Giovanni Marchesan "Stiata", quasi fosse un antropologo, ha scolpito con le parole le figure assolutamente originali e centrate della nostra umanità gradese.In questo piccolo saggio, dà la visione di quella che è l' immagine ancestrale dell' uomo gradese:
L' homo paluantes
Ara qua noltri de 'ste lagune, inverni umidi e lunghi, caligo che te va drento i ossi, paese svodo.. 'vilio? No! no cedemo!
Un goto de vin comò medicamento e se tiremo sù, 'ndemo 'vanti!
Po', te riva l' istae co' la brusera, i foresti, al sol che te bate su i sintiminti, i mossati, le aleghe.
Un goto de vin e "La Vita continua" .
"L'uomo è un animale dotato di intellighenzia noi siamo il cosidetto "HOMO SAPIENS" :
L'omo de la sapienzia e magnevemo gransi in fogo, incuo magnemo polastri solo se i xe rusti però!
Geri viveveno in t'un cason e durmiveno per tera.
"Oggi, letto alla francese con materasso Spermaflex e villetta in zona residenziale'!
e sì cussì va 'l mondo perchè quà ne ''L 'Isoladelsole" no' vinse "l' omosapiens" no!
Qua vinse l'isola e no' ha valso ne i punti ne le strae che ne liga a 'l mondo.!
No ha valso nianche le vogie de cason che se cagiuo a qua co' 'l tenpo...
No ha valso ne ostrogoti, ne furlani, ne tudischi, ne taliani no ha valso ne la prima ne le ultime guere. Ninte e nissun ha valso qua!
Palù gera e palù resta qua intorno, e un poco anche qua drento forsi.
Cu che se stabilisse a qua, in questa isola, poco a la volta perde le so' abitudini, al so' modo de vive, de esse.
Cù che loga a qua, se trasforma pianpian de "Homo Sapiens" a "Homo paluantes"
Si. signori!! Omo de la palude "nel bene ma sopratutto nel male!"-
No' savaravo dì se xe 'l sol, al salso o 'l sabion che rispiremo o se xe 'l palu co' i so' miasmi.
Me no'savaravo dì, ma par che drento qua de le nostre teste i seculi sia passai per ninte e che 'l tenpo de Atila, de Francescogiusepe al tenpo del duce o quel de Pipo Baudo sia duto un, sia duto un ninte.
Par che al tenpo a qua no' lassa segno.
Attila, il flagello di Dio, è sempre stato considerato il responsabile delle devastazioni che spinsero gli abitanti della Altino romana ad abbandonare la città e ritirarsi nelle lagune. Attila sarebbe quindi responsabile, in ultima istanza, dell’origine di Venezia. Tuttavia i nuovi dati contrastano palesemente con questa tesi, costruita probabilmente ad arte dai veneziani per ammantare di leggenda le proprie origini. E in questo divertente monologo in veneziano, è lo stesso re unno a difendersi dalle accuse ingiuste e chiedere, finalmente, che i veneziani smettano di diffamarlo.
Attila è un caucasico che si nomava con il nome di Etzel al Gera un turco capo de una tribù mista da sti Unni che i vigniva dal Caucaso e se ha messo con i goti, oltre peso de sti qua che i me pareva ancora peso, Gera mundi fredo in quel anno della fine del 400 co un fredo bestia e al nostro unno goto e ostrogoto ingranai quattro castroni, roba de do metri e gargossa carichi de armi, spade archi e frecce ha deciso dopo una riunione co le femmine, i hs deciso che le gerre i stava mal e lordi ze andai in Gera de ’ndà verso la calura continentale e cussìi se ha ingrumao un pochi per la pianura francese, i xe ’dai fin a Parigi, qui altri col capo Atila verso la pianura padana, e i altri nel 430 i ze rivai verso Aquileia, per spacà duto, i ne aveva dito i romani che i Gera pini de achei. Ma no Gera mundi robe de spacca e nella furia sti Unni i dovuo resta un do anni prima de cali fora, savè comò che ze i furlani e i francesi, ze zente dura i li ha lassai qua, combattendo senza ciapà niente, che delusione per sto povero capo Atila, i romani i voleva paga in oro la popolazione e za che i Gera io ha messo insieme una squadra de cavalieri, i ze ’dai verso Grado e subito dopo verso Altino, ma in ste lagune Gera poco de ciapà e sto popol,co le lagune se incaricheremo de fango, cò la fame che Gera in Palù le pantegane le se magnerà ogni ben de dio, Tu vol mete dopo do ani de guerra , pochi soldi de ciapà e vareremo le pantegane che le magneva la sella dei soldati, , e cussi nel 432 carghi de oantegane vemo occupai Gravo, ma Gera miseria e con una giravolta gli unni goti e ostrogoti i se ha rivolto coi altri presso la pianura padana presso Altino e subito dopo Venezia puntando dopo. verso Pavia.
Dopo che i se ha calmao, così del 434 il nostro capo etzel è tornato verso la sua città Etzlburg Che tradotto in ungherese del tempo la città si chiamava Budapest. Una bela gita e i denari di risulta sono a disposizione del re unno morto e sepolto nel loro forte in Ungheria.
Questa è la storia semiseria di un re che per eliminare le donne, pensava seriamente di bollirle con l’ olio e mangiarsele, ma una suora de nome ardarico, con la moglie e con l’aiuto di tramano in letto trafigge con la spada il suo leggendario capo anno Atila detto Etzel, ho saputo dopo da amici maranesi che il tesoro di Attila sia vicino alla nostra laguna, ma non è vero, una nuova fiaba per il grande capo Attila.
La leggenda di Attila ha però un esito misterioso. Non si conosce infatti dove sia sepolto Attila e questo mistero è stato alimentato anche dalla credenza popolare che insieme al re fosse sepolto il suo tesoro, ovvero che aveva accumulato dopo una vita di razzie.
Sta di fatto che di leggende su questa tomba e sul suo tesoro ce ne sono tantissime. Si dice infatti che coloro che hanno sepolto il re degli Unni siano stati tutti uccisi subito dopo il funerale, in modo tale che nessuno potesse mai conoscere il luogo esatto della sepoltura. E addirittura viene scomodato anche il fantasma di Attila, che ogni notte si sveglia per contare le monete e le ricchezze del tesoro con lui sepolto, per controllare che nulla sia a lui sottratto.
Sta di fatto che di leggende su questa tomba e sul suo tesoro ce ne sono tantissime. Si dice infatti che coloro che hanno sepolto il re degli Unni siano stati tutti uccisi subito dopo il funerale, in modo tale che nessuno potesse mai conoscere il luogo esatto della sepoltura. E addirittura viene scomodato anche il fantasma di Attila, che ogni notte si sveglia per contare le monete e le ricchezze del tesoro con lui sepolto, per controllare che nulla sia a lui sottratto.
Giovanni Marchesan "Stiata", quasi fosse un antropologo, ha scolpito con le parole le figure assolutamente originali e centrate della nostra umanità gradese.
In questo piccolo saggio, dà la visione di quella che è l' immagine ancestrale dell' uomo gradese:
L' homo paluantes
Ara qua noltri de 'ste lagune, inverni umidi e lunghi, caligo che te va drento i ossi, paese svodo.. 'vilio? No! no cedemo!
Un goto de vin comò medicamento e se tiremo sù, 'ndemo 'vanti!
Po', te riva l' istae co' la brusera, i foresti, al sol che te bate su i sintiminti, i mossati, le aleghe.
Un goto de vin e "La Vita continua" .
"L'uomo è un animale dotato di intellighenzia noi siamo il cosidetto "HOMO SAPIENS" :
L'omo de la sapienzia e magnevemo gransi in fogo, incuo magnemo polastri solo se i xe rusti però!
Geri viveveno in t'un cason e durmiveno per tera.
"Oggi, letto alla francese con materasso Spermaflex e villetta in zona residenziale'!
e sì cussì va 'l mondo perchè quà ne ''L 'Isoladelsole" no' vinse "l' omosapiens" no!
Qua vinse l'isola e no' ha valso ne i punti ne le strae che ne liga a 'l mondo.!
No ha valso nianche le vogie de cason che se cagiuo a qua co' 'l tenpo...
No ha valso ne ostrogoti, ne furlani, ne tudischi, ne taliani no ha valso ne la prima ne le ultime guere. Ninte e nissun ha valso qua!
Palù gera e palù resta qua intorno, e un poco anche qua drento forsi.
Cu che se stabilisse a qua, in questa isola, poco a la volta perde le so' abitudini, al so' modo de vive, de esse.
Cù che loga a qua, se trasforma pianpian de "Homo Sapiens" a "Homo paluantes"
Si. signori!! Omo de la palude "nel bene ma sopratutto nel male!"-
No' savaravo dì se xe 'l sol, al salso o 'l sabion che rispiremo o se xe 'l palu co' i so' miasmi.
Me no'savaravo dì, ma par che drento qua de le nostre teste i seculi sia passai per ninte e che 'l tenpo de Atila, de Francescogiusepe al tenpo del duce o quel de Pipo Baudo sia duto un, sia duto un ninte.
Par che al tenpo a qua no' lassa segno.
Attila, il flagello di Dio, è sempre stato considerato il responsabile delle devastazioni che spinsero gli abitanti della Altino romana ad abbandonare la città e ritirarsi nelle lagune. Attila sarebbe quindi responsabile, in ultima istanza, dell’origine di Venezia. Tuttavia i nuovi dati contrastano palesemente con questa tesi, costruita probabilmente ad arte dai veneziani per ammantare di leggenda le proprie origini. E in questo divertente monologo in veneziano, è lo stesso re unno a difendersi dalle accuse ingiuste e chiedere, finalmente, che i veneziani smettano di diffamarlo.
Attila è un caucasico che si nomava con il nome di Etzel al Gera un turco capo de una tribù mista da sti Unni che i vigniva dal Caucaso e se ha messo con i goti, oltre peso de sti qua che i me pareva ancora peso, Gera mundi fredo in quel anno della fine del 400 co un fredo bestia e al nostro unno goto e ostrogoto ingranai quattro castroni, roba de do metri e gargossa carichi de armi, spade archi e frecce ha deciso dopo una riunione co le femmine, i hs deciso che le gerre i stava mal e lordi ze andai in Gera de ’ndà verso la calura continentale e cussìi se ha ingrumao un pochi per la pianura francese, i xe ’dai fin a Parigi, qui altri col capo Atila verso la pianura padana, e i altri nel 430 i ze rivai verso Aquileia, per spacà duto, i ne aveva dito i romani che i Gera pini de achei. Ma no Gera mundi robe de spacca e nella furia sti Unni i dovuo resta un do anni prima de cali fora, savè comò che ze i furlani e i francesi, ze zente dura i li ha lassai qua, combattendo senza ciapà niente, che delusione per sto povero capo Atila, i romani i voleva paga in oro la popolazione e za che i Gera io ha messo insieme una squadra de cavalieri, i ze ’dai verso Grado e subito dopo verso Altino, ma in ste lagune Gera poco de ciapà e sto popol,co le lagune se incaricheremo de fango, cò la fame che Gera in Palù le pantegane le se magnerà ogni ben de dio, Tu vol mete dopo do ani de guerra , pochi soldi de ciapà e vareremo le pantegane che le magneva la sella dei soldati, , e cussi nel 432 carghi de oantegane vemo occupai Gravo, ma Gera miseria e con una giravolta gli unni goti e ostrogoti i se ha rivolto coi altri presso la pianura padana presso Altino e subito dopo Venezia puntando dopo. verso Pavia.
Dopo che i se ha calmao, così del 434 il nostro capo etzel è tornato verso la sua città Etzlburg Che tradotto in ungherese del tempo la città si chiamava Budapest. Una bela gita e i denari di risulta sono a disposizione del re unno morto e sepolto nel loro forte in Ungheria.
Questa è la storia semiseria di un re che per eliminare le donne, pensava seriamente di bollirle con l’ olio e mangiarsele, ma una suora de nome ardarico, con la moglie e con l’aiuto di tramano in letto trafigge con la spada il suo leggendario capo anno Atila detto Etzel, ho saputo dopo da amici maranesi che il tesoro di Attila sia vicino alla nostra laguna, ma non è vero, una nuova fiaba per il grande capo Attila.
La leggenda di Attila ha però un esito misterioso. Non si conosce infatti dove sia sepolto Attila e questo mistero è stato alimentato anche dalla credenza popolare che insieme al re fosse sepolto il suo tesoro, ovvero che aveva accumulato dopo una vita di razzie.
Sta di fatto che di leggende su questa tomba e sul suo tesoro ce ne sono tantissime. Si dice infatti che coloro che hanno sepolto il re degli Unni siano stati tutti uccisi subito dopo il funerale, in modo tale che nessuno potesse mai conoscere il luogo esatto della sepoltura. E addirittura viene scomodato anche il fantasma di Attila, che ogni notte si sveglia per contare le monete e le ricchezze del tesoro con lui sepolto, per controllare che nulla sia a lui sottratto.
Sta di fatto che di leggende su questa tomba e sul suo tesoro ce ne sono tantissime. Si dice infatti che coloro che hanno sepolto il re degli Unni siano stati tutti uccisi subito dopo il funerale, in modo tale che nessuno potesse mai conoscere il luogo esatto della sepoltura. E addirittura viene scomodato anche il fantasma di Attila, che ogni notte si sveglia per contare le monete e le ricchezze del tesoro con lui sepolto, per controllare che nulla sia a lui sottratto.