30 marzo, 2021
COOPERATIVA pescatori--- grado-- tempo di rivoluzioni
29 marzo, 2021
"graisani de Palu' ------------------"casoneri e scartossiti
28 marzo, 2021
S.Marco storie e difficoltà per l' arrivo del Santo, un intrigo per il Santo Padre evangelista S.Marco
In lettereratura in un link trattato dal web Il Nuovo Mondo Di Galatea commistiona con due avventurieri due mercanti da l’ ordine sl Doge di recuperare le ossa dell’ Apostolo Marco di Gesù per una ragione geopolitica importante: bello l’intravedere di due mercanti, bravi ed avventurieri a missione di una missione perfetta e difficile L’ autrice Galatea Vaglio, letta più volte sui Galatea vaglio è veramente brava nel inferire e commentare la storia con effetto dirempenti, una storia intrecciate mille e più volte nell’ analisi storica credibile. io l’ho fatto e un paio dei miei libri li ho letti con piacere, spero sia così anche per voi. ennio La storia la sanno tutti, persino chi non è veneziano.
Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro. grado nella stazione di Aquileia e Grado le cose non erano proprio così.
Accadde oggi: Rustico da Torcello e Bon da Malamocco trafugano il corpo di San Marco e lo portano a Venezia Giustiniano Parteciaco e i due mercanti James Bond La storia la sanno tutti, persino chi non è veneziano. Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava. La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa, il corpo di San Marco, apostolo di Gesù che la leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete. Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro. Rustico da Torcello e Bon da Malamocco e il corpo trafugato Ci sono i due mercanti, che vengono da Torcello e Malamocco, e non è un caso. Sono i due centri che per primi sono stati abitati in laguna, ma che ora stanno perdendo potere e centralità, perché i Parteciaco hanno trasferito il centro del comando dove lo troviamo ora, fra San Marco e Rialto. E allora che siano due mercanti uno di Malamocco e l’altro di Torcello gli incaricati del doge è un po’ puntare su un generale volemose bene, un atto fondativo nelle concordia: Torcello e Malamocco siete ormai periferia, ma guardate, gli eroi nazionali sono vostri, no ste’ a lagnarve, Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava. La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa,che la l il corpo di San Marco, apostolo di Gesù leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete. Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro.Accadde oggi: Rustico da Torcello e Bon da Malamocco trafugano il corpo di San Marco e lo portano a Venezia Giustiniano Parteciaco e i due mercanti James Bond La storia la sanno tutti, persino chi non è veneziano. Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava.
La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa, il corpo di San Marco, apostolo di Gesù che la leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete. Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro. Rustico da Torcello e Bon da Malamocco e il corpo trafugato Cattedrale di Torcello mosaico interno. I due vanno e rubano un corpo, o meglio un mucchietto d’ossa, che poi vedremo non è nemmeno certo che siano quelle giuste. Ma rubarle è una cosa, portarle fuori da Alessandria un’altra, perché i musulmani sono poco attenti a far la guardia alle tombe, ma quando si tratta di far pagare i dazi al porto hanno mille occhi come Argo. E allora Rustico e Bon hanno un colpo di genio: le ossa di San Marco le nascondono dentro un barile di carne di maiale. I doganieri musulmani quello schifo non la possono nemmeno sfiorare e così, voilà, San Marco sale sulla nave coperto da un manto di culatello e arriva a Venezia, dove il doge commosso premia i due furfanti e ordina che venga costruita San Marco vicino al Palazzo Ducale. Accadde oggi: Rustico da Torcello e Bon da Malamocco trafugano il corpo di San Marco e lo portano a Venezia Giustiniano Parteciaco e i due mercanti James Bond La storia la sanno tutti, persino chi non è veneziano. Ci sono questi due, Rustico da Torcello e Bon da Malamocco, che un po’ sono mercanti, un po’ avventurieri, un po’, diciamolo, furfanti patentati, del resto nelle tre professioni all’alba del Medioevo una certa commistione pagava. La leggenda vuole che il doge di Venezia, Giustiniano Parteciaco, dia loro l’ordine di recuperare ad Alessandria d’Egitto, dove i due per i loro affari erano un po’ di casa, il corpo di San Marco, apostolo di Gesù che la leggenda voleva avesse evangelizzato le lagune venete. Cosa che allora voleva dire Aquileia, ma ai Veneziani dell’800 faceva comodo pensare invece che fossero le isolette dove adesso abitavano loro. Rustico da Torcello e Bon da Malamocco e il corpo trafugato Cattedrale di Torcello mosaico interno (foto mia) I due vanno e rubano un corpo, o meglio un mucchietto d’ossa, che poi vedremo non è nemmeno certo che siano quelle giuste. Ma rubarle è una cosa, portarle fuori da Alessandria un’altra, perché i musulmani sono poco attenti a far la guardia alle tombe, ma quando si tratta di far pagare i dazi al porto hanno mille occhi come Argo. E allora Rustico e Bon hanno un colpo di genio: le ossa di San Marco le nascondono dentro un barile di carne di maiale. I doganieri musulmani quello schifo non la possono nemmeno sfiorare e così, voilà, San Marco sale sulla nave coperto da un manto di culatello e arriva a Venezia, dove il doge commosso premia i due furfanti e ordina che venga costruita San Marco vicino al Palazzo Ducale. I Parteciaco e i retroscena della storia più antica di Venezia Fin qui la storia, che sfuma nelle leggenda. Dietro però c’è tutto il contorno, che un po’ la leggenda la spiega, un po’ fa intuire come si sia formata. Ci sono i due mercanti, che vengono da Torcello e Malamocco, e non è un caso. Sono i due centri che per primi sono stati abitati in laguna, ma che ora stanno perdendo potere e centralità, perché i Parteciaco hanno trasferito il centro del comando dove lo troviamo ora, fra San Marco e Rialto. E allora che siano due mercanti uno di Malamocco e l’altro di Torcello gli incaricati del doge è un po’ puntare su un generale volemose bene, un atto fondativo nelle concordia: Torcello e Malamocco siete ormai periferia, ma guardate, gli eroi nazionali sono vostri, no ste’ a lagnarve, fioi. Ci sono i Parteciaco, che lasciatemelo dire, in questo scorcio di secolo sono come gli Ewing a Dallas negli anni ‘80: una di quelle famiglie che possono di tutto e di più. Il patriarca Agnello, detto anche Angelo in fonti più tarde, che trasformano il cognome in un più latineggiante Partecipazio, è salito al potere grazie all’appoggio dei Bizantini che in laguna hanno menato Pipino figlio di Carlo Magno, e con Costantinopoli ha un rapporto saldo e tenace. Ci ha mandato come ambasciatore il figlio Giustiniano, che già dal nome si capisce per chi tiene, e poi ci manderà in esilio il secondogenito Giovanni che gli si era ribellato, perché a Costantinopoli ha amici che lo possano tenere sotto controllo e evitare che crei rogne con l’imperoGiustiniano Parteciaco, come l’omonimo imperatore, è ambizioso e scontroso, ma si trova in mezzo ad uno dei soliti contrasti religiosi che costellano il Medioevo. I patriarchi di Aquileia e di Grado, infatti, si stanno baruffando fra loro, più perché entrambi vogliono il potere terreno che per questioni dottrinali, ma la nascente Venezia è in mezzo. Il papa li vuole riunificare in un’unico patriarcato, ai Veneziani la cosa scoccia, perché ormai Venezia è la città emergente e le altre due sono insediamenti minori e relitti di un lontano passato.Allora il colpo d’ala: per accreditarsi come futura sede ecclesiastica ci vogliono, all’epoca, reliquie di un certo livello. E quale reliquia può essere più prestigiosa di quella dell’apostolo che convertì le lagune? Insomma, Grado e Aquileia, tiè: il santo di riferimento per il nostro territorio lo abbiamo noi. Che poi sul fatto che quello che arriva a Venezia sia davvero il corpo di San Marco ci sono diversi e fondati dubbi. Ad Alessandria dai tempi di Marco era successo di tutto, e le tombe dei martiri cristiani erano in sbaracco. Quella che tutti credono la tomba dell’apostolo, addirittura, dicono alcuni studiosi anche moderni, forse non lo era affatto, ed era invece il perduto mausoleo che avrebbe custodito il corpo di un altro grande dell’antichità, Alessandro Magno. Certo, sarebbe un bel gioco di prestigio che quelle arrivate a Venezia non fossero le ossa di Marco ma quelle di Alessandro, anche se la ricostruzione sembra improbabile. Ma poi come al solito quello che conta è il mito che attorno a quelle quattro ossa nasce e cresce. I Parteciaco fanno fondare la basilica e grazie al corpo di Marco (e al suo potere di grande porto commerciale) in poco tempo Venezia diverrà il centro principale riconosciuto delle lagune, alleata di Bisanzio e Giustiniano Parteciaco non vedrà la basilica finita, morirà poco dopo affidando il compito di continuare i lavori alla moglie. Il fratello Giovanni si farà cacciare da una rivolta e la dinastia dei Parteciaco finirà nel nulla. Lascerà però la chiesa di San Marco in fieri e il convento di Sant’Iliario alla foce del Brenta, qualche anno fa oggetto di scavi. sede di un suo patriarcato. E la leggenda dei due mercanti un po’ furfanti, un po’ spie, un po’ agenti segreti, che contrabbandano ossa sacre sepolte nella carne impura dei maiali destinata a far cichèti, dimostrando che in fondo i santi si trovano bene anche assieme ai bricconi in osteria. Anzi, trattandosi di Venezia, in un bacaro.Giustiniano Parteciaco, come l’omonimo imperatore, è ambizioso e scontroso, ma si trova in mezzo ad uno dei soliti contrasti religiosi che costellano il Medioevo. I patriarchi di Aquileia e di Grado, infatti, si stanno baruffando fra loro, più perché entrambi vogliono il potere terreno che per questioni dottrinali, ma la nascente Venezia è in mezzo. Il papa li vuole riunificare in un’unico patriarcato, ai Veneziani la cosa scoccia, perché ormai Venezia è la città emergente e le altre due sono insediamenti minori e relitti di un lontano passato.Allora il colpo d’ala: per accreditarsi come futura sede ecclesiastica ci vogliono, all’epoca, reliquie di un certo livello. E quale reliquia può essere più prestigiosa di quella dell’apostolo che convertì le lagune? Insomma, Grado e Aquileia, tiè: il santo di riferimento per il nostro Che poi sul fatto che quello che arriva a Venezia sia davvero il corpo di San Marco ci sono diversi e fondati dubbi. Ad Alessandria dai tempi di Marco era successo di tutto, e le tombe dei martiri cristiani erano in sbaracco. Quella che tutti credono la tomba dell’apostolo, addirittura, dicono alcuni studiosi anche moderni, forse non lo era affatto, ed era invece il perduto mausoleo che avrebbe custodito il corpo di un altro grande dell’antichità, Alessandro Magno. Certo, sarebbe un bel gioco di prestigio che quelle arrivate a Venezia non fossero le ossa di Marco ma quelle di Alessandro, anche se la ricostruzione sembra improbabile. Ma poi come al solito quello che conta è il mito che attorno a quelle quattro ossa nasce e cresce. I Parteciaco fanno fondare la basilica e grazie al corpo di Marco (e al suo potere di grande porto commerciale) in poco tempo Venezia diverrà il centro principale riconosciuto delle lagune, alleata di Bisanzio e soprattuto sede di un suo patriarcato.E la leggenda dei due mercanti un po’ furfanti, un po’ spie, un po’ agenti segreti, che contrabbandano ossa sacre sepolte nella carne impura dei maiali destinata a far cichèti, dimostrando che in fondo i santi si trovano bene anche assieme ai bricconi in osteria.
27 marzo, 2021
NEBBIA
Nebbia.
Nient’altro che nebbia
attorno a me.
Il mondo è celato,
nascosto, oscurato.
Un velo grigio lo copre,
spesso manto asfissiante.
Contorni sfumati,
forme imperfette, indistinte.
Nebbia.
Confusione.
Angoscia.
Ogni passo
è un tuffo nell’ignoto.
Le mani cercano, affannose,
un appoggio.
Un qualcosa di concreto, reale
Qualcosa che non sia nebbia.
Mi muovo a passi lenti,
insicuri.
Gli occhi, come ciechi,
cercano disperati
di scorgere qualcosa,
oltre quel velo,
oltre quel grigio,
oltre la nebbia.
La testa gira,
confusa, angosciata.
La nebbia penetra in essa.
E tutto diventa confuso,
i pensieri sfumati,
oscurati dalla paura.
Le ginocchia si piegano,
impotenti.
La testa si china,
le mani salgono a sorreggerla.
E poi,
dopo un’ora,
dopo un giorno,
dopo un mese,
dopo un anno…
…il sole.
La nebbia si dirada,
l’angoscia svanisce,
l’azzurro del cielo torna a regnare.
Mi rialzo,
trionfante,
la gioia nel cuore.
«Non potrà esserci nebbia per sempre.
Qualunque cosa accada, il sole tornerà a brillare.»
26 marzo, 2021
a sig. lisco e le scoreze
Oggi si parla spesso di grandi cambiamenti e dell' insofferenza alle Istituzioni fortemente degradate dal cattivo esempio dei politici, non si parla di rivoluzioni ma, anche se sottotraccia, grandi stravolgimenti si profilano.
Quando ero molto giovane e vi parlo del 1964, io studiavo in collegio, e già cominciavano a girare idee di rivoluzione studentesca non proprio in Italia ma in Francia.
Durante l' estate qualche volta mi piaceva far compagnia al mio papà a pesca e parlavo con lui di queste nuove idee.
Mi ricordo di una serata in mezzo al Golfo di Trieste, avrò avuto si e no 16 anni, ed ero in caiccio con mio padre a saccaleva.
Le lampade a gas ( i ferali ) illuminavano a giorno la superficie del mare ed io con la pustia pescavo calamari soto al feral e contemporaneamente controllavo i banchi di pesce che si avvicinavano alla barca attirati dalla luce, dando così un pò di tregua al mio papà che poteva riposare.
Ad un certo punto, erano anni di discorsi rivoluzionari ed io ero uno studente ad Udine, ho chiesto al mio papà, che si era svegliato, come mai non avesse scelto una carriera da impiegato, con i timbri, le matite, le penne biro, le gambe delle impiegate da guardare sotto la scrivania, lui serio serio, me lo ricordo bene, mi fa:
in uficio va solo i democristiani, noltri 'ndemo in mar, tu tu ciaculi de fa la rivolussion, alora tu devi 'vè i cali grossi su le mane.
Io non dissi nulla ma da quella volta sta storia della rivoluzione mi è andata un po di traverso, il fatto di doverla aspettare e di farsi venire i calli sulle mani mi rompeva un po le palle.
Comunque, non contento, a casa ho chiesto anche a mio nonno come mai non avesse scelto di fare l'impiegato, la reazione fu sorprendente.
tu son mato - mi disse - noi pescatori siamo le persone più fortunate del mondo, si è vero prendiamo freddo e se bagnemo continuamente con dolori in tutto il corpo, ma tu vol mete, podemo scorezà quando ne par e piase, tanto in mar cu tu vol che te senta.
Non ci ho pensato mai più, avrei dovuto farmi subito la tessera della Democrazia Cristiana, invece eccomi qua "in mar e scorezo liberamente".
Dai, Ennio! Era una metafora della libertà...,io non avevo la tessera d.c.;le mie mani, sarebbero diventati belle grosse e callose ma vuoi mettere essere libero di far quel che ti piace, anche se solo scorezà liberamente dove ti pare. un po di libertà doveva per forza far passare un pò di fatica per muoverti liberamente, tra l'altro Seguendo il mio papà era propria in una barca simile alla mia di pesca, che poi mi sono pippato 40 anni di pesca in tutte le condizioni di mare.
ma tu vol mete, scorezà liberamente-
ennio pasta.
25 marzo, 2021
Le Scoreze di Mare
Passato il solstizio d' estate la voglia di mare aumenta e quindi ci si immerge nel misterioso mondo marino con i suoi protagonisti alquanto strani e sconosciuti ai più.
A tale proposito c'è un fenomeno marino abbastanza strano che può capitare di incontrare in vicinanza della battigia.
L' altro giorno mi son sentito chiedere dalla mia nipotina se esistono le "Scorese di mare" per una seria ricerca scolastica dell' ambiente marino locale ( non me l' ha detto esattamente così, poverina, sono io il nonno che interpreto in gradese patocco le sue parole)
Per quanto ne so le scorese di mare esistono sì ma non sono organismi marini veri e propri ma fenomeni naturali, legati alla proliferazione di organismi di piccole dimensioni, uni o pluricellulari, di solito alghe e/o fitoplancton (insieme di organismi presenti nel plancton), che si trovano alla base della catena alimentare marina.
Sembra galleggino a mezz' acqua assumendo forme sempre diverse man mano che si spostano con le correnti, dilatandosi comprimendosi e modificando sempre la sfera che le forma.
Non sono puzzolenti e non sono particolarmente viscide al tatto, non sono assolutamente pericolose.
Quelle umane invece sono tutto un' altra cosa e a tale proposito, ricercando sul web - ormai si fa tutto ricercando sul web - mi sono imbattuto in questo poeta dialettale veronese che le descrive benissimo:
la braza coerta:
Gh'è quela che tase:
bison star a l'erta
chè quela l'è propio
na brasa coèrta:
la nasse de sfroso,
la sloia a l'inglese,
la fa vègnar gialo
piassè de un cinese.
Gh'è quele dei bòcia
che jè ancora tate
le par che le g'àbia
la boca da late.
Gh'è quele che mòla
le fiole e le spose:
che jè ciaciarine,
che jè caprissiose.
Gh'è po' le scorese
del bon manoval
che solo a sfiorarte
le pol farte mal.
I furbi avocati
g'à quele che spela
e par vègnar fora
le vòl la parcela.
E quele dei preti
le vien de scondon
lassando ne l'aria
na benedission.
Le sane scorese
tirà dai dotori
le tien le distanse,
l'è roba da siori.
de Monaldo Tòdaro
Un mondo vicino al nostro di grande saggezza e arguzia con un dialetto che si legge con facilità da chi come noi ha un dialetto affine.
24 marzo, 2021
la BATELA
Un tempo In laguna i casoneri erano stanziali ma il prodotto della pesca quotidiana doveva essere venduto, allora ecco l'esigenza di un efficiente servizio di raccolta.
Il lavoro veniva svolto dai batelanti, che prelevavano dai casoni il pesce segnandone la quantità e il proprietario mediante intagli e segni di riconoscimento dei nuclei familiari, su una assicella di legno detta "tessera".
I casoneri si recavano poi il sabato o in occasione di qualche festività a Grado a riscuotere il denaro dovuto.
Gigi Strolo, Giovani Mazaneta e Giovanni Sata e l' ultimo Giovanni Vadori (Peverin): questi i nomi dei batelanti; il loro giro li portava da Anfora a Morgo, da Sototerena a Sdoba.
Mare e laguna erano ricchissimi di pesci, sia come specie sia come quantità, e il vero problema in verità non era catturarlo - a quanto raccontano i vecchi bastava piantare a caso la fiocina nel fondo o calare una togna -ma venderlo.
I batelanti erano anche coloro che diffondevano le notizie del paese in Laguna, quante baruffe - a volte passavano mesi per il ritorno a Grado e le notizie si condivano con la fantasia -sono nate per incomprensioni derivate da uno scherzo del batelante.
Ma la velocità della batela o del passo d'uomo non era certo il modo ideale per consentire una rapida distribuzione e garantire la qualità di un prodotto fragile e deperibile come il pesce.
In questa difficoltà oggettiva sta in buona parte la causa della miseria del passato: l'impossibilità di sfruttare adeguatamente le risorse esistenti per mancanza di comunicazioni e mezzi di trasporto.
Esisteva ed era molto praticato il capillare e spicciolo commercio rappresentato dal baratto del pesce in cambio di farina da polenta o altri viveri svolto quotidianamente dai lagunari più vicini alla terraferma e da un certo numero di donne gradesi, che andavano in Friuli estate e inverno, a piedi, con una gocciolante cassetta di pesce in testa o, chi poteva, con un triciclo.
23 marzo, 2021
la GRADESE--- CALCIO
GRADO Ricordare la
Gradese attraverso uno
dei personaggi più importanti
della storia della società
per la valenza didattica
dei suoi insegnamenti
di gioco e di vita verso
i più piccoli. È quanto ha
deciso la dirigenza lagunare
presieduta da Angelo
Marin incentrando la
rievocazione dei 60 anni
di vita della gloriosa
squadra rossoscudata (è
nata nel 1950 a seguito
della fusione di due squadre
amatoriali) nel ricordare
“Massi Tachèlo” ossia
Massimiliano Cicogna.
Sarà, infatti, un quadrangolare
tra i pulcini
delle migliori squadre
della regione e la formazione
locale a dar vita al
“Memorial Massi Tachèlo”.
Sono pure previsti
una mostra fotografica
e la proiezione di video
storici.
Il torneo e i semplici
ma significati festeggiamenti
sono previsti domenica
prossima. Quest’anno
la Gradese gioca in seconda
categoria. È da sola
al comando del girone
ma a seguirla da vicino
vi sono alcune quotate
formazioni. Fra queste il
Moraro che proprio domenica
giocherà alla
Schiusa.
Sarà una giornata di festa
per ricordare le grandi
avventure, gli incredibili
successi che hanno
portato la Gradese a giocare
addirittura in Serie
D. Per far capire quanto
la formazione lagunare
sia nei cuori della gente
del luogo basta vedere la
foto del campionato
1973-1974 con la tribuna
della Schiusa gremita.
Quell’anno i rossoscudati
non solo si aggiudicarono
il proprio girone di
Prima categoria ma conquistarono
anche, battendo
il Maniago, il titolo regionale
di categoria. Nella
storia della società vi
sono racconti, leggende,
ricordi e avvenimenti, diciamo
così, poco esaltanti.
Un tempo al seguito
della Gradese c’erano
sempre centinaia se non
migliaia di persone. Basta
forse ricordare lo spareggio
promozione con la
Gemonese, anche questo
vinto dai gradesi, disputato
a Palmanova dinnanzi
a 2mila spettatori. Per
certe trasferte al seguito
dei lagunari c’erano fino
a sei corriere di tifosi. Allora
c’erano i derby, quelli
veri, sentiti pieni di
sfottò e di “azioni sceniche”.
Con l’Aquileia in
particolar modo ma anche
con Cervignano, Terzo,
Fiumicello, Gonars,
San Giorgio. Poi sono arrivati
quelli col Pieris e
altre località bisiache.
La Gradese compie sessant’anni
ma ben prima
l’Isola ha avuto delle
squadre come la Pro Grado,
la Libertas Grado con
presidente Gerolamo Rodenigo,
l’Unione sportiva
Gradese, la Gradese Calcio
e oggi l’Associazione
sportiva Gradese calcio.
Senza contare in tempi
più recenti il Grado calcio
e il Centro giovanile
operaio Gradese. E quanti
calciatori lagunari hanno
calcato le scene nazionali
e anche internazionali.
Ricordare Mario David
che ha persino disputato
con la maglia della nazionale
italiana il campionato
del mondo in Cile significa
partire dall’apice
ma non si possono non
menzionare Andrea Tessarin
che giocò nel Genoa
e fece anche un provino
con la Juventus. E
poi Aredio Gimona, i Raise,
Nino Marin, Nico Mazzolini
per arrivare a Marzio
Lugnan che ha giocato
con l’Atalanta.
Domenica, dunque, i festeggiamenti.
Alle 9 ci sarà
il via al “Memorial
Massi Tachèlo”. Prima
della partita fra Gradese
e Moraro all’interno del
chiosco-bar si potrà visitare
la mostra storica e
assistere alla proiezione
di un filmato storico,
quindi verso le 17 commenti
e moviola sulla gara,
premiazioni dei pulcini
22 marzo, 2021
La BANDA
L’esistenza a Grado di un Gruppo bandistico risale al 1861 con finalità prevalentemente di intrattenimento musicale dei turisti nel periodo estivo.
Giunti al termine dell'anno scolastico, gli Allievi della Scuola di Musica promossa dall'Associazione "Banda Civica Città di Grado" si esibiranno per genitori ed amici in un:
Saggio dell' attività svolta
L'anno appena trascorso ha visto una notevole affluenza di iscritti ai corsi promossi, sia per quanto concerne la teoria e propedeutica musicale che per i corsi di strumento musicale ad indirizzo bandistico, per un totale di circa 40 allievi, seguiti da cinque insegnanti diplomati nelle varie discipline.
Senza dubbio il merito di tale successo spetta al Consiglio Direttivo dell'Associazione ed al maestro Nevio Lestuzzi, direttore della Scuola di Musica, che hanno saputo, in particolar modo negli ultimi quattro anni, rinnovare la gestione della Scuola anche con la collaborazione di giovani, ma ben preparati, docenti.
"Il nostro obiettivo per l'anno prossimo è quello di incrementare ulteriormente gli iscritti affinchè venga sempre mantenuta la nostra tradizione bandistica, che conta 150 anni di storia, anche e soprattutto facendo entrare la Banda Civica all'interno degli istituti scolastici, sia con la promozione di corsi di propedeutica musicale per le classi della scuola primaria, che con veri e prorpi corsi strumentali per le classi della scuola secondaria di primo grado."
Gli insegnanti sono Maria Giulia Cignacco (teoria e solfeggio), Federica Cecotti (flauto traverso), Max Ravanello (ottoni) e Pietro Sponton (percussioni), coordinati dal maestro Nevio Lestuzzi (che insegna contemporaneamente clarinetto e sax), direttore anche del complesso bandistico.
Attualmente i corsi della Scuola di Musica della Banda Civica Città di Grado sono gratuiti per ferma volontà del Consiglio Direttivo, che intende mantenere la civicità dell'istituzione bandistica riamanendo quanto più possibile aperta ed attenta nei confronti dei nostri concittadini.
21 marzo, 2021
Wiwa la Scuola
E' un' alba strana, silenziosa più del solito.
L' Istruzione a Grado, come tante altre cose è cosa del 19° secolo.
Con metà della popolazione sparsa per la Laguna era complicato dare un' istruzione a tutti i bambini ed in ogni caso fu solo con la riforma della scuola verso il 1870 che l' Imperatore d' Austria volle fortemente (dovette affrontare una scomunica del Papa per averla voluta) ci si trovò a Grado a parlare di scuola obbligatoria per tutti perchè sino a quel momento la scuola era cosa da preti, che scatenarono un putiferio quando venne applicata, con continue omelie in chiesa per convincere i genitori che la scuola pubblica fosse la scuola del diavolo.
La prima vera scuola a Grado esordì con il 1909 con quattro classi elementari, (la quinta venne aggiunta dopo e denominata corso di perfezionamento) i ragazzi e ragazze che la frequentavano non erano del tutto avezzi alla disciplina scolastica abituati com'erano a nessun controllo da parte di genitori troppo impegnati con la sopravvivenza per preoccuparsi dell'istruzione dei figli.
La laguna era ancora tabù, ma sotto la spinta del nuovo ordine fascista, che puntava all' emancipazione globale degli italiani, inaugurarono prima a Porto Buso poi a Montaron delle scuole per i figli dei "casoneri".
Tra tanti maestri bravi e pazienti, c'è stato nel secondo dopoguerra un maestro elementare che si può definire eroico.
Il Maestro Bellucci.
La sua destinazione fu la scuola di Anfora-Porto Buso aperta verso la fine del 1930.
In meso al Palù, disperso e solo si occupò dell'educazione dei bambini di quella piccola comunità (vedi foto, nel riquadro più chiaro "Filomena") dal 1948 al 1953.
In un' unica classe mista dalla prima alla quinta con santa rassegnazione tentò di portare la ragione in"quele suche dure".
Suo figlio Filiberto mi ha testimoniato che:
"Gno pare xe stao a scuola a Buso dal '48 al '53... e la vuo le suche più eroiche del palù!!!!!
Onore al merito e giusto ricordarne l'impegno, rivolto anche successivamente, sul sociale di