21 ottobre, 2011

Don Luigi


Ripropongo alla scadenza di un anno della scomparsa di Don Gigi il ricordo scritto da Leonardo Tognon perchè ritengo che don Gigi meriti di più di una accurata biografia e via dimenticato.
Don Luigi era uomo di sentimenti forti, di fede granitica e affettuoso oltre ogni limite, in specie con noi Graisani, attaccato ai giovani e con una sterminata cultura che dispensava con grande accortezza senza farla pesare.

Leonardo, scrive:
Brevi ricordi: Domenica 4 luglio 2010 mentre Francesco Facchinetti del portatori della Madonna di Barbana lancia il suo “ in nome de Dio avanti” la processione via mare del Perdòn si ripete.
La banda civica intona l’Adagio numero Uno ( il ciuntata per noi gradesi), la gente applaude, le signore più anziane si inginocchiano al passaggio, i ritardatari cercano un posto in barca. Lo sguardo è rivolto verso prua, verso il molo molo, vicino alla “bita granda”.
La folla è tanta ma c’è un vuoto immenso, incolmabile manca “don Gigi “ ( monsignor Luigi Pontel).
Un momento di silenzio, alcuni sguardi si incrociano e nel silenzio collaborativo siamo alla ricerca di una risposta: al stà megio.
Al ritorno la musica non cambia: la banda civica continua con l’adagio numero uno , le rosarianti intonano i canti mariani, il profumo di incenso si confonde col salmastro, le ortensie benedette sono state strappate dall’ormamento delle imbarcazioni e fanno bella mostra accanto alla borsetta o vengono lanciate in mare a formare un scia colorata.
Sul molo ad attendere la statua della Madonna degli Angeli migliaia e migliaia di persone: ma non c’è Monsignor Pontel.
Don gigi, al zago ( il chierichetto ) il nomignolo gli era rimasto appiccicato per il suo tratto fanciullesco, per esser bambino al suo arrivo a Grado ( con monsignor Silvano Fain) un tratto da bambino che gli era rimasto sempre anche con l’avanzare dell’età.
Forse perché minuto, biondo con gli occhiali un po’ abbondanti, anche sull’altare con la sua vocina appariva come un zago poi il suo incedere dell’omelia scopriva quanto grande era ed è stato “dongigi”.
Quando lo si chiamava Monsignor si scostava, quasi irretito e riprendeva il sorriso quando il don gigi riparatore giungeva a voce piena. Al zago. Certo che la leggenda metropolitana gradese lo voleva alle volte distratto, non ricordare un’orario o magari dove aveva parcheggiato l’automobile. Sfatiamo questo bel castello: la sua mente era sempre lucida e impegnata, i suoi presunti ritardi erano tutti giustificabili.
Ecco "giustificazione" mai sentito dalla sua voce, piuttosto si assumeva tutte le colpe con il suo immancabile sorriso e cambiando repentinamente discorso.
Attento nel mondo del sociale e politico, gran cultore della politica.
Dal letto di ospedale ci conferma che stava scrivendo un libro del passaggio sociale e politico di queste nostre terre.
Un peccato mortale non pubblicare i suoi appunti.


Ecco, gli appunti, bello sarebbe conoscerli e quindi l'invito a chi vi ha accesso di pubblicarli in qualche modo.

1 commento:

  1. leonardo8:52 AM

    Grassie Ennio, al lavòr de scrive gargossa per don Gigi al xè partìo te domandarè agiuto ma son siguito che questo0 nostro gesto responde al voleè dili grassie.

    "Un anno fa ci salutava Don luigi Pontel, oggi mi regalo una passeggiata partendo dalla sagrestia alla volta del Reparo.
    Un tragitto che riporta anche nella memoria illustri precedenti del sabo e domenega prima de messa.
    ...quattro passi rimuovendo tra ricordi e realtà: la bora spettina anche i ricordi ed è così fredda come la verità del pensiero... ( Segue da Paradiso …paradiso 2 )Festival 2011 (…)
    Dopo tanto tenpo “Son tornao a caminà sora le vecie piere pe’ là de le cube, in mezo ‘l sigheo de’ i fantulini che zòga, tra i balauri e le càneve. E’ de novo caminao sora i marmi e i mosaici de i nobili romani e de’ sacri Patriarchi e, in tè la penobra e ‘l fresco de la Ciesa, è sintio i antighi canti e le preghiere dite sotovoze de le vecie co’l sial nero”.
    (…) Vago 'vanti a la volta de’ magio.
    De sora de ‘l reparo, sono tornao a veghe ‘l golfo e ‘l so mar, un prao blù co’ miera de vele dute colorae; quel mar che ‘l portèva fresca bava liziera e grandi tenporai...
    Cage al sol e [se alsa la luna.]
    la luna l'inpigia le stele.
    Vardo fora ‘l mar, xè [fortuna de buora]
    buora che sùffia e, dal sielo stelao se spande na cansòn: l’orchestra l’ intona na melodìa, su duti le note de un sassofono (l’angorna) de poco rivao lassù, xè quel de un grando artista.
    I nostri i canta a bose e fiao.
    Un cantà co’ la calada…
    la de fianco do veci che consa le arte e, me par de veghe, un sagheto biondo ben petenao col suriso de fantulin.
    Volaravo domandai gargossa ma
    prima che taco a ciacolà al se mete a rìe, el me responde:
    “ Oggi è una bellissima giornata” al saluda e l’intona [un canto…] 'na musica/cansòn ...( continua)

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