31 maggio, 2017

Concerto dell' amicizia



Spettacolo al Palazzo dei Congressi, i nostri ragazzi/e si sono fatti onore  nel concerto conclusivo delle sezioni musicali degli Istituti Comprensivi di Mira e Grado.

Bravi al mattino con visite guidate del centro storico e grandi le mamme che, con la collaborazione di molti esercenti, hanno organizzato l' accoglimento per il pranzo e per la  cena.

Bel lavoro di squadra

30 maggio, 2017

Corcai invadinti
























Ho visto ieri pubblicato su Facebook la manina di un bambino con una ferita da aggressione di gabbiano, i nostri onnipresenti "Corcai" sempre più aggressivi e con sempre meno paura dell' uomo, una situazione che in città viene condivisa anche con la popolazione meno fortunata dove "corcai e umani" si contendono i cassonetti delle immondizie. 
   Giovanni Marchesan "Stiata"  con precisione chiururgica mi manda un commento in poesia della situazione, così come la vede lui.

Pubblicarlo è un piacere, leggerlo ancora di più.

Corcai invadinti


29 maggio, 2017

Crescete pure, piccini, ma senza fretta.



Ne parlano meno, hanno altre cose per la testa, ma lo spread ed il mercato sono sempre là in agguato pronti a risaltare al collo di tutti e farci neri, che è lo scopo principale.
Ho pensato allora di scrivere un piccola traccia da dedicare ai bambini per spiegare loro le meccaniche che muovono questi prodotti deleteri della finanza globale.

Cari bambini che non giocate in borsa e (per fortuna) non vi frega nulla della finanza, che quando vostro papà ha il Sole 24 Ore lo ha solo perché ha comprato il pesce (ma che razza di quotidiani legge il suo pescivendolo?), eccoci ad un piccolo corso di economia, dove cercherò di spiegare cosa siano questi spread e bitipì e default di cui tanto si parla alla televisione fra un cartone animato e l’altro, in modo che anche voialtri ci capiate qualcosa.

Allora, bimbi belli, dovete sapere che numerosi Stati di questo pianeta (fra cui brilla ahimè il nostro) sono pieni di debiti fino al collo perché negli anni hanno dilapidato montagne di danaro in vari modi. 

Come accade a molti di noi adulti, ogni anno essi Stati guadagnano assai meno di quanto spendano: allorché ciò accade, noi mortali o ci lanciamo dalla finestra (ma questo gli Stati non possono farlo) o accendiamo un mutuo, cioè imploriamo un prestito a una banca.

Ebbene gli Stati si comportano nella medesima maniera: trovandosi in difficoltà chiedono aiuto ai moderni cravattari, cioè alle banche centrali, e a una misteriosa entità molteplice e metafisica costituita da strozzini e giocatori d’azzardo chiamata “il Mercato”.

Accade quindi che gli Stati, su quei soldi prestati, debbano pagare un prezzo: se a loro vengono prestati 100 euro, essi Stati dovranno nel tempo restituirne 110. 

I 100 iniziali più altri 10. Quel “10″ viene chiamato dagli economisti il rendimento, e corrisponde infatti a quanto il prestito concesso rende allo stroz- pardòn-, al creditore.

Gli Stati perciò cominciano a domandare soldi un po’ a tutti, e ne domandano talmente tanti da aver inventato dei foglietti validi  come richiesta di prestito. 

Le banche, i poveri cristi rispiarmatori e il perfido sig. Mercato possono comprarsi un foglietto, dare in cambio i 100 euro, e attendere nel futuro il rimborso dei 110. 

E tuttavia le banche e quel figlio di buona donna del sig. Mercato (ma non i poveri cristi risparmiatori, loro nelle decisioni non contano un tubo) si fanno furbi e capiscono che i loro clienti Stati non sono mica tutti uguali: 
ci sono Stati con fama di essere persone serie e laboriose e altri  invece conosciuti come macachi facili da infinocchiare e dediti ad attività ricreative quali buttar banconote prestate giù dal terrazzo.

Perciò le banche e il Mercato dicono: aspetta un attimo, forse e il caso che allo Stato buono e virtuoso io chieda un prezzo basso, e da quello zuccone ed ebete ne pretenda uno più alto.

Cosi lo Stato macaco e scialacquatore (e nel frattempo pure con le pezze al culo) si trova a dover pagar sempre maggiori cifre ai suoi usurai, e quindi a impoverirsi ancora di più.

E mano a mano che lo Stato si impoverisce e si mostra in giro malridotto, le banche e il loro amichetto Mercato pensano: madonna guarda come è conciato male questo Stato a cui stiamo prestando quattrini, chissà se mai ce li restituirà, siccome corriamo questo rischio sarà meglio chiedergli un prezzo ancora superiore per i nostri prestiti.

Quindi: lo stato virtuoso ottiene prestiti a condizioni favorevoli, lo Stato fesso e spendaccione no. 
E per risarcire i suoi aguzzini (le banche e il Mercato) il disgraziato si vede costretto a domandare proprio a costoro ulteriori prestiti. 

Senza andar troppo per il sottile, la differenza fra quanto paga in prestiti lo Stato virtuoso e quanto lo Stato sciocco prende appunto il nome di spread (parola inglese traducibile anche come divario, differenza).

Dai e dai, si avvicina il default, il momento in cui lo Stato mendicante dichiara di non detenere il becco di un quattrino manco per bersi un latte caldo al bar sotto casa, figuriamoci per risarcire parecchi miliardi di euro agli usurai, vale a dire le Banche e il malvagio Mercato. 
Ma questi due signori cattivi ribattono di non volerne sapere altrimenti portano lo Stato in un vicolo buio e lo picchiano di brutto.

Ecco qua, paura eh?

Ci sarebbe anche da dire delle pensioni, del fiscal drag, degli eurobond e delle agenzie di rating, ma non intendo spaventarvi ulteriormente. 

E poi oramai è tardi. Questo cari bimbi è il mondo che vi attende. 

Crescete pure, piccini, ma senza fretta.  

27 maggio, 2017

Scene di spiaggia, i locali


Giorni di sole, finalmente in spiaggia.
Tanti turisti lungo la battigia ma si muovono anche i locali, gli indigeni, in specie le donne e i bambini.  
Una fauna speciale con procedure ed atteggiamenti ancestrali incrostati di tradizione e avvolti dal mantello della parlata tradizionale "Al Graisan".

Scene di spiaggia

Le due donne sono madre e figlia. Arrivano al mare ogni pomeriggio con l’eleganza con cui le signore del primo Novecento scendevano in spiaggia: 
la figlia con un tubino semplice e una gran borsa di paglia, la madre con uno chemisier blu, il cappello bianco a tesa larga, ed al collo il foulard di Hermés di seta. 
Si cambiano in capanna, indossano i loro due costumi interi, rigorosamente blu, e i cappelli da spiaggia, perché le vere signore hanno il cappello da spiaggia diverso da quello da passeggio, e coordinato al costume. 
Poi, altere come si conviene a due nobildonne   vanno a fare la passeggiata lungo il bagnasciuga, chiacchierando fra loro, incuranti del caldo di fuoco, e benignamente salutano chi incrociano lungo il tragitto. 
Parlano tra loro e con gli altri rigorosamente in dialetto, perché a Grado, anche se sei un signore, l’italiano lo usi solo per interagire co’ i foresti.
Sulla battigia sembrano il risultato di un’eleganza antica e perduta, fuori dal tempo e perciò eterna.

La facciata di formalismo sembra frantumarsi quando la figlia, alzatasi dalla sdraio, chiede alla madre:
 «Tu vien a bagnate i pìe, che fa coldo?» 
E la madre, olimpicamente serafica, risponde: 
«Vegno, ma no serve a ninte ‘ndà in acqua, incùo: la zè colda comò al pìssosso!»

Avanzando  lungo la spiaggia, vedi una madre serenamente abbandonata su una sdraio e ogni tanto da una occhiata distratta ai due pupetti quattrenni, che giocano con secchiello e paletta e, sul bagnasciuga, guardano i granchiolini.

«Mamma, mamma! 

Varda, ‘sti gransi che che i fa! I zè un sora de che l’oltro!  Fa il piccolo, scandalizzato.
«Ihh, co longa che tu la fa… te he spiegao che i zè marì e mugér e i zè drio dasse i basitti!»
«Ma no, mama! No i pol esser marì e mugèr! Zè do masti co ‘na femena in mezo!»
E la madre, senza scomporsi:
«E alora?, beata la femena!»


26 maggio, 2017

Cesare Augusto Marocco- Il Mio Nord-Est


Ricevo e con grande piacere pubblico questa mail di Augusto Cesare Marocco che mi segnala la pubblicazione di un suo libro.
Il Mio Nord-Est- Tra Piaceri e dolori
Un' ultima fatica dedicata al territorio quel Nord-Est che sentiamo e leggiamo citato come simbolo di operosità e tenacia.  Un crogiuolo di razze, crocevia di storia e storie.  Un Mondo, il nostro mondo.
In bocca al lupo.

Caro Enio,
alzando lo sguardo mi sono trovato impegnato, con un nuovo libro che sta uscendo, ad ampliare di un breve orizzonte la visuale sul Nord Est. In copertina ho posto l’immagine di una prora con un particolare disegno: il nostro Angelo, che fotografai anni fa sul molo là della Safica, mentre nella premessa al libro, che trascrivo qui di seguito, c’è il senso del lavoro. Cordiali saluti. Cesare
La premessa al libro:
L’intreccio con il mio Nord Est sta in poche cose, soprattutto nel piacere di essere nato in questa terra dalle componenti naturali di mare, laguna, campagna, collina e montagna.
Il mare è il Golfo di Trieste che guardo come un benefico crogiuolo di vita, di sussistenza e di comunicazione tra i popoli delle sue rive; un grande lago senza gli aspetti ambigui e misteriosi degli specchi d’acqua dove affogano truci leggende. Un golfo con l’acqua salina dolcissima, accogliente di mite temperatura, favorevole per densità al galleggiamento, di puliti fondali che non opprimono la vista subacquea del nuotatore con pensieri di oscuri abissi fangosi e intricati, marcescenti. La laguna di Grado e Marano accompagna in bellezza il mare alla terra coltivata.
La campagna è quella friulana e isontina, di una sembianza agricola e scenica strepitosa. Le coltivazioni si esaltano nei loro mutevoli colori e colorini, nei raccolti in abbondanza e bontà (le qualità dei doni divini) nei campi digradanti dalla costa via via in su sempre più esposti, inclini al sole sull’erta collinare che s’innalza sulla madre terra e provvede alle sue bambine prodigiose, le viti dei grappoli d’uva.
E in alto in alto le montagne sono le Alpi Carniche e Giulie calcaree dolomitiche, attraenti e friabili come la vita che passa sgretolandosi, un teatro avvincente e luminoso di roccia pura, superbo monumento di calore estivo e sfolgorante allegria invernale con la neve padrona di vette e pendici. I suoi paesaggi in continui diversi disegni di luce che si mostrano alla vista estasiata su cime, ghiaioni, costoni, ghiacciai, cascate e cascatelle di acqua purissima. Un paesaggio verticale cangiante e sorprendente come quello in orizzontale ad ogni ansa di canale nella laguna, l’anello di congiunzione mare-terra della sottostante piana contadina.
Gli altri piaceri di questa terra sono quelli della storia. L’impronta di Roma dalla costa sino ai monti. La Cristianità approdata subito sin dai primi secoli. L’incontro nel mondo nuovo con i popoli migranti, i Barbari. La conservazione delle culture e delle tradizioni sedimentatesi nei secoli entro un popolo di lunga gittata e vitalità, la fedeltà alle parole dell’amore materno, il linguaggio primario della culla, forza e salvezza di ogni popolo.
In questa regione aleggia un sentimento condiviso che si adagia in una dimora civile, praticabile senza insormontabili distanze tra il mare, le città, la pianura e i monti. E poi c’è la gioia di tanti percorsi in cui si può attingere in abbondanza di bello e di buono, quanto si vuole, durante una sola giornata, una sola scampagnata, stando in luoghi diversi da un’ora all’altra, e sentirsi sereni e tranquilli come in famiglia a casa propria.
Una natura e una storia, anche di dolori certo, che qui nel mio Nord Est non vedo tuttavia opprimere la vita con l’ombra della morte, e sono anzi formativi dell’uomo nel corso storico degli anni e dei secoli, con sempre un vincente segno positivo, come si è visto durante le prove durissime che questa terra di confine ha saputo superare con spirito di orgoglio, fattivo sacrificio, consapevole del passato degli avi e della necessità di edificare un futuro per figli e nipoti, per la gente del dopo. Un piacere oggi, non un novello pericolo, anche la vicinanza geografica con altre etnie, slave e mitteleuropee, non in assetto di guerra, ma con motivi umani suscettibili di grandi progressi e nuovi orizzonti.

E un vero piacere personale, un piacere super, è per me l’avere potuto dire qui, in poche righe, se ci sono riuscito, il perché io ami il Nord Est, l’estremo Nord Est e mi piaccia esservi e starci da quando vi sono fortunatamente nato da padre radicato gradese e mamma, stupendo ricordo, una Romani con papà trentino e mamma triestina.

25 maggio, 2017

Ricordi



I post precedenti su Massimiliano Cicogna hanno  dato i loro frutti risvegliando memorie sopite e Nevio Scaramuzza ha suggerito un'idea che  è  ghiotta :

L'idea di mettere insieme testi, foto del Circolo Operaio Gradese e farne un libretto da affidare alla memoria collettiva è felice.
Io mi presto volentieri per l' impaginazione eventuale, facciamo insieme un libretto virtuale, spedite ricordi, foto e quello che vi pare purchè in tema.
Potete usare il mio indirizzo mail pedocio@libero.it

Leggiamo Nevio:
E' buo el privilegio de cognosse Massi incora nela adolesensia e qua podarave partì el film dei ricordi, e no i xe pochi.
Strensendo el cuor e al spassio penso che ne mancarà un capitolo de la sova e nostra vita: la"diaspora" separassion, da la Fides Intrepida per fondà al Circolo Giovanile Operaio Gradese (C.G.O.G.).

Cò Massi veveno ciacolao un istae e cargo de buni propositi al me veva confidao la sova intension de usà ricordi e apunti per un raconto, vero, dei timpi dopo le gnò do scale. 
Garghe lengua lo à ferio e al manoscrito al xe 'n dao in sansarele.
Pecao, se pensemo che 'l xe stao protagonista de un tempo de grando coragio, elo omo de ciesa, bandonà al ricreatoro dei preti.
Posso dì, me gero? 


E alora se, oltra le patache, vemo veramente de ricordalo, questo si i piasarave, ingrumemo testi e testimonianse, anche drento i muri de le nostre case e anche del Barelai, la vemo fato animassion coi mamuli la ricoverai che no i ha buo la fortuna de esse como oltri fortunai e costruimo un quadernetto dedicao ala sova dedizion. 

Scuseme se son stao longo, ma no podevo lassa score al film che disevo, sensa al sonoro.
Massi fa, a pien titolo, parte dei personagi amai e anche trascurai.

In zimiterio vizin de la so tomba, un fior vero i starave de oro, xe Eselino, bandonao. 
Cussa perché ma me vien de ricordà "A livella" de Totò.

Nevio 
 

24 maggio, 2017

Concerto dell' Amicizia




Il concerto del 30 maggio vedrà la partecipazione dei bambini e dei ragazzi che seguono i corsi musicali  dell' ISTITUTO COMPRENSIVO "MARCO POLO", scuola primaria e secondaria, insieme ai Ragazzi dell' Istituto Comprensivo "Luigi Nono" di Mira (Ve) 

PARTECIPARE E'  UN OBBLIGO.

22 maggio, 2017

Centro Giovanile Operaio Gradese



Nella foto tre personaggi che hanno segnato la nostra storia: il Sindaco Nicoletto Reverditoil Poeta Biagio Marin Massi Tachelo

Giusto per rinfrescare la memoria sulla qualità dell' impatto che Massimiliano Cicogna ebbe sul tessuto gradese in specie quello giovanile, rivediamo la storia della nascita della sua creatura il Centro Giovanile Operaio Gradese.


La storia di Grado è costellata di associazioni per praticamente qualsiasi cosa, ma ce n'è una che è stata una stella che ha brillato di luce propria per un periodo, lasciando un vuoto quando si è spenta.

1972, nacque a Grado il Centro Giovanile Operaio Gradese, un'associazione popolare con obiettivi di aggregazione giovanile, ricreativa, culturale e sportiva.

Nacque per iniziativa di Massimiliano Cicogna (Massi Tachelo) e da Ilario Fanò, Paride Enea Tognon, Giovanni e Stefano Gordini, Aldo, Rino e Silvano Marchesan, Franco Tomasin, Ottone Camuffo e Nevio Scaramuzza che formarono il primo Direttivo.

Il sodalizio ebbe un successo strepitoso da subito tanto che il primo tesseramento portò a 167 i soci e nei due anni successivi arrivò sino a 300.

Grazie all' aiuto dell'Associazione Grado Nostra e in specie del suo Presidente Augusto Cesare Marocco riesco a pubblicare le motivazioni che spinsero Massimiliano Cicogna (Massi Tachelo)a creare quella che per molti di noi è stata forse la più importante aggregazione sociale di sempre a Grado, Il Centro Giovanile Operaio Gradese.

Si trattava di una piccola grande rivoluzione essendo un' associazione per la prima volta in assoluto "laica" che univa entusiasticamente giovani di varie e contrastanti estrazioni sociali.

Un esempio di società civile che si distingueva per una volta dal contesto politico locale  non sempre corretto e disinteressato e a quanto mi consta mai più riproposto.

Ma leggiamo le parole dello stesso Massi  così riviviamo meglio quei momenti:

Eravamo nel 1969 e causa anche la partenza di don Silvano Pozzar si affievoliva l' interesse attorno al gruppo della Fides Intrepida dove operavo da anni.
Pensai allora non senza grande preoccupazione ed emozione con alcuni amici di fondare un nuovo Gruppo per giovani lavoratori. 
Sapevo che era molto difficile e che non tutti avrebbero compreso ed accettato questa iniziativa, tuttavia continuammo e nacque ufficialmente nel 1972 il Centro Giovanile Operaio Gradese.
La prima sede fu in Via Morosini, gli obiettivi erano ricreativi, culturali, sportivi e comprendevano tra i soci anche i ragazzi dell' Ospizio Marino.
I primi tesseramenti furono un successo al punto che in pochi giorni avevamo ben 167 iscritti, all' inaugurazione della sede intervennero tutte le autorità cittadine e l'artista Dino Facchinetti addobbò la sala con dei murales bellissimi.
Grande emozione destò la visita informale dell' arcivescovo di Gorizia Pietro Cocolin che entrò in sede chiedendo permesso, sentito poi i dettagli delle nostre intenzioni, ci dette la sua benedizione incoraggiandoci ad andare avanti.
L'attività spaziava dal teatro ad una mostra di disegno per i bambini delle scuole, un ballo mascherato per carnevale in Taverna Municipale un grande raduno di motociclisti con 500 iscrizioni e 1000 partecipanti al pranzo, risolto da Ilario Fanò con l' idea del piatto unico di pasta con le seppie.
Poi finalmente calcio, la mia passione, più di 100 ragazzi al primo allenamento.

la storia continua.....  

21 maggio, 2017

Massimiliano Cicogna -Massi Tachelo



Vagando tra le pagine del blog mi sono imbattuto in questo commento che  disegnava così il popolare     


Massi Tachelo :


 un'oltro che descriveva Gravo vecio co' le sove poesie che al ne à lassao.
Desso creo che no ze nissun che al pol descriverlo, 
incuo Gravo nol ze piu vecio.


Lui,  sempre circondato da stuoli di ragazzini cui voleva un mondo di bene descrive nel suo libro in dialetto gradese il nostro mondo paesano povero del dopoguerra, visto con gli occhi  dei bambini che lo popolavano: 


"Le gno do scale"  
        Scale del gno balaor, cò gero picolo ve calpestevo 
        ma in cuor ve  volevo ben.

       Gere là malmesse, ma contente de vé tanta mularia sora. 

       Sempre se cateveno co' la nostra contentessa, co' la nostra miseria.
Voltre pareva che stesse a sintì i nostri discursi e che ne inviteve a sentàsse, scale del balaor più caro che esiste al mondo.

No podaré mai desmentegave; quanti mamuli i xe passai per qua sora, quanti discursi vè sintio de inamorai, ma voltre saveve mantinì al segreto. 

Me capivo e ogni tanto vignivo a ghitave via la polvere, a lavave, aneme dela contrada, calpestae e folae: sè comò la nostra zente, che va a lavorà fora.
Xe pan duro e amaro ma resta la consolassion de torna a sentasse sule scale del balaor, sule nostre piere che no podaremo stacasse mai più. 
una Grado scomparsa che non ritornerà più se non nei nostri ricordi.

Descrive un mondo ormai scomparso da settant'anni  con parole leggere, con le ali; parole che fanno nostalgia e hanno odori, suggestioni, rumori per chi ricorda quel piccolo mondo e diverte chi legge la realtà del tempo come storia passata.

Cose insomma che emozionano e fanno sorridere al medesimo tempo.
"Ciao Massi, continua a vardane de lassù"

Ecco l' "incipit" del libretto, descrive la sua Contrada di appartenenza:



       SAVIAL 

La gno contrada gera Savial, son passao de là l' oltro geri e 'l gno pensier el xe 'ndao indrio col tempo.
Apunto, veci ricordi. Una volta 'l gera la contrada più popolagia de Gravo vecio, desso invesse la xe quasi disabitagia: co' 'sti gno racunti vogio spiegave fati reali de vita dei mamuli de Savial.

Géremo là duti co 'i mussi a picolon, sule scale del balaor de l'amia Leta.
Se gera intorno a l'ano 1940, géreno magri magri, la buora fistieva a sento a l'ora, no veveno nianche' le scarpe in pie, le braghe dute rote, ma co véveno un toco de pan géreno duti cuntinti. 

20 maggio, 2017

Al Balon e "La Gradese" Calcio


graisani tra i tanti talenti (ah,ah,ah) ne hanno uno in particolare, una spiccata predisposizione per il gioco del calcio. 

Al balon ce l'hanno nel sangue anche se poi, la discontinuità, il lavoro e l'ombra del campanil ha fatto si che ben pochi siano veramente emersi. 

Non conosco bene le origini dell' U.S. Gradese scomparsa, poi risorta come Gradese Calcio ma ha avuto una grande storia, questo è certo.


"La Gradese" ha sfornato nel tempo anche giocatori ad alto livello. 
Uno dei primi fu proprio ANDREA TESSARIN (so pare de Marzio) che è stato in prova - in quegli anni - alla Juventus. 
Citiamo il più famoso: MARIO DAVID, con il Milan e la Nazionale; AREDIO GIMONA fratello di Nerio quello che portava i fanali alle processioni; NINO MARIN fratello di Arturo e di Giaschi; TONY e GIGI RAISE; VALETTI che giocava col Venezia; NICO MAZZOLINI figlio di Ervino, portiere nella foto della squadra del '29.

Il quadro è incompleto e me ne scuso, per certe cose ho davvero bisogno di aiuto nel ricordare, quindi se qualcuno ha del materiale sia fotografico che cartaceo ben venga, può spedirmelo via mail  a Pedocio@libero.it


Ho ricevuto queste foto della formazione del 1929 e1931/32 e mi pare giusto ricordare una grande squadra. 

La Formazione

1. U.S.GRADESE del '29 -in piedi: Tarcisio TOSO ( emigrato in Argentina), A.AMBROSIO, A. TESSARIN, E. SCARAMUZZA, Carlo TOSO (motorin);
accosciati: Giuseppe DOVIER, N. MAROCCO, dott. Ferruccio DEGRASSI
seduti Daniele TOSO; Ervino MAZZOLINI, dott. Nicolò OLIVOTTO.

1931-1932 - U.S. GRADESE 

in piedi da sx: G.Gaddi, G.Dovier (B.Zamaria), B.Olivotto, E.Mazzolini, DanieleToso, A.Ambrosio, Jetri;

seduti da sx: Carlo Toso (Nino - el motorin), Pietro Toso, Andrea Tessarin, Pietro Corbatto (cagnol). 


In questa foto inviata da Fabrizio Dovier per segnalare la carriera del Papà Sergio Dovier con il Fiume in serie A e Salernitana serie B,  Sergio è il terzo da six. in piedi.

18 maggio, 2017

Toponomastica d' Autore



Passeggiando per le Calli del Centro Storico di Grado vi sarà capitato di vedere le nuove formelle in maiolica create dal nostro artista ceramista Johnny Cester.
Sono favolose e piano piano vanno a sostituire, arredando le calli, le vecchie indicazioni in metallo ormai corroso e arruginito.
La prima parte della “nuova” toponomastica, realizzata e predisposta dal laboratorio d’arte l’Anzolo, sono state  posizionate nei diversi siti. 
Non si tratta di semplici formelle, ma vere e proprie opere d’arte realizzate dal titolare del laboratorio, l’artista Johnny Cester.
Il Comune ha commissionato a Cester 67 formelle interamente decorate a mano, riportanti il nome del luogo e il disegno dipinto di uno scorcio della calle o del campiello.
 Inoltre 21 formelle, della misura di 38x10 centimetri, riportano le denominazioni antiche in dialetto gradese. Le formelle sono in maiolica trattate in bagno di smalto e poi dipinte a mano con altri smalti e cotte in forno.
«Sono fatte come una volta, nel medioevo, per durare davvero tanti anni», spiega Cester. Con questa iniziativa  si andrà, dunque, a valorizzare il centro storico di Grado.
Le formelle con le denominazioni in dialetto gradese  identificano  le zone del centro storico con gli appellativi antichi.
Qualche esempio? 
L’attuale campo San Niceta, per noi gradesi è sempre stato conosciuto come “Savial” che deriva dal nome di una chiesetta dedicata a San Vitale (San Vidal) ormai scomparsa. 
Calle Tognon è invece identificata come “Casata”,  e il decumano romano che taglia in due il Castrum si titola "Stralonga".
Così piano piano riscopriamo il nostro passato.

17 maggio, 2017

STrati di Cultura



Parlavo l' altro giorno con Mauro Marchesan del fatto che qualche tempo fa i Circoli Culturali di Grado erano più d' uno - come sempre a Grado - e proponevano quasi annualmente una raccolta di scritti in dialetto sotto forma di pubblicazione.
Raccolte che godevano di vita breve ma lasciavano un segno.
Ho giusto sulla scrivania un libretto con titolo:

"Versi Gradesi"   pubblicato nel 1967 dal Circolo Pittori Gradesi.

Tutto questo non succede più se non rarissimamente e con iniziative private.
Questo porta ad un impoverimento della difesa della parlata dialettale.

Tutto ciò mi porta a  riflettere sui perchè tento di comunicare ma soprattutto ricordare sul Web e  senza voler imporre a nessuno il mio punto di vista.

Secondo me in ogni comunità la cultura ha vari strati:

Lo strato professionale, che tende ad elevarsi e a perseguire forme d’arte generalizzate, che più o meno raggiunge, ma tocca, in generale, solo quel ristretto gruppo di persone che si ritengono destinatarie dei messaggi che la cultura, nelle sue più svariate forme d’arte, manda;

Lo strato popolare, che tende ad esprimersi spontaneamente per inclinazione naturale, non necessita di basi culturali di chissà quale dimensione ne ambisce a niente più che ad una forma diversa di comunicazione,  più agile sfrondata di ogni orpello. 
Perché il destinatario dei suoi messaggi è la gente comune.

Si può dire così che cultura con la C maiuscola è un lavoro che necessita, oltre che del talento, di solide basi professionali per esercitarlo, di grandi rifiniture prima di proporre il lavoro finito al giudizio di pochi eletti, mentre la cultura popolare è gioianon importa se il prodotto esce grezzo purché il prodotto esista.

C’è però una considerazione da fare: se per il prodotto culturale professionale esistono supporti, libri, quadri, dischi e quant’altro l’uomo si sia inventato per registrare la sua memoria, per il prodotto popolare non c’è altro che il passa parola, la memoria comune che per quanto lunga sia prima o dopo si esaurisce.

Il mio fine dunque in questo  piccolo pertugio del web è di usare il supporto informatico come memoria per ricordare  Grado: nelle persone, negli atti, nella parlata, qualche volta tentare di stimolare la necessità di fare tutto ciò.
Per ricordare  quanti abbiano lasciato traccia di sé in qualsiasi modo, per fare sì che non vengano "desmentegai".

Ovviamente la memoria è la mia, ogni interpretazione è libera, perchè punti di vista diversi io li accetto serenamente, anzi sono necessari per colmare eventuali vuoti.

Perchè vedere le macerie di una lingua, di una cultura, mi strizza il cuore.
Ogni parola che si estingue è una casa che cede, si piega e affonda nella sabbia.
Queste parole che si estinguono erano abitate, esseri umani le riempivano di vita, di storie.

Rivedere il tuo paese, la tua gente con gli occhi del ricordo può farti immaginare com'era la casa, immaginare i passi, i bimbi che correvano, le voci che passavano di stanza in stanza... e si torna a vivere.

Si ricomincia a Vivere!

15 maggio, 2017

Cominciamo la Stagione e ricordiamo antichi divieti



Bon è andata! 
 La Stagione turistica 2017 è ufficialmente aperta! 
 Bandiera Blu a suo posto per la 29 volta, Frecce Tricolori (al solito emozionanti) sfreccianti nel cielo finalmente e per fortuna azzurro, la Banda che suona allegra,  alzabandiera e discorsi ufficiali in spiaggia (tutti a toccarsi quando i politici parlano di futuri).

Per rimarcare da quante stagioni tutto questo succede voglio ritornare agli albori turistici nel 1854, quando la Grado turistica muoveva i primi passi ed emetteva i primi vagiti sotto forma di regole ed ordinanze del Podestà di allora.

In una Grado che, agli inizi del turismo balneare, si muoveva in fretta sotto la spinta e le visioni dei "foresti" che percepivano le potenzialità del Paese e costruivano a più non posso, già allora sempre foresti, stranamente la balneabilità, che pure era chiaro fosse una componente essenziale dell'offerta turistica, fu pensata e mantenuta dalle origini, intorno al 1854pubblica non privata.

Una delle ragioni, oltre al rischio economico, fu la bigotta moralità del tempo che vietava il bagno all'aperto in promiscuità di maschi e femmine.

Il Podestà di Grado aveva emesso ordinanza di divieto agli uomini anche di semplicemente avvicinarsi alla diga prospiciente al Bagno delle Donne che era riservato.

Fare il bagno all'aperto era considerato pericoloso per la moralità pubblica e tale divieto rimase a difesa dei costumi dell'epoca sino ai primi '900.
A tale proposito le cronache riportano che Ippolito Nievo, beccato in fallo, scrive alla madre di aver ricevuto una multa nel 1856 perchè, contro l'ordinanza, avrebbe passeggiato lungo la spiaggia riservata alle donne  e subito denunciato da una signora per offesa alla sua pudicizia.

Mo Dio co beli! 



Se penso che oggi te la sbattono in faccia in tutti i modi possibili, la pudicizia si intende!