08 ottobre, 2018

Ottobrate


Ottobre è il mio mese per varie ragioni, le più importanti: la nascita di mia figlia e della mia nipotina Alice, ma anche:

Perché è il mese in cui tutto è incerto.    

Perché è l’anello più debole nella catena del tempo e delle stagioni, il passo zoppicante, il tratto di penna più incerto; e come tutti gli anelli deboli alle catene, è quello che lascia intravvedere l’imprevista possibilità della fuga e del ritorno.

Perché si lascia scoprire di soppiatto, come un frusciare d’ali che non t’ aspetti, che senti salire lentamente ed è come un lentissimo tuffo nel battito del sangue.

E' il mese che alle cinque del pomeriggio guardi il cielo e il cielo ha un colore che appassisce. 

Perché ha il sapore dello disfarsi e dello svanire. 
Ma contiene in sé una  promessa, che rimarrà nascosta per altri mesi, e che sarà un rimpianto. 

Perché è il tempo dei progetti e dei ripensamenti, il tempo del futuro semplice e del passato remoto.

Perché è il gesto che socchiude, senza coraggio, non abbastanza sfacciato da sembrare definitivo; ma è in quella sua timida, esitante lentezza che avverti una perentorietà che non ti lascia scampo. 

Perché ottobre non ammette repliche.

E anche perché il mare, a ottobre, è bellissimo. 
Come se riportasse a terra la spossatezza e la folla e gli urli e i giochi e  le corse e le rincorse dell’estate: disfatti. 
Come se li restituisse stancamente volentieri: piccolo omaggio alla transitorietà delle cose umane e lieve sussurro di rassicurazione, pronunciato controvoglia. 

Perché è il mese degli ossi di seppia e delle alghe marce e degli odori sciroccali di acqua salata imputridita. 

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