26 gennaio, 2023

IL CAPO

A Grado, una delle cose che vanno per la maggiore è la polemica, siamo conosciuti come polemisti irriducibili, potremmo fare un campionato di polemiche in piazza, sono sicuro che avrebbe successo.


  • Una delle polemiche storiche riguarda il più noto nel mondo dei "Graisani"Cavo de Nembo-Biagio Marin

    e il l rapporto conflittuale (secondo lui) che ha sempre avuto con la comunità.


    Secondo me, tutto andrebbe riportato a dimensioni umane, cioè:

    se consideriamo non l'uomo ma il personaggio, allora non c'è storia, lo spazio siderale che divide l'intellettuale del tempo con le persone modeste che lo circondavano, strafottute da una vita infame e logorante come quella del pescatore del tempo, non lascia scampo su chi emerge, ma se consideriamo il lato umano allora un po di cose cambiano.


    Il poeta, prima di esserlo, è persona, con pregi e difetti.

    Ha un caratteraccio (non per niente il suo soprannome era Cavo de Nembo), è estremamente vanitoso e suscettibile, tende a considerare amici solo chi lo loda e nemici mortali tutti gli altri.  (a metro riconosco un bel po di gente che conosco)


    Mentre i nostri vecchi erano così pragmatici, costretti dalle contingenze a esserlo, che lo trattavano, senza saperlo, con quella che è la peggior cosa per chi si crede un mito, l'indifferenza, la sopportazione.



    Da qua nascono gli alti lai che il Marin levava nei suoi scritti, quasi sempre lamentosi indirizzati ai suoi amici intellettuali, è "il gnanche pel cul" dei graisani che lo uccideva, lui proprio che non difettava di paraculismo e di manie di protagonismo, se si è inventato di volta in volta a secondo del girare della storia, irredentista, fascista, partigiano liberatore, democristiano.


    Io, seguendo le indicazioni dei miei vecchi, mi tengo il poeta, che è grande, ma boccio decisamente l' uomo, che in fondo a Grado a parte qualche nome su piazze o biblioteche ha lasciato ben poco del suo seme.


    Aggiungo, per capire meglio chi fosse Marin in fondo, questa poesia (più una leccata di culo direi) dedicata al suo eroe del momento : Il Duce.


    EL DOSE 


    Sora i nostri dolor de duti i dì, 

    Colda, ogni tanto, vien la to parola;

    E alora i nostri cuori voI fiurì,

    E i to sogni de gloria ne consola. 


    Alora el pan amaro l'ha l'aroma

    D'eternità, e fa la primavera; 

    E la pena più granda se la doma, 

    E l'aria del sielo xe liziera. 


    Per quel doman lontan, ma pur siguro, 

    Che tu ne miti in cuor comò 'na luse, 

    Tornemo a navegà sul mar più scuro, 

    E la speransa in porto ne conduse. 


    Savemo la to vose: 

    Colda cussì che la ne porta via;

    Gera le stele in alto silensiose

    Per ascoltate - e i cuor in angunia. 


    Vigniva, quela sera, 

    A ventade sul mondo la parola 

    Che crea l'amor e fa fiurì la piera,

    E no se sa d' indola. 


    Forse dai cuor, dal nostro patimento, 

    Che dura tanto e n'ha mortificai. 

    E tu tu son la vose del tormento, 

    Che 'l vento porta fin ai siel stelai. 


    Forse da Dio, per nostro gran conforto ; 

    El sielo gera pien de la to vose. 

    Vose de Dio, sul mar e in ogni porto,

    Vose de Dio, del nostro cuor, del Dose. 



    P.S. Finito il periodo fascista, era il segretario del fascio a Grado, ha fatto parte del comitato di liberazione a Trieste, trasformista veloce eh ?

    questa poesia non si trova facilmente ed è grazie a Bruno Scaramuzza che la posso pubblicare.



    A ri P.S.: noi continuiamo a vivere in questa meraviglia di Isola.  


 

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