17 maggio, 2014

Educazione e rispetto


Ancora oggi mi pare che la buona educazione sia quanto meno preferibile a modi selvaggi e violenti.

Va detto a questo proposito che l’educazione ha (o almeno aveva) come corollario il rispetto, persino reverenziale, da portare innanzitutto verso le donne e gli anziani, ma da estendere per definizione ovvia a tutti quelli che occupano un posto più elevato nella scala sociale o che anche incidentalmente si trovino in un qualsiasi ruolo di responsabilità.

Si cominciava naturalmente dal maestro che comminava bacchettate generosamente dispensate sul palmo della mano a chi macchiava il foglio d’inchiostro (per me, più che la penicillina, è la biro la più grande invenzione del secolo scorso).

E si correva a perdifiato quando, giocando a pallone in strada o nello spazio antistante una casa in costruzione, si scorgeva da lontano la sagoma della guardia, il vigile urbano che aveva il pallino di sequestrare e bucare per direttissima i palloni dei ragazzi, e si scappava via a gambe levate.

Si può dire stronzo?
E allora a posteriori voglio dirlo con tutto il cuore (anche a nome di più generazioni di ragazzi del mio paese): quella guardia era uno stronzo; di più, era uno stronzo super, ma veniva rispettato da noi tutti perché rappresentava l’Autorità e l’autorità ci sembrava che avesse sempre ragione. (i vigili gradesi in foto non centrano nulla con il concetto espresso è una foto del 1948 puramente di arredo al post)

Siamo cresciuti così, a pane e rispetto, verso tutti, ma anche con la malsana idea (è questo il guaio) che chi occupava qualche posto di responsabilità nella società doveva avere per forza dei meriti, per quanto a prima vista non si evidenziassero affatto.

Col tempo ho capito che si trattava di un’ingenuità imperdonabile, ma la cosa che più mi preoccupa è il timore di aver contribuito naturalmente ad infondere questa visione della vita ai miei figli.

Non mi resta che sperare in un loro ravvedimento operoso, ma non riesco a sfuggire al sospetto che nella mancata capacità di reazione delle giovani generazioni allo scippo violento dei loro sacrosanti diritti sia, in qualche modo, da ricondurre alla colpa di un’educazione troppo rispettosa.

Perché questo Paese è retto da una classe dirigente infame (e questo è chiaro a tutti) ma anche inetta e dequalificata.

Un Paese che ha sostituito, con grande passione, la raccomandazione al merito, perché mai dovrebbe vantare una classe dirigente qualificata?

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