Qualche volta San Remo offre dei lati di riflessione, la lettura di una lettera di Antonio Gramsci da parte di Luca e Paolo mi ha emozionato e fatto riflettere sulla necessità dell'Unità d' Italia e i costi per costruirla e mantenerla tale.
E' un momento difficile per la nostra Repubblica, riflettere su queste parole può servire a crescere come cittadino.
Gli indifferenti
L'indifferenza è il peso morto della storia.
E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.
L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.
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Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto.
E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo.
E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini.
Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
-Nono,
RispondiEliminama cu ze Antonio Gramsci?
-Un grando 'taljan, comunista,
'l capo dii comunistti,
che Mussolini, 'l capo dii fassisti,
pre sova e nostra vergogna,
ha fato murì in prezon.
Gnievo, dime, ma cu t'ha ciacolao de Gramsci? 'L mestro a scuola?
-No, nono, ze stao 'l festival de San Remo.
-A San Remo? No, no' posso credete.
C'è una frase di Luca al Festival che fotografa bene chi siamo noi:
RispondiElimina“Io penso ai cazzi miei.”
Insomma, alla fine, il vero inno italico l’ha spiegato Luca Bizzarri, non Benigni.
Un festival può dire molto nel bene e nel male.
Bele parole quele de Gramsci, però incuo dificili. Comò dai torto a Luca, se i paruni i vol 'vè senpre razon (me par 'desse tornao al medio evo 'ndola i leccaculi gera la classe privilegiata)...però zè triste.
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