sulle rive, autorità in pompa magna magna.
 La processione a Barbana della prima domenica di luglio è cosa recente (160/170 anni circa).
 Il voto sì, invece è antico (1237 o 1232, la data è sub judice come è ignota la pestilenza che colpì Grado) e veniva sciolto il 2 Luglio (Festa di Santa Elisabetta) da una piccola rappresentanza di gradesi (vedi la Storia di Barbana scritta dal padre francescano Vittorino Meneghin).
 Il vero “Perdòn” di Grado veniva effettuato nel giorno di Pentecoste (chiamata anche Pasqua Rosada) ed era una festa religiosa e civile che durava tre giorni.
 Il “Perdòn” decadde durante l’occupazione francese dell’isola e, passati sotto amministrazione austriaca, si cominciò andare in processione a Barbana il 2 luglio. 
Forse, la processione venne portata alla prima domenica di luglio dopo le pestilenze degli anni ‘30 del 1800 (vedi la lapide murata nel presbiterio della nostra chiesa madre).

Il Video storico è del 1952:

25 giugno, 2018

Strade in Grado


Capita a volte di trovarsi in viuzze poco praticate e ti scappa lo sguardo sul loro nome, è successo per caso; ero in Via Gramaticopulo.

La stranezza della dedica ad un personaggio con un cognome poco comune a Grado e apparentemente avulso alla storia paesana che conosco mi ha incuriosito e spinto a cercarne l'origine.

Sorpreso scopro una parte di storia locale quasi dimenticata della 1^ guerra mondiale:

Gli aviatori a Grado, la loro gioventù e l'inesauribile fiducia i se stessi, la simpatia, il loro farsi voler bene dalla popolazione civile così provata dalla guerra e disorientata dai cambiamenti di fronte, il loro ardimento (già volare con quei catorci di legno e tela era ardimentoso) insomma il meglio della gioventù italiana continuamente in missione di guerra.

La via Gramaticopulo, una viuzza nei pressi del Castelletto è stata dedicata ad uno di questi aviatori ardimentosi.

Ernesto Gramaticopulo di Capodistria, volontario dell'Esercito Italiano con base a Grado fu abbattuto nel giugno del 1917 nel cielo della sua città Capodistria, dalla difesa contraerea.

Il fatto che fosse di origini Capodistriane indica che scelse di combattere con l' Italia contro la patria originaria l' Austria, uno dei tanti che in quegli anni difficili si trovarono a dover fare scelte sanguinose tra Patria e ideali, non un eroe ma figlio del suo tempo che pagò con la vita il suo voler essere italiano.


Il suo sacrificio è stato ricordato dall' Amministrazione Comunale con la dedica di questa via vicino al suo mare. 
 

23 giugno, 2018

Onde sulla battigia





Ho scritto il tuo nome sulla sab...

Ho scritto il t...

Ho scritto il tuo nom...

Ho scrit...


Fanculo!  Lo scrivo domani che oggi il mare è mosso.

21 giugno, 2018

Carattere (brutto)



Per mettere a fuoco l' immagine  del quadro fumino del nostro carattere, quel "vento fuga e bonassa presto" che ha caratterizzato l' esistenza della "gens Graisana" da sempre, vediamo le tracce raccolte da Giuseppe Caprin in "Lagune di Grado"

L' animosità graisana ha origini antiche e da questa traccia storica tratta dal Caprin si capisce che era una dote che i governanti Veneziani utilizzavano e coltivavano con astuzia.

I Gradesi medioevali erano considerati dai Veneziani ottimi armigeri e, per tener in esercizio i giovani e predisporre alla lotta e all' esercizio delle armi la gioventù locale, Venezia consigliava e promuoveva giochi di guerra raccomandando :

I Gradensi, confinanti gli Arciducali, di tratto in tratto ricevevano delle animosità onde il Civico Consiglio nell' anno 1423  comanda

che ognuno di Grado abbia la sua Balestra essendo cosa utile che si usa a tirar per i bisogni della Città, e si compra dalla Comunità un Palio del valore di lire 18 e vi deve tirare in quello nella Pasqua e sia il Palio di panno del color che piacerà alla Comunità, e niuno possa tirar se non sia Cittadino o Abitante.

L' Esercizio alla guerra nei bambini veniva coltivato prevedendo gare di battaglie con armi di legno:
i bambini  venivano divisi in due squadre una detta di Porta Granda e una di Porta Piccola e limitati in un grande steccato posto al di fuori delle due Porte, nell' odierna Piazza, alla presenza di tutto il popolo si sfidavano con spade e coltelli di legno.

Spinti dalle grida dei parenti, i ragazzi si lanciavano  in sfide  che si protraevano nel tempo e, da organizzate inizialmente quasi militarmente, diventavano mano a mano vere e proprie zuffe che alla fine costringevano gli adulti ad intervenire per evitare ferite più o meno gravi.

Questa consuetudine ( si è sopita un duecento  anni fa, ma cova sotto le ceneri sempre) era abituale i sabati dei mesi di giugno, luglio e settembre e si accendeva in modo particolare quando durante l' estate  le famiglie dei pescatori lagunari rientravano in paese e le vecchie questioni familiari si accendevano.

I ricordi miei  di bambino vanno alle "guere per le cube" all' obbligo di partecipare alla bande dei rioni, al controllo feroce del territorio, ora si sa da cosa deriva!

scagni e carieghe solteva per aria
me credevo che fossa 'legria
e in conpagnia soltevo anche me

19 giugno, 2018

Le Barche Bianche


A Grado sotto la Serenissima fino al Seicento, la precedenza sul diritto d'uso dei beni comunali (fondali lagunari, valli da pesca ecc.) si disputava per mezzo di una regata, che si svolgeva in mare, fino ai banchi della Muggia, (che allora era bacino di pesca e chiusa da argini) su gondole dette anche 'barche bianche' lunghe circa 10 metri  "perchè si ungevano col sego onde fossero più veloci nell'andare ... e non si impegolavano mai".  

Servivano in pari tempo per le festività Pubbliche; si costruivano in Grado o negli squeri di Venezia ... 

L'ultima di queste barche bianche venne distrutta intorno al 1880 (vedi Caprin).

Più tardi, verso il diciassettesimo secolo, la scelta dei luoghi di pesca più favorevoli tanto nelle acque di fuori che in laguna, si scommetteva al gioco della sorte. (di solito si trattava del gioco della morra che si teneva all' inizio della stagione nel casone dei "Biviacqua" - per intendersi "al cason de Vitige")

Cosi si è continuato a fare fino a qualche anno fa quando c'era ancora qualcuno che usava la Laguna professionalmente, ma una canzone ancora oggi ben nota tra i pescatori ricorda l'antica gara.

La Regata

De regata se veno impignao
E de bando no cagia a suah!
Forza in pope! Quel remo a premando,
Che a stagando la resta de qua:
Si a sta gondola in banda a subiando
Za j passeno de duta briva!
Oeh! 'l porcuzzo ne meta de 'mpegno
Pope e prova per fahjla tignih!
Ala! primi a tocah 'ndeno 'l segno
Per la megio seragia 'nçernih!

Di regata ci siamo impegnati e stando fermi no si suda! Forza a poppa! quel remo voga avanti, che a stare fermo la barca va male: si a questa gondola a fianco
fischiando la stiamo passando a tutta velocità! Ohe porcellino mettici l' impegno, Poppa e Prua per tenerla dritta. Ala! siamo primi a toccare e andiamo al tocco per scegliere la migliore Serrata.

Val pena notare che Menego Picolo (Domenico Marchesini) usa un dialetto gradese delle origini con termini non più consueti e con l' uso dell' H finale che vale come accento.
A me piace sottolineare lo "Stagare e Premare" termini ormai dimenticati ma importantissimi nell' uso della "batela":
premando: premendo; movimento del remo per far avanzare la barca; 
stagando: remo immobile o all'indietro per arrestarne la corsa.

PIccola Nota: 
Un amico veneziano Massimo Veronese  mi scrive che i due termini sono frutto di una tradizione veneziana:
Il fatto che "premando" o "staindo-stagando" tradotte vogliano dire rispettivamente "premendo" e "restando", è solo una incredibile casualità.
 I due termini derivano da indicazioni di manovra che il prodiere delle antiche "peate" che trasportavano il fieno alle prigioni della Repubblica Veneta dov'erano ubicate le stalle, dava al timoniere. 
Entrando in Rio de la Paja, sulla destra c'erano le stalle. 
Il prodiere gridava al timoniere "và alle stalle", "staissi". 
Nel caso in cui volesse dirgli di andare a sinistra gli gridava "và ai premi", il podio che si erigeva in mezzo alle colonne di Marco e Todaro dove avvenivano appunto effettuate le premiazioni per i motivi più disparati...oltre che tagliare la testa ai malviventi che si erano guadagnati la condanna alla ghiglliottina.
Cristiano Peroni di Grado voga nella foto in una gara di barche bianche a Venezia

17 giugno, 2018

E.T. - Edi Tonon


Nella foto Edi Tonon con Nilla Pizzi in una delle edizioni estive del Festival della Canzone Gradese 

Si sa che la nostra gente è  umorale, navigatori e poeti a  "la biondodio" ma Edi Tonon  li batteva tutti.

Un uomo controcorrente, fine umorista e poeta, pareva lottare ogni giorno per non affondare inghiottito dalla vita quotidiana.

Ma nei suoi scritti, nelle sue poesie diventava un fulmine di guerra, rapido a cogliere l' umore della piazza a tracciare con la penna un affresco della vita del paese, a cogliere le incongruenze del quotidiano e trasformarle in risate per "sfiapà" la tensione.

Edi Tonon fu un vero figlio di Grado , con pregi e difetti, da prendere o lasciare. 
Un talento incredibile per la poesia, le storie. 
Una sensibilità straordinaria, che probabilmente lo faceva soffrire, lo ha portato a descrivere con grande ironia tutto quanto lo circondava senza risparmiare neanche se stesso.

E.T. un alieno caduto a Grado confondendo  "al Palù" con una Laguna Lunare, uno dei grandi autori delle canzoni gradesi che ancor oggi cantiamo, ottanta e più premi letterari in giro per l' Italia, scenografo e regista del Teatro Gradese.
Ci ha lasciato non molto ma aveva un enorme talento, testimoniato anche da Biagio Marin
Resterà comunque sempre nel cuore di tutti i veri "graisani" per il suo modo gentile e distaccato di vivere una vita difficile senza mai farlo a pesare a nessuno.

Il suo libro più bello è "Giosse de un tempo amaro" stampato dall'  Associazione Grado Nostra.

Questa sua poesia è il suo autoritratto:

Egoista

Volaravo una casa in Gravo vecia
nova de drento, neta, ma de fora
sensa tocà,
che la restessa vera.

E v'he drento un logusso duto mio
co' le gno carte, i libri e i gno pinsieri
e vive là,
proteto da quii muri.


Ogni tanto 'ndaravo per le strae
a saludà i amissi, che i ze tanti,
per domandai
se duti i ze cuntinti.

Vivaravo felisse in quel logusso
sensa che 'l vogio mio cognossa el pianto,
sempre cussì,
spetando el gno momento.

15 giugno, 2018

Tagià Tabari (Sparlare)


Una delle doti riconosciute al gradese autoctono è la predisposizione alla musica ed il bel canto, il nostro dialetto ha una cadenza quasi musicale e ben si presta alla scrittura di testi da trasformare in canzoni.
Un' altra dote riconosciuta è la predisposizione alle "ciacole", i "sussurri delle cube" come preferisco chiamarli io.
Tagià Tabari - "Sparlare" -  è uno sport a Grado con campioni ben noti e sempre in allenamento. 
Giovanni Marchesan "Cavalin" in collaborazione con Arturo Marin ha scritto questa canzone che ne fa un quadro efficace:

Tagia Tabari 

Son 'ndào a spetà gno mare là de la paruchiera, 
le femene col casco che le se 'nbrostoleva
 le ciacoleva mal de amissi e de parinti
 pareva de catasse in t'un covo de sarpinti. 

Col comio sora 'l banco bevendo un per de quarti 
i tagia più tabari de sento e vinti sarti, 
le petole le và, comò le piume al vento
 i passa garghe oreta co stò divertimento.

 'Na volta gera peso, ne l'hà contào gno pare, 
i feva anche le gare in duta la region; 
le gare ze stàe fate però ze stào i graisani 
che ha vinto 'l campionato.

I graisani no i hà lengue 
ma i hà spade e baionete,
 co le ciacole i fà a fete 
al più onesto citadin. 

Quela l'hà le ganbe storte 
stò oltro xe un piogìo refào 
quel là al xe bon de ninte...
sò marì 'l xe alculisào, 

Ne vien dite de ogni sorta,
 cativerie un magasin.
ma me creo che sia de vero
 ...solamente un giossetin. 

Graisani buni e cari 
bravi de tagià tabari. 


(Giovanni "Cavalin" Marchesan)

13 giugno, 2018

LIbeccio (garbin)


foto eseguita con tecnica mista pittorico-fotografica

Ieri un giorno de "garbin" - libeccio -, pesante come il piombo con l' umidità che ti si accolla come fosse un pastrano e poi afa...

"Al Garbin" uno lo sente prima di alzarsi; a letto con gli occhi chiusi, le cose si fanno più pesanti, specialmente il corpo, e ogni cosa costa fatica doppia, specialmente pensare.

L’acqua si fa sorda, i rumori cavi e non c’e proprio niente che brilla, fino all’orlo del mondo. 

 Ma prova ad inspirare ed espirare.

No! non è profumo, è un’ odore antico, ancestrale, il sentire umido che percepisci da  quell'instancabile amplesso tra terra e acqua che ti dona il mare.

E' Natura stordente, primitiva.

Odore che il mare lascia dietro di se con quella disinteressata generosità che appartiene soltanto alla Natura.

Profumo denso da innamorata che è dolce e aspro nello stesso tempo.

Poi ti allontani un poco.

Altri odori di casa; sono quelli spessi di porto.

Odore di corda bagnata, di pesce, di nafta e mare aperto.

Odori sonori che sanno di grida di gabbiani, di rumore leggero, come sfrigolio, che fa il sole quando si immerge nell’ acqua, al tramonto.

Garbin, aria e odori di casa.

11 giugno, 2018

Graisanglobal



Ho letto recentemente un' articolo su un settimanale che parlava della nuova forma di comunicazione il "globalenglish" 
Globalenglish la nuova lingua che accomuna tutto il mondo.
Più immagini meno parole, maggior velocità nella comunicazione

Si tratta del nuovo linguaggio usato per lo più in Internet che adatta in tutte le lingue termini della lingua inglese come (media, portali, siti, newsletters, blogs, post ecc....) e accomuna le parole (poche) alle immagini. 

A tale proposito io che seguo  la vita del nostro amato lido di lacrime anche attraverso Facebook  ho constatato che per comunicare sui social  anche noi abbiamo inventato un nuovo tipo di linguaggio:


 il "Graisanglobal" 

uno strano dialetto maccheronico con un mix di parole ancora più complesso del Globalenglish, dove si rinuncia ad ogni tipo di sintassi pur di comunicare qualche cosa.

Si avverte dietro ogni messaggio l' urgenza di comunicare, di far conoscere il proprio pensiero, di imporre le proprie ragioni, allora si sovrappongono parole, le si storpiano, si usano senza capire fino in fondo il loro significato, poi si litiga per un nonnulla , qualcuno URLA, (malta, no, muro) tutto pur di prevalere, di  distinguersi, di avere gli - I Like - numerosi da esporre come trofei.


Questo strano modo di comunicare mi fa pensare che il cemento sociale si stia sfaldando e la cifra connotante la nostra epoca sia la solitudine. 
Quindi strane fantasie, rancori, violenza. 
La verità, secondo me, è che dentro non siamo più solidi: 
è saltato il nostro antico contesto antropologico che si basava sulla cattolicità, sulle tradizioni popolari, sulla famiglia, sul villaggio.

Non ho ovviamente cure da proporre, la libertà di espressione personale è una cosa a cui tengo molto, ma  consiglierei di dare un' occhiata alla proprietà del  linguaggio che si usa per comunicare, perchè lo scambio serva anche a far crescere il profilo culturale che ha proprietà aggreganti che evitano l' isolamento dal contesto sociale e a rinunciare a praticare il celodurismo che va così di moda ma che a Grado non funziona, anzi tende ad isolare.

08 giugno, 2018

Situazioni ambientali in Gradese



C'è stato un momento storico in cui per sapere le previsioni del tempo andavi in diga "sul reparo" e lo domandavi a uno qualsiasi dei vecchi pescatori persi con lo sguardo sul mare a rivangare ricordi.
Quello con un mezzo sorriso di superiorità, iniziava con: " figio tu vighi quii nuoli là in alto comò che i ze sfilaciai, vol dì che ze vento e doman tu varà buora", e via così....con storie mirabolanti e nozioni di navigazione e metereologia alla buona ma di grande esperienza.
Questi, invece,  sono tempi in cui le condizioni metereologiche sono diventate una star di tutti i media compreso internet.
Sento gente, la più improbabile, che fa previsioni consultando lo smarthphone e ti aggiornano sul tempo che farà con piglio professionale, più o meno tutti dimenticano o non sanno che la situazione climatica del nostro Golfo è molto particolare e che di conseguenza è complicato davvero prevedere con precisione oltre le 36 ore il tempo che farà.
Ma comunque non è cosa che crea danno, solo un po di confusione, così per sostenere una conversazione sul tempo che fa o che farà  vi ricordo  in "graisan"come si "nomano" le varie situazioni ambientali:

Bonassa, bonassa in candela(calma di vento); stelao (cielo stellato); pimpignola(tempo tiepido); remolo (scirocco umido);
brusera, solana, sofego, sofegasso (calura); sol che leva (alba); sol a piombo(mezzodi); sol a monte (tramonto); nuolo, cagnoti, nimbi, sente (nuvole);
cargaura, negraura (scuro prima del temporale); caligà de mar, de tera, de busata (temporali);
stratempo, nevera, neverin (tempeste di neve); Sionera (mulinello di vento); 
brisada (brinata); aguasso o sguasso (rugiada); sgrisoleo (piccole onde); redondeo,  refondon (onda lunga di scirocco) sirocal  (burrasca di scirocco); 
cressente (acqua che sale) montana (acqua di piena) dosana (acqua che cala) colma (massimo di marea)
seca (minimo di marea) fele (acqua ferma) punti de acqua,  ordene de acqua (dal ciclo di marea lunare);
fortunal (vento forte); cavaisso (mare mosso e sporco) buriana, burasca, tampesta (burrasca), bave perse  (venti 
di direzione variabile) reganasso (acquazzone),   scrimisin (pioggerella).

Magari il tempo sarà leggermente diverso dalle previsioni, o arriva prima o dopo ( il vento alle volte è molto dispettoso ) ma i termini saranno quelli giusti.

Sapevatelo! 

06 giugno, 2018

Ossi de fantulin





















   "Un corpicino trovato nelle settimane scorse negli scavi in Piazza Patriarca Elia a Grado, ora sottoposto a studio da parte di un’antropologa fisica, a ridosso di Calle Burchio" 
così titola il giornale di questi giorni.
 La storia dei bimbi sotterrati in casa è conosciuta a Grado, io vi racconto questa storia che riguarda un povero bimbo casoner. 
 (mi raccomando non è una notizia è semplicemente una fiaba).

 Grado e la sua gente.
La storia della gente gradese  è fatta di mille episodi raccontati da bocca in bocca, episodi che si arricchiscono e si deformano ad ogni passaggio, assumendo sempre più il colore delle fiabe man mano che il tempo passa.

'Desso se more un fantulin no se se dà pase, ma un tempo i fantulini i gera cussì fissi che no se badeva più de tanto.
Ne muriva tanti de anzoliti e qui sensa batisà i vigniva soterai fora del simisterio.

Un tempo a un casoner i ze morto un fantulin pena nato.
Nissun lo veva batisao e 'l pare nol gera gnanche 'ndao a dalo zo in Comun.
Sto omo no savendo comò fa per soteralo, su la mota mastigagia de l' intemperie no se podeva, l' ha pensao de metelo in t'un cassetin de l' armeron, drento i ha messo un poche de piere, de sora l' ha inciodao do tole e l' ha 'bandonao in mar.

Sto cassetin l' ha scuminsiao 'l so viaso portao de la corente un poco de quà e un poco de là, fin che un zorno in meso Golfo al ze stao visto de un pescaor.
"vara là quela cassa - al sà dito- drento sarà un tesoro!"
Svelto al s'ha 'costao e tirao su la cassa in batelo.
Verta la cassa, al se ha visto i resti del povero fantulin, doboto che i ciapi una sincope.
Passao al momento de paura l' ha scuminssiao  a pensà de cu che al podeva esse sto fantulin, finchè al se ha ricordao de la femena de un casoner che la veva de partorì.

Stò pescaor al ze 'ndao sulla mota del casoner e i ha portao al cassetin col fantulin.
Ze vostro sto povero fantulin morto?- i ha domandao.

Al casoner co lo ha visto al ze scopiao a pianze:
"no catevo più pase de quando che lo he 'bandonao ma...che vevo de fà? Fin a Gravo no podevo 'ndà, vissin cason no se pol soterà e me he pensao de bandonalo in mar.
Ma de quela volta no he catao più pase, no rivevo a durmì perchè che fossa giorno o fossa note,sintivo che 'l pianzeva!".

Cussì giutao del pescaor i lo ha portao a Gravo, fato 'mbenedì e soterao, per fai catà pase, vissin de i oltri anzuliti  fora del simisterio vecio.
Finamente al pare dispiasuo l' poduo dormì in pase.

Questa storia triste ha un fondo di verità e rispecchia le condizioni difficili di vita del tempo cui è narrata, desso i anzuliti no ze bisogno de soterali, no li femo diretamente più nasse. 

04 giugno, 2018

La cultura del Passato-Il detto Popolare



...Fai in modo che il tuo passato sia parte di ciò che diventerai...

Grado, come in tutte le comunità circoscritte, ha molti modi di dire o detti popolari che sono gocce di saggezza condensate.
Fotografavano situazioni e davano soluzioni per gente che considerava la scrittura e la lettura un lusso de "siuri".

Ricordarli per me è un tuffo nel passato, un ritorno alle origini, con mia nonna che alternando le grida per farmi star fermo declamava, per educarmi, continuamente gemme di saggezza popolare.

Comportamenti, costumi, pensieri facevano parte di un patrimonio comune, consolidato e acquisito in maniera naturale da quella pozza d'esperienze che era l'ambito familiare.

Era naturale trasmettere esperienza con i motti popolari che compendiavano in quattro parole l'esistenza.

Vediamone alcuni:

I corni vostri malediti che ze l' arma dei vostri veci

No bisogna magnà duto quel che se ha, no bisogna contà duto quel che se sà.

Un bon e un tristo se confà.

Cò la stela ze vissin a la luna o piova o fortuna.

Garbinasso quel che cato, lasso

Megio un magro acordo che una grassa sentensia.

Per un ciacolon: Tasi pesse brontolo

A sto mondo va fato comò feva Venessia:         la zente se lassa tosà no scortegà

Quando vien la festa se lassa ogni secada, e a bordo de la Radeski se fa la ciacolada.

Se no ze barufa no ze gnanche festa.

Insomma nel passato, pur con le sue contraddizioni e difficoltà, si offriva l'occasione per riflettere e affrontare le difficoltà della vita con ricchezza di spirito e per rendere le persone un po più "persone".

Piero "Canaro" Marchesan (nostro menestrello del passato) scriveva in una sua canzone:

"Ma qui ze ani ormai passai

timpi alegri e spensierai

che mai più ritornarà,
che pecà, che pecà.
Me recordo co gero in sigonda,
la maestra me diseva che la tera ze tonda,
 studiando l'astronomia,
che ze la roba più bela che sia".