«La malattia, l'avere bisogno di aiuto, mi hanno costretto a riprendere contatto con la mia parte più tenera e indifesa, quella più umana.»Diciotto mesi d'ospedale a causa di un'emorragia cerebrale, patologia poco nota ma che, ogni anno e nel tempo, ha colpito, anche mortalmente, moltissime persone. Annotazioni per pazienti, parenti, addetti ai lavori o persone abili che, sapendo, possono sfruttare quanto di bello si ha da normodotati; diario di quei mesi lunghissimi e di chi è stato colpito.
Ognuno scriverà dei propri pensieri, il suo agire, gli eventuali sfoghi, disagi che percepirà, limiti, resistenze, conflitti, l'equilibrio a volte inclinato, atteggiamenti confusi e i messaggi della propria coscienza e non, che portano a vari dubbi, facendo tutto questo in modo leggero e progressivo, con i propri tempi.Subito dopo mi sono sentita fluttuare. Il dolore era sparito, e non avevo paura. Avvertivo soltanto un benessere indescrivibile. Poi ho visto una luce, e una persona all'inizio di un tunnel. Non sapevo se la luce arrivasse dalla persona o fosse il tunnel a illuminarla così. Era una luce accecante, ma non faceva male agli occhi. Anzi, era piuttosto appagante.
Sapevo che mi stavo allontanando dal mio corpo, ma non ero spaventato. Sapevo che i miei figli e la mia famiglia ce l'avrebbero fatta, non ero disperata all'idea di lasciarli. Era come se non fosse stato poi così grave. Mi sentivo imbevuta d'amore, ma non l'amore di cui si fa esperienza sulla terra. Era un amore così perfetto da non poter essere definito. Non riguardava tanto il cuore, ma l'anima.
Quella persona davanti alla luce era una donna, anche se non sapevo chi fosse di preciso né potevo vederla in faccia. Era una specie di guida. Ho incrociato il suo sguardo, che però sembrava più che altro una vibrazione luminosa. Poi ha parlato: "No, resta. Non è ancora arrivata la tua ora." Non mi ha dato il tempo di pensarci: in un lampo ho ricominciato ad avvertire il dolore e mi sono addormentata. Nel corso dei mesi successivi ho iniziato a mettere a fuoco alcune cose, e a rendermi conto di essere cambiata.
C'è vita dopo la morte? È da tempo immemore che questa domanda tormenta, divide e unisce gli uomini. Si tratta di uno dei quesiti esistenziali a cui non abbiamo—e probabilmente non avremo mai—una risposta definitiva. Eppure le esperienze ai confini della morte vissute da alcune persone potrebbero fornire una risposta in un certo senso.
In un gruppo i vari rapporti che si andranno a creare saranno notevolmente più efficaci, ma anche nel libro si avrà una compagnia e un confronto: con gli scritti e le note dell'autrice. Si utilizzerà la scrittura come un atto terapeutico, come una nuova terapia alternativa – che terapia non sarà - utilizzando tutti i propri sensi, la propria energia interiore, magari trovando qualche risposta più in profondità. La scrittura è uno strumento decisamente Zen, per il modo silenzioso di utilizzarla, ed anche per questo il manuale è estremamente presente e introspettivo; la scrittura ci ricollega e riconcilia al nostro vero sé, alla autenticità e alla verità, stimolando l'attivazione dei talenti e delle potenzialità, che favoriranno lo sviluppo totale della personalità non ti ricordi più com'eri bella,provocatrice e bianca? Ho tentato varie volte, sempre di notte di farla finita, uscirne da sto tumolo e pensare alla tanta erba che arriverà vicino alle scale d’ombra a me riservate, ma a, studiarci un poco, L'ideatrice di questa tecnica ha ritenuto opportuna la definizione "Scrittura Olistica" per un metodo innovativo che ha ricercato ed ideato personalmente: "utilizzare la passione della scrittura come strumento per conoscere meglio se stessi".Ho sempre creduto che la vita fosse disporre sul tavolo, nel miglior modo possibile, le carte che ti sei trovato in mano. Invece all'improvviso ne arriva una che spariglia tutte le altre, e la vita è proprio come ti giochi quell'ultima carta. Per ciascuno di noi l'esistenza è costellata di eventi che in prima battuta sono sembrati inaffrontabili, e invece poi hanno portato a una rinascita, a un nuovo equilibrio. Penso che ci sia un ordine più saggio che governa il mondo e di cui spesso ignoriamo il senso, la prospettiva. Per questo ho una grande fiducia, mi alzo sempre col sorriso. Certo che preferisco il sole, ma quando ci sei in mezzo scopri che anche la neve ha la sua bellezza. La malattia, l'avere bisogno di aiuto, mi hanno costretto a riprendere contatto con la mia parte più tenera e indifesa, quella più umana. Era come se mi fossi dimenticata che la fragilità non è una debolezza, ma è la condizione dell'essere umano ed è proprio lei che ci protegge, perché ci fa ascoltare quello che proviamo, quello che siamo, nel corpo e nel cuore.
Gli argomenti sono presentati nel manuale o nei corsi sono spiegati in una modalità estremamente semplice e hanno la caratteristica di avere un approccio leggero, anche per chi, per la prima volta, si avvicina incuriosito a certe tematiche. E certo che è un peccato morire, ma e’ stata un’estate cupa, chiusa come scatole sigillate, in una stanza, in un ufficio in un letto d’ospedale.
Ero in una cella chiuso a destra e a sinistra, uno spazio limitato da pareti d’ospizio con tanti fiori in bianco . A volte è il lavoro che ti costringe alla clausura, altre volte la malattia, ma c’è la depressione che ti impedisce d’uscire. Il mio è un racconto di chiusura per una grave malattia, sono rinchiuso e non se ne va nemmeno se chiudo le finestra. Mi trovo al centro di una stanza ma è come non ci fossi, un letto d’ospedale chiuso impossibilitato a muovermi,. E come se la vita fosse fuori, sei un organismo che respira, ma non è in vita,
sto stupido infarto del cervello funziona così, è strano che non ti resti niente da vivere
Ma non sei dunque tu che nudo il petto, sembra viva ma non lo è, pare un organismo che respira, ma non è in vita, capitano cose così.
Portato con un bus che pareva una carrozza d’ambulanza con infermieri preoccupati e mia moglie spaventata, ho percorso tre ospedali per fermarmi ad Udine, dove un dottore più sveglio di altri mi ha salvato la vita, ma il mondo era chiuso completamente. No è incora al momento de impacchetà ricordi,di stringere le corde dei sacchi,pieni di avanzi di vita,per sfarinare farina dei sogni cavando parole adatte a capì; no, no ze 'ncora al momento de stamparse sorrisi e di stringere mane che vol tocà un cuor intrapolao de ricordi, de groppi pesanti;no, no vogio vardame 'ndrio sarà un oltro momento ma 'desso ze al momento de dì:ancora… ancora.
Ero cambiata dentro. Mi si era rotto qualcosa, e anche se non
avevo bisogno di parlare, sentivo che non ci sarei riuscita.
" A settantadue anni, il protagonista è diventata emiplegica sinistra e
Questo libro, sotto forma di intervista, racconta l'esperienza post-ictus vista da dentro, senza pietismi.
La mente è in grado di riprendere se stessa? La qualità della vita post handicap?
I rapporti con la famiglia?
Come si esce dal senso di colpa? Sono alcune domande a cui si tenta di dare risposta nella speranza di essere d'aiuto a chi gravita nel mondo dell'handicap.
Io trattengo il respiro, costruisco castelli in aria, viaggi tra i castelli della battigia,
e da quel buio che nasce il desiderio incontenibile di un cammino,
Cos’è la voglia desiderata del cammino , è ciò che inizia ad un passo dal buio.
, una speranza di una vita nuova, non è una camminata, non sarai raggiungibile e non sai se e quando ritornerai.
Ci sono stanze chiuse, per alcuni, quelli come me al centro al buio per raccogliere le forze,
per rendere esatte le parole, per scrivere lettere che non spedirai, stai al buio, finché un giorno,
raccolta la concertazione dei pensieri, accendi una luce e raccolta un vestito, riempi lo zaino e parti.
Questo è un libro speciale. È nato in un momento inedito e difficile della mia vita: i mesi durante i quali, nella primavera di quest’anno, siamo stati costretti nelle nostre abitazioni, limitati nei nostri spostamenti. Un tempo che ciascuno di noi ha vissuto con la propria sensibilità e nella propria situazione personale e familiare, e che molti hanno accettato di raccontare rispondendo alla bellissima iniziativa della nostra biblioteca civica: scrivere, aprire nuovi canali di comunicazione, trovare modi nuovi per esprimere ciò di cui si è fatta esperienza. Leggiamo questi testi non solo come il felice risultato di un concorso letterario, ma anche come un diario a più voci, che usa differenti generi narrativi, dalla lettera alla confessione, dalla favola alla novella. Colpirà anche voi, come lettori, cogliere delle emozioni ricorrenti: solitudine e timore, silenzio, distorto senso del tempo, ma anche speranza e stupore di fronte a quella che è comunque stata una primavera di luce e colori.
Caro pezzo di carta, sono in quarantena da ormai troppi giorni e il mio Paese è davvero in crisi a causa dell’ictus.
Cosa voglio dire? Non lo so con precisione, vorrei solo provare a togliermi questo mantello di preoccupazioni, tristezza e incertezza. Ci provo tutti i giorni, ogni mattina e ogni sera provo a togliermelo, ma è troppo pesante e a volte sembra che sia incollato al mio corpo in modo permanente. Tutti ripetono che la normalità tornerà... prima o poi. Tutti ripetono che basta restare a casa e che fra qualche anno si potrà tornare alla vita di prima. Io sono stanca di ascoltare queste cose, queste false speranze, non voglio frasi felici in un contesto tragico. Sono convinta che io sia molto fortunato, anche in questa situazione, perché in questo momento la cosa principale è la salute e il mio mantello che non riesco a togliere, o il mio desiderio della normalità, sono solo cose secondarie, e le cose secondarie, si sa, diventano sempre meno importanti col passare del tempo.
Abbiamo molto tempo per pensare e può essere positivo o negativo, io penso molto al futuro. Ho sempre amato la mia “normalità”, avere giornate programmate e schemi precisi da seguire, ora però, ogni schema, ogni piano sul futuro o sul presente, non contano più nulla. Solo carta o idee accavallate, che cercano di uscire dalla mia mente, ma non ci riescono. Rimangono in un punto ben preciso, per ricordarmi tutto quello che mi sto perdendo e tutto quello che cambierà. Rimangono nei miei desideri, così opprimenti da trasformarsi in incubi. Penso alle classiche giornate di scuola, pesanti e mai apprezzate fino in fondo, che per molto tempo non potrò più vivere, non potrò più toccare.
Giornate dove un’unica frase echeggia nella mia testa: “La tua vita si è bloccata, congelata a febbraio, ma il tuo tempo continua a scorrere”. La saliva mi si ferma in gola e i rumori attorno a me diventano suoni lontani. Questa frase blocca tutti i miei pensieri positivi, il fatto che non potrò avere indietro questi mesi, l’ultimo giorno di scuola o la gioia irrefrenabile della prima settimana delle vacanze estive. Ogni volta che ci penso cerco di convincermi che questi non siano i veri problemi del periodo (e lo so, lo so benissimo), ma sono ugualmente problemi, anche se minori.
Non sono mai stata una persona molto nostalgica, poche volte avevo provato questo sentimento. Ora, però, è un mostro al quale risulto molto simpatica e non vuole abbandonarmi. La nostalgia delle cose semplici, le stesse cose semplici che a volte facevo sentendomi obbligata: andare a scuola, uscire e andare a fare una passeggiata, praticare sport... Tutte le azioni quotidiane, tutto quello che ora non possiamo più fare. Temo che non potremo fare tutto questo in completa libertà per troppo tempo, temo che la normalità, per qualche anno, sarò un ricordo, un desiderio, una speranza. Le emozioni sono una parte fondamentale di noi e niente e nessuno può farci smettere di provarle. Le mie memorie della quarantena finiscono qui, ma non finisce la mia voglia di essere umana, perché siamo fatti così. In situazioni difficili, belle o brutte, proveremo sempre tutti i sentimenti e io ne sono felice, di ognuno di loro, perché mi ricordano che sono viva, che il mio corpo è chiuso in casa, ma la mia anima è libera e può essere esattamente quello che vuole. Il mio mantello di negatività mi ricorda che è un brutto momento, ma non importa se qua sotto fa davvero molto caldo, perché copre solamente il mio corpo. Spero che noi tutti riusciremo a superare questo periodo da combattenti, feriti, ma vincenti. Sono cosciente che purtroppo non sarà così.
Basta essere positivi, ora è il momento di essere realisti: facciamolo per la nostra anima e per non far soffrire più del dovuto il nostro cuore.
Vedo gli elicotteri volare sopra la casa. Oh no un incendio sul colle qui vicino, vado in soggiorno per scorgere dalla finestra il fumo, che si alza in lontananza. Dalla provinciale le sirene dei vigili del fuoco. Corro al cancello a vedere che succede, ma naturalmente non si può uscire. Come posso fare per avere notizie? È pericoloso per noi, per la famiglia? C’è qualcosa che potrei fare per aiutare in questa situazione? Questa quarantena rende ogni avvenimento ricco di importanza. C’è più tempo per me e la mia famiglia, ma sento anche ansia e preoccupazione. Allora salgo le scale in fretta e trovo lei. È seduta al tavolo di cucina e guarda dentro quella scatola luminosa, che in questi giorni la attrae per molto tempo. Cerco la sua mano, infilando la testa sotto il suo gomito, mi rivolge lo sguardo e con dolcezza mi dice: “Cosa c’è Ennio.
Hai fame? Ora ti preparo la pappa e poi andiamo insieme a fare una passeggiata, anche se breve, lo sai, vero?”. “Lo so, lo so, resteremo nel raggio dei 200 metri, e io sarò bravo, perché io so portare pazienza, anche quando non c’è la quarantena, la pazienza è una mia virtù. Lo è proprio perché io sono un cane, sono solo un cane, e affronto la vita giorno dopo giorno, proprio come devi fare, in questi giorni, anche tu. Non prevedere, non controllare sempre, non pensare solo ai problemi che forse ci aspettano. Senti mi è passata la stanchezza, basta poco per cambiare il mio umore, un tuo sguardo e una carezza e sono di nuovo io. Nessuno dividerà questo nostro amore, andiamo insieme verso il futuro, e io, io ti aiuterò!”
Mi aiuterai, ma non ho dimenticato, mi occorre una donna che somigli a Penelope dove il tuo silenzio anche se malato, porti via il tuo odisseo per lungo tempo, senza essere a conoscenza di quello che la vita potrà costruire, senza in fondo sapere se ci sarà una vita, ma Penelope saprà farsene una ragione. Io voglio esistere.
E’ il racconto descritto attraverso il moderno linguaggio di whatsapp, del faticoso percorso di riabilitazione di una persona di 75 anni colpita da ictus emorragico grave che secondo le prime valutazioni dei medici sarebbe dovuta rimanere per sempre “bloccata” in un letto di lunga degenza o su una sedia a rotelle e che è arrivata invece a condurre una vita quasi normale,
Lo stroke rappresenta globalmente una delle maggiori cause di morte e disabilità permanente. L’interventistica cardiovascolare ha contribuito notevolmente ai numerosi progressi ottenuti nella prevenzione e trattamento dello stroke. In questo volume, edito da Minerva Medica e curato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica , gli autori hanno affrontato in dettaglio le numerose tematiche che coinvolgono i cardiologi nella gestione di quest’importante patologia. In particolare, l’opera si divide in cinque principali sezioni che comprendono: gli approcci farmacologici allo stroke, la chiusura del forame ovale pervio (PFO), la chiusura dell’auricola sinistra, l’angioplastica carotidea e la valutazione per i post-operatoria dei pazienti con patologia valvolare. Il volume è stato concepito avendo come destinataria l’intera comunità cardiologica, inclusi i cardiologi clinici e quelli interventisti. Ecco io curo le mie whataps con questa cura. Scrivere e raccontare ai social, diventa una sicurezza per quei circuiti ormai fuori controllo.
Io la guardo ancora con il desiderio di amarla, ma questo atteggiamento sembra tutt’altro che ricambiato.
Ogni cosa che dico o faccio è scontata.
Io stesso sono scontato, l’esatto contrario di “speciale”, come vorrei sentirmi per lei e come invece riescono a farmi sentire alcune donne con cui conseguo la mia personalissima “laurea” in autostima:
Amo
per salvarmi dai solchi del tempo:
gli amanti
sono fatti di respiri
e convivenze silenziose
tendono all’eterno
m e io sono un amante senza età,
Amo
per salvarmi dai solchi del tempo:
gli amanti
sono fatti di respiri
e convivenze silenziose
tendono all’eterno
e io sono un amante senza età,
il mio infinito è l’attimo.