20 febbraio, 2016

Rivoluzionario mancato


Oggi si parla spesso di grandi cambiamenti e dell' insofferenza alle Istituzioni fortemente degradate dal cattivo esempio dei politici, non si parla di rivoluzioni ma, anche se sottotraccia, grandi stravolgimenti si profilano, almeno me lo auguro.

Quando ero molto giovane e vi parlo del 1964 io studiavo in collegio e già cominciavano a girare idee di rivoluzione studentesca non proprio in Italia ma in Francia.

Durante  l' estate qualche volta mi piaceva far compagnia al mio papà a pesca e parlavo con lui di queste nuove idee.

Mi ricordo di una serata in mezzo al Golfo di Trieste, avrò avuto si e no 16 anni, ed ero in caiccio con mio padre a saccaleva.
Le lampade a gas ( i ferali ) illuminavano a giorno la superficie del mare ed io con la pustia pescavo calamari soto al feral e contemporaneamente controllavo i banchi di pesce che si avvicinavano alla barca attirati dalla luce, dando così un po di tregua al mio papà che poteva riposare.

Ad un certo punto, erano anni di discorsi rivoluzionari ed io ero uno studente ad Udine, ho chiesto al mio papà, che si era svegliato, come mai non avesse scelto una carriera da impiegato, con i timbri, le matite, le penne biro, le gambe delle impiegate da guardare sotto la scrivania, lui serio serio, me lo ricordo bene, mi fa:

in uficio va solo i democristiani, noltri 'ndemo in mar, tu tu ciaculi de fa la rivolussion, alora tu devi 'vè i cali grossi su le mane.

Io non dissi nulla ma da quella volta sta storia della rivoluzione mi è andata un po di traverso, il fatto di doverla aspettare e di farsi venire i calli sulle mani mi rompeva un po le palle.

Comunque, non contento, a casa ho chiesto anche a mio nonno come mai non avesse scelto di fare l'impiegato, la reazione fu sorprendente.

tu son mato - mi disse - noi pescatori siamo le persone più fortunate del mondo, si è vero prendiamo freddo e se bagnemo continuamente con dolori in tutto il corpo, ma tu vol mete,  podemo scorezà quando ne par e piase, tanto in mar cu tu vol che te senta.

Non ci ho pensato mai più, avrei dovuto farmi subito la tessera della Democrazia Cristiana, invece eccomi qua "in mar e scorezo liberamente"  

2 commenti:

  1. "Ma tu vol mete"... in parole semplici una grande parafrasi della libertà. E dell'inevitabile rischio connesso.

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  2. Anonimo mario corbatto ha detto...
    A metà dei ani '70 gero a scuola a Gorissia. Gera al periodo de le grande contestassiuni e la parola "libertà" la gera su la boca de duti. Al nostro professor de matematica gera un omo mundi pratico e sintetico, insoferente de quele che per elo gera solo che macacade, per ninte portào alle ciacole filosofiche, ma grando professor de matematica. Duti quii de la mia classe i sè lo ricorda ancora 'desso cò grando rispeto. Al ne diseva sempre:"libertà, libertà... libertà è mangiare, bere e andare a spasso...". Ma al gera un omo de tera e de siguro no 'l saveva che che voleva dí 'ndà per mar, 'ndola che oltre libertà le gera permesse, ma che elo no l'imagineva, e no'l podeva appressà, perchè fora dei sovi orisunti... Forsi che no 'l veva capìo ninte...? Ma in fin dei cunti, che xè la libertà? Duti vemo un o più paruni e la nostra libertà a un certo punto la finisse, che ne piasa o no... E forsi xè anche giusto cussì. Forsi... Quante volte è sintìo dì:"ma vignarà un giorno che finirè de fà 'l mona per i oltri...". No sè se quel giorno prima o dopo al riva, me è grandi dubi in merito... Ma de siguro cù che xè de Gravo al sà cò bela che xè la libertà de 'ndà in mar, solo per sta in mar, in te la pase del mar... La LIBERTÀ in duti i sinsi... che sia questa la vera graisanità? Un saludo a duti
    (Ciao prof., qualunque che sia al posto 'ndola che tu son)

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