11 aprile, 2013
Il Nievo a Grado
La storia del turismo gradese parte dalla fine del 1800, ed è vero per quanto riguarda il turismo mercantile o moderno, ma Grado e i suoi lidi ospitarono vari personaggi politici e culturali ben prima.
Uno di questi, all'epoca poco conosciuto, era Ippolito Nievo imparentato con i Colloredo di Montalbano che avevano una residenza estiva a Belvedere e nel 1856 passò a Grado una ventina di giorni.
Giovane di 25 anni, sognatore, irrequieto, letterato in erba, poeta e ardente garibaldino (fu uno dei mille) scrisse in quel periodo alcuni racconti (le maghe di Grado) dedicati alle sue cugine le Contessine Cassis; dei racconti in forma di diario arricchiti da disegni. (nella foto Piazza Grande)
Certamente la Grado dell'epoca non lo impressionò più di tanto se descrisse i casoni come:
"un gregge confuso di anfibie catapecchie" e il campanile lo definì "scamiciato con su la cima un angelo che perde ora una penna ora un dito".
Paese che diventa all'improvviso ricco di storia in cui i Patriarchi ancora aleggiano, potere delle donne che sanno trasformare la noia mortale in dolcezza lo sbadiglio in sorriso il deserto in giardino.
"Grado, squallido renaio tra mare e laguna, povero nido di un'idioma tra il veneto e il friulano, che da quello ha la dolcezza e la sonorità e da questo ritrae alcuna somiglianza col latino"... così scrive all'inizio il Nievo ma conclude con:
"venga il desiderio di cercare per quei lidi quanti io vi trovai, certo che ne torneranno edificati della piacevolezza del soggiorno, della comodità dei bagni e della cortesia degli abitatori"
Queste cose le diceva centocinquanta anni fa.
Santo subito, e assumerlo al servizio pubblicità e marketing della Git.
La storia del nostro piccolo mondo lo impressionò e ne descrisse la grandezza imperiale e la ricchezza passata.
Rivelando la sua origine anti imperialista e anti clericale descrisse la fastosità della Basilica di S.Eufemia creata a spese dei sacrifici dei pescatori fedelissimi.
L'autore riportò poi i suoi appunti nel romanzo che lo consegnò alla storia della letteratura italiana "Le confessioni di un Italiano"
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