26 settembre, 2015

Grado, interno Autunno


Le foglie cadono, cadono come da lungi, 

come se giardini lontani sfiorissero nei cieli.
Cadono con gesto di rifiuto.   Rilke


Grado, interno Autunno

E' un immagine un  po triste il finire della stagione, ma è un passaggio necessario per il risveglio primaverile.


I turisti nordici, sulla battigia, con il loro improbabile abbigliamento (calzoncini corti, sandali e calzini, oppure pantaloni di tela lunghi ma arrotolati per mettere i piedi in acqua), guardano perplessi un mare che sentono più vicino al loro: 

perché è ancora caldo, sì, ma ingrigito, con una punta di broncio.
Meno Adriatico e più simile a quello che conoscono, insomma quasi familiare. 

Qualche ragazza, stesa sul lettino, rabbrividisce un poco alla brezza, si raggomitola nell’asciugamano, decisa però a resistere fino all’ultimo, come soldati che non si arrendono nella terribile battaglia della tintarella. 
Si spiano poi, raffrontandosi con le amiche, le more soddisfatte e tronfie, le bionde deluse che anche quest’anno non ce la faranno a superare il loro limite epidermico, perché ormai il tempo è passato e l’abbronzatura non sarà più scura di così. 

I pochi morosi adolescenti si baciano, avvinghiati sulle sdraio, ma con meno foga di quella che avevano solo poche settimane fa, perché sono giovani, la vita è lunga  e il grande amore che è lì accanto sembra già qualcosa di passato, una foto sbiadita per l’album dei ricordi. 


E quei pochi rimasti passano tutti sul viale, e i mozziconi di albero muti guardano tutto quel via vai,  lo vedono da sempre lo vedranno ancora e non se ne lasciano sfiorare.

Perché Grado è abituata alle onde che passano e poi tornano e poi vanno via, e siano di marea o di gente non fa differenza.


Grado aspetta, le guarda e resta là. 

E' l'autunno, che bellezza, tempo di riposo. 

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