31 maggio, 2023

NUOVO GRAISANITA


 Chi avrebbe immaginato che Fossalon, oscura frazione agricola, nota solo per la Festa dell’ asparago, sarebbe divenuta la prima città della Regione, popolata da quattrocentomila abitanti, dediti allo sfruttamento degli immensi giacimenti petroliferi scoperti per puto caso da un bird-watching?


E’ incredibile osservare come nel volgere di pochissimo tempo l’ intera economia di Grado e del Friuli Venezia Giulia abbia cambiato volto.


E chissà che direbbero i nostri vecchi nel vedere la superstrada a quattro corsie per senso di marcia che collega Grado Fossalon a Monfalcone, senza parlare della metropolitana di superficie, della costante presenza di pattuglie armate per la sicurezza dei cittadini.


Il povero Angelo S.Michele, che ha sempre dato il benvenuto a tutti graisani e foresti, è stato sostituito da un gigantesco edificio costruito al posto del vecchio porticciolo, un grattacielo di quaranta piani che da lavoro a cinquemila persone.

Eh! il progresso porta grandi cambiamenti negli stili di vita e in parte ci si rammarica di alcune modifiche del comportamento:  

imbastardimento del dialetto, deterioramento dei rapporti umani, crisi di identità culturale.


Vien quasi da rimpiangere tutte quelle denunce anonime che tanta gente faceva (oh! in tutta segretezza e discretamente) per rimarcare ogni debolezza umana, dalla musica fuori orario allo spostamento non autorizzato di banchi di sabbia.

Cari vecchi inguaribili romantici!

Oggi tutti è automatico ci sono sensori e telecamere dappertutto, ma è per la nostra sicurezza.


Era bella però Grado quando un po di rumore allietava la nostra vita e ci faceva vincere la noia.

Mi ricordo i comitati per la salvaguardia di qualsiasi cosa, che tempi , abbiamo perfino promosso una campagna per difendere la Villa Marchesini, con il suo cubismo alla cazzo-simil lavatrice, ultimo esempio di “Art Brut” di fine secolo.


Anche se l’ aria puzza più che in una raffineria, i fumi e l’ inquinamento sono superiori a quelli della Ruhr in tempo di guerra, noi dobbiamo stare ben fermi sulle radici,  dobbiamo difendere il cambiamento puntando su quello che è la nostra base e stile di vita, il valore dei valori:

LA GRAISANITA’.

graisan e furlan


 Furlan e graisan

I me ciameva mamolo

Perché nò gero comò ili,

De un isola son rivao,

Furlan nò ciacolevo,

Graisan solo savevo,

Nessun me comprendeva.



Furlan son deventao

Ma sempre mamolo i 

m’àciamao.

Favor, soldi in abo-

ndansa Per I furlani, 

mamolo graisan son   

restao,per i graisani dopo,

 furlan son deventao.

30 maggio, 2023

EL. DOSE


 EL DOSE 

Sora i nostri dolor de duti i dì, 

Colda, ogni tanto, vien la to parola;

E alora i nostri cuori voI fiurì,

E i to sogni de gloria ne consola. 


Alora el pan amaro l'ha l'aroma

D'eternità, e fa la primavera; 

E la pena più granda se la doma, 

E l'aria del sielo xe liziera. 


Per quel doman lontan, ma pur siguro, 

Che tu ne miti in cuor comò 'na luse, 

Tornemo a navegà sul mar più scuro, 

E la speransa in porto ne conduse. 


Savemo la to vose: 

Colda cussì che la ne porta via;

Gera le stele in alto silensiose

Per ascoltate - e i cuor in angunia. 


Vigniva, quela sera, 

A ventade sul mondo la parola 

Che crea l'amor e fa fiurì la piera,

E no se sa d' indola. 


Forse dai cuor, dal nostro patimento, 

Che dura tanto e n'ha mortificai. 

E tu tu son la vose del tormento, 

Che 'l vento porta fin ai siel stelai. 


Forse da Dio, per nostro gran conforto ; 

El sielo gera pien de la to vose. 

Vose de Dio, sul mar e in ogni porto,

Vose de Dio, del nostro cuor, del Dose. 



 Finito il periodo fascista, era il segretario del fascio a Grado, ha fatto parte del comitato di liberazione a Trieste, questa poesia non si trova facilmente ed è grazie a Bruno Scaramuzza che la posso pubblicare.

noi continuiamo a vivere in questa meraviglia di Isola 



29 maggio, 2023

grado-nuova aquileia


 GRADO,silenzio di magia, magia di silenzio, strigliassi, gemiti echini di sfida di teschi di ossidi antichi morti, i canto di Medea, eco del saggio Chirone pasoliniano, il suono di una campanari un monastero, lo sciacuiodi un remo…

Voci sperdute un tempo dell’ isola di barbaramente la centensrarispuonava di voci di fabbricatori di vele e di corde.  Nel 452 ripararono a grado portando con sé i tesori dei santi patroni, sulla’ isola esisteva già la chiesetta della beata vergine delle grazie, fatta costruire da san cromazio tra il 3890 e 402 per i prelati aquileiesi, e chiamarono grado- NOVA AQUILEIA.

SAN. GIULIANO


 


Domenico Marchesini (Menego Picolo) nasce a Grado nel 1850 e vi muore nel 1924, figlio della Grado storica, poco conosciuto perchè purista del dialetto antico, attraverso i suoi scritti (sono pochi) riusciamo a conoscere l'arcaismo dialettale del vero proto veneto graisan che evita con grande attenzione le contaminazioni del giuliano triestino, proponendo con forza la vigoria del dialetto autentico graisan.

Più che "rappresentarlo" Domenico Marchesini ci "presenta" il microcosmo gradese: un nucleo la cui struttura sociale si esaurisce in pochi elementi:
 i pescatori di mare e di laguna, gli artigiani e i renaioli. 
E gli artigiani allora si chiamavano "artisti", ed erano artisti che per poter vivere in quella società costruita su un'economia  del tipo più primitivo, erano spesso costretti per sopravvivere ad esercitare più "arti" contemporaneamente. 

E il Marchesini di questa angustia è cosciente, e con insistenza le pone di fronte, quasi a contrappeso spirituale, l'emblema di San Marco e il riflesso splendore della Serenissima, per cui i pescatori .comandauri del palù ricevono una patente di nobiltà d'antica data e diventano cortesani e, pur nelle loro misere capanne, i custodi eletti di un'eredità gloriosa e glorificante. 

Si direbbe quasi che  Menego Picolo voglia per rassicurare noi e se stesso che ci sono veramente, perché questo mondo non sfugga alla nostra attenzione, e per renderlo, se possibile, più ampio in latitudine e longitudine, e rendere la laguna più vasta, e perciò più ricca di pesce.
 Questa laguna, la pesca, era d'altra parte la vita stessa del paese.

 Una vita durissima, la pesca che impedisce di morire di fame e gli strumenti di essa sono sempre presenti, e trapassano nel linguaggio sotto forma di modi di dire ed espressioni metaforiche:
Al Cason,  al pulindron , la mota, le cane, pegia 
i pesci con la loro qualità più o meno pregiata rappresentano i ceti sociali, da bransini a cepe , dall'alto verso il basso. 
Tutte espressioni che si possono intendere ma non tradurre, perché traducendole si distruggono, aderenti come sono alla sostanza isolana.

La elementare durezza di questa vita di mare e di laguna spiega i desideri sognati dai casoneri:
 lo sta de bando , il contare denaro - è segno quanto mai rivelatore - e nelle pochissime feste, religiose o meno, si tramutano sempre in tumultuose  sagre popolari.

E la sfilata continua: la storia passa davanti ai nostri occhi con il più immediato e palpabile simbolo del potere, il denaro: marculini, fliche, fiurini. 
con le sue parole assistiamo al documentario della flora e fauna, e  scopriamo che nelle lagune di Domenico Marchesini crescono soltanto erbe utilitarie, buone soltanto per farne fascine e scope, che il cielo è popolato soprattutto da volatili commestibili  e di quelli che commestibili non sono-  il corcal - fungono da sinonimo per "stupido" o peggio . 

Ci sono si a nostro conforto le ordole a canta più liegre, e le silise che fanno il nido.

UN SOSPIRO DEL MAR


 Sussiai lisieri de onda,

la su la riva se rompe mile storie, 

vissue in tel tempo pena passao.

Ogni riada, ogni sussiao, ogni lagrema

ogni bastiema, ogni dolor, ogni promessa, 

ogni preghiera, ogni sussuro

se alza comò spuma salagia la su la riva.


La spuma se ingruma e 'lora nuoli rosa o grigi,

sdiunfi de lagreme,

de gioia o disperae, quele che no

ghitemo mai fora, 

ma tignimo, orgoliusi, drentro al cuor.


Sirocchi e maestrali le sburta 

e la piova se rimescola denovo col mar.

Torna su la riva l'onda del mar

 e libera le nostre mile storie in spuma fina.


E 'l mar sospira pian rasegnao

...'ncora, 'ncora, 'ncora!


26 maggio, 2023

LA CACCIA AL TESORO DI GRADO

  • Anni 60-La mitica Caccia al Tesoro Mascherata



    E' indubbio che gli anni sessanta portarono inquietudine, voglia di ribellione e desiderio di rinnovamento.


    Ma che energia nei giovani di allora, che capacità organizzative, voglia di vivere e cultura.

    Una di queste bolle di energia creativa portò a Grado la nascita della Caccia al Tesoro Mascherata.


    La futura classe dirigente isontina, friulana e lombarda si cimentò tutta nella mitica Caccia al Tesoro per gruppi mascherati che ebbe il suo esordio nel 1964.


    Si trattava di una gara particolare, che coinvolgeva circa un centinaio di studenti di varie provenienze divisi in squadre da 5 a 10 persone, senza limiti di età ma con l'obbligo della presenza di un maggiorenne patentato per spostarsi all'esterno di Grado.


    Le prove da affrontare erano durissime e stimolavano la fantasia, inventiva, il senso artistico e le qualità organizzative.

    Venivano sorteggiate alle ore 8,30 compreso il costume da indossare.


    Una prova fondamentale era la sfilata delle squadre per i viali principali.


    Oltre alle prove culturali del mattino, al pomeriggio, sull' arenile, avvenivano le prove di forza e impegno fisico.


    Verso le 18 al Teatrino dell' Isola d'Oro la rappresentazione di una breve piece teatrale di circa 10 minuti concludeva la giornata di caccia.


    L'epilogo alla sera presso il Dancing Isola d'Oro con premiazioni, risate e divertimento per tutti i partecipanti e loro amici, che le squadre erano si limitate ma avevano aiuti esterni.


    Tutto finì nel 1978.


    Un simbolo di un tempo ormai consumato, la Grande caccia al Tesoro mascherata, cessò definitivamente, dopo 15 anni, di esistere.

     


      IL MIO BUIO


       «La malattia, l'avere bisogno di aiuto, mi hanno costretto a riprendere contatto con la mia parte più tenera e indifesa, quella più umana.»

      Diciotto mesi d'ospedale a causa di un'emorragia cerebrale, patologia poco nota ma che, ogni anno e nel tempo, ha colpito, anche mortalmente, moltissime persone. Annotazioni per pazienti, parenti, addetti ai lavori o persone abili che, sapendo, possono sfruttare quanto di bello si ha da normodotati; diario di quei mesi lunghissimi e di chi è stato colpito.

      Ognuno scriverà dei propri pensieri, il suo agire, gli eventuali sfoghi, disagi che percepirà, limiti, resistenze, conflitti, l'equilibrio a volte inclinato, atteggiamenti confusi e i messaggi della propria coscienza e non, che portano a vari dubbi, facendo tutto questo in modo leggero e progressivo, con i propri tempi.Subito dopo mi sono sentita fluttuare. Il dolore era sparito, e non avevo paura. Avvertivo soltanto un benessere indescrivibile. Poi ho visto una luce, e una persona all'inizio di un tunnel. Non sapevo se la luce arrivasse dalla persona o fosse il tunnel a illuminarla così. Era una luce accecante, ma non faceva male agli occhi. Anzi, era piuttosto appagante.

      Sapevo che mi stavo allontanando dal mio corpo, ma non ero spaventato. Sapevo che i miei figli e la mia famiglia ce l'avrebbero fatta, non ero disperata all'idea di lasciarli. Era come se non fosse stato poi così grave. Mi sentivo imbevuta d'amore, ma non l'amore di cui si fa esperienza sulla terra. Era un amore così perfetto da non poter essere definito. Non riguardava tanto il cuore, ma l'anima.


      Quella persona davanti alla luce era una donna, anche se non sapevo chi fosse di preciso né potevo vederla in faccia. Era una specie di guida. Ho incrociato il suo sguardo, che però sembrava più che altro una vibrazione luminosa. Poi ha parlato: "No, resta. Non è ancora arrivata la tua ora." Non mi ha dato il tempo di pensarci: in un lampo ho ricominciato ad avvertire il dolore e mi sono addormentata. Nel corso dei mesi successivi ho iniziato a mettere a fuoco alcune cose, e a rendermi conto di essere cambiata.

      C'è vita dopo la morte? È da tempo immemore che questa domanda tormenta, divide e unisce gli uomini. Si tratta di uno dei quesiti esistenziali a cui non abbiamo—e probabilmente non avremo mai—una risposta definitiva. Eppure le esperienze ai confini della morte vissute da alcune persone potrebbero fornire una risposta in un certo senso.

      In un gruppo i vari rapporti che si andranno a creare saranno notevolmente più efficaci, ma anche nel libro si avrà una compagnia e un confronto: con gli scritti e le note dell'autrice. Si utilizzerà la scrittura come un atto terapeutico, come una nuova terapia alternativa – che terapia non sarà - utilizzando tutti i propri sensi, la propria energia interiore, magari trovando qualche risposta più in profondità. La scrittura è uno strumento decisamente Zen, per il modo silenzioso di utilizzarla, ed anche per questo il manuale è estremamente presente e introspettivo; la scrittura ci ricollega e riconcilia al nostro vero sé, alla autenticità e alla verità, stimolando l'attivazione dei talenti e delle potenzialità, che favoriranno lo sviluppo totale della personalità non ti ricordi più com'eri bella,provocatrice e bianca? Ho tentato varie volte, sempre di notte di farla finita, uscirne da sto tumolo e pensare alla tanta erba che arriverà vicino alle scale d’ombra a me riservate, ma a, studiarci un poco, L'ideatrice di questa tecnica ha ritenuto opportuna la definizione "Scrittura Olistica" per un metodo innovativo che ha ricercato ed ideato personalmente: "utilizzare la passione della scrittura come strumento per conoscere meglio se stessi".Ho sempre creduto che la vita fosse disporre sul tavolo, nel miglior modo possibile, le carte che ti sei trovato in mano. Invece all'improvviso ne arriva una che spariglia tutte le altre, e la vita è proprio come ti giochi quell'ultima carta. Per ciascuno di noi l'esistenza è costellata di eventi che in prima battuta sono sembrati inaffrontabili, e invece poi hanno portato a una rinascita, a un nuovo equilibrio. Penso che ci sia un ordine più saggio che governa il mondo e di cui spesso ignoriamo il senso, la prospettiva. Per questo ho una grande fiducia, mi alzo sempre col sorriso. Certo che preferisco il sole, ma quando ci sei in mezzo scopri che anche la neve ha la sua bellezza. La malattia, l'avere bisogno di aiuto, mi hanno costretto a riprendere contatto con la mia parte più tenera e indifesa, quella più umana. Era come se mi fossi dimenticata che la fragilità non è una debolezza, ma è la condizione dell'essere umano ed è proprio lei che ci protegge, perché ci fa ascoltare quello che proviamo, quello che siamo, nel corpo e nel cuore.
      Gli argomenti sono presentati nel manuale o nei corsi sono spiegati in una modalità estremamente semplice e hanno la caratteristica di avere un approccio leggero, anche per chi, per la prima volta, si avvicina incuriosito a certe tematiche.
      E certo che è un peccato morire, ma  e’ stata un’estate cupa, chiusa come scatole sigillate, in una stanza, in un ufficio in un letto d’ospedale.

      Ero in una cella chiuso a destra e a sinistra, uno spazio limitato da pareti d’ospizio con tanti fiori in bianco . A volte è il lavoro che ti costringe alla clausura, altre volte la malattia, ma c’è la depressione che ti impedisce d’uscire. Il mio è un racconto di chiusura per una grave malattia, sono rinchiuso e non se ne va nemmeno se chiudo le finestra. Mi trovo al centro di una stanza ma è  come non ci fossi, un letto d’ospedale chiuso impossibilitato a muovermi,. E come se la vita fosse fuori, sei un organismo che respira, ma non è in vita,

       sto stupido infarto del cervello funziona così, è strano che non ti resti niente da vivere
      Ma non sei dunque tu che nudo il petto, sembra viva ma non lo è, pare un organismo che respira, ma non è in vita, capitano cose così.


      Portato con un bus che pareva una carrozza d’ambulanza con infermieri preoccupati e mia moglie spaventata, ho percorso tre ospedali per fermarmi ad Udine, dove un dottore più sveglio di altri mi ha salvato la vita, ma il mondo era chiuso completamente. No è incora al momento de impacchetà ricordi,di stringere le corde dei sacchi,pieni di avanzi di vita,per sfarinare farina dei sogni cavando parole adatte a capì; no, no ze 'ncora al momento de stamparse sorrisi e di stringere mane che vol tocà un cuor intrapolao de ricordi, de groppi pesanti;no, no vogio vardame 'ndrio sarà un oltro momento ma 'desso ze al momento de dì:ancora… ancora.

      Ero cambiata dentro. Mi si era rotto qualcosa, e anche se non 

      avevo bisogno di parlare, sentivo che non ci sarei riuscita.

      " A settantadue anni,  il protagonista è diventata emiplegica sinistra e                                                                     

      Questo libro, sotto forma di intervista, racconta l'esperienza post-ictus vista da dentro, senza pietismi. 

      La mente è in grado di riprendere se stessa? La qualità della vita post handicap? 

      I rapporti con la famiglia? 

      Come si esce dal senso di colpa? Sono alcune domande a cui si tenta di dare risposta nella speranza di essere d'aiuto a chi gravita nel mondo dell'handicap. 


      Io trattengo il respiro, costruisco castelli in aria, viaggi tra i castelli della battigia, 

      e da quel buio che nasce il desiderio incontenibile di un cammino, 

      Cos’è la voglia desiderata del cammino , è ciò che inizia ad un passo dal buio.

       , una speranza di una vita nuova, non è una camminata, non sarai raggiungibile e non sai se e quando ritornerai.

      Ci sono stanze chiuse, per alcuni, quelli come me al centro al buio per raccogliere le forze, 

      per rendere esatte le parole, per scrivere lettere che non spedirai, stai al buio, finché un giorno,

       raccolta la concertazione dei pensieri, accendi una luce e raccolta un vestito, riempi lo zaino e parti.

      Questo è un libro speciale. È nato in un momento inedito e difficile della mia vita: i mesi durante i quali, nella primavera di quest’anno, siamo stati costretti nelle nostre abitazioni, limitati nei nostri spostamenti. Un tempo che ciascuno di noi ha vissuto con la propria sensibilità e nella propria situazione personale e familiare, e che molti hanno accettato di raccontare rispondendo alla bellissima iniziativa della nostra biblioteca civica: scrivere, aprire nuovi canali di comunicazione, trovare modi nuovi per esprimere ciò di cui si è fatta esperienza. Leggiamo questi testi non solo come il felice risultato di un concorso letterario, ma anche come un diario a più voci, che usa differenti generi narrativi, dalla lettera alla confessione, dalla favola alla novella. Colpirà anche voi, come lettori, cogliere delle emozioni ricorrenti: solitudine e timore, silenzio, distorto senso del tempo, ma anche speranza e stupore di fronte a quella che è comunque stata una primavera di luce e colori.

      Caro pezzo di carta, sono in quarantena da ormai troppi giorni e il mio Paese è davvero in crisi a causa dell’ictus.

       Cosa voglio dire? Non lo so con precisione, vorrei solo provare a togliermi questo mantello di preoccupazioni, tristezza e incertezza. Ci provo tutti i giorni, ogni mattina e ogni sera provo a togliermelo, ma è troppo pesante e a volte sembra che sia incollato al mio corpo in modo permanente. Tutti ripetono che la normalità tornerà... prima o poi. Tutti ripetono che basta restare a casa e che fra qualche anno si potrà tornare alla vita di prima. Io sono stanca di ascoltare queste cose, queste false speranze, non voglio frasi felici in un contesto tragico. Sono convinta che io sia molto fortunato, anche in questa situazione, perché in questo momento la cosa principale è la salute e il mio mantello che non riesco a togliere, o il mio desiderio della normalità, sono solo cose secondarie, e le cose secondarie, si sa, diventano sempre meno importanti col passare del tempo. 

      Abbiamo molto tempo per pensare e può essere positivo o negativo, io penso molto al futuro. Ho sempre amato la mia “normalità”, avere giornate programmate e schemi precisi da seguire, ora però, ogni schema, ogni piano sul futuro o sul presente, non contano più nulla. Solo carta o idee accavallate, che cercano di uscire dalla mia mente, ma non ci riescono. Rimangono in un punto ben preciso, per ricordarmi tutto quello che mi sto perdendo e tutto quello che cambierà. Rimangono nei miei desideri, così opprimenti da trasformarsi in incubi. Penso alle classiche giornate di scuola, pesanti e mai apprezzate fino in fondo, che per molto tempo non potrò più vivere, non potrò più toccare. 

      Giornate dove un’unica frase echeggia nella mia testa: “La tua vita si è bloccata, congelata a febbraio, ma il tuo tempo continua a scorrere”. La saliva mi si ferma in gola e i rumori attorno a me diventano suoni lontani. Questa frase blocca tutti i miei pensieri positivi, il fatto che non potrò avere indietro questi mesi, l’ultimo giorno di scuola o la gioia irrefrenabile della prima settimana delle vacanze estive. Ogni volta che ci penso cerco di convincermi che questi non siano i veri problemi del periodo (e lo so, lo so benissimo), ma sono ugualmente problemi, anche se minori. 

      Non sono mai stata una persona molto nostalgica, poche volte avevo provato questo sentimento. Ora, però, è un mostro al quale risulto molto simpatica e non vuole abbandonarmi. La nostalgia delle cose semplici, le stesse cose semplici che a volte facevo sentendomi obbligata: andare a scuola, uscire e andare a fare una passeggiata, praticare sport... Tutte le azioni quotidiane, tutto quello che ora non possiamo più fare. Temo che non potremo fare tutto questo in completa libertà per troppo tempo, temo che la normalità, per qualche anno, sarò un ricordo, un desiderio, una speranza. Le emozioni sono una parte fondamentale di noi e niente e nessuno può farci smettere di provarle. Le mie memorie della quarantena finiscono qui, ma non finisce la mia voglia di essere umana, perché siamo fatti così. In situazioni difficili, belle o brutte, proveremo sempre tutti i sentimenti e io ne sono felice, di ognuno di loro, perché mi ricordano che sono viva, che il mio corpo è chiuso in casa, ma la mia anima è libera e può essere esattamente quello che vuole. Il mio mantello di negatività mi ricorda che è un brutto momento, ma non importa se qua sotto fa davvero molto caldo, perché copre solamente il mio corpo. Spero che noi tutti riusciremo a superare questo periodo da combattenti, feriti, ma vincenti. Sono cosciente che purtroppo non sarà così. 

      Basta essere positivi, ora è il momento di essere realisti: facciamolo per la nostra anima e per non far soffrire più del dovuto il nostro cuore. 

      Vedo gli elicotteri volare sopra la casa. Oh no un incendio sul colle qui vicino, vado in soggiorno per scorgere dalla finestra il fumo, che si alza in lontananza. Dalla provinciale le sirene dei vigili del fuoco. Corro al cancello a vedere che succede, ma naturalmente non si può uscire. Come posso fare per avere notizie? È pericoloso per noi, per la famiglia? C’è qualcosa che potrei fare per aiutare in questa situazione? Questa quarantena rende ogni avvenimento ricco di importanza. C’è più tempo per me e la mia famiglia, ma sento anche ansia e preoccupazione. Allora salgo le scale in fretta e trovo lei. È seduta al tavolo di cucina e guarda dentro quella scatola luminosa, che in questi giorni la attrae per molto tempo. Cerco la sua mano, infilando la testa sotto il suo gomito, mi rivolge lo sguardo e con dolcezza mi dice: “Cosa c’è Ennio.


       Hai fame? Ora ti preparo la pappa e poi andiamo insieme a fare una passeggiata, anche se breve, lo sai, vero?”. “Lo so, lo so, resteremo nel raggio dei 200 metri, e io sarò bravo, perché io so portare pazienza, anche quando non c’è la quarantena, la pazienza è una mia virtù. Lo è proprio perché io sono un cane, sono solo un cane, e affronto la vita giorno dopo giorno, proprio come devi fare, in questi giorni, anche tu. Non prevedere, non controllare sempre, non pensare solo ai problemi che forse ci aspettano. Senti mi è passata la stanchezza, basta poco per cambiare il mio umore, un tuo sguardo e una carezza e sono di nuovo io. Nessuno dividerà questo nostro amore, andiamo insieme verso il futuro, e io, io ti aiuterò!” 

      Mi aiuterai, ma non ho dimenticato, mi occorre una donna che somigli a Penelope dove il tuo silenzio anche se malato, porti via il tuo odisseo per lungo tempo, senza essere a conoscenza di quello che la vita potrà costruire, senza in fondo sapere se ci sarà una vita, ma Penelope saprà farsene una ragione. Io voglio esistere.

      E’ il racconto descritto attraverso il moderno linguaggio di whatsapp, del faticoso percorso di riabilitazione di una persona di 75 anni colpita da ictus emorragico grave che secondo le prime valutazioni dei medici sarebbe dovuta rimanere per sempre “bloccata” in un letto di lunga degenza o su una sedia a rotelle e che è arrivata invece a condurre una vita quasi normale,

      Lo stroke  rappresenta globalmente una delle maggiori cause di morte e disabilità permanente. L’interventistica cardiovascolare ha contribuito notevolmente ai numerosi progressi ottenuti nella prevenzione e trattamento dello stroke. In questo volume, edito da Minerva Medica e curato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica , gli autori hanno affrontato in dettaglio le numerose tematiche che coinvolgono i cardiologi nella gestione di quest’importante patologia. In particolare, l’opera si divide in cinque principali sezioni che comprendono: gli approcci farmacologici allo stroke, la chiusura del forame ovale pervio (PFO), la chiusura dell’auricola sinistra, l’angioplastica carotidea e la valutazione per i  post-operatoria dei pazienti con patologia valvolare. Il volume è stato concepito avendo come destinataria l’intera comunità cardiologica, inclusi i cardiologi clinici e quelli interventisti.   Ecco io curo le mie whataps con questa cura.    Scrivere e raccontare ai social, diventa una sicurezza per quei circuiti ormai fuori controllo.

      Io la guardo ancora con il desiderio di amarla, ma questo atteggiamento sembra tutt’altro che ricambiato. 

      Ogni cosa che dico o faccio è scontata. 

      Io stesso sono scontato, l’esatto contrario di “speciale”, come vorrei sentirmi per lei e come invece riescono a farmi sentire alcune donne con cui conseguo la mia personalissima “laurea” in autostima:

                                            


       Amo
                                                                                                                           per salvarmi dai solchi del tempo:
                                                                                                                          gli amanti
                                                                                                                          sono fatti di respiri
                                                                                                                          e convivenze silenziose
                                                                                                                          tendono all’eterno
      m                                                                                                                 e io sono un amante senza età,

                                                                                                                           Amo
                                                                                                                           per salvarmi dai solchi del tempo:
                                                                                                                           gli amanti
                                                                                                                           sono fatti di respiri
                                                                                                                           e convivenze silenziose
                                                                                                                           tendono all’eterno
                                                                                                                           e io sono un amante senza età,
                                                                                                                           il mio infinito è l’attimo.