31 agosto, 2021
30 agosto, 2021
LaPala d' Argento a grado
per ringraziare la Repubblica era stato concessa la preziosa pala d’argento aGrado nel 1372 avrva spedito come ambasciatori a grado una pala d’ argento per ringraziare il duomo di Grado-
la pala contiene la nicchia centrale ella prima divisione proprio i piedi di s.Marco, con gli stemmi di Grado ,della Repubblica di casaContarinie di un tal Macalorsa.
29 agosto, 2021
dentro o fora?
De cu tu son figio è la domanda del test iniziale per l’ accettazione dei locali, se il pedigree non è perfetto, con mamme e nonni al punto giusto, sei fuori.
Al Dito se non hai un soprannome locale che possa ricostruire e collocare in un preciso contesto tempo-rale e locale la tua famiglia, sei fuori.
Al Dialeto deve essere puro e duro, senza doppie che storpierebbero la parlata, dunque se sei istruito quel tanto da aver preso la cattiva abitudine ad una parlata in lingua correa, sei fuori.
Al Gnanche pel cul, qui non si transige, non ce nessun altro al di fuori di ME, se cominci a fare discorsi filosofici o etici di coinvolgimento generale, di socialità a un Graisan, sei fuori.
La visione del futuro ristretta, il campo ha bisogno di spiegazioni:
è necessario, per gente che è sempre stata me.
da
28 agosto, 2021
le scusse in riva con nonno pietro
Non è che si facessero qualche ora di voga per poi ritornare a tasche vuote, e poi con la vitale conoscenza della meteorologia ed il respiro delle maree, con il mare non si scherza. Ricordo che durante la raccolta si portavano legata sul fianco una bottiglietta d’olio perché in certe stagioni li poteva repentinamente sorprendere la nebbia di mare e quindi perdere l’orientamento e non sapere più dov’erano finiti, dove il mare e dove la terra. Versando un po’ d’olio nell’acqua, si appiattivano le increspature e potevano così determinare la direzione della marea e delle correnti dal fluttuare delle alghe ed alla cieca così arrivare salvi a riva.
E da piccoli, raccogliendo i molluschi con i grandi, si faceva presto a diventare esperti, bastava portar loro tutti fieri un conchiglione liscio ed arrivava automatico il rimprovero: “Ma non vedi che è una capa de morto?”, per apprendere la prima lezione di biologia.
Mi piace ricordare alcune poesie di Salvatore Degrassi, tratte dai suoi Lunari de Gravo.
27 agosto, 2021
i goti e la laguna
La fitta rete di secche, bassifondi, barene e canali, formati dal progressivo impaludamento dell'area costiera adriatica situata tra le foci del Po e del Timavo, i lidi sottili e stagni citati da Tito Livio (descrizione della sconfitta inflitta nel IV sec.a.C. dai veneti all'invasore spartano Cleonimo_Tito Livio Ab urbe condita X), hanno da sempre costituito un unicum naturale atto a rendere difficilmente praticabile l'accesso alla laguna a chi non ne avesse perfetta conoscenza. Questa particolarità ambientale, rivelatasi quale importantissimo strumento di difesa militare fu fattore determinante per le origini, lo sviluppo ed il destino politico-insediativo dei territori della Venetia maritima e della città-stato che ne erediterà il nome.
26 agosto, 2021
25 agosto, 2021
tanti sindaci di Grado
Grado è costellata più da Commissari che Sindaci e molti di essi sono andati spesso e volentieri contro il volere popolare, a tal punto da poter parlare di corsi e ricorsi storici.
Uno dei casi più eclatanti è la storia della nascita del Fossalon di Grado.
Nel 1927, Grado come al solito sotto tutela commissariale per le solite baruffe tra "politici" locali, il Commissario ad acta decise, per fare cassa, di vendere 2000 ettari di Laguna, l'estremo lembo levante della Laguna all'Opera Nazionale Combattenti che, all'italiana, faceva da prestanome all'Ersa per ottenere i contributi che lo Stato concedeva agli ex combattenti, per realizzare una grande bonifica da cui sarebbe nato il Fossalon.
La Laguna di Levante o "Palù de sora" comprendeva il Promero, La Lama, L'Averto,i l Golometo e Punta Sdoba.
Si scatenò una rivoluzione, guidata da il capo carismatico della piccola comunità de casoneri che popolavano quel tratto di Laguna:
Giovanni Fumolo conosciuto come "Barba Nane Strolo" o "Podestae de Golometo" che guidava una settantina di persone.
Nonostante le proteste veementi non ci fu nulla da fare e nel 1928 fu perfezionato l'atto di vendita all'Opera Combattenti. (ricorda qualcosa di odierno)
Nasce così, su una baruffa, il Fossalon di Grado, bonificato a son di badili e carriole da uomini provenienti dal vicino Veneto sempre alluvionato e affamato, quegli uomini, che i graisani denominarono "piavoti" o "mantelline" gente dura e laboriosa arrivata a Grado con vecchie biciclette, bonificarono a mano il territorio strappandolo alla Laguna, scavando canali di sgrondo, costruendo argini perimetrali di difesa e meritandosi con un enorme sacrificio il diritto alla terra.
Quasi che il ricordo di quelle proteste sia traccia indelebile, il rapporto tra la gente di Fossalon e quella di Grado non è mai stato facile, sembra si sia due corpi estranei in uno stesso Comune.
A Fossalon hanno sviluppato una cultura propria, autonoma, perpetuando modi di fare e di dire propri.
Compreso? tutti sono sempre intervenuti a toglierci qualche cosa- oh in nome di alti ideali, interessi superiori naturalmente - ma comunque a togliere alla comunità non ad aggiungere.
24 agosto, 2021
francesco gregori
Serata di canto popolare sulla diga.
Il coro del Maestro Francesco Gregori "Gravo Canta" ci ha deliziato con un potpourri di vecchie canzoni "Graisane".
Pubblico delle grandi occasioni e tanta voglia di partecipare.
Le nostre canzoni, si sa, hanno tuttee una vena di malinconia ma prendono alla gola con dita di emozione e yi costringono a partecipare a quello che non è più canto ma rito tribale.
E’ una sottile, astuta riccaattrice, la malinconia, capace di tenere in scacco individui, intere civiltà, se ci si mette. Le vite nelle canzoni sono descritte come pagine di un quaderno. Fanno tutte parte dello stesso greggeo, ma imprescindibilmente separate.
E la storia continua nella pagina successiva come nulla fosse successo.
BElla serata e bravi tutti.
22 agosto, 2021
barbana
Ci sono giornate che ࢢ invogliano ad uscire di casa e farࢢ un giro per la diga.
non si va piu' a barbana, mancava lo sforzo dei giovani uomini, mancava il farfallio delle ali con le barche, mancavao le giovani allodole, le ali del giovane sole di luglio, in quel mondo di motori mancava di attenzione in quel canto di Dio
Rondini
Ci sono giornate che ti invogliano ad uscire di casa e farti un giro per la diga.
E così "torsiolando" piano alla finemi siedo su una panchina fronte mare e guardo un po’ tuo quel che mi circonda, non ho pensieri in testa e non devo fare niente di particolare, in quei momenti lì mi sembra di annegare nell’ enormità del mare che ho davanti e il mio campo percetivo si allarga in un istante, a dismisura, e lo sento, proprio lo percepisco, di star seduto sulla panchina di una diga in un pianeta che gira su sé stesso, e mi vengon le vertigini.
Poi alzo gli occhi e dalla panchina sulla diga di Grado le vedo, decine di rondini che volano, virano, cabrano, turbinano, s’intrecciano, sono tantissime, sono bellissime, si muovono da sole, a due a due, in gruppo, a gruppi che s’intersecano improvvisi, planano, in picchiata, prendono gli insetti al volo, seguono tratteorie ora incrociate, ora sghembe, sempre forsennate, disegni complicati, e sfrecciano, si sfiorano, a decine, che nel cielo della diga di Grado non t’immagini
279 quante rondini ci stanno.
Io son lì, immerso in questimiei pensieri e disperso nei turbini di rondini che, rapide, si sfiorano nel cielo dell’ inizio della primavera, e il campo percetivo è sconfinato, e son proprio di quei momenࢢ, quei momenti lì, che saltano al cervello domande importanࢢssime, fondamentali, grandi come il cielo e complicate come i voli degli uccelli, bellissime, intriganti, ma non trovo una risposta.
Ma due rondini, da quando esistono le rondini, tra loro, con quei voli pericolosi ed intrecciati che fanno, si sono mai scontrate tra di loro?
21 agosto, 2021
Scusse
Le Scusse
Coi pie nui correvo su l’ acqua,
correvo col segielo in man, in cerca de scusse.
I mie ocii i rieva , gero imbambinia,ne cattevo una più bela dell’ altra, tirevo su comò un gioiello: forcole,capeli cinesi,boguli, caravoi.
ne è ciapao una cole ponte, no sé che nome che l’ha.
Son le chiave de S. Piero, le ciave per verze le porte del Paradiso.
una frase
di stefania trevisan
20 agosto, 2021
I 'Americani
Gera cussì la nostra vita, senpre in tun, tra batele e cason. ma se volevemo ben e vemo inparao a contentasse, a zugà cò quel che catevemo suICORCAI.
PODEVA ESSE STICHI O OSSI DE SEPA O NA PENA DE CORCALI, QUII GERA I NOSTRI ZUGATULI E USANDO MUNDI AL RESTO LA FANTASIA, CHE NO, NO MANCHEVA.
DESSO SEMO TORNAI A GRAVO DOPO MIERA E ANI DE PALU, MA I RICORDI NE ZE RESTAI PIANTAI IN CAVO E SE RICORDEMO I NOMI DE "ARE,TAPI,CANALIE E NOMINANE GRAISANE",
SEMO I AMERICANI DE CASON.
dati in chiaro
La società odierna è una società che vive e si nutre di dati in chiaro. Che cosa significa? Che smarrire il telefono, essere derubati del computer o dimenticare una chiave USB in un luogo pubblico comporta quasi sempre la possibilità, in capo a chi entra in posses- so del nostro strumento, di conoscere tutto di noi. Tutto. Ogni nostro dato. Di vedere ogni foto e video. Di leggere ogni mail. Di analizzare ogni documento. Non vi è, allora, da stupirsi se la crittografia, l’arte di nascondere le informazioni in chiaro antica come l’uomo, si sia sviluppata in ambito militare, ambiente dove il segreto è tenuto in gran conto, e sia utilizzata, nell’era tecnologica, non solo da paranoici e terroristi ma anche da dissidenti o soggetti che semplicemente non vogliono che le loro informazioni siano compren- sibili in caso di intercettazione e sorveglianza da parte di terzi. La crittografia, poi, è particolarmente temuta dagli investigatori, perché un disco o un supporto cifrato creano non pochi problemi in fase di analisi, e
19 agosto, 2021
ritmo leggero la batelussa
claudia racconta il tempo che qui in laguna scorre on modo diverso e parallelo.
,più lento con il ritmo "della batelussa", il movimento costante e leggerodell'onda che sbatte sulla riva del canale. e' un ritmo più antico, a tratti pr noi persino angosciante. e' il ritmo di un tempo che non cambia, che resta ugual nei secoli e nei millenni. Lo stesso che racconta la vita rude eppure piena di fascino degli abitanti delle mote.
L la Laguna invece è di casa, incistato nei fanghi duri delle bricole,nei pali che trattegono le sponde dei canali. 'e qualcosa che ti affascina ma anche ti sovrasta e ti schiaccia, perchè sai di non poter reggere a lungo se non sei del posto,
il nostro mondo antico attraverso i suoi occhi e mi riporta a mia nonna che mi teneva a bada quando mi padre era in mare a pesca e mia madre a capelunghe.
claudia mi riporta al mondo lagunare xhe lei ha vissuyto molto più intensamente.
alle pohe parole spese dagli adulti, sempre troppo seri e silenziosi.
18 agosto, 2021
i Celti o goti, una baruffa continua
UPDATE: Ho trovato tra le vecchie cose un'immagine di un avo celtico (somigliante no?)
Il nostro dialetto, di origini paleovenete, potrebbe essere il ceppo madre di tutti i dialetti veneti della costa.
Spinto dalle recenti performance dei rappresentanti politici friulani e della presunta superiorità del friulano, ho fatto una ricerca sulle origini del dialetto gradese e mi sono imbattuto su una delle possibili origini del mio cognome che è antichissimo: Lugnan
Certa l'origine aquileiese con i Lugnani trasmigrati poi anche a Venezia con le prime famiglie commerciali, testimoniata l'origine gradese dei Lugnan dagli archivi parrocchiali, ho fatto un ulteriore passo indietro ancora con una possibile origine celtica.
Lugnan deriverebbe da Lughnasad, festa celtica del 1° agosto.
Vediamo le tracce e le origini di questo popolo misterioso:
i Celti,fanno la loro prima comparsa nel V secolo avanti Cristo.
Avevano costumi semplici, vivevano in povere capanne ed erano dediti all'agricoltura.(casoneri).
Quest'ultima era esercitata su terre comuni, che erano disboscate per coltivare generalmente il frumento. (socialisti)
L'attività agraria bastava per il fabbisogno del villaggio e pertanto chiariva i limiti di una società caratterizzata dal separatismo e circoscritta nel piccolo mondo delle tribù. (graisani)
I celti erano certamente buoni soldati, ma non erano altrettanto abili nell'organizzare l'attività politica. (siamo noi)
Non riuscirono a esprimere stabili istituzioni accentrate, ma furono sempre tenacemente isolati nei particolarismi tribali. (le somiglianze sono evidenti).
La presenza in Regione è certa, importanti centri celtici furono Iulium Carnicum (Zuglio) ed Aquileia, la cui prosperità economica testimonia la collaborazione fra l’elemento romano e quello indigeno, veneto e celtico e Trieste, città dal nome forse celtico, forse veneto, cui si attribuisce il significato di “mercato”, era un punto d’incontro e di scambi fra gli uni e gli altri.
L'aspetto sacro e religioso dei loro costumi era curato dai Druidi rappresentanti in terra degli dei e delle stagioni celtiche, una sapienza legata alle foreste ed alle forze della natura.
I templi dei druidi erano all’aperto, tutto era legato alla natura, alle foreste in particolare. (metti la Laguna e siamo a posto)
Tutto questo, fatte le somme delle tracce raccolte, mi identifica perfettamente e mi riporta al presente con il sangue celtico in ebollizione e a riflessioni sull'importanza degli avi e ai loro costumi.
Druidi e ampolle. Il grande fiume che rigenera. La Dea Sole.
Dovendo partecipare ad un movimento politico , non ho scelta ho ricostruito la mia storia cercando nelle sue pieghe il filo dell' identità e ho trovato la simbologia, un apparato di miti.
Non c'è gara con i friulani: a gara con i celti si sono fsatti baruffe con i Goti. sempre de qiii.
16 agosto, 2021
il nostro passato
Auguro alla mia cittadina di acquisire quanto prima con la debita riflessione, la coscienza del valore della storia del valore del nostro passato. sono parole che a tutti noi gradesi, dovremmo meditare, non solo perché il passato è la base su cui si costruisce il nostro presente, ma perché penetrando le nostre sfere spirituali, ritroveremo noi stessi e la nostra più vera essenza.
Casoneri le armi della balestra
La vita dei casoneri di un tempo era una vita comoda per la maggior parte all’interno della famiglia, i contatti con il mondo esterno erano molto limitati e soltanto le grandi occasioni religiose, o faccende personali serie, richiamavano i pescatori di laguna a Grado A Grado un tempo, ma non proprio tanti anni fa, c’era una fraura ben chiara tra la popolazione che abitava la laguna ( casoneri o graisanati) e la gente del paese che si riteneva superiore per censo e per istruzione ai pescatori. I Pescatori di Palù (Casoneri) ricambiavano con spregio e definivano i paesani " scartossiti" , modo ironico per descrivere il loro abbigliamento che con giacche e cravae li facevano somigliare a pacchettni regalo.
Anche il vialeo in Laguna era diverso, più arcaico e meno influenzato da vocaboli esterni quello lagunare, più aperto a contaminazioni quello del paese abituato a rapporti stretti con il retroterra friulan-giuliano triestino.
Il modo di vivere era profondamente diverso, aaccaࢢ alle tradizioni e alla stagionalità naturale i pescatori di Laguna, poco ciarlieri e con poca necessità di parole al di la dello streo necessario. (nel video scene di pesca con arezzi tradizionali)
15 agosto, 2021
casoneri e le armi
Per mettere a fuoco l’ immagine del quadro fumino del nostro carattere, quel "vento fuga e bonassa presto" che ha caraterizzato l’ esistenza della "gens Graisana" da sempre, vediamo le tracce raccolte da Giuseppe Caprin in "Lagune di Grado"
L’ animosità graisana ha origini antiche e da questa traccia storica traa dal Caprin si capisce che era una dote che i governanti Veneziani uࢡlizzavano e coltivavano con astuzia.
I Gradesi medioevali erano considerati dai Veneziani ottimi armigeri e, per tener in esercizio i giovani e predisporre alla lotta e all’ esercizio delle armi la gioventù locale, Venezia consigliava e promuoveva giochi di guerra raccomandando :
I Gradensi, confinanti gli Arciducali, di tratto in tratto ricevevano delle animosità onde il Civico Consiglio nell’ anno 1423 comanda:
che ognuno di Grado abbia la sua Balestra essendo cosa utile che si usa a tirar per i bisogni della Cià, e si compra dalla Comunità un Palio del valore di lire 18 e vi deve tirare in quello nella Pasqua e sia il Palio di panno del color che piacerà alla Comunità, e niuno possa tirar se non sia Cittadino o Abitante.
L’ Esercizio alla guerra nei bambini veniva coltivato prevedendo gare di battaglie con armi di legno:
i bambini venivano divisi in due squadre una dea di Porta Granda e una di Porta Piccola e limitati in un grande steccato posto al di fuori delle due Porte, nell’ odierna Piazza, alla presenza di tuo il popolo si sfidavano con spade e coltelli di legno.
Spinti dalle grida dei parenti, i ragazzi si lanciavano in sfide che si protraevano nel tempo e, da organizzate inizialmente quasi militarmente, diventavano mano a mano vere e proprie zuffe che alla fine costringevano gli adulti ad intervenire per evitare ferite più o meno gravi.
Questa consuetudine ( si è sopita un duecento anni fa, ma cova soo le ceneri sempre) era abituale i sabaࢢ dei mesi di giugno, luglio e seembre e si accendeva in modo parࢢcolare quando durante l’ estate le famiglie dei pescatori lagunari rientravano in paese e le vecchie quesࢢoni familiari si accendevano.
I ricordi miei di bambino vanno alle "guere per le cube" all’ obbligo di partecipare alla bande dei rioni, al controllo feroce del territorio, ora si sa da cosa derivano le tensioni della graesanità-.
14 agosto, 2021
il nuovo design
Tu che sempre sei amica dei pigri e dei single, e sgusci via dal vasetto per nobilitare i piatti più frettolosi: tu che con la tua sapidità improvvisa nobiliti le aglio e olio dell’ultimo minuto, ti fondi con la mozzarella sulle pizze, abbracci i formaggi più vari, elevi il panino con l’uovo a manicaretto.
Tu che sei democratica, perché ben disposta sia con chi di cucina ne sa che con chi non tocca pentola, e a tutti vieni in aiuto.
Tu che gli chef snobbano, che non ti ammanti di preziose impiattature, che ami le cose semplici, che non sei schizzinosa e ti accoppi in un po’ a caso, con quello che c’è in frigo, che salvi le cene improvvisate e sfami gli ospiti capitati a casa senza un avviso, ma poi sei in grado di far la tua figura nel bel mondo, quando ti stendi su letti di preziosa burrata, o su pani casarecci ancora caldi.
Tu che sei un sunto di ciò che è la vita vera, perché come quella sei bella e buona, ma piena talvolte di spine impreviste e celate, e però ti sciogli, poi, all’improvviso, per un abbraccio, di olio o di burro. Tu che sei femmina, perché condisci e consoli, ma sai anche dare una sferzata di gusto quando è necessario, e sei quindi materna ed imprevedibile, tutto assieme.
Tu che noi amiamo, anche se spesso ci scordiamo di dirtelo, come si fa con le persone e le cose che sono il perno della vita.
Ideazione e progettazione di oggetti d'uso da prodursi in serie dall'industria, secondo forme esteticamente valide in rapporto alla funzionalità dell'oggetto; anche,
13 agosto, 2021
esser nata a fiume
Io sono nata a Fiume, perciò sono appassionata della storia di Fiume e dintorni. Vivo con mia nonna che mi può raccontare la storia della mia città ed ho scelto il tema della storia e delle tradizioni nei racconti di famiglia. Mia nonna mi racconta spesso della sua gioventù, di com'era la vita di tanti anni fa ed io l'ascolto con ammirazione. Lei è una donna anziana, ha appena compiuto settantotto anni ed è la persona ideale per raccontarmi com'era la vita a Fiume nel periodo della Seconda guerra mondiale ed il periodo dell'immediato dopoguerra che è proprio il periodo storico tra i quali anche molti amici di mia nonna. A sei anni mia nonna ha iniziato a frequentare la prima classe. In classe non c'erano, come ora, solo bambini di sei o sette anni, c'e- rano pure bambini molto più grandi di lei che lei temeva. Siccome a casa mia nonna parlava il dialetto fiumano, non consceva il croato ed è stato appena in quinta elementare che mia nonna ha iniziato ad imparare la lingua croata. Mia nonna è stata sempre brava a scuola. Dopo le elementari ha frequentato il Liceo classico terminando gli studi nel 1957. Mia nonna mi racconta che quando frequentava il Liceo le ragazze portavano la gonna e i calzini corti. Cominciava appena l'era delle calze nylon. Non so proprio come facevano d'inverno con la bora che soffia a Fiume.
12 agosto, 2021
Cao de Muro
in "cao de Muro"gera ben, de mamola, cò 'ndevo là a zugà"de sconde" gera dei bei pusti per scondesse. gera mamole de Piassa, mamole del cul de muro e se zugheva a la corda, là gera una piassetta , sto campo mi piace molto.al xe intimo e ne par de riveghese in antico:
gravo barache gravo barache de legno.
simisi, pulisi un regno.
onor alPodestà.gravo cul de muro. onor al podestà
capasanta
Nell’antichità i simboli della perla e della conchiglia erano molto presenti. Degno di nota è anche il corallo, da sempre associato a significati esoterici. Con il suo colore intenso e positivo, il rosso,era considerato efficace contro il malocchio. E’ considerato un talismano potente, e ancora oggi si usa regalare ai bambini un cornetto di corallo in segno di protezione. La perla nel nostro immaginario è sempre associata a qualcosa di raro, prezioso e nascosto perchè si trovano negli abissi del mare, e impossessarsene implica pericolo e notevoli sforzi. La sua purezza è malinconica e secondo la tradizione, regalare delle perle porta lacrime, sfortuna e disgrazia.La perla era uno degli elementi più importanti nell’abbigliamento delle donne romane di famiglia nobile.
11 agosto, 2021
Capasanta
Fulcanelli segnala che:«le conchiglie di San Giacomo sono chiamate acquasantiere, queste grandi conchiglie, un tempo, servivano a contenere l’acqua benedetta, nome dato dagli Antichi all’acqua mercuriale; ancora oggi se ne trovano spesso in molte chiese rurali».Inoltre ci rivela che «le conchiglie servivano come distintivo ai pellegrini di San Giacomo. Agli inizi tutti i pellegrini sono a questo stadio. Devono compiere, con il bordone come guida e la merelle come distintivo, quel lungo e pericoloso viaggio di cui una metà è terrestre e l’altra metà marittima».Con il termine Pellegrino s’intende il neofita che si accinge a intraprendere la Grande Opera; come guida si serve del suo bordone, il lungo bastone simbolo della via lunga e che interpreta lo spirito, ciò che bisogna sempre tenere presente nella pratica, «nella notazione alchemica, qualsiasi barra o tratto, qualunque sia la sua direzione, è il segno grafico convenzionale dello spirito».Il viaggio terrestre e marittimo indica le due vie ermetiche. Quello terrestre è anche definito via secca, cioè priva d’illuminazione e intende la psiche prima della rivelazione che inizia a decifrare gli arcani dell’arte. La via marittima, detta pure via umida, si riferisce alla psiche dopo l’illuminazione che realmente inizia a compiere il Magistero.Il Maestro insegna che «utilizzando la via secca, rappresentata dal sentiero terrestre, seguito per primo dal nostro pellegrino, si giunge a esaltare a poco a poco, la virtù diffusa e latente, trasformando in attività ciò che era solo in potenza. L’operazione è compiuta quando appare alla superficie una stella brillante».Lo stesso significato è dato dalla conchiglia, che se prima rappresentava la comune psiche di tutti gli uomini, ora indica la mente nobilita.Fulcanelli aggiunge: «L’umile e comune conchiglia che portava sul cappello, s’è mutata in astro splendente, in aureola di luce: materia pura di cui la stella ermetica, consacra la perfezione. Adesso è il nostro compost, l’acqua benedetta di Compostella».Questo intende il simbolico pellegrinaggio in Spagna a San Giacomo di Compostella: il lavoro filosofale che permette alla mente di aprirsi.L’autore precisa che le «conchiglie di tipo a pettine, i Filosofi la chiamano merelles de Compostelle, dalle parole greche Mèter e elê, madre della luce».E’ interessante ricordare che i pellegrini approfittavano della grande disponibilità di questi crostacei sulle coste galiziane e se ne cibavano correntemente, tenendo per ricordo la conchiglia. Fu a posteriori la consuetudine di arrivare a Finisterre, sull’Atlantico, distante poco meno di 100 km da Santiago.
10 agosto, 2021
Calendario
In questo calendario furono assimilati anche i Nomi Romani dei Mesi dell'Anno che nel tempo subirono piccole variazioni di forma fino a trasformarsi nei nomi che tutti noi conosciamo oggi e che sono "Gennaio" (Ianuarius), "Febbraio" (Februarius), "Marzo" (Martius), "Aprile" (Aprilis), "Maggio" (Maius), "Giugno" (Iunius), "Luglio" (Iulius), "Agosto" (Augustus), "Settembre" (September), "Ottobre" (October), "Novembre" (November) e "Dicembre" (December). Per quanto riguarda il termine "calendario", esso ha origine dalla parola "calende" (dal latino calendae che significa "calare") che a sua volta deriva dal greco "kalein" (convocare) e che veniva usata dai Romani per indicare il primo giorno di ogni mese in cui organizzavano feste e giochi.
09 agosto, 2021
covid
un codice spaziale
Sembra un codice spaziale che nessuno immaginava potesse fare così male. Prima era solo un semplice avvertimento, adesso è un obbligo, stare a casa e privarsi di ogni divertimento, già, sembra quasi come un castigo ricordare la normalità come se fosse qualcosa di irraggiungibile, ma quando tutto questo finirà sarà incredibile.
07 agosto, 2021
la serra e le telline
Se dall’India (nell’antica iconografia indiana, il dio Vishnu porta una conchiglia, simbolo dell’Oceano e del primo alito vitale) e dalla Persia mandea e manichea, la teologia della perla è giunta agli gnostici, per affermarsi attraverso una lettura almeno originariamente gnostica o paragnostica dello stesso Vangelo (nel quale il Regno dei Cieli è simile a una perla), la Persia è stata anche il tramite culturale per l’affermarsi del culto della perla nel mondo islamico. Per altri versi, resta da indagare se, come e fino a che punto il culto cinese della perla – che in quella tradizione è garante di incorruttibilità al pari dell’oro e della giada – abbia rapporto con miti e riti similari non solo nel Laos o nel Borneo, ma anche nel continente americano.
Presso gli Aztechi, Tecsiztecatl (letteralmente “quello della conchiglia”) è il dio della Luna: la conchiglia rappresenta la matrice femminile, la Luna presiede alle nascite della vegetazione e della vita in generale.
La Tofa è uno strumento musicale ricavato da una grande conchiglia e appartiene al genere degli aerofoni. L’uso di suonare la tromba di conchiglia, sopravvive ancora nel Mediterraneo ma è limitata oggi purtroppo ad una sorta di segnaletica sonora dei pastori sardi o siciliani, nelle isole greche addirittura dei postini.Ma tradizioni ancora vive nell’Estremo Oriente testimoniano l’uso della tromba di conchiglia nelle medesime occasioni rituali in cui l’archetipo guscio viene utilizzato come semplice simulacro o amuleto: nelle cerimonie dedicate alla fertilità, alla fecondità, alla nascita, alla morte-rinascita
In araldica, la conchiglia e perla sono poco presenti. La conchiglia nelle armi familiari indica una benemerenza acquisita in pellegrinaggio o in crociata – dal momento che una conchiglia era l’emblema del pellegrinaggio a Santiago – la spiegazione araldico-encomiastica fornita a posteriori indica, il suo uso per nobilitare dinastie. La perla invece è molto usata nelle corone.Lo stemma personale di papa Benedetto XVI è formato da una conchiglia dorata allo scopo di ricordare la leggenda attribuita a sant’Agostino, il quale incontrando un giovinetto sulla spiaggia, che con una conchiglia cercava di mettere tutta l’acqua del mare in una buca di sabbia, gli chiese cosa facesse. Quello gli spiegò il suo vano tentativo, ed Agostino capì il riferimento al suo inutile sforzo di tentare di far entrare l’infinità di Dio nella limitata mente umana. La leggenda ha un evidente simbolismo spirituale, per invitare a conoscere Dio, seppure nell’umiltà delle inadeguate capacità umane, attingendo all’inesauribilità dell’insegnamento teologico.
Nata dalla spuma, nella mitologia greca era una dei dodici dèi olimpici. Rappresenta una forma della Dea Madre e dell’amore sensule, nata dalla spuma del mare fecondata dai genitali recisi del dio Urano (che ogni notte fecondava Gea, la madre terra, rappresentando l’amore sotto il solo aspetto dell’atto riproduttivo. Per questo Cromo, nato da una delle loro unioni, castrerà il padre per liberare la madre dalle notturne fecondazioni del padre). Zeus la diede in sposa al dio più brutto dell’Olimpo, Efeso, dio del fuoco e perché temeva che l’estrema bellezza di Afrodite potesse generare discordie e fermento tra gli dei. La tradizione la descrive come sposa infedele e dea invidiosa della bellezza di Psiche, donna umana che si troverà in più occasioni nei tranelli della dea.
Afrodite spesso è sinonimo di donna sempre seducente, che mantiene un rapporto con gli uomini di tipo puramente erotico e privo di natura spirituale e di scambio intellettuale. La studiosa Ginette Paris nel libro La rinascita di Afrodite, rivaluta questo archetipo come simbolo di amore civilizzatore, che si oppone da un lato alla pornografia vuota che vede il corpo come intercambiabile e privo di unicità e dall’altro all’amore spirituale e disincarnato tipico della cultura greca e cristiana. La donna che si ispira ad Afrodite avendo il buon senso di non incarnare l’archetipo stesso, può diventarne “sacerdotessa”, portatrice di un modo di vivere ispirato alla bellezza e al godimento dell’altro. La bellezza è intesa non come perfezione o vanità egoica ma come dono totale di sé attraverso l’amore sensuale.
Il desiderio per Afrodite è fondamentale, ciò che le reca offesa è piuttosto il sesso meccanico e vuoto o ancora la negazione della propria sessualità come se fosse un bisogno sporco e inferiore. Anche la moda e la cura di sé sono a servizio del godimento e della bellezza, portatori di unicità, non di conformismo e mai per un compiacimento egoistico.Interessante è anche l’episodio che precede la sua nascita, Urano infatti era un dio particolare in quanto stava sempre in cielo, tranne la notte quando scendeva e iniziava la sua copula generativa; un misto di estremo distacco e di sessualità ancestrale finalizzata alla riproduzione; Urano però non amava i suoi figli, anzi, li sacrificava cacciandoli nelle viscere della terra. Gea, stanca di questa situazione si era accordata con Crono, il figlio, per mettere fine a questa situazione, mettendo a punto un piano che prevedeva l’evirazione, in modo che non potesse più fecondarla.Fu così che una notte Crono attese il padre e, quando stava per accoppiarsi con la madre, gli saltò addosso con una falce, tagliandogli i genitali che finirono in mare; Poco dopo, dalla spuma del mare fecondata dal liquido seminale, uscì Afrodite.La dea quindi non è concepita ne cresce in un utero femminile.
Quante volte ci sarà capitato di fare una passeggiata sulla spiaggia ammirando la bellezza delle conchiglie? Sin dall’antichità le conchiglie hanno arricchito l’immaginario collettivo diventando protagoniste di miti, leggende e divinità.
Basti pensare al re Tritone, figlio di Poseidone, che usava la sua grande conchiglia per placare le tempeste e chiamare il dio del mare. Per molte popolazioni inoltre, le conchiglie rappresentavano il simbolo della femminilità e della fecondità. Altresì sono diventate: monili preziosi, strumenti musicali, moneta di scambio e oggetti di culto.
Questi involucri inanimati sono in realtà scheletri di animali marini, chiamati molluschi. Si depositano sulla battigia dopo esser stati trasportati dalle onde e lentamente si dissolvono, contribuendo a comporre la sabbia.
Proviamo a tuffarci in un mare primordiale, 500 Milioni di anni fa, agli albori della vita: gli organismi viventi erano semplici e non avevano ancora esplorato completamente il nostro Pianeta, esistevano solo nell’acqua. E’ in questo periodo che compaiono i primi molluschi, forme di vita probabilmente dapprima erbivore che iniziano a sviluppare una protuberanza laterale, utile ad allungare l’intestino e a digerire più facilmente. Ma brucare è un processo lento, lungo e l’animale rimane indifeso; ecco, che assieme alla sostanza vegetale, assume anche piccole particelle di sedimento che si accumulano nel corpo a tal punto da trasformarsi in una primordiale forma di difesa che si evolverà in un vero e proprio guscio, la conchiglia.
Lo scheletro si attorciglia sempre più e avvolge l’apparato digerente lasciando fuori solo il capo e la parte inferiore del corpo, il piede, che permette l’ancoraggio e il movimento sul suolo: in questo modo si sono formati i primi gasteropodi, dall’involucro a spirale. Oggi sono numerosissimi, a partire dalle lumache di mare (Nassa mutabilis), le cipree (Luria lurida), il gigante tritone (Charonia tritonis), e molti altri ancora.
Nel frattempo, un altro gruppo di animali dal corpo molle inizia a sviluppare una conchiglia diversa, che permette una protezione completa, quella dei bivalvi: due gusci uniti da una cerniera che si aprono e chiudono come un libro. In questo caso l’animale è provvisto di due tubicini, i sifoni, che consentono la nutrizione attraverso la filtrazione di sostanze sospese nell’acqua, mentre il mollusco rimane ancorato ad una superficie o addirittura nascosto completamente sotto la sabbia. Esempi sono le vongole (Ruditapes decussatus), le cozze (Mytilus galloprovincialis) e i coloratissimi pettini (Chlamys varia).
Le scusse:
Ze i sogni masenai
de onde quete de risaca
Conchiglie: forme complesse e numerosi colori
Lo straordinario mondo di questi organismi è molto complesso, ancora oggi i biologi ne stanno studiando l’evoluzione, il comportamento e l’anatomia. Basti pensare al fatto che, oltre ad aver sviluppato strane forme complesse, gasteropodi e bivalvi sono in grado di colorare e “stampare” decorazioni articolate sulle loro conchiglie.
Probabilmente, l’inchiostro (se così lo vogliamo chiamare) deriva da sostanze cataboliche, cioè prodotti di rifiuto derivanti dal metabolismo. Si sta ancora cercando di capire, però, quale sia il meccanismo effettivo con cui questi animali sono in grado di creare queste livree, e anche la loro vera utilità, considerando che in molti casi vivono nascosti dentro alla sabbia, rendendo invisibili i loro colori.
A passeggio nel mare, fra molluschi e conchiglie
Ma c’è ancora di più. Se fossimo in grado di rimpicciolirci e passare una giornata intera in mezzo al mare, ci troveremmo in una vera metropoli. Lungo la roccia, in mezzo ai granchi troviamo un gruppo di cozze dal lucido guscio nero. Sebbene a prima vista, ci appaiano tutte identiche, il colore del mollusco ne determina il sesso: arancione per le femmine, giallo per i maschi. Spostandoci, mentre un paguro (Pagurus maculatus) ruba una conchiglia vuota per crearsi una protezione, in mezzo alla vegetazione si erge una nacchera (Pinna nobilis), il bivalve più grande del Mediterraneo: in alcuni casi raggiunge il metro di lunghezza, e può vivere fino a vent’anni. Attualmente questa specie è protetta poiché l’eccessiva pesca ne ha decimato la popolazione. Infatti, oltre ad essere commestibile, con il suo “bisso” (un insieme di filamenti che le permettono di rimanere ancorata alla sabbia) nel passato si creavano tessuti pregiati.
Continuando, sulla sabbia possiamo vedere uno strano tappeto di tubicini trasparenti, è una colonia di telline (Tellina nitida) completamente immersa nel sedimento, da cui sporgono solo i sifoni filtranti. Più in là, ecco uno strano buco a forma di 8, è un cannolicchio (Solen marginatus), in grado di affondare il suo corpo fino a un metro di profondità.
Minacce e conservazione
Ma, in mezzo a tante creature innocue, si nasconde anche un temibile predatore: la natica (Natica punctata). Assomiglia ad una chiocciola terrestre, ma non è erbivora. Con la sua bocca fornita di dentelli appuntiti, chiamata radula, è in grado di trivellare letteralmente il guscio di un mollusco, e di rilasciare un enzima capace di sciogliere la preda, per poi berla come un frullato.
E per finire…gli spazzini dei mari!
Erbivori, carnivori, prede e predatori, la natura pensa a tutto, anche agli … spazzini! Il murice (Murex brandaris), infatti, conosciuto già all’epoca dei Fenici e Greci per la sua porpora, è un gasteropode in grado di nutrirsi, non solo di prede vive, ma anche resti di organismi morti, andando così a chiudere il ciclo della vita.
Questi splendidi e antichi animali solcano i mari di tutto il Pianeta con più 100.000 specie conosciute. Hanno le forme più svariate: da 1 cm appena, alle più giganti che superano il metro di lunghezza. Colorate, bizzarre, e soprattutto affascinanti, non smetteranno mai di sorprenderci.
la serra e le perle
Sopra a tutto, intorno a questo lido, tante le conchiglie che il tempo ha mischiato,integrato con la sabbia, i nostri vecchi, questo borgo edificarono il loro borgo;Grado.non c’è storia antica, non c’è vecchio muro che non sarà dato costruito con la sabbia dorata, filtrata dal sole e dalla salsedine……noN esiste altro impasto con le nostre conchiglie, con le nostre scusse.
perché è così che si chiamanoe ha posato conchiglie…. le Scusse o ogni del signor, Peverasse, Caravoi….
tra un mattone e l’altro le chiese millenarie, le molte sono accompagnato da SCUSSE…
Nella preistoria, prima che nascessero forme codificate di religione, le conchiglie avevano grande importanza come amuleti, simboli propiziatori legati alla fecondità e alla vita. In questa simbologia che coinvolge l’acqua e la vita, complice il collegamento tra il ciclo riproduttivo di numerose specie di molluschi marini ed il plenilunio (a sua volta collegato alla data del parto), la conchiglia è vista in primo luogo come involucro protettivo dell’essere vivente e, nel Rinascimento, associata al concepimento per via dell’analogia conchiglia-perla.Uno dei valori simbolici più diffusi della conchiglia è proprio quello direttamente legato al sesso femminile, per la somiglianza ravvisata da molte popolazioni di tutto il mondo tra la base dentata della ciprea e i genitali femminili; esiste anche il collegamento al simbolismo pagano nel quale le cappesante sarebbero un frutto con presunti effetti afrodisiaci, credenza che favorì la nascita del mito di Afrodite.
Per questa ragione, probabilmente, presso molte popolazioni native (anticamente anche dell’area mediterranea), le donne portavano ornamenti con cipree per scongiurare l’infertilità ed i futuri mariti offrivano doni (spesso con forme falliche) adorni di queste conchiglie come pegno nuziale.In molte statue antropomorfe, le cipree sono poste in corrispondenza degli organi genitali.In Africa, presso l’etnia dei Kuba (popolazioni che fino a metà del 1900 vivevano nelle foreste equatoriali dello Zaire), il sovrano, denominato nyim, “re dei Bushongo e dio della terra” che possedeva poteri eccezionali di carattere sacro che metteva al servizio della comunità, inviava in regalo oggetti adorni di cipree alle donne gravide.La Cypraea tigris, che in giapponese è detta Koiasu-gai, conchiglia del parto facile, la quale viene ancora tenuta in mano dalle partorienti nell’arcipelago delle Ryukyu, nell’estremo sud del Giappone.Per il suo colore e la sua lucentezza, dai cinesi ai giapponesi alle nostre latitudini è associata alla luna e all’elemento femminile. La sua sfericità e la sua lucentezza ne hanno fatto il simbolo della perfezione.In Cina e in India per la durezza e lucentezza era simbolo d’immortalità. In Persia, la perla intatta era immagine della vergine e simboleggiava anche la modellazione primordiale della materia attraverso lo spirito.Dai cinesi e greci, fino agli ebrei, nel nostro medioevo, si riteneva che le conchiglie fossero fecondate dal fulmine e che le perle avessero il fulmine dentro di sé. Presso altri popoli era il tuono a fecondare le conchiglie.
Secondo la simbologia cattolica, citata da Giovanni Damasceno nel VII secolo d.C., “il fulmine divino è penetrato dentro la conchiglia più pura, Maria, e ne è nata una perla oltremodo preziosa, il Cristo”.L’associazione conchiglia-madre, perla-bambino è precedente e appartiene a tutte le culture.
Nell’antichità i simboli della perla e della conchiglia erano molto presenti. Degno di nota è anche il corallo, da sempre associato a significati esoterici. Con il suo colore intenso e positivo, il rosso,era considerato efficace contro il malocchio. E’ considerato un talismano potente, e ancora oggi si usa regalare ai bambini un cornetto di corallo in segno di protezione. La perla nel nostro immaginario è sempre associata a qualcosa di raro, prezioso e nascosto perchè si trovano negli abissi del mare, e impossessarsene implica pericolo e notevoli sforzi. La sua purezza è malinconica e secondo la tradizione, regalare delle perle porta lacrime, sfortuna e disgrazia.La perla era uno degli elementi più importanti nell’abbigliamento delle donne romane di famiglia nobile.
La conchiglia ha uno stretto legame con il mare e di conseguenza con l’acqua in quanto elemento femminile, associata quindi alla fecondità. Il suo aspetto richiama l’apparato riproduttivo femminile, dunque si può accostare anche all’idea dell’erotismo e del piacere sessuale. La conchiglia rappresenta il tempo da dedicare alla riflessione sulla natura dei sentimenti corporei, morali, etici e spirituali: è il simbolo dell’introversione mentale e di temperamento spirituale. E’ anche l’emblema dell’illuminazione, della mente nobilitata, di chi sa come deve procedere.
L’alchimia invece, indica i valori iniziatici della conchiglia: Newton probabilmente indicava nel pellegrinaggio a Santiago, il primo viaggio degli aspiranti creatori della pietra. Molti pellegrini nel cammino usano ricamarsi una conchiglia nel mantello, in segno di protezione e riconoscimento.
Uno dei mondi più affascinanti e meno indagati della cultura tradizionale, è quello delle sostanze, degli oggetti e delle forme «anfibie», a cavallo tra due dei tre ambiti solitamente ben distinti e distinguibili: l’animale, il vegetale e il minerale. Nella sensibilità moderna la perla appartiene al mondo animale: tuttavia non ci stupiamo certo se nell’antichità e nel medioevo la vedremo ordinariamente associata a quello minerale e considerata, per la sua preziosità, una gemma.
La conchiglia Pecten Jacobaeus, perla e corallo fanno parte insieme con alcuni pesci del mondo simbolico desunto dalla vita marina. Un mondo misterioso, nel quale i tratti orridi (i mostri degli abissi ) e quelli meravigliosi si assommano. Come dice William Shakespeare nella Tempesta: «a sea-change into something rich and strange» (il mare trasforma in qualcosa di ricco e strano).La perla è importante nel nostro immaginario: qualunque cosa rara è «una perla», preziosa proprio per le piccole quantità contrapposte all’enorme preziosità. Dal concetto di prezioso segue il collegamento con il mito di Afrodite, la dea della bellezza: Afrodite nasce «dalla spuma delle acque» come una perla al centro di una conchiglia bivalve; e nel Vangelo di Matteo (13, 45-46), «il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». D’altro canto, non va dimenticato che le perle si trovano nel fondo del mare e conquistarle costa fatica e pericolo.La loro purezza assume una sfumatura malinconica che rende la sua presenza inquietante: secondo le credenze popolari, regalare delle perle porta disgrazia; durante il romanticismo, questa credenza è stata accentuata e ne conserviamo una testimonianza nel celebre poemetto anonimo trecentesco inglese dove è narrata la visione della figlioletta morta, Margherita (Margarita è il nome latino della perla), da parte di un padre, fu chiamato Pearl dal suo editore ottocentesco, Richard Morris.
Di conchiglie, crostacei e molluschi forniti di corazza – ci sono anche le chiocciole, sia terrestri che marine – Plinio il Vecchio parla in una celebre pagina, il paragrafo 51 del Libro IX, un elenco ricco di delizie, scritto per i Romani, popolo golosissimo di frutti di mare. Lì si parla delle Veneriae, le «conchiglie di Venere» che «navigano, e offrendo la loro parte concava e opponendola al vento fanno vela attraverso la superficie marina», e dei «pettini», che «saltano e volano al di fuori delle acque»..
Nel Physiologus (forse il primo bestiario dell’umanità, scritto in greco probabilmente nella seconda metà del II secolo d.C. ad Alessandria) è detto che, quando i pescatori vanno a pesca di perle, le trovano grazie all’agata attaccata a una cordicella. Tale pietra ha la proprietà di essere attratta dalla perla. Questa, da parte sua, si genera in questo modo: l’ostrica emerge dal mare nelle prime ore del mattino, e la sua conchiglia «apre la bocca, assorbe la rugiada celeste e il raggio del sole e della luna e delle stelle, e con la luce degli astri superiori produce la perla»
Nel mondo indiano la perla è figlia di Soma, la Luna, ed è protetta dai draghi nel fondo del mare; grazie a lei si possono preparare filtri d’immortalità. La perla nata dalla rugiada è anche il simbolo dell’Immacolata Concezione.Essendo sferica è simbolo di perfezione, così come il rosario è il simbolo di una grande catena cosmica che lega tutto l’esistente. Non a caso nel cristianesimo e nel buddismo è la più perfetta delle preghiere.
Nel Medioevo si affermò il Cristo-perla, descritto da Friederich Ohlynel saggio, Rugiada e perla (ora raccolto in Geometria e memoria, Bologna 1984). L’autore ricorda che «nella Chiesa primitiva – in Clemente Alessandrino, in Origene, e, splendidamente, in Efraim il Siro – c’è una vera e propria teologia della perla». In un testo gnostico fondamentale, gli Atti di Tommaso, esiste una pagina rivelatrice: il Canto della Perla, chiamato anche Canto dell’Anima; protagonista del testo è il Figlio del Re, disceso in Egitto, ovvero nel basso mondo, alla ricerca di una perla custodita da un tremendo serpente. Per questa discesa, il Figlio del Re è costretto a vestire una Immonda Veste (il Corpo, e forse i rimandi con i desideri e con gli impulsi, sono rivolti a riflettere sui corrispondenti lati negativi del simbolo), che abbandonerà solo dopo aver riconquistato l’anima (simboleggiata dalla perla), quando potrà risalire al Regno del Padre. È stato notato come questa teologia della perla abbia, nelle sue versioni gnostiche – in contatto con testi mandei e manichei – indubbie somiglianze con i miti della perla nel mondo indiano. Nell’Atharva-veda è figlia di Soma, la Luna, ed è custodita dai draghi nel fondo degli abissi; trovandola si possono confezionare filtri d’immortalità (la perla sarà usata anche nella farmacopea medievale), e come detentrice del segreto dell’immortalità.
Nell’antichità e nel Medioevo la perla e la conchiglia sono presenti di continuo come vocaboli intensi, importanti, carichi di significato profondo.Insieme a loro, forse, dovremmo nominare il corallo: altra sostanza «marginale», animale-minerale, di grande rilievo nella simbologia e nella medicina tradizionale.Considerato – probabilmente a causa del suo colore, per un processo associativo di magia «simpatica» – efficace contro le emorragie e, ancora per il colore, fondamentale nella lotta al malocchio, un rametto di corallo compare sovente nelle effigi medievali e rinascimentali come appeso al collo del Bambino Gesù. E’ un amuleto potente, che si usava soprattutto per difendere i bambini: l’usanza di regalar loro un cornetto di corallo continua fino ai giorni nostri.
Fulcanelli segnala che:«le conchiglie di San Giacomo sono chiamate acquasantiere, queste grandi conchiglie, un tempo, servivano a contenere l’acqua benedetta, nome dato dagli Antichi all’acqua mercuriale; ancora oggi se ne trovano spesso in molte chiese rurali».Inoltre ci rivela che «le conchiglie servivano come distintivo ai pellegrini di San Giacomo. Agli inizi tutti i pellegrini sono a questo stadio. Devono compiere, con il bordone come guida e la merelle come distintivo, quel lungo e pericoloso viaggio di cui una metà è terrestre e l’altra metà marittima».Con il termine Pellegrino s’intende il neofita che si accinge a intraprendere la Grande Opera; come guida si serve del suo bordone, il lungo bastone simbolo della via lunga e che interpreta lo spirito, ciò che bisogna sempre tenere presente nella pratica, «nella notazione alchemica, qualsiasi barra o tratto, qualunque sia la sua direzione, è il segno grafico convenzionale dello spirito».Il viaggio terrestre e marittimo indica le due vie ermetiche. Quello terrestre è anche definito via secca, cioè priva d’illuminazione e intende la psiche prima della rivelazione che inizia a decifrare gli arcani dell’arte. La via marittima, detta pure via umida, si riferisce alla psiche dopo l’illuminazione che realmente inizia a compiere il Magistero.Il Maestro insegna che «utilizzando la via secca, rappresentata dal sentiero terrestre, seguito per primo dal nostro pellegrino, si giunge a esaltare a poco a poco, la virtù diffusa e latente, trasformando in attività ciò che era solo in potenza. L’operazione è compiuta quando appare alla superficie una stella brillante».Lo stesso significato è dato dalla conchiglia, che se prima rappresentava la comune psiche di tutti gli uomini, ora indica la mente nobilita.Fulcanelli aggiunge: «L’umile e comune conchiglia che portava sul cappello, s’è mutata in astro splendente, in aureola di luce: materia pura di cui la stella ermetica, consacra la perfezione. Adesso è il nostro compost, l’acqua benedetta di Compostella».Questo intende il simbolico pellegrinaggio in Spagna a San Giacomo di Compostella: il lavoro filosofale che permette alla mente di aprirsi.L’autore precisa che le «conchiglie di tipo a pettine, i Filosofi la chiamano merelles de Compostelle, dalle parole greche Mèter e elê, madre della luce».E’ interessante ricordare che i pellegrini approfittavano della grande disponibilità di questi crostacei sulle coste galiziane e se ne cibavano correntemente, tenendo per ricordo la conchiglia. Fu a posteriori la consuetudine di arrivare a Finisterre, sull’Atlantico, distante poco meno di 100 km da Santiago.
C’è anche una leggenda. Teodosio e Attanasio, discepoli di Santiago, stavano portando il corpo del santo in Galizia; passato lo stretto di Gibilterra, seguirono le coste atlantiche sino a giungere in un luogo chiamato “Bouzas”. Stavano celebrando le nozze di una coppia quando il cavallo dello sposo inciampò e cadde in acqua sprofondando immediatamente. La gente già piangeva la loro morte quando sia sposo che cavallo, emersero all’improvviso accanto alla barca che trasportava il corpo del santo. Cavallo e cavaliere si ritrovarono con il corpo interamente tappezzato di conchiglie. I discepoli fecero sapere alla gente che si trattava di un miracolo e che il corpo trasportato era quello di San Giacomo, quello che aveva predicato il vangelo nelle terre di Spagna. Riconoscendo nell’accaduto la benevolenza dell’apostolo si assunse la conchiglia come simbolo del pellegrinaggio
Nella tradizione cinese la perla è usata anche nei rituali funebri ed è uno dei simboli della fortuna e della prosperità più sentiti.
Se dall’India (nell’antica iconografia indiana, il dio Vishnu porta una conchiglia, simbolo dell’Oceano e del primo alito vitale) e dalla Persia mandea e manichea, la teologia della perla è giunta agli gnostici, per affermarsi attraverso una lettura almeno originariamente gnostica o paragnostica dello stesso Vangelo (nel quale il Regno dei Cieli è simile a una perla), la Persia è stata anche il tramite culturale per l’affermarsi del culto della perla nel mondo islamico. Per altri versi, resta da indagare se, come e fino a che punto il culto cinese della perla – che in quella tradizione è garante di incorruttibilità al pari dell’oro e della giada – abbia rapporto con miti e riti similari non solo nel Laos o nel Borneo, ma anche nel continente americano.
Presso gli Aztechi, Tecsiztecatl (letteralmente “quello della conchiglia”) è il dio della Luna: la conchiglia rappresenta la matrice femminile, la Luna presiede alle nascite della vegetazione e della vita in generale.
La Tofa è uno strumento musicale ricavato da una grande conchiglia e appartiene al genere degli aerofoni. L’uso di suonare la tromba di conchiglia, sopravvive ancora nel Mediterraneo ma è limitata oggi purtroppo ad una sorta di segnaletica sonora dei pastori sardi o siciliani, nelle isole greche addirittura dei postini.Ma tradizioni ancora vive nell’Estremo Oriente testimoniano l’uso della tromba di conchiglia nelle medesime occasioni rituali in cui l’archetipo guscio viene utilizzato come semplice simulacro o amuleto: nelle cerimonie dedicate alla fertilità, alla fecondità, alla nascita, alla morte-rinascita
In araldica, la conchiglia e perla sono poco presenti. La conchiglia nelle armi familiari indica una benemerenza acquisita in pellegrinaggio o in crociata – dal momento che una conchiglia era l’emblema del pellegrinaggio a Santiago – la spiegazione araldico-encomiastica fornita a posteriori indica, il suo uso per nobilitare dinastie. La perla invece è molto usata nelle corone.Lo stemma personale di papa Benedetto XVI è formato da una conchiglia dorata allo scopo di ricordare la leggenda attribuita a sant’Agostino, il quale incontrando un giovinetto sulla spiaggia, che con una conchiglia cercava di mettere tutta l’acqua del mare in una buca di sabbia, gli chiese cosa facesse. Quello gli spiegò il suo vano tentativo, ed Agostino capì il riferimento al suo inutile sforzo di tentare di far entrare l’infinità di Dio nella limitata mente umana. La leggenda ha un evidente simbolismo spirituale, per invitare a conoscere Dio, seppure nell’umiltà delle inadeguate capacità umane, attingendo all’inesauribilità dell’insegnamento teologico.
Nata dalla spuma, nella mitologia greca era una dei dodici dèi olimpici. Rappresenta una forma della Dea Madre e dell’amore sensule, nata dalla spuma del mare fecondata dai genitali recisi del dio Urano (che ogni notte fecondava Gea, la madre terra, rappresentando l’amore sotto il solo aspetto dell’atto riproduttivo. Per questo Cromo, nato da una delle loro unioni, castrerà il padre per liberare la madre dalle notturne fecondazioni del padre). Zeus la diede in sposa al dio più brutto dell’Olimpo, Efeso, dio del fuoco e perché temeva che l’estrema bellezza di Afrodite potesse generare discordie e fermento tra gli dei. La tradizione la descrive come sposa infedele e dea invidiosa della bellezza di Psiche, donna umana che si troverà in più occasioni nei tranelli della dea.
Afrodite spesso è sinonimo di donna sempre seducente, che mantiene un rapporto con gli uomini di tipo puramente erotico e privo di natura spirituale e di scambio intellettuale. La studiosa Ginette Paris nel libro La rinascita di Afrodite, rivaluta questo archetipo come simbolo di amore civilizzatore, che si oppone da un lato alla pornografia vuota che vede il corpo come intercambiabile e privo di unicità e dall’altro all’amore spirituale e disincarnato tipico della cultura greca e cristiana. La donna che si ispira ad Afrodite avendo il buon senso di non incarnare l’archetipo stesso, può diventarne “sacerdotessa”, portatrice di un modo di vivere ispirato alla bellezza e al godimento dell’altro. La bellezza è intesa non come perfezione o vanità egoica ma come dono totale di sé attraverso l’amore sensuale.
Il desiderio per Afrodite è fondamentale, ciò che le reca offesa è piuttosto il sesso meccanico e vuoto o ancora la negazione della propria sessualità come se fosse un bisogno sporco e inferiore. Anche la moda e la cura di sé sono a servizio del godimento e della bellezza, portatori di unicità, non di conformismo e mai per un compiacimento egoistico.Interessante è anche l’episodio che precede la sua nascita, Urano infatti era un dio particolare in quanto stava sempre in cielo, tranne la notte quando scendeva e iniziava la sua copula generativa; un misto di estremo distacco e di sessualità ancestrale finalizzata alla riproduzione; Urano però non amava i suoi figli, anzi, li sacrificava cacciandoli nelle viscere della terra. Gea, stanca di questa situazione si era accordata con Crono, il figlio, per mettere fine a questa situazione, mettendo a punto un piano che prevedeva l’evirazione, in modo che non potesse più fecondarla.Fu così che una notte Crono attese il padre e, quando stava per accoppiarsi con la madre, gli saltò addosso con una falce, tagliandogli i genitali che finirono in mare; Poco dopo, dalla spuma del mare fecondata dal liquido seminale, uscì Afrodite.La dea quindi non è concepita ne cresce in un utero femminile.
Quante volte ci sarà capitato di fare una passeggiata sulla spiaggia ammirando la bellezza delle conchiglie? Sin dall’antichità le conchiglie hanno arricchito l’immaginario collettivo diventando protagoniste di miti, leggende e divinità.
Basti pensare al re Tritone, figlio di Poseidone, che usava la sua grande conchiglia per placare le tempeste e chiamare il dio del mare. Per molte popolazioni inoltre, le conchiglie rappresentavano il simbolo della femminilità e della fecondità. Altresì sono diventate: monili preziosi, strumenti musicali, moneta di scambio e oggetti di culto.
Questi involucri inanimati sono in realtà scheletri di animali marini, chiamati molluschi. Si depositano sulla battigia dopo esser stati trasportati dalle onde e lentamente si dissolvono, contribuendo a comporre la sabbia.
Proviamo a tuffarci in un mare primordiale, 500 Milioni di anni fa, agli albori della vita: gli organismi viventi erano semplici e non avevano ancora esplorato completamente il nostro Pianeta, esistevano solo nell’acqua. E’ in questo periodo che compaiono i primi molluschi, forme di vita probabilmente dapprima erbivore che iniziano a sviluppare una protuberanza laterale, utile ad allungare l’intestino e a digerire più facilmente. Ma brucare è un processo lento, lungo e l’animale rimane indifeso; ecco, che assieme alla sostanza vegetale, assume anche piccole particelle di sedimento che si accumulano nel corpo a tal punto da trasformarsi in una primordiale forma di difesa che si evolverà in un vero e proprio guscio, la conchiglia.
Lo scheletro si attorciglia sempre più e avvolge l’apparato digerente lasciando fuori solo il capo e la parte inferiore del corpo, il piede, che permette l’ancoraggio e il movimento sul suolo: in questo modo si sono formati i primi gasteropodi, dall’involucro a spirale. Oggi sono numerosissimi, a partire dalle lumache di mare (Nassa mutabilis), le cipree (Luria lurida), il gigante tritone (Charonia tritonis), e molti altri ancora.
Nel frattempo, un altro gruppo di animali dal corpo molle inizia a sviluppare una conchiglia diversa, che permette una protezione completa, quella dei bivalvi: due gusci uniti da una cerniera che si aprono e chiudono come un libro. In questo caso l’animale è provvisto di due tubicini, i sifoni, che consentono la nutrizione attraverso la filtrazione di sostanze sospese nell’acqua, mentre il mollusco rimane ancorato ad una superficie o addirittura nascosto completamente sotto la sabbia. Esempi sono le vongole (Ruditapes decussatus), le cozze (Mytilus galloprovincialis) e i coloratissimi pettini (Chlamys varia).
Le scusse:
Ze i sogni masenai
de onde quete de risaca
Conchiglie: forme complesse e numerosi colori
Lo straordinario mondo di questi organismi è molto complesso, ancora oggi i biologi ne stanno studiando l’evoluzione, il comportamento e l’anatomia. Basti pensare al fatto che, oltre ad aver sviluppato strane forme complesse, gasteropodi e bivalvi sono in grado di colorare e “stampare” decorazioni articolate sulle loro conchiglie.
Probabilmente, l’inchiostro (se così lo vogliamo chiamare) deriva da sostanze cataboliche, cioè prodotti di rifiuto derivanti dal metabolismo. Si sta ancora cercando di capire, però, quale sia il meccanismo effettivo con cui questi animali sono in grado di creare queste livree, e anche la loro vera utilità, considerando che in molti casi vivono nascosti dentro alla sabbia, rendendo invisibili i loro colori.
A passeggio nel mare, fra molluschi e conchiglie
Ma c’è ancora di più. Se fossimo in grado di rimpicciolirci e passare una giornata intera in mezzo al mare, ci troveremmo in una vera metropoli. Lungo la roccia, in mezzo ai granchi troviamo un gruppo di cozze dal lucido guscio nero. Sebbene a prima vista, ci appaiano tutte identiche, il colore del mollusco ne determina il sesso: arancione per le femmine, giallo per i maschi. Spostandoci, mentre un paguro (Pagurus maculatus) ruba una conchiglia vuota per crearsi una protezione, in mezzo alla vegetazione si erge una nacchera (Pinna nobilis), il bivalve più grande del Mediterraneo: in alcuni casi raggiunge il metro di lunghezza, e può vivere fino a vent’anni. Attualmente questa specie è protetta poiché l’eccessiva pesca ne ha decimato la popolazione. Infatti, oltre ad essere commestibile, con il suo “bisso” (un insieme di filamenti che le permettono di rimanere ancorata alla sabbia) nel passato si creavano tessuti pregiati.
Continuando, sulla sabbia possiamo vedere uno strano tappeto di tubicini trasparenti, è una colonia di telline (Tellina nitida) completamente immersa nel sedimento, da cui sporgono solo i sifoni filtranti. Più in là, ecco uno strano buco a forma di 8, è un cannolicchio (Solen marginatus), in grado di affondare il suo corpo fino a un metro di profondità.
Minacce e conservazione
Ma, in mezzo a tante creature innocue, si nasconde anche un temibile predatore: la natica (Natica punctata). Assomiglia ad una chiocciola terrestre, ma non è erbivora. Con la sua bocca fornita di dentelli appuntiti, chiamata radula, è in grado di trivellare letteralmente il guscio di un mollusco, e di rilasciare un enzima capace di sciogliere la preda, per poi berla come un frullato.
06 agosto, 2021
dalla serra ad anna de Simone un tratto iniziale
In principio c’era un uomo che, stanco della solitudine sognava di far uscire dal loro silenzio gli abitanti dell’ isola dov’era stato bambino. Quell’uomo, un poeta, provò a bussare a tutte le case dell’ antico borgo, piccolo nido protetto da quel nido più grande era l’ isola.
inutilmente, nel silenzio delle calli e dei campielli sentiva solo l’ eco del suo bussare.
allora capì che era arrivata l’ ora di lasciare l’ isola e i suoi bambini e di avviarsi con coraggio verso strade sconosciute, se voleva spezzare il cerchio che lo teneva prigionieri quel suo mondo di sassi. quell’uomo era Biagio Matin in una sua lirica(stanco de solitae; l’ amo l’ha battuo a la porta) narrazione la condizione del poeta nella grado di di inizio novecento,mentre cercava chi gli aprisse per ascoltare versi scritti nel dialetto parlato in una minuscola comunità di pescatori un isola sperduta fra mare e laguna, poco conosciuta nel 1912 quando cominciava la grande avventura della poesia mariniana. insomma, doveva proprio partire per andare a scoprire i suoi veri fratelli. un’avventura della poesia mariniana. Insomma doveva prorio partire per andare a scoprire suoi veri fratelli un’avventura diventata a poco a poco. nel tempo, nei 94 anni di vita di Biaseto e anche dopo,assolutamente straordinario tanto che le sue liriche le sue poesie sono posate, come le foglie di un albero, dovunque negli angoli più impensabili di città paesi, contrade sconosciute. a proporre questi intuizione queste immagini legate a Marin, a ciò che ha scritto e ci ha lasciato, è adesso Anna de Simone che ha curato la solitudine, sognava di far uscire dal loro silenzio gli abitanti dell’ sola dov’era stato bambino, quell’uomo, un poeta, provò a bussare a tutte le case dell’ antico borgo, piccolo nido protetto quel nido più grandezze era l’isola.