30 marzo, 2021

COOPERATIVA pescatori--- grado-- tempo di rivoluzioni

La storia è una rassegna di rivoluzioni. Dopo secoli di stanca rassegnazione e sottomissione, a Grado una luce. Uno dei passi in avanti (step) che la Comunità dei pescatori gradesi ha compiuto nel passato recente si può definire rivoluzionario perchè rompeva un archetipo storico di sudditanza. C'è una data che segna una svolta storica tra la Grado peschereccia atavica e quella moderna. 2 aprile 1930. E' la data di costituzione della Società Anonima Pescatori Lagunari di Grado. In un colpo i pescatori si scuotono e riunendosi in 39, tanti sono stati i primi aderenti alla nuova società, si pongono obiettivi comuni, si sottraggono allo sfruttamento dei commercianti e puntano a migliorare, oltre che sotto il profilo economico, anche in quello culturale ponendosi, altresì, anche l'obiettivo della mutualità e dell'assistenza ai meno fortunati. Nel 1932 la Società era attiva nel locale Mercato Ittico vincendo resistenze e boicottaggi dei commercianti. Intando le adesioni crescevano e nel 1940 la Società concludeva con il Comune il contratto di affitto della "Valle Artalina" tuttora in corso e finalmente si dotava di una sede sociale di proprietà in Riva Dandolo. Veniva così sfatata così in pochi anni la diceria dei compaesani "scartossiti" e foresti "sensai" che consideravano la categoria dei pescatori "poveri e ignoranti" e creando una diceria nuova: "i ze carghi de soldi e i li mete soto al stramasso" . A questo proposito devo dire che mio padre, che era pescatore, si è dimenticato di dirmi soto qual stramasso li ha missi. Nianche a cason soto al pagion li he catai !

29 marzo, 2021

"graisani de Palu' ------------------"casoneri e scartossiti

La vita dei casoneri di un tempo era una vita condotta per la maggior parte all'interno della famiglia, i contatti con il mondo esterno erano molto limitati e soltanto le grandi occasioni religiose, o faccende personali serie, richiamavano i pescatori di laguna a Grado A Grado un tempo, ma non proprio tanti anni fa, c'era una frattura ben chiara tra la popolazione che abitava la laguna (casoneri o graisanati) e la gente del paese che si riteneva superiore per censo e per istruzione ai pescatori. I Pescatori di Palù  (Casoneri) ricambiavano con spregio e definivano i paesani "scartossiti", modo ironico per descrivere il loro abbigliamento che con giacche e cravatte li facevano somigliare a pacchettini regalo. Anche il dialetto in Laguna era diverso, più arcaico e meno influenzato da vocaboli esterni quello lagunare, più aperto a contaminazioni quello del paese abituato a rapporti stretti con il retroterra friulan-giuliano triestino. Il modo di vivere era profondamente diverso, attaccati alle tradizioni e alla stagionalità naturale i pescatori di Laguna, poco ciarlieri e con poca necessità di parole al di la dello stretto necessario.

28 marzo, 2021

S.Marco storie e difficoltà per l' arrivo del Santo, un intrigo per il Santo Padre evangelista S.Marco


In lettereratura in un link trattato dal web Il Nuovo Mondo Di Galatea commistiona con due avventurieri due mercanti da l’ ordine sl Doge di recuperare le ossa dell’ Apostolo Marco di Gesù per una ragione geopolitica importante: bello l’intravedere di due mercanti, bravi ed avventurieri a missione di una missione perfetta e difficile L’ autrice  Galatea Vaglio, letta più volte sui Galatea vaglio è veramente brava nel inferire e commentare la storia con effetto dirempenti, una storia intrecciate mille e più volte nell’ analisi storica credibile. io l’ho fatto e un paio dei miei libri li ho letti con piacere, spero sia così anche per voi. ennio La storia la sanno tutti, persino chi non è veneziano. 
Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava. La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa, il corpo di San Marco, apostolo di Gesù che la leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete

Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro. grado nella stazione di Aquileia e Grado le cose non erano proprio così. 

Accadde oggi: Rustico da Torcello e Bon da Malamocco trafugano il corpo di San Marco e lo portano a Venezia Giustiniano Parteciaco e i due mercanti James Bond La storia la sanno tutti, persino chi non è veneziano. Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava. La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa, il corpo di San Marco, apostolo di Gesù che la leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete. Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro. Rustico da Torcello e Bon da Malamocco e il corpo trafugato Ci sono i due mercanti, che vengono da Torcello e Malamocco, e non è un caso. Sono i due centri che per primi sono stati abitati in laguna, ma che ora stanno perdendo potere e centralità, perché i Parteciaco hanno trasferito il centro del comando dove lo troviamo ora, fra San Marco e Rialto. E allora che siano due mercanti uno di Malamocco e l’altro di Torcello gli incaricati del doge è un po’ puntare su un generale volemose bene, un atto fondativo nelle concordia: Torcello e Malamocco siete ormai periferia, ma guardate, gli eroi nazionali sono vostri, no ste’ a lagnarve, Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava. La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa,che la l il corpo di San Marco, apostolo di Gesù leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete. Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro.Accadde oggi: Rustico da Torcello e Bon da Malamocco trafugano il corpo di San Marco e lo portano a Venezia Giustiniano Parteciaco e i due mercanti James Bond La storia la sanno tutti, persino chi non è veneziano. Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava. 

La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa, il corpo di San Marco, apostolo di Gesù che la leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete. Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro. Rustico da Torcello e Bon da Malamocco e il corpo trafugato Cattedrale di Torcello mosaico interno. I due vanno e rubano un corpo, o meglio un mucchietto d’ossa, che poi vedremo non è nemmeno certo che siano quelle giuste. Ma rubarle è una cosa, portarle fuori da Alessandria un’altra, perché i musulmani sono poco attenti a far la guardia alle tombe, ma quando si tratta di far pagare i dazi al porto hanno mille occhi come Argo. E allora Rustico e Bon hanno un colpo di genio: le ossa di San Marco le nascondono dentro un barile di carne di maiale. I doganieri musulmani quello schifo non la possono nemmeno sfiorare e così, voilà, San Marco sale sulla nave coperto da un manto di culatello e arriva a Venezia, dove il doge commosso premia i due furfanti e ordina che venga costruita San Marco vicino al Palazzo Ducale. Accadde oggi: Rustico da Torcello e Bon da Malamocco trafugano il corpo di San Marco e lo portano a Venezia Giustiniano Parteciaco e i due mercanti James Bond La storia la sanno tutti, persino chi non è veneziano. Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava. La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa, il corpo di San Marco, apostolo di Gesù che la leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete. Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro. Rustico da Torcello e Bon da Malamocco e il corpo trafugato Cattedrale di Torcello mosaico interno (foto mia) I due vanno e rubano un corpo, o meglio un mucchietto d’ossa, che poi vedremo non è nemmeno certo che siano quelle giuste. Ma rubarle è una cosa, portarle fuori da Alessandria un’altra, perché i musulmani sono poco attenti a far la guardia alle tombe, ma quando si tratta di far pagare i dazi al porto hanno mille occhi come Argo. E allora Rustico e Bon hanno un colpo di genio: le ossa di San Marco le nascondono dentro un barile di carne di maiale. I doganieri musulmani quello schifo non la possono nemmeno sfiorare e così, voilà, San Marco sale sulla nave coperto da un manto di culatello e arriva a Venezia, dove il doge commosso premia i due furfanti e ordina che venga costruita San Marco vicino al Palazzo Ducale. I Parteciaco e i retroscena della storia più antica di Venezia Fin qui la storia, che sfuma nelle leggenda. Dietro però c’è tutto il contorno, che un po’ la leggenda la spiega, un po’ fa intuire come si sia formata. Ci sono i due mercanti, che vengono da Torcello e Malamocco, e non è un caso. Sono i due centri che per primi sono stati abitati in laguna, ma che ora stanno perdendo potere e centralità, perché i Parteciaco hanno trasferito il centro del comando dove lo troviamo ora, fra San Marco e Rialto. E allora che siano due mercanti uno di Malamocco e l’altro di Torcello gli incaricati del doge è un po’ puntare su un generale volemose bene, un atto fondativo nelle concordia: Torcello e Malamocco siete ormai periferia, ma guardate, gli eroi nazionali sono vostri, no ste’ a lagnarve, fioi. Ci sono i Parteciaco, che lasciatemelo dire, in questo scorcio di secolo sono come gli Ewing a Dallas negli anni ‘80: una di quelle famiglie che possono di tutto e di più. Il patriarca Agnello, detto anche Angelo in fonti più tarde, che trasformano il cognome in un più latineggiante Partecipazio, è salito al potere grazie all’appoggio dei Bizantini che in laguna hanno menato Pipino figlio di Carlo Magno, e con Costantinopoli ha un rapporto saldo e tenace. Ci ha mandato come ambasciatore il figlio Giustiniano, che già dal nome si capisce per chi tiene, e poi ci manderà in esilio il secondogenito Giovanni che gli si era ribellato, perché a Costantinopoli ha amici che lo possano tenere sotto controllo e evitare che crei rogne con l’imperoGiustiniano Parteciaco, come l’omonimo imperatore, è ambizioso e scontroso, ma si trova in mezzo ad uno dei soliti contrasti religiosi che costellano il Medioevo. I patriarchi di Aquileia e di Grado, infatti, si stanno baruffando fra loro, più perché entrambi vogliono il potere terreno che per questioni dottrinali, ma la nascente Venezia è in mezzo. Il papa li vuole riunificare in un’unico patriarcato, ai Veneziani la cosa scoccia, perché ormai Venezia è la città emergente e le altre due sono insediamenti minori e relitti di un lontano passato.Allora il colpo d’ala: per accreditarsi come futura sede ecclesiastica ci vogliono, all’epoca, reliquie di un certo livello. E quale reliquia può essere più prestigiosa di quella dell’apostolo che convertì le lagune? Insomma, Grado e Aquileia, tiè: il santo di riferimento per il nostro territorio lo abbiamo noi. Che poi sul fatto che quello che arriva a Venezia sia davvero il corpo di San Marco ci sono diversi e fondati dubbi. Ad Alessandria dai tempi di Marco era successo di tutto, e le tombe dei martiri cristiani erano in sbaracco. Quella che tutti credono la tomba dell’apostolo, addirittura, dicono alcuni studiosi anche moderni, forse non lo era affatto, ed era invece il perduto mausoleo che avrebbe custodito il corpo di un altro grande dell’antichità, Alessandro Magno. Certo, sarebbe un bel gioco di prestigio che quelle arrivate a Venezia non fossero le ossa di Marco ma quelle di Alessandro, anche se la ricostruzione sembra improbabile. Ma poi come al solito quello che conta è il mito che attorno a quelle quattro ossa nasce e cresce. I Parteciaco fanno fondare la basilica e grazie al corpo di Marco (e al suo potere di grande porto commerciale) in poco tempo Venezia diverrà il centro principale riconosciuto delle lagune, alleata di Bisanzio e Giustiniano Parteciaco non vedrà la basilica finita, morirà poco dopo affidando il compito di continuare i lavori alla moglie. Il fratello Giovanni si farà cacciare da una rivolta e la dinastia dei Parteciaco finirà nel nulla. Lascerà però la chiesa di San Marco in fieri e il convento di Sant’Iliario alla foce del Brenta, qualche anno fa oggetto di scavi. sede di un suo patriarcato. E la leggenda dei due mercanti un po’ furfanti, un po’ spie, un po’ agenti segreti, che contrabbandano ossa sacre sepolte nella carne impura dei maiali destinata a far cichèti, dimostrando che in fondo i santi si trovano bene anche assieme ai bricconi in osteria. Anzi, trattandosi di Venezia, in un bacaro.Giustiniano Parteciaco, come l’omonimo imperatore, è ambizioso e scontroso, ma si trova in mezzo ad uno dei soliti contrasti religiosi che costellano il Medioevo. I patriarchi di Aquileia e di Grado, infatti, si stanno baruffando fra loro, più perché entrambi vogliono il potere terreno che per questioni dottrinali, ma la nascente Venezia è in mezzo. Il papa li vuole riunificare in un’unico patriarcato, ai Veneziani la cosa scoccia, perché ormai Venezia è la città emergente e le altre due sono insediamenti minori e relitti di un lontano passato.Allora il colpo d’ala: per accreditarsi come futura sede ecclesiastica ci vogliono, all’epoca, reliquie di un certo livello. E quale reliquia può essere più prestigiosa di quella dell’apostolo che convertì le lagune? Insomma, Grado e Aquileia, tiè: il santo di riferimento per il nostro Che poi sul fatto che quello che arriva a Venezia sia davvero il corpo di San Marco ci sono diversi e fondati dubbi. Ad Alessandria dai tempi di Marco era successo di tutto, e le tombe dei martiri cristiani erano in sbaracco. Quella che tutti credono la tomba dell’apostolo, addirittura, dicono alcuni studiosi anche moderni, forse non lo era affatto, ed era invece il perduto mausoleo che avrebbe custodito il corpo di un altro grande dell’antichità, Alessandro Magno. Certo, sarebbe un bel gioco di prestigio che quelle arrivate a Venezia non fossero le ossa di Marco ma quelle di Alessandro, anche se la ricostruzione sembra improbabile. Ma poi come al solito quello che conta è il mito che attorno a quelle quattro ossa nasce e cresce. I Parteciaco fanno fondare la basilica e grazie al corpo di Marco (e al suo potere di grande porto commerciale) in poco tempo Venezia diverrà il centro principale riconosciuto delle lagune, alleata di Bisanzio e soprattuto sede di un suo patriarcato.E la leggenda dei due mercanti un po’ furfanti, un po’ spie, un po’ agenti segreti, che contrabbandano ossa sacre sepolte nella carne impura dei maiali destinata a far cichèti, dimostrando che in fondo i santi si trovano bene anche assieme ai bricconi in osteria.

27 marzo, 2021

NEBBIA


Nebbia.

Nient’altro che nebbia 

attorno a me.

Il mondo è celato,

nascosto, oscurato.

Un velo grigio lo copre,

spesso manto asfissiante.

Contorni sfumati,

forme imperfette, indistinte.

Nebbia.

Confusione.

Angoscia.

Ogni passo 

è un tuffo nell’ignoto.

Le mani cercano, affannose,

un appoggio.

Un qualcosa di concreto, reale

Qualcosa che non sia nebbia.

Mi muovo a passi lenti,

insicuri.

Gli occhi, come ciechi,

cercano disperati

di scorgere qualcosa,

oltre quel velo,

oltre quel grigio,

oltre la nebbia.

La testa gira,

confusa, angosciata.

La nebbia penetra in essa.

E tutto diventa confuso,

i pensieri sfumati,

oscurati dalla paura.

Le ginocchia si piegano, 

impotenti.

La testa si china,

le mani salgono a sorreggerla.


 


E poi, 

dopo un’ora,

dopo un giorno,

dopo un mese,

dopo un anno…


 


…il sole.


 


La nebbia si dirada,

l’angoscia svanisce,

l’azzurro del cielo torna a regnare.

Mi rialzo,

trionfante,

la gioia nel cuore.

 «Non potrà esserci nebbia per sempre.

Qualunque cosa accada, il sole tornerà a brillare.»



 


26 marzo, 2021

a sig. lisco e le scoreze


Oggi si parla spesso di grandi cambiamenti e dell' insofferenza alle Istituzioni fortemente degradate dal cattivo esempio dei politici, non si parla di rivoluzioni ma, anche se sottotraccia, grandi stravolgimenti si profilano.


Quando ero molto giovane e vi parlo del 1964, io studiavo in collegio, e già cominciavano a girare idee di rivoluzione studentesca non proprio in Italia ma in Francia.


Durante  l' estate qualche volta mi piaceva far compagnia al mio papà a pesca e parlavo con lui di queste nuove idee.


Mi ricordo di una serata in mezzo al Golfo di Trieste, avrò avuto si e no 16 anni, ed ero in caiccio con mio padre a saccaleva.

Le lampade a gas ( i ferali ) illuminavano a giorno la superficie del mare ed io con la pustia pescavo calamari soto al feral e contemporaneamente controllavo i banchi di pesce che si avvicinavano alla barca attirati dalla luce, dando così un pò di tregua al mio papà che poteva riposare.


Ad un certo punto, erano anni di discorsi rivoluzionari ed io ero uno studente ad Udine, ho chiesto al mio papà, che si era svegliato, come mai non avesse scelto una carriera da impiegato, con i timbri, le matite, le penne biro, le gambe delle impiegate da guardare sotto la scrivania, lui serio serio, me lo ricordo bene, mi fa:


in uficio va solo i democristiani, noltri 'ndemo in mar, tu tu ciaculi de fa la rivolussion, alora tu devi 'vè i cali grossi su le mane.


Io non dissi nulla ma da quella volta sta storia della rivoluzione mi è andata un po di traverso, il fatto di doverla aspettare e di farsi venire i calli sulle mani mi rompeva un po le palle.


Comunque, non contento, a casa ho chiesto anche a mio nonno come mai non avesse scelto di fare l'impiegato, la reazione fu sorprendente.


tu son mato - mi disse - noi pescatori siamo le persone più fortunate del mondo, si è vero prendiamo freddo e se bagnemo continuamente con dolori in tutto il corpo, ma tu vol mete,  podemo scorezà quando ne par e piase, tanto in mar cu tu vol che te senta.


Non ci ho pensato mai più, avrei dovuto farmi subito la tessera della Democrazia Cristiana, invece eccomi qua "in mar e scorezo liberamente" 


Dai, Ennio! Era una metafora della libertà...,io non avevo la tessera d.c.;le mie mani, sarebbero diventati belle grosse e callose ma vuoi mettere essere libero di far quel che ti piace, anche se solo scorezà liberamente dove ti pare. un po di libertà doveva per forza far passare un pò di fatica per muoverti liberamente, tra l'altro Seguendo il mio papà era propria in una barca simile alla mia di pesca, che poi mi sono pippato 40 anni di pesca in tutte le condizioni di mare.

ma tu vol mete, scorezà liberamente-

ennio pasta.



25 marzo, 2021

Le Scoreze di Mare

Passato il solstizio d' estate la voglia di mare aumenta e quindi ci si immerge nel misterioso mondo marino con i suoi protagonisti alquanto strani e sconosciuti ai più.


A tale proposito c'è un fenomeno marino abbastanza strano che può capitare di incontrare in vicinanza della battigia.


L' altro giorno mi son sentito chiedere dalla mia nipotina se esistono le "Scorese di mare"   per una seria ricerca scolastica dell' ambiente marino locale ( non me l' ha detto esattamente così, poverina, sono io il nonno che interpreto in gradese patocco le sue parole)


Per quanto ne so le scorese di mare esistono sì ma non sono organismi marini veri e propri ma fenomeni naturali, legati alla proliferazione di organismi di piccole dimensioni, uni o pluricellulari, di solito alghe e/o fitoplancton (insieme di organismi presenti nel plancton), che si trovano alla base della catena alimentare marina. 

Sembra galleggino a mezz' acqua assumendo forme sempre diverse man mano che si spostano con le correnti, dilatandosi comprimendosi e modificando sempre la sfera che le forma.


Non sono puzzolenti e non sono particolarmente viscide al tatto, non sono assolutamente pericolose.


Quelle umane  invece sono tutto un' altra cosa e a tale proposito, ricercando sul web - ormai si fa tutto ricercando sul web - mi sono imbattuto in questo poeta dialettale veronese che le descrive benissimo:

           la braza coerta:


Gh'è quela che tase:

bison star a l'erta

chè quela l'è propio

na brasa coèrta: 


 la nasse de sfroso,

la sloia a l'inglese,

la fa vègnar gialo

piassè de un cinese.


Gh'è quele dei bòcia

che jè ancora tate

le par che le g'àbia

la boca da late. 


 Gh'è quele che mòla

le fiole e le spose:

che jè ciaciarine,

che jè caprissiose.


 Gh'è po' le scorese

del bon manoval

che solo a sfiorarte

le pol farte mal. 


 I furbi avocati

g'à quele che spela

e par vègnar fora

le vòl la parcela.


E quele dei preti

le vien de scondon

lassando ne l'aria

na benedission. 


 Le sane scorese

tirà dai dotori

le tien le distanse,

l'è roba da siori.

de Monaldo Tòdaro


Un mondo vicino al nostro di grande saggezza e arguzia con un dialetto che si legge con facilità da chi come noi ha un dialetto affine.


24 marzo, 2021

la BATELA


Un tempo In laguna i casoneri erano stanziali ma il prodotto della pesca quotidiana doveva essere venduto, allora ecco l'esigenza di un efficiente servizio di raccolta.


Il lavoro veniva svolto dai batelanti, che prelevavano dai casoni il pesce segnandone la quantità e il proprietario mediante intagli e segni di riconoscimento dei nuclei familiari, su una assicella di legno detta  "tessera". 


I casoneri si recavano poi il sabato o in occasione di qualche festività a Grado a riscuotere il denaro dovuto.


Gigi Strolo, Giovani Mazaneta e Giovanni Sata e l' ultimo Giovanni Vadori (Peverin): questi i nomi dei batelanti; il loro giro li portava da Anfora a Morgo, da Sototerena a Sdoba.


Mare e laguna erano ricchissimi di pesci, sia come specie sia come quantità, e il vero problema in verità non era catturarlo - a quanto raccontano i vecchi bastava piantare a caso la fiocina nel fondo o calare una togna -ma venderlo.


I batelanti erano anche coloro che diffondevano le notizie del paese in Laguna, quante baruffe - a volte passavano mesi per il ritorno a Grado e le notizie si condivano con la fantasia -sono nate per incomprensioni derivate da uno scherzo del batelante.


Ma la velocità della batela o del passo d'uomo non era certo il modo ideale per consentire una rapida distribuzione e garantire la qualità di un prodotto fragile e deperibile come il pesce. 


In questa difficoltà oggettiva sta in buona parte la causa della miseria del passato: l'impossibilità di sfruttare adeguatamente le risorse esistenti per mancanza di comunicazioni e mezzi di trasporto.


Esisteva ed era molto praticato il capillare e spicciolo commercio rappresentato dal baratto del pesce in cambio di farina da polenta o altri viveri svolto quotidianamente dai lagunari più vicini alla terraferma e da un certo numero di donne gradesi, che andavano in Friuli estate e inverno, a piedi, con una gocciolante cassetta di pesce in testa o, chi poteva, con un triciclo. 



23 marzo, 2021

la GRADESE--- CALCIO




GRADO Ricordare la

Gradese attraverso uno

dei personaggi più importanti

della storia della società

per la valenza didattica

dei suoi insegnamenti

di gioco e di vita verso

i più piccoli. È quanto ha

deciso la dirigenza lagunare

presieduta da Angelo

Marin incentrando la

rievocazione dei 60 anni

di vita della gloriosa

squadra rossoscudata (è

nata nel 1950 a seguito

della fusione di due squadre

amatoriali) nel ricordare

“Massi Tachèlo” ossia

Massimiliano Cicogna.

Sarà, infatti, un quadrangolare

tra i pulcini

delle migliori squadre

della regione e la formazione

locale a dar vita al

“Memorial Massi Tachèlo”.

Sono pure previsti

una mostra fotografica

e la proiezione di video

storici.

Il torneo e i semplici

ma significati festeggiamenti

sono previsti domenica

prossima. Quest’anno

la Gradese gioca in seconda

categoria. È da sola

al comando del girone

ma a seguirla da vicino

vi sono alcune quotate

formazioni. Fra queste il

Moraro che proprio domenica

giocherà alla

Schiusa.

Sarà una giornata di festa

per ricordare le grandi

avventure, gli incredibili

successi che hanno

portato la Gradese a giocare

addirittura in Serie

D. Per far capire quanto

la formazione lagunare

sia nei cuori della gente

del luogo basta vedere la

foto del campionato

1973-1974 con la tribuna

della Schiusa gremita.

Quell’anno i rossoscudati

non solo si aggiudicarono

il proprio girone di

Prima categoria ma conquistarono

anche, battendo

il Maniago, il titolo regionale

di categoria. Nella

storia della società vi

sono racconti, leggende,

ricordi e avvenimenti, diciamo

così, poco esaltanti.

Un tempo al seguito

della Gradese c’erano

sempre centinaia se non

migliaia di persone. Basta

forse ricordare lo spareggio

promozione con la

Gemonese, anche questo

vinto dai gradesi, disputato

a Palmanova dinnanzi

a 2mila spettatori. Per

certe trasferte al seguito

dei lagunari c’erano fino

a sei corriere di tifosi. Allora

c’erano i derby, quelli

veri, sentiti pieni di

sfottò e di “azioni sceniche”.

Con l’Aquileia in

particolar modo ma anche

con Cervignano, Terzo,

Fiumicello, Gonars,

San Giorgio. Poi sono arrivati

quelli col Pieris e

altre località bisiache.

La Gradese compie sessant’anni

ma ben prima

l’Isola ha avuto delle

squadre come la Pro Grado,

la Libertas Grado con

presidente Gerolamo Rodenigo,

l’Unione sportiva

Gradese, la Gradese Calcio

e oggi l’Associazione

sportiva Gradese calcio.

Senza contare in tempi

più recenti il Grado calcio

e il Centro giovanile

operaio Gradese. E quanti

calciatori lagunari hanno

calcato le scene nazionali

e anche internazionali.

Ricordare Mario David

che ha persino disputato

con la maglia della nazionale

italiana il campionato

del mondo in Cile significa

partire dall’apice

ma non si possono non

menzionare Andrea Tessarin

che giocò nel Genoa

e fece anche un provino

con la Juventus. E

poi Aredio Gimona, i Raise,

Nino Marin, Nico Mazzolini

per arrivare a Marzio

Lugnan che ha giocato

con l’Atalanta.

Domenica, dunque, i festeggiamenti.

Alle 9 ci sarà

il via al “Memorial

Massi Tachèlo”. Prima

della partita fra Gradese

e Moraro all’interno del

chiosco-bar si potrà visitare

la mostra storica e

assistere alla proiezione

di un filmato storico,

quindi verso le 17 commenti

e moviola sulla gara,

premiazioni dei pulcini



La BANDA

L’esistenza a Grado di un Gruppo bandistico risale al 1861 con finalità prevalentemente di intrattenimento musicale dei turisti nel periodo estivo.




Giunti al termine dell'anno scolastico, gli Allievi della Scuola di Musica promossa dall'Associazione "Banda Civica Città di Grado" si esibiranno per genitori ed amici in un:



 Saggio dell' attività svolta

L'anno appena trascorso ha visto una notevole affluenza di iscritti ai corsi promossi, sia per quanto concerne la teoria e propedeutica musicale che per i corsi di strumento musicale ad indirizzo bandistico, per un totale di circa 40 allievi, seguiti da cinque insegnanti diplomati nelle varie discipline. 


Senza dubbio il merito di tale successo spetta al Consiglio Direttivo dell'Associazione ed al maestro Nevio Lestuzzi, direttore della Scuola di Musica, che hanno saputo, in particolar modo negli ultimi quattro anni, rinnovare la gestione della Scuola anche con la collaborazione di giovani, ma ben preparati, docenti. 


"Il nostro obiettivo per l'anno prossimo è quello di incrementare ulteriormente gli iscritti affinchè venga sempre mantenuta la nostra tradizione bandistica, che conta 150 anni di storia, anche e soprattutto facendo entrare la Banda Civica all'interno degli istituti scolastici, sia con la promozione di corsi di propedeutica musicale per le classi della scuola primaria, che con veri e prorpi corsi strumentali per le classi della scuola secondaria di primo grado."


Gli insegnanti sono Maria Giulia Cignacco (teoria e solfeggio), Federica Cecotti (flauto traverso), Max Ravanello (ottoni) e Pietro Sponton (percussioni), coordinati dal maestro Nevio Lestuzzi (che insegna contemporaneamente clarinetto e sax), direttore anche del complesso bandistico.


Attualmente i corsi della Scuola di Musica della Banda Civica Città di Grado sono  gratuiti per ferma volontà del Consiglio Direttivo, che intende mantenere la civicità dell'istituzione bandistica riamanendo quanto più possibile aperta ed attenta nei confronti dei nostri concittadini. 


21 marzo, 2021

Wiwa la Scuola


E' un' alba strana, silenziosa più del solito.

L' Istruzione a Grado, come tante altre cose è cosa del 19° secolo. 


Con metà della popolazione sparsa per la Laguna era complicato dare un' istruzione a tutti i bambini ed in ogni caso fu solo con la riforma della scuola verso il 1870 che l' Imperatore d' Austria volle fortemente (dovette affrontare una scomunica del Papa per averla voluta)  ci si trovò a Grado a parlare di scuola obbligatoria per tutti perchè sino a quel momento la scuola era cosa da preti, che scatenarono un putiferio quando venne applicata, con continue omelie in chiesa per convincere i genitori che la scuola pubblica fosse la scuola del diavolo.


La prima vera scuola a Grado esordì con il 1909 con quattro classi elementari, (la quinta venne aggiunta dopo e denominata corso di perfezionamento) i ragazzi e ragazze che la frequentavano non erano del tutto avezzi alla disciplina scolastica abituati com'erano a nessun controllo da parte di genitori troppo impegnati con la sopravvivenza per preoccuparsi dell'istruzione dei figli. 


La laguna era ancora tabù, ma sotto la spinta del nuovo ordine fascista, che puntava all' emancipazione globale degli italiani, inaugurarono prima a Porto Buso poi a Montaron delle scuole per i figli dei "casoneri".


Tra tanti maestri bravi e pazienti, c'è stato nel secondo dopoguerra un maestro elementare che si può definire eroico.

Il Maestro Bellucci

La sua destinazione fu la scuola di Anfora-Porto Buso aperta verso la fine del 1930. 


In meso al Palù, disperso e solo si occupò dell'educazione dei bambini di quella piccola comunità (vedi foto, nel riquadro più chiaro "Filomena") dal 1948 al 1953.

 In un' unica classe mista dalla prima alla quinta con santa rassegnazione tentò di portare la ragione in"quele suche dure"



Suo figlio Filiberto mi ha  testimoniato che:

"Gno pare xe stao a scuola a Buso dal '48 al '53... e la vuo le suche più eroiche del palù!!!!!



Onore al merito e giusto ricordarne l'impegno, rivolto anche successivamente, sul sociale di