28 febbraio, 2017

Nettuno vestito da Carneval





Una foto che ho scattato tempo fa.  L' immagine del peso della stadera ritrovata nella Iulia Felix - Il Nettuno - fatta sparire immeditamente dopo che un buon tempone l' aveva " cacucciata"  pensando giustamente che l' apertura del Museo  sarebbe stata procastinata all' anno  :  MAI.
Per dare una botta di vita al nulla, anche l'immagine di Nettuno messa fuori a guardia dell' ingresso del Museo del Mare che ospiterà la Julia Felix a Grado (ah, ah, ah...), si è vestita in maschera per il Carnevale. 

Cosa ci sia da ridere oggi non si sà, ma questo è un fatto soggettivo e tant'è.
Oggi è:

Carnevale. 

Nella tradizione gradese era una festa soprattutto per gli artisti, gli artigiani dell' isola , perche i casoneri erano già in laguna. 
L'ultimo giorno i bambini si mascheravano, i grandi organizzavano qualche ballo; si faceva anche la batarela perchè el Carneval và via, cioè si andava in giro battendo le pignatte e gridando al và, al và oppure ci si procurava un carro e vi si poneva un pagliaccio grande , si andava verso il porto lamentandosi el ze morto, el ze morto, il corteo si dirigeva poi verso la pineta, el Taroto, dove si bruciava il pagliaccio, infine si rincasava sempre piangendo el ze morto
Quaresima 

La fine del Carnevale e l'inizio della Quaresima erano anche rappresentati da due pupazzi: uno bello grassoccio decorato con le luganeghe, è il Carneval grasso, 
l' altro rappresenta una donna striminzita con una 'renga appesa al collo ed è la Quaresima

27 febbraio, 2017

Lagni e desideri-Lezioni a tutti

Titolo sul giornale di Oggi:















Ma nel passato le cose erano identiche non è mai stata trascurata la cura dell' ospite basta leggere questa iniziativa del Curatorio degli Stabilimenti Balneari di Grado del 1912.
Il Foglio dei Desideri e dei Lagni.


Il problema quindi non è mai stato sottovaluto negli anni di gestione dell'arenile, il cliente veniva tenuto in gran conto e a livello dirigente le lamentele venivano ascoltate e quando possibile rimediate.

Il tutto in maniera soft con il contatto gestito dalle parti senza dover ricorrere ai giornali che, comunque vada, incrina l'immagine dell'Azienda e di conseguenza del Paese.

Ultimamente, purtroppo, e devo dire come al solito la procedura standard è stata:

Proteste dei clienti scritte sul foglio locale.
Risposte, in genere seccate, dei dirigenti sul foglio locale.

Risultato, a torto o a ragione, uno sputtanamento generale dei servizi locali e in generale dell' immagine sia dell' Azienda che della nostra Città.

Il guardarsi indietro, visto che abbiamo la fortuna di avere un passato glorioso, cogliere le buone idee che hanno funzionato allora e fare un pò di autocritica ascoltando le ragioni dell' utente potrebbe servire in futuro ad avvicinare e fidelizzare il cliente.

Una ragione in più per estendere le lezioni di buone maniere anche ai dirigenti non solo agli operai.

26 febbraio, 2017

Danilo Onorio Dissette




Onorio Dissette è il primo a sinistra del gruppo di artisti gradesi.

Il post di oggi lo dedico ad un personaggio storico importante, avendo fatto il maestro elementare per lunghi anni, per la nostra formazione culturale : 


Danilo Onorio Dissette

In piedi, in tutta la sua altezza, il fisico integro e asciutto, tipico di chi ha praticato per molti anni un’intensa attività sportiva, ha militato per dieci anni nelle file della società sportiva “la Gradese-calcio”; ha fatto parte assieme a Placido Gimona della rappresentativa regionale calcistica del Friuli-Venezia Giulia. 

Nel 1935 ha vinto il titolo italiano juniores di salto in alto, ha anche gareggiato ai massimi livelli nazionali nella specialità del lancio del giavellotto.


Nativo del “polesine”  un "Mantellina"  ma figlio adottivo dell’Isola d’Oro essendo giunto a Grado a soli nove anni, nel 1922, era nato, infatti: a Borsea S.Sisto - Comune di Loreo - in provincia di Rovigo il 25 gennaio del 1913.


Cuore di sportivo quello di Onorio ma soprattutto di artista. 
Non si contano - essendo innumerevoli - le opere da Lui scritte tra canzoni, poesie e commedie.
Danilo Onorio Dissette, il suo costante impegno ed i suoi interessi nel campo professionale non gli hanno impedito di dedicarsi alle sue passioni preferite, che sono state: le canzoni, la poesia ed il teatro. 

Ed è qui che egli ha potuto  dar spazio alla sua fantasia, che si scioglie facile, giocando anche sui più minuti particolari di una vicenda, senza tracimare tuttavia oltre gli argini di una verosimile realtà e rimanere dentro a una certa logica del senso comune.


Amore, acqua e aria sono i tre elementi essenziali che, si alternano di continuo; come il cambio delle stagioni . 
Senza perdere mai di vista, tuttavia, il sentimento amoroso.
 Perchè Dissette rimane innanzitutto un sentimentale.
 Un bizzarro, imprevedibile, sognatore e romantico.

Divertente ed ancora attuale la sua poesia di contorno.

Giornalite

Come segugi a caccia della volpe
Col cuore in gola e gli occhi spiritati,
a caccia del "giornal", sempre affannati,
si gettan quando arrivano nel bar.

Guardano attorno e chiedono al padrone:
"Il Piccolo dov' é - Dov' é il Corriere?
Accidenti occupati! Vuoi vedere,
che qui dovrò aspettare un' ora e più!"

Si siedono vicino ai "fortunati"
Che leggono tranquilli i quotidiani,
ogni minuto a lor sembra cent' anni
ed impazienti scordano il caffé.

Poi chiedono al vicin "mi raccomando
quando l'ha letto,  guardi ci son io"
 e appena l'hanno in man neppure Dio
a quei signori glielo toglie più.

Sbirciano attenti rigo dopo rigo,
si leggono la testata tutta intera,
lí economia, la cronaca più nera,
e almen sei volte la pubblicità.

Perlustrano "il giornal" da cima a fondo,
ma non basta, amici cari,
leggon perfino gli annunci mortuari,
faccio le corna e non ne parlo più!


Agosto 1996

24 febbraio, 2017

Who is Who- Enio Pasta

A gentile richiesta.  Qualcuno mi ha domandato chi io sia, ecco qua:




Enio Pasta:  Who Is?

Nasco a Grado in una calda primavera di qualche tempo fa, unico sopravvissuto di 4.576.458  fratelli, tutti morti durante il tentativo di fecondazione.

Fino ai 18 anni tento di   convincermi di essere Gesù, poi, fallito il tentativo di moltiplicare pani e pesci facendoli accoppiare tra di loro, smetto, ma folgorato dalla visione globalizzatrice del mondo, e sognando una multinazionale, mi metto a venderli i pesci.

Dopo varie vicissitudini mollo tutto, ma ho un  flash nella fase di maturità e scopro che senza grandi poteri divini si possono moltiplicare le cozze.

Ed eccomi ai giorni nostri dove tirando delle somme approssimative posso dire di aver moltiplicato talmente tante cozze da colonizzare questo mondo e anche qualcuno di quelli che hanno scoperto recentemente ma che di divino non c'è nulla e non basta dire (alle cozze) andate e moltiplicatevi ma bisogna farsi un culo così per riuscire (in parte) a farlo.

E non tutte le stagioni sono buone uguali.

Tutto qua!

23 febbraio, 2017

Isola di Utopia



Spezzoni di canti per Teatro di Giovanni Marchesan "Stiata"


Quà ne riva de dute la rasse
Vièn le Russe, l'Indiàn, l'Africàn.. 
Furbi i càta perfin de casase 
E i "Locali" và vive a Pansàn!

Se favela de duti dialeti
E'1 'talian che i ne ‘nculca in Tivù
Se tabasca linguagi perfeti
Ma ‘l graisàn no se ciacola più!

Graisani per finta xe tanti.. 
In laguna i se ha fato ‘l CHALÈT
in pescaria i conpra i guàti
Po in palù i và fàsse ‘l  VIKEND!

Al boreto i lo fà sensa asèo
Ninte pevere, agio brusào
La polenta no i missia su'l fogo 
I và tòla al Supermercào!

"Gradesani son grandi signori!"
 I se cata a fine stagiòn
Portafolio ben cargo de bori 
E ‘l suriso comò de Paròn...

Ma se capita una piovàda
Lugio—Agosto che fà poco sol...
 Duti a pianze miseria per strada -
 COMO SENTO ANI FA - 

Dipendemo incora dal sol!

G"s"M

22 febbraio, 2017

Effusioni al chiaro di luna

La diga del Nautofono, da là de la piera tonda d' estate  è stata sempre luogo di ritiri amorosi.

Fase uno  preliminari,  sospiri e carezze al chiaro di luna

FASE DUE: sesso selvaggio ai raggi X


21 febbraio, 2017

Conversazione con Biagio Marin -"Grado, vile città di camerieri !"





Ogni uomo, anche il più grande, ha dei lati privati che per naturale ritrosia non vuole rendere pubblici.
Aspetti che li rendono più vicini a noi, più umani e di conseguenza più facilmente comprensibili ed in fondo accettabili.


Questa conversazione di Biagio Marin con il suo amico Luciano Sanson, mostra alcune sfaccettature del personaggio Marin che me lo rendono più comprensibile ed accettabile.

Conversazione con Biagio Marin a 84 anni (1975)
La Grado di oggi Biagio Marin non la riconosce più.

«Credo che sia diventata soltanto una fabbrica di turismo», commenta. 
«"Grado, vile città di camerieri !" si potrebbe definirla così, con ironia, perché non c'è vita culturale. 
L'unica aspirazione di tutti quanti è quella di essere o di diventare dei piccoli borghesi. 
Ho ormai pochi amici», aggiunge. «Ed è triste vedere che qua nessuno bada ai miei versi. Forse, mentre credevo che scrivendo in gradese mi sarei avvicinato alla mia gente, non mi ero accorto che la mia poesia non era popolare.


Il Duomo, la Basilica di Santa Maria, il Battistero, costruiti tutti nel VI° secolo dal patriarca Elia, la casa dove è nato, proprio là, vicino a Santa Maria delle Grazie, sono gli unici luoghi che gli ricordano la sua Grado. 


Quella che Biagio Marin continua a sognare. Il paese di tanti anni fa, quando suo padre navigava su un "trabaccolo" fra l'Istria e la Dalmazia trasportando vino.
«Mio nonno possedeva un'osteria e io là dentro feci la mia prima scuola, fra tutti quegli avventori che si chiamavano "compare" che mi sembravano tutti un po' miei parenti », ricorda Biagio Marin. 
«Avevo poi una nonna formidabile. 
Pensi, era una pescatrice di laguna. Si chiamava Antonia, nona Tonia, ed è stata una donna che mi ha insegnato molte cose perché era saggia anche se non aveva studiato. Mi ricordo che quando avevo quindici anni e cominciavo già a polemizzare con i preti mi disse: "Figliolo, non essere cattivo con loro. 
Guarda, son poveri uomini che si sono assunti impegni più grandi di loro. In realtà portano una grave croce. Noi dobbiamo aver pietà di loro e non odiarli e non essere severi."» 


È tra le pareti della sua casa tutto il mondo di Biagio Marin. Nel piccolo studio rettangolare, con la scrivania vicino alla finestra che dà sul mare, gli scaffali colmi di libri e dei grossi volumi rilegati che raccolgono il suo diario, che scrive dal 1940, ininterrottamente, tutte le mattine alle cinque.
«Non lo ha letto ancora nessuno», spiega. 
«Tutte queste pagine potranno essere pubblicate soltanto dopo la mia morte.» 


Su una parete c'è la foto di Falco, il figlio morto durante la seconda guerra mondiale. 
A lui è dedicata la biblioteca pubblica che si trova proprio vicino alla casa. «Il sindaco avrebbe voluto che portasse il mio nome», racconta. «Ma io ho ottenuto che fosse intitolata a mio figlio anche se non è stato facile. Pensi che allora venne da me l'assessore all'Istruzione di Grado, un maestro elementare e mi disse: "A nome di alcuni amici cattolici le vengo a chiedere di porre il veto a che venga dato il nome di suo figlio alla biblioteca". 
E lo sa perché mi chiedeva questo? Deve sapere che io non ho mai fatto battezzare i miei figli perché ho sempre voluto che fossero loro a deciderlo, una volta diventati grandi. E così Falco era morto senza aver ricevuto questo sacramento. Una cosa che non andava giù ai cattolici gradesi. 
Naturalmente mi ribellai e allora, l'assessore all'Istruzione si arrabbiò e mi gridò: 
"Ma chi crede di essere? Lei per me non è niente!".»


È un'altra delle amarezze che Biagio Marin non dimentica e che lo hanno fatto rinchiudere sempre di più nel la sua casa, a scrivere, leggere, curare la grande collezione di conchiglie marine che sono centinaia, sparse un po' dovunque e che raccoglie da anni. 
Esce raramente e insieme con sua moglie, Giuseppa, percorre i novecento metri di un solitario lungomare proprio dietro la sua casa. Sono brevi viaggi per osservare da vicino quella spiaggia che i gradesi chiamano «Costa Azzurra» .


«A ottantaquattro anni. mi considero quasi sulla soglia del paradiso», confessa Biagio Marin. 
«La vita va via, la vita scorre ed io ho l'amarezza di essere un poeta lasciato un po' in disparte perché scrivo in dialetto. 


Ma non importa. L'amarezza resta e io continuo a scrivere. Lo sa quando nascono le mie poesie? La sera, fra la veglia e il sonno. Le scrivo in cinque minuti, attacco la prima parola e vado fino in fondo.

Visto da questo lato, più personale, più umano, al me scuminsia a diventà simpatico. 

20 febbraio, 2017

Radiografia di un Figone


Preoccupato della stato di salute della mia Grado, ho fatto eseguire una radiografia alla modella di un  cartellone pubblicitario storico.

Ecco il Risultato:





In qualsiasi modo tu la guardi Grado è una gran Figa.

19 febbraio, 2017

Angelo, Custode del Museo del Mare




E' passata da poco S. Valentino festa degli innamorati.

Per commemorarla dedico questa piccola vicenda a tutti gli innamorati persi.
Calza  a pennello per due motivi che in qualche modo ci riguardano: 
parla di un innamorato e del Museo del Mare.

Gravita infatti intorno al tema museale ed è la storia di un custode innamorato della sua bella.  
La storia di Angelo il custode e la sua statua di Venere:

Mi sveglio la mattina ed i turisti in fila coi panini aspettano un biglietto per entrare, dentro al museo dell’ arte antica dove io lavoro e vivo, io sono Angelo il custode. 
Studentesse insonnolite che sbadigliano alle guide,  professori centenari si puliscono gli occhiali.
Cammino attento tra i capolavori della Romanità, - “Please!” non si può fotografare -,  ma dopo l’ ora di chiusura finalmente un pò di pace, io rimango solo a passeggiare,  e parlo di filosofia con il busto di Platone,  gioco a nascondino  tra i resti marini. 

Angelo custode del museo, tra le statue degli dei, mentre risuonano i suoi passi nelle sale deserte, nel silenzio dei corridoi.

Venere trovata in fondo al mare, solamente io ti posso accarezzare! 

Così ogni notte vengo a sussurrarti sulle labbra l’ emozione di un un custode innamorato,  perchè ogni volta che ti guardo pagherei un milione per sentirti viva e prenderti per mano, e camminare insieme, fino a quando sorge il sole,  la Madonna di Leonardo  ci darà la sua benedizione, 

Angelo custode del museo, - io che amo solo lei,  meraviglia di marmo, sotto gli occhi del mondo, sempre nuda e bellissima-.

Venere nessuno ti vedrà, se ti porto via lontano, in fondo al mare. 

 tra gli applausi di tutto il museo, ce ne andiamo io e lei.

Tra gli antichi sorrisi degli antichi romani  felici, tra le statue dei corridoi,
Venere ti porto via con me, così ci potremo amare. 
In fondo al mare. 

18 febbraio, 2017

Ti odio gratis



Che  il sentimento dell' odio sia una cosa a priori negativa non è una cosa così scontata come all'apparenza potrebbe sembrare. 

L’amore e l’odio non sono degli opposti,  l’ opposto dell’amore è l’indifferenza. 
Nelle dinamiche della formazione dell' "unità" ideologica di un paese è spesso fondamentale. 
Da sempre una civiltà, società, o gruppo di qualsiasi genere e natura, ha trovato nel nemico comune il "cemento" delle proprie relazioni.

Però IO ho la sensazione che qui da noi questo "cemento sentimentale" sia diffuso ed indirizzato verso singoli individui o gruppi e faccia per intero il suo sporco lavoro dimostrandosi indifferente alla regola generale.
Cioè non unisca bensì divida.


Odio

Vardè, al se tien in forma,
vardè co quanta facilità al supera i ostaculi,
vardè comò che i ze facile al ghitasse ‘dosso, 
ciapàve le teste;
l’ odio no ‘l ze comò i oltri sintiminti,
al ze insieme più vecio e più zovene de ili.

Al ze bravo a creà le cause
che i lo fa nasse.
L’ odio  insiste, al se insinua per duto
e duto unisse.
L’ odio ze la cola che tien duto insieme
no l’ amor.

17 febbraio, 2017

Voglia di vivere il Presente



Due simpatici vecchietti e la voglia di vivere il presente

Mattina presto, in sala d' attesa dell' ospedale gradese.
Mentre sono seduto in attesa per un prelievo di routine, accanto a me, tra gli altri, due vecchietti sugli 80 anni, presumo marito e moglie, parlano fitto sottovoce di internet. 

Lui (che a vedersi è proprio il classico vecchietto che ti fa impazzire quando guida la sua macchina, di quelli col cappello) spiegava a lei (classica vecchietta vestita di nero, ma col piumino) che non è opportuno avere la stessa “passuord” per ogni sito, ad esempio lui ne ha una per “Yaù” e una per “Gògle"”

Lei ascoltava e annuiva, si vedeva che era parecchio ammirata dalle capacità informatiche di lui. 
Ogni tanto mi lanciavano sguardi indagatori, forse temendo che sentendo la  "passuord"  potessi entrare nella loro mail per fregargli tutti i loro contatti.

Mi hanno fatto venire in mente mia madre, vissuta in un mondo che ha accelerato all' improvviso senza curarsi di chi lasciava indietro,  in cui è cambiato il modo di vivere: dal telefono “di massa” alla televisione, dal computer a internet. 

Lei ricordava le prime automobili, il primo telefono a casa, la prima tv, il primo cellulare no perchè non ne aveva mai compreso l' uso, ma era curiosa di tutto.

 Quei due vecchietti mi hanno ricordato tanto lei, nella loro splendida curiosità e nel coraggio di “lanciarsi”, di capire cose nuove, anche quando fai parte di un altro mondo, di un’altra storia. 

E ho pensato che potrei essere io, quando sarà il momento, il vecchietto col cappello che spiega  come cambiare le “passuord”  a Claudia.

16 febbraio, 2017

Grado nei manifesti


Oggi i metodi per "la Reclame" sono decisamente diversi e fanno uso di inglesismi come:

brand image,  pauperizzare, kow how, vanificare il message, destrutturare il target con concept misunderstanding,  making forgetting.


Dimenticando di parlare e scrivere come si mangia, cioè in maniera semplice, diretta.


Opuscoli, guide turistiche, depliants, cartoline pubblicitarie e manifesti su Grado, una località che ha nel mare la sua naturale vocazione. 
Bagni di aria e di sole come terapia, poi di mare come villeggiatura. Poi come turismo di massa.

Le prime réclame presentavano Grado nella sua sottile silhouette: case che si stringevano intorno ad un campanile: paesaggio irreale, circonfuso di luce per chi arrivava dalla laguna. 
Su questo dosso di sabbia bambini  guarirono e il loro corpo risanato decretò la fama dell’Isola. 
Arrivarono persone a godere dei benefici del suo mare, della sua aria, della sua sabbia: in pochi decenni Grado diventò la più bella spiaggia di sabbia della Monarchia. 

La sua notorietà travalicò anche i confini dell’Impero: i manifesti, le brochure, le immagini la rappresentavano luogo di cura con lo stabilimento, con i suoi viali, villini residenziali, strutture di servizio e commerciali. 
Si costruirono alberghi e, qualche fantasmagorico Grand Hotel.
Fu il momento dello stile Secession che caratterizzò l’ architettura, i riti e gli arredi  determinandone la sua funzione, identità e immagine. 



Seebad:Grado, il raffinato manifesto di Josef Maria Auchentaller identificò Grado in una stazione balneare di primo rango.

L’entusiasmo  fin de siècle fu interrotto bruscamente dalla guerra che restituì all’Italia Grado. 

Anche l’italiano medio scopriva i vantaggi della vacanza, premio alle fatiche di un anno, chi non poteva permettersi di avere una salubre abbronzatura mandava il figlio in colonia. 

La propaganda della Azienda autonoma di cura di Grado, che si realizzava attraverso campagne inserzionistiche, promozionali in Italia e all’estero finanziate e sostenute dall’ENIT, brochure sottoposte al controllo del Regime, riuscì a far ritornare ospiti dai Paesi che già conoscevano Grado, ma soprattutto italiani. 



Bellissime bagnanti erano le protagoniste dei manifesti che trasmettevano in chi le guardava il desiderio di adagiarsi sulla sabbia dorata di Grado, di immergersi nel suo mare, di correre con il proprio bambino, di inebriarsi del sapore del mare prima di un tuffo.

Poi il turismo di massa prese d’assalto la spiaggia di Grado, riducendo anche la vacanza ad una banalità, ad un mero divertimento, ma quei manifesti continuarono a trasmettere il loro messaggio







Grado luogo a più dimensioni dove c’è spazio per altre “visioni” oltre al mare.


Oltrochè Keyword mapping o brand image.

14 febbraio, 2017

Incontri in mare. I Bulli o Bucali


Incontri in mare.


Un agglomerato bianchiccio, attaccato alla ventia del vivaio, sembra una spugna e invece sono nidi d'uova fabbricati dai Murex Trunculus  (Bulli o Murice) nei quali il mollusco depone una grande quantità di uova.

Il Bullo o Murice tronca, è un mollusco gasteropode con una conchiglia robusta munita di prolungamenti gibbosi.

La specie murex trunculus (di murici si conoscono circa 250 specie) ha colorazione esterna tendente al bruno.


Caratteristiche fisiche
Si tratta di un mollusco gasteropode che fa pare della famiglia dei Muridae. E’ lungo tra i 6 e i 9 centimetri.    La sua conchiglia, di dimensioni analoghe a quelle dell’animale, ha una forma rigonfia che tende ad allungarsi a un’estremità e presenta una superficie rugosa e circondata da una serie di minuscoli cordoni che formano delle spirali dotate di prolungamenti simili a robuste spine. 
Si tratta di una specie carnivora e alla base della sua alimentazione vi sono pesci morti o altri tipi di molluschi che uccide emettendo una sostanza acida che ne perfora il guscio.
Proprietà nutritive
Da un punto di vista nutrizionale offrono, a fronte di un bassissimo apporto calorico che si aggira intorno alle 135 calorie per ogni 100 grammi di prodotto, un elevato contenuto di sali minerali, per esempio potassio, sodio ferro, calcio e iodio. Sono ricchi di proteine, circa 26 gr. per ogni etto, di vitamine del gruppo A e del gruppo B. In più hanno il vantaggio di contenere pochissimi grassi, si parla di un ridottissimo 1, 2 gr. per ogni 100 grammi di prodotto.
La riproduzione Avviene nei mesi primaverili.

Il Murice è uno dei molluschi marini più conosciuti fin dall’antichità per la tinta che I Fenici di Tiro, con uno straordinario procedimento di lavorazione, ricavavano dai Murex .


La loro celebre “porpora”, per tinteggiare le preziose lane di imperatori, sacerdoti e patrizi romani, era richiestissima. 



13 febbraio, 2017

SEmo poca roba




Poca roba

Semo poca roba
Dio, semo quasi ninte
un sbuffo de aria.

Ombre dei omini che ze za passai
forsi al ricordo de garghe vita persa

Ma comò?  femo pietà
quanto dolor,
quanta vita se porta via al vento

De noltri,
de quel che geremo,
no resta ninte!


Riscrizione in graisan di un canto di  Franco Loi.

12 febbraio, 2017

Da Homo Sapiens a Homo Paluantes



Giovanni Marchesan "Stiata", quasi fosse un antropologo, ha scolpito con le parole le figure assolutamente originali e centrate della nostra umanità gradese.
In questo piccolo saggio,  dà la visione  di quella che è l' immagine ancestrale dell' uomo gradese:

L' homo paluantes


Ara qua noltri de 'ste lagune, inverni umidi e lunghi, caligo che te va drento i ossi,  paese svodo.. 'vilio?  No! no cedemo! 
Un goto de vin comò medicamento e se tiremo sù, 'ndemo 'vanti!

Po'te riva l' istae co' la bruserai foresti, al sol che te bate su i sintiminti, i mossati, le aleghe
Un goto de vin e "La Vita continua" como che diseva quel film!

"L'uomo è un animale dotato di intellighenzia noi siamo il cosidetto "HOMO SAPIENS" : 
L'omo de la sapienzia e magnevemo gransi in fogo, incuo magnemo polastri solo se i xe rusti però!

Geri viveveno in t'un cason e durmiveno per tera.
"Oggi, letto alla francese con materasso Spermaflex e villetta in zona residenziale'!
e  cussì va 'l mondperchè quà ne '''Isoladelsole" no' vinse "l' omosapiens" no! 
Qua vinse l'isola e no' ha valso ne i punti ne le strae che ne liga a 'l mondo.!

No ha valso nianche le sento rasse che se ha casao a qua co'l tenpo...  No ha valso ne ostrogoti, ne furlani, ne tudischi, ne taliani no ha valso ne la prima ne le ultime guere.

Ninte e nissun ha valso qua!

Palù gera e palù resta qua intorno  e un poco anche qua drento forsi.
Cu che se stabilisse a qua, in questa isola, poco a la volta perde le so' abitudinial so' modo de vive, de esse.

 che loga a qua, se trasforma pianpian de "Homo Sapiens" a "Homo paluantes"
Si. signori!Omo de la palude "nel bene ma sopratutto nel male!"- 

No' savaravo dì se xe 'l sol, al salso o  'l sabion che rispiremo o se xe 'l palu co' i so' miasmi.
Me no'savaravo dì, ma par che drento qua de le nostre teste i seculi sia passai per ninte e che 'l tenpo de Atila, de Francescogiusepe  al tenpo del duce o quel de Pipo Baudo sia duto un, sia duto un ninte.
Par che al tenpo a qua no' lassa segno.

Ma  xe un ben o xe un mal questo?

Cu  pol dilo...cu pol giudicà me 'i ragiono sora ma no'son un 'strologo!

''L'Homo Paluantes  è un mistero anzi un dogma e contro i dogmi non si puo! 
Per decifrare l'Homo sapiens sono bastati gli antropologhma l'Homo paluantes è fuori da ogni schema conosciuto.
E no'xe sienzia ne marchingegno che ne possa inquadrà!

Quando i oltri umani veghe bianco, per noltri xe duto nero.
 vol costruio gargossa, xe 'l momento che noltri disfemo e co se trata de esse insieme e 'frontà. no' semo mai prisinti però se se trata de sigà sighemo!  
Ma ne'l posto sbaliao! 

Un Umano, se al xe de fora, al xe senpre bravo, capace, bon e perfin belo -
E per dili cana un paesan, semo senpre prunti ma se xe de riconiusili gargossa de bon che l'ha fato mamai!

Homo Paluantes, gargun dise che semo de un'oltro pianeta...
si! del pianeta sconosciuto chiamato PA-LU-DE     -      PALU'.


me digo che i scrive 'ste robe per insenpià la zente!