nuovo albergo e il canto per noi
Ricordo che, in tarda serata, quando ci staccavamo dal viale illuminato per raggiungere il nostro albergo attraverso strade appena appena rischiarate, trovavamo molto spesso ad attenderci nella penombra della via, seduti su di un basso scalino, schiacciati contro la rigogliosa siepe di ligustri fioriti, tre ossuti ragazzini, molto piccoli, arsi dal sole e dal vento; aderivano uno all'altro come rondinotti affamati: così scuri ed esigui, difficilmente venivano notati; solo i loro piccoli crani a forma di pinoli si lasciavano scorgere, perché stranamente azzurri, sotto la rapatura crudele. Ci aspettavano, perché volevano "cantare per noi": si trattava di canti "a tre voci", eseguiti con impeccabile e sapientissimo intuito polifonico: canti desolati e sommessi. sotto i quali pulsava sempre !'implacabile ritmo del dolore: canti di morte, e di amore senza speranza. Si davano gli "attacchi", questi tre piccoli aedi della notte,
pungendosi l'un l'altro le costole, brevemente, con gli scuri gomiti acuminati; poi. quando avevano esaurito il loro esiguo repertorio, restavano stranamente rigidi, con lo sguardo basso fisso al selciato, come fossero di pietra.
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