Il carico della Iulia Felix, ormai non ha segreti per gli studiosi, per noi cittadini destinatari ultimi (forse) del messaggio che la storia ci può dare sugli usi romani del tempo un po di più, ma siamo in trepidante attesa di aperture museali ormai promesse a tutte le latitudini, c'è una cosa però che conserva un lato oscuro, alcune anfore, le più piccole e quindi più preziose contenevano il Garum.
Che cos'è il Garum e cosa rappresentava per il romano medio del tempo?
Chi si chiede cosa mangiassero i Romani a pranzo e a cena, incappa in lui, nel garum.
I Romani lo mettevano su tutto, un po’ come gli Americani mettono su tutto il ketchup, pure nel cappuccino.
Il garum, non è facile spiegare esattamente cosa sia, perché dal mondo romano sono arrivati a noi molti accenni, ma non una ricetta completa. Ricostruiamo cosa fosse quindi in base a quel poco che sappiamo, e, da quel poco che sappiamo, possiamo ipotizzare con una certa precisione questo:
il garum era una schifezza.
Era un impasto di interiora di pesce mezze essicate, che già fanno schifo del loro al solo pensarci, per di più lasciate a fermentare (modo elegante per evitare di dire “marcire”) sotto al sole in otri di terracotta, che fa quindi più schifo ancora. Da tutto ciò si ricavava una poltiglia immonda: ecco quello era il garum.
I Romani ne andavano ghiotti, e lo mettevano su tutto, del resto era un mondo senza frigoriferi, per cui una pennellata di garum su carni e pesci copriva anche molto i sapori originali, quelli che noi di solito chiamiamo “del buon tempo antico”, ma dimentichiamo sempre che nel buon tempo antico non erano un granché.
Apicio, autore deArte Coquinaria – De Opsoniis et Condimentis, il più importante testo di cucina romana suggerisce di cospargere con il garum ogni pietanza per conferirgli salinità e quindi contribuire a conservarle. Plinio il Vecchio definisce il garum un liquido di pesce marcio. Certamente il garum era un liquido costituito dalle interiora di pesce, preventivamente aperte e lavate in acqua di mare, lasciate asciugare per poi essere messe a macerare in olio d’oliva e erbe varie.
Dioscoride Pedanio, De materia medica, libro II, 32 “Ogni tipo di garum, che è una salsa ottenuta da pesci e carni macerati con il sale, se con esso si fa un impiastro caldo, blocca le piaghe che consumano. Cura i morsi di cane. Si somministra a quelli che soffrono di dissenteria e di sciatica; ad alcuni si somministra perché cauterizzi le parti piagate, ad altri, invece, per far sentire ferite che non hanno avvertito.”
Detto questo i nostri vecchi, molto più savi e schizzinosi degli antichi romani, con i resti meno nobili del pesce pescato hanno elaborato la ricetta del Boreto facendone un piatto prelibato che resiste agevolmente ai giorni nostri anche alle analisi delle moderne USL che mai permetterebbero di mangiare schifezze crude come il "Garum".
Hi. If you do use images without credited the source, at least check if it is the right image. The condiment you show as garum, is stolen from my website coquinaria.nl. It actually represents a quince paste, murri, that was a condiment in medieval arab cuisine. So: not fish sauce, and not Roman. I do not know who first copied my pucture, but he or she is responsible for the fact that many people now think that garum or liquamen looks like a red paste.
RispondiEliminaThis the page the picture belongs: http://coquinaria.nl/english/recipes/murri.htm
Mah, è evidente che non ho rubato nulla, mi sono limitato a scaricare un' immagine che pensavo pubblica e che come da gentile richiesta (bah) ho eliminato per non creare disinformazione cosa ben lontana dalla mia volontà che vuoleva fare un po di ironia ed accostamenti arditi tra la nostra ucina contemporanea e quella del passato. A dir la verità l' immagine centra proprio come i cavoli a merenda.
RispondiEliminaGUarderò con attenzione il suo sito perchè mi piace l' idea della cucina araba, saluti