Il lavoro veniva svolto dai batelanti, che prelevavano dai casoni il pesce segnandone la quantità e il proprietario mediante intagli e segni di riconoscimento dei nuclei familiari, su una assicella di legno detta "tessera".
I casoneri si recavano poi il sabato o in occasione di qualche festività a Grado a riscuotere il denaro dovuto.
Gigi Strolo, Giovani Mazaneta e Giovanni Sata e l' ultimo Giovanni Vadori (Peverin): questi i nomi dei batelanti; il loro giro li portava da Anfora a Morgo, da Sototerena a Sdoba.
Mare e laguna erano ricchissimi di pesci, sia come specie sia come quantità, e il vero problema in verità non era catturarlo - a quanto raccontano i vecchi bastava piantare a caso la fiocina nel fondo o calare una togna -ma venderlo.
I batelanti erano anche coloro che diffondevano le notizie del paese in Laguna, quante baruffe - a volte passavano mesi per il ritorno a Grado e le notizie si condivano con la fantasia -sono nate per incomprensioni derivate da uno scherzo del batelante.
Ma la velocità della batela o del passo d'uomo non era certo il modo ideale per consentire una rapida distribuzione e garantire la qualità di un prodotto fragile e deperibile come il pesce.
In questa difficoltà oggettiva sta in buona parte la causa della miseria del passato: l'impossibilità di sfruttare adeguatamente le risorse esistenti per mancanza di comunicazioni e mezzi di trasporto.
Esisteva ed era molto praticato il capillare e spicciolo commercio rappresentato dal baratto del pesce in cambio di farina da polenta o altri viveri svolto quotidianamente dai lagunari più vicini alla terraferma e da un certo numero di donne gradesi, che andavano in Friuli estate e inverno, a piedi, con una gocciolante cassetta di pesce in testa o, chi poteva, con un triciclo.
Nessun commento:
Posta un commento