09 febbraio, 2023

OMINI INSIGNI

Fine anno e, nonostante Facebook si sforzi a dire che è stato Straordinario, non è stato purtroppo così.

La crisi, interpretazioni legislative balorde, una gestione della cosa pubblica diciamo incerta, comunque poco incisiva e distante dai cittadini, le tasse ormai soverchianti, prospettive per il futuro con i nuvoloni e brividi.

No! non è stato un anno straordinario, anzi ci ha lasciati a tasche vuote come il pescatore della foto (scattata nel 1911).

In queste condizioni il potere costituito è sempre stato nel mirino e ho riscontri che nel  passato le cose erano simili.


Lo chiarisce questa poesia di Domenico Marchesini (Menego Picolo) che nasce a Grado nel 1850 e vi muore nel 1924, figlio della Grado storica poco conosciuto perchè purista del dialetto antico, attraverso i suoi scritti riusciamo a conoscere l'arcaismo dialettale del vero proto veneto graisan che evita con grande attenzione le contaminazioni del giuliano triestino, proponendo con forza la vigoria del dialetto autentico graisan.


Più che "rappresentarlo" Domenico Marchesini ci "presenta" il microcosmo gradese: un nucleo la cui struttura sociale si esaurisce in pochi elementi: i pescatori di mare e di laguna, gli artigiani e i renaioli. 

E gli artigiani allora si chiamavano "artisti", ed erano artisti che per poter vivere in quella società costruita su un'economia basata sul castrum, del tipo più primitivo dunque, erano spesso costretti a esercitare più "arti" contemporaneamente.

Oltre a ciò, Menego era molto caustico con il potere costituito e non rispamiava nulla e nessuno, non avendo un grande opinione dei cosidetti:


"Omini insigni"



Che issah val le case

 E i so fundi se sa. 

E ze una vergogna

 De i comandauri 

Che 'i sente e no 'i bada 

Cunsilgi e clamuri, 

Qua, colpa ste suche 

Ze aval monarchia 

Che ‘l pie in Muniçipio

 Va per denastia; 

Scrivan, podestae,

 Deputai ze un'union


E quisti ogni totolo 

Gode a so bon. 

Sti doti riginti, 

De sienza, ben digo, 

Sti 'nsiti adorai 

Fra tanto caligo, 


Cu sa afah la soma, 

Cu afah ‘l calegher, 

Cu 'ntaca butuni,

Cu fa ‘l campaner. 


Si queste sapienze 

De laura e çitae 

Che al zuogo de stropa

 'Le ze 'ndotorae 

'Le sta in sta baraca 


De Ufissio che ‘l val 

Per regehne a causa 

E pro de ‘l pivial. 


Un minimo di glossario perchè il dialetto usato dal Marchesini è veramente ostico


ze aval monarchia: sembra una monarchia; 

va per denastia: La tradizione  ricorda le famegie de la bala de oro (la bala con cui si esprimeva il voto nel Consiglio), "le quali per antico privilegio si tramandavano il diritto di occupare le cariche supreme"

ogni tòtolo: diminutivo di toto 'chicco', 'grano' (es. i toti del Rosario); la stessa parola indica però anche quell'insetto grigio scuro di forma ovoidale che a Grado era frequente abitatore dei pianterreni umidi e bui: oniscus murarius 'anisca'. 

Il 'nsiti: insetti. 

caliga: nebbia, fumo; qui 'incensamenti' e sim.; è il latino caliga 'caligine'. la soma: la somma. 

'ntaca butuni: attacca bottoni, cioè fa il sarto.

de laura e çitae: laureati e cittadini. 

zuogo de stropa: un gioco di carte. 

'ndotorae: gioco di parole tra il significato concreto 'laureate' e l'allusione a una modalità del gioco di carte, per cui chi perde e vuoI continuare a giocare deve pagare di nuova la posta. 

che 'l val: buono solo a .. 

de 'l pivial: della chiesa e dei clericali. 

 

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