31 ottobre, 2014

Memoria, ricordi e cultura popolare.

Una pura riflessione sui perchè tento di comunicare ma soprattutto ricordare senza voler imporre a nessuno il mio punto di vista.

Secondo me in ogni comunità la cultura ha vari strati:

Lo strato professionale, che tende ad elevarsi e a perseguire forme d’arte generalizzate, che più o meno raggiunge, ma tocca, in generale, solo quel ristretto gruppo di persone che si ritengono destinatarie dei messaggi che la cultura, nelle sue più svariate forme d’arte, manda;

Lo strato popolare, che tende ad esprimersi spontaneamente per inclinazione naturale, non necessita di basi culturali di chissà quale dimensione ne ambisce a niente più che ad una forma diversa di comunicazione,  più agile sfrondata di ogni orpello. 
Perché il destinatario dei suoi messaggi è la gente comune.

Si può dire così che cultura con la C maiuscola è un lavoro che necessita, oltre che del talento, di solide basi professionali per esercitarlo, di grandi rifiniture prima di proporre il lavoro finito al giudizio di pochi eletti, mentre la cultura popolare è gioia, non importa se il prodotto esce grezzo purché il prodotto esista.

C’è però una considerazione da fare: se per il prodotto culturale professionale esistono supporti, libri, quadri, dischi e quant’altro l’uomo si sia inventato per registrare la sua memoria, per il prodotto popolare non c’è altro che il passa parola, la memoria comune che per quanto lunga sia prima o dopo si esaurisce.

Il mio fine in questo  piccolo pertugio del web è di usare il supporto informatico come memoria per ricordare  Grado: nelle persone, negli atti, nella parlata, qualche volta tentare di stimolare la necessità di fare tutto ciò.
Per ricordare  quanti abbiano lasciato traccia di sé in qualsiasi modo, per fare sì che non vengano "desmentegai".
Ovviamente la memoria è la mia, ogni interpretazione è libera, perchè punti di vista diversi io li accetto serenamente, anzi sono necessari per colmare eventuali vuoti.

Perchè vedere le macerie di una lingua, di una cultura, mi strizza il cuore.
Ogni parola che si estingue è una casa che cede, si piega e affonda nella sabbia.
Queste parole che si estinguono erano abitate, esseri umani le riempivano di vita, di storie.

Rivedere il tuo paese, la tua gente con gli occhi del ricordo può farti immaginare com'era la casa, immaginare i passi, i bimbi che correvano, le voci che passavano di stanza in stanza... e si torna a vivere.
Si ricomincia a Vivere!



29 ottobre, 2014

Forza Iulia


Il Disegno della struttura prodiera della Iulia (In)Felix è di Dario Gaddi 

Si è continuato a discutere in questi giorni del fantasma del Museo del Mare, siamo in molti a credere che la recente e ben pubblicizzata inaugurazione della parte tecnica, dove il pubblico non doveva esserci, sia stata solo l' occasione per nominare in fretta un Direttore, prima di perdere il potere di farlo causa nuove norme.
Abbiamo visto le foto del fasciame dell' imbarcazione ed è impossibile che lo ricompongano in tempo per la fine dell' anno, viene naturale pensare che l' apertura del Museo non sarà così immediata.
Infastidisce e non poco questa mancanza di rispetto per il pubblico che oltre ad essere utilizzatore finale ne è anche il principale sponsor.
Mah! Sta gente vive in un bozzolo chiuso e se ne sbatte.

Ma veniamo a noi e per tenere fresca e viva la questione  rileggiamo Giovanni "Trombai" Grigolon e la sua versione dell' affondamento della povera "Iulia Felix"
Ps: questa canzone ha partecipato ad un Festival della Canzone Gradese

Iulia Felix

A Largo de Gravo
'na nave romana
de domila ani
la xe in fondo al mar

La 'ndeva a Aquilea
ma mai più rivagia,
comò sia stao
pol dasse cussi:

"Comandantis xe sirocum
vento e ondis aumentavis,
mundi acqua se imbarcavis
pé 'ndà a fundi manca poc.

In sintina rematorum,
pienis acqua, brontolorum
consiliabis che la navis
drita in seco de portà."

Ma un ondatis gigantorum
afondavis quela navis,
da Netunus bronbolurum
zente e cargo duti là.

Nel silensium milenarium,
quela nave "Iulia Felix"
xe 'na fonfa testimonis
de romanis civiltà.

Pensando ai muminti
de quel naufragio
pol anche esse vero
che sia stao cussì!

Cussà se un giorno se possa vardala
 in garghe museo
  MUSEO DEL MAR.


28 ottobre, 2014

Il Capo




Panta Rei

Ho letto e scritto
molto
e sono diventato un capo.
Ma non sono
rimasto a Lungo 
al mio posto
di comando
perchè ho continuato
a leggere e scrivere
molto.

27 ottobre, 2014

Soto le Porte


Grado un tempo era un Castrum chiuso e aveva sei porte . 

E’ un bell’ esercizio ricordare la disposizione urbana di un tempo del nostro Paesello con le sue Porte, la Casa col Leon, in Piazza Duca d'Aosta, un tempo adibita a Municipio, dove si apriva la Porta Granda, le cui tracce sono tuttora visibili nel muro esterno verso la Calle Lunga. 

Oltre alla nominata Porta Granda c'erano la Porta Picola demolita nel 1875 (Campo dei Patriarchi), Porta Nova (verso Piazza XXVI Maggio) - entrambe rimaste nella toponomastica locale,  Porta Vecia (probabilmente nei pressi dell'Ospizio Marino) e le pustierne (questo ha bisogno di spiegazione: sono le porte secondarie): Stiusa (verso la laguna con gli orti a nord est) e Capelana ( dava “sul Borgo de Fora” verso Piazza Vittoria o B.Marin)

Pur essendo piccolissimo, il paese aveva i suoi 'rioni' e ogni rione il suo partito, naturalmente nemico acerrimo di ogni altro. 

Cavo-de-Palasso: odierna Calle del Palazzo ricorda il sito dove sorgeva il palazzo del Conte di Grado, fatto costruire da Orseolo Il (1009-1026), .
È il lato sud della mura, mentre Cavo de Muro (Cul de Muro) era la parte verso nord. 
Di fronte al palazzo, fabbricato sulla muraglia, si estendeva la 'Corte di Palazzo', registrata con la qualifica 'prato', un vasto spazio che allora arrivava fino alla basilica di S. Eufemia.
Il Borgo-de-fora era la zona al di fuori della cinta del 'castrum' (San Rocco-Via Gradenigo.
Poi Piassa, Savial, Babau, Stronzulin, America, Pulindron, Casata, Ortolani.

Menego Picolo ricorda così le battaglie dei bambini per il controllo del territorio delle Contrade

 Gara de Contrà 

Qui de in Cavo-de-Palasso 
E de in Corte, duti fora 
Li 'ntendeno suli e co un brasso 
Anche qui! in Borgo-de-Fora! 
Phu! de Piassa e Cul-de-Muro 
Ve sfideno sie per tre. 
Ocio eee! ... che caté ‘l duro 

Se sto gatolo passé! 

26 ottobre, 2014

Oggi Sposi...

Io mi occupo spesso  di tradizioni che scompaiono, una di queste è lo sposarsi e vale ad ogni latitudine.
Sposarsi è ormai considerato un lusso e un incaglio nella vita di ognuno.
Sposarsi in chiesa, poi, è ormai roba da ricchi o da eccentrici.


Ma una volta...


Una volta, sembra quasi di raccontare una favola ed è la realtà, sposasse era un traguardo, uno scopo di tutte le famiglie che facevano di tutto, qualsiasi sacrificio pur di accasare una figlia.

Una delle componenti essenziali di una brava giovane era la "Dota", il corredo che si portava in dote per l'inizio della nuova vita in comune, per la nuova famiglia costituita;
vediamo allora l'elenco che ad inizio secolo era considerato minimo:


           
         6 pera de nissioi grandi
         6 pera de piculi (col monograma rosso)
         12 sugamani
          6 canevasse
         4 tovagie (una granda per 12 no deve mancà, le oltre quadrate e                  picole per 8) tovagioi e portatovagioi col  monograma rosso a                     punto crose
6 pera de mudande felpae
6 pera de mudande coi corduni, de tela, ricamae a fiuri  
      12 pera de mudande co la gamba longa col monograma
6 magie sensa maneghe
6 busti de lana o coton
6 cotoluni lavorai col gazo
coverturi e sfelsade
terlisie de i cussini e intimele
colse e scarpe 
e un matiné...
Si può notare il pragmatismo della tradizione popolare mescolato ad arte con la civetteria del monogramma delle mutande ricamate a fiori e ... il matinè, che fa pensare ad una vita tutta in rosa:

e invesse... dalongo dopo sposae le se vistiva de nero e le se comporteva comò che  le fossa vedove...  

25 ottobre, 2014

La Vogada Longa

La Società Canottieri Ausonia  indice e organizza per il giorno 26 ottobre 2014 la manifestazione non competitiva:

 “VOGADALONGA GRADO” 

aperta alle società affiliate a FIC, FICK e alle società di “voga alla veneta”.
 La regata non avrà validità ai fini di alcuna classifica nazionale.

PERCORSO

Il percorso, di circa 18 Km  con partenza dallo specchio acqueo antistante la Società Canottieri Ausonia, si snoderà attraverso la Litoranea Veneta fino a Primero con ritorno al punto di partenza. 


Dato il carattere non competitivo della manifestazione, sarà lasciata al singolo equipaggio la facoltà di effettuare il “giro di boa” in qualsiasi momento per tornare al punto di partenza/arrivo, prestando tuttavia la massima attenzione alle altre imbarcazioni e rimanendo comunque all’interno del percorso prestabilito in quanto l’assistenza sarà garantita solo all’interno dello stesso.
Aspettiamo tutti alle 10.00 al Molo Torpediniere per la partenza della VOGADALONGA organizzata dalla Società Canottieri Ausonia: oltre 250 atleti di canoa, canottaggio e voga alla veneta, con più di 100 imbarcazioni in gara.


La Regata

De regata se veno impignao 
E de bando no cagia a suah! 
Forza in pope! Quel remo a premando,
Che a stagando la resta de qua: 
Si a sta gondola in banda a subiando 
Za j passeno de duta briva! 
Oeh! 'l porcuzzo ne meta de 'mpegno 
Pope e prova per fahjla tignih! 
Ala! primi a tocah 'ndeno 'l segno 
Per la megio seragia 'nçernih! 

Menego Picolo Marchesini

24 ottobre, 2014

Fede, no legno de barca...

La storia piccola di Grado, quella tramandata per tradizione orale, è costellata di fatti semi miracolosi, raccontati però con la classica ironia di popolani che si, si, ci credono, ma però....
Tutto aveva una sua logica, l' arguzia dei pescatori nel cavarsela da situazioni difficili e l' ineluttabilità della fede che comunque trionfava; vere e proprie lezioni di vita.
P.S. : Io queste storie le leggo e posso condividerle grazie al grande lavoro di raccolta e cernita fatto da uno dei numi tutelari della nostra tradizione:  
Maria Lauto "Stiata"

Fede, no legno de barca...

Sto fato lo ha contao Flora Verginella (nata nel 1909), ciamàgia Fiorina.
La famégia de so mare gera quela dei "Russi", quela de so pare dei "Grili" che i veva i so casuni sul "palú de la Fossa", in "Sentenera" vissín a le "Domíne" in tel palú de levante. 
Comò duti i pescaúri oltra i casuni i veva casa anche a Gravo.
 Fiorina gera la prima de sete sorele, l’unico fradèl ’l gera morto che ’l gera incora mundi pícolo. 
Protagonista de sto fato sarave stao so nono da parte de mare, Giovani Marchesan "Rosso" che mundi volte ’i lo conteva ai sovi de famégia; el sarave sucesso a la fin de l’oltro sècolo. 
Gravo la veva quatromila àneme; de queste, una metà – diseva Fiorina – la steva in tei casuni del palú per le stagión de pesca. 
Giovani "Rosso" el gera batelante; elo e un oltro i feva ogni giorno in batela el giro dei casuni del palú a racolze gransi che púo i ’ndeva a vênde a Ciosa. 
I ciosoti, dopo vîli ben mastrussai, li useva per pescâ i sarduni.
 In quel tenpo a Barbana un tremendo tenporàl el veva stiantao l’àlboro vecio più de mile ani sul qual, segondo la tradissión, se varave fermao la statua de la Madona veneràgia púo in te la prima ciesa fata costruì su l’isoleta dal patriarca Elia. L’àlboro stiantao de la burasca el gera stao lassao a disposissión dei fedeli che i ’ndeva a Barbana persío che i se tolessa un toco de legno del tronco o un rameto per portâsseli devotamente a casa comò pressiose relique. 

Steva a Ciosa un zóvene ’ndemoniao che tante volte ’l piovàn de là ’l veva tentao de liberâ del maligno, ma senpre sensa ’vê nissún risultato. Quel prete, ’vendo sintío favelâ dei grandi miràculi fati per l’intercessión de la beata Vèrgine de Barbana, el veva diverse volte pregao i do graesani – che squasi ogni zorno i ’ndeva a Ciosa col so cargo de gransi – de portâ-’i un framento de quel legno: el penseva de usâlo per dâ-’i più forsa al sconzuro contro ’l demonio, dato che le sove sole preghiere no le gera bastae . 
Ma i do batelanti, ciapai conpletamente dei pinsieri e de le fadighe del so duro lavór, rivai a Gravo, ogni volta i se desmentegheva de procurâsse la reliqua. Solo cô i torneva a Ciosa i se ricordeva de quel che ’l prete ’i veva domandao, e i diceva fra de ili: – Conpare, gnanche sta volta se vemo recordao de portâ ’l legno de l’àlboro de Barbana. Che podemo fâ? – Naturalmente l’indemoniao, cô ’l vegheva a largo conparî la sova barca, el coreva sul molo a spetâ inquieto che rivessa quî che varave dovúo portâ-’i el stromento de la so liberassión; ma senpre ’i ’ndeva sbusa. Un bel zorno el prete, stufo de le continue desmenteganse dei do graesani, el s’ha presentao a ili e ’i ha dito: – Sintí, domàn vignarè me qua a spetâve sul molo, e drio de me sarà la prossessión de duti i gno parochiani. Cussí ste ben atinti de no desmentegâve de portâne qua finalmente ’l legno benedeto de la Madona de Barbana. 
E ’lora i do ’i ha promesso che sensa oltro i varave fato quel che ’i vigniva domandao. Ma cussà comò, tornai a Gravo strachi morti, incora una volta i s’ha del duto desmentegao e del piovàn e de l’indemoniao e de la sova promessa.
 L’indomàn matina, fato bonora ’l giro dei casuni per la racolta dei gransi, i xe partî comò ’l solito verso de Ciosa co’ la so batela. 
Solo cô i xe stai in vista de quela sità i s’ha acorto de la so sbadatàgine. 
Intanto un gran ciapo de zente se veva radunao sul molo. El piovàn, conpagnao dei so capelani e zaghi, ’l gera za vestío coi paraminti sacri e pronto per fâ el sconzuro. 
Davanti de duti l’indemoniao el speteva co’ granda ansia. – Conpare – fa un dei batelanti – se se presentemo adesso sensa ’l legno benedeto, quî i se rabia.– 
E ’lora a l’oltro ’i vien un’idea: – Tolemo dalongo un toco del legno che tignimo soto prova: i credarà duti che sia ’l legno de Barbana! – 
E anche se ’l conpare ’l continuava a protestâ e a dubitâ, cussí a la fin xe stao fato.
 ’Pena rivai sul molo la schègia de legno ’i xe stàgia consegnàgia al piovàn che, convinto che fossa la reliquia de l’àlboro benedeto de Barbana, ’i l’ha messa in te le mane de l’indemoniao, lo ha ’nbenedío e l’ha pronunsiao le parole che se deve dî pel sconzuro. 
S’ha sintío ’lora una vose bestiàl urlâ: – Fede me scassa, no legno de barca! – In te l’istesso momento el zóvene l’ha perso i sinsi e i ha scognúo portâlo drento de casa sova. 
Cô ’l xe tornao in sè, duti i ha possúo vêghe che finalmente ’l gera stao liberao del possesso del maligno. 

E cussí, incora una volta la fede la veva vinto.

22 ottobre, 2014

Grado - Istruzioni per l' uso anni '50

Stanno smontando pezzo per pezzo i ricordi di generazioni di gradesi.
Per non dimenticare rivediamo com'eravamo negli anni cinquanta.

Immagini oramai dimenticate ma piantate nel mio cuore.

21 ottobre, 2014

Aldo Tognon pe'l Ben del Paese: La Batela


No proprio duti, ma garghedun a Gravo lavora pe'l ben del Paese:

Aldo Tognon ha partecipato e vinto un Concorso Letterario proponendo una visione romantica in poesia del nostro attrezzo per eccellenza :  La Batela

XV° edizione Concorso Letterario "Mario Donadoni"
    (Bovolone - Verona)
128 elaborati in gara
 Sezione prosa e poesia dialettale:
     "La batela" - poesia 1^ classificata e 3* Premio assoluto


        
“ La batela “

Poco lontan de riva
s’un ròsso scavassao  piantao ‘nte’l fango
xe, sola, ‘na batela ligagia lasca in prova.
Xe fele, ‘l aqua poco ‘la se move
e ‘pena un fiao de bava che ‘la sùpia:
el sol ‘l và calando  incontra de la sera.

I rimi sóto prova e le forcole a’l so’ posto,
co’l alboro incora issao ‘nte’l trasto
ma sensa la so’ vela,
calagia lungo via de pupa a prova,
e le arte là, muciae ‘ncora co’l sporco:
de banda, su’l pagiol, ‘na sessola puzàgia.

Dopo ‘na zornada intiera de fadiga,
conbate contravento o la corente,
anch’ela ‘l ha dirito a’l so’ reposo
là ‘ntè la cavana, co’l cason a rente:
xe la so’ cuna ‘l mar e le òle che ‘la dondola
pian, sìn che no ‘la se ‘ndormensa su’l baroso.

A.Tognon@2014

20 ottobre, 2014

Al Zago - Monsignor Luigi Pontel


Sono passati  quattro anni dalla scomparsa di Don Luigi Pontel.  (26/10/1925--16/10/2010)
Don Luigi era uomo di sentimenti forti, di fede granitica e affettuoso oltre ogni limite, in specie con noi Graisani, attaccato ai giovani e con una sterminata cultura che dispensava con grande accortezza senza farla pesare.

Ho pensato bene di ricondividere con tutti il ricordo di un uomo caro a tutti a Grado e che non deve essere dimenticato.

Leonardo Tognon ne scrive una breve biografia:

Monsignor Luigi Pontel era nato ad Aiello del Friuli 26.10.1925 la sua vocazione trova l’ufficialità di sacerdote il 26 giungo del 1949, assume la missione di sacerdote in quel di Monfalcone: cappellano dell’ospedale della città dei cantieri. Dal 1958 ininterrottamente celebra la messa delle 11.30 a Grado (accompagnando il percorso dell’arciprete cormonese Silvano Fain e poi di Monsignor Armando Zorzin con il quale ha fondato il liceo linguistico.
Liceo Linguistico Paolino di Aquileia, in quel di Gorizia.- Liceo fortemente voluto e che lo aveva visto preside a titolo gratuito dalla fondazione al 2006/7.

Canonico onorario del Capitolo Metropolitano nel 1999 rimane scolpito nei cuori e nella memoria dei gradesi per il suo attaccamento e amore per l’isola. Gran filosofo (laurea in filosofia all’università di Trieste e uomo aperto) sapeva in ogni modo comunicare con tutti, dal pulpito della basilica di Santa Eufemia, puntualmente alle 11.30 di ogni domenica predicava tanto che generazioni e generazioni di giovani gradesi (e ospiti) si ritrovavano attenti a quel modo di moderno ( siamo nei primi anni 60) di consegnare al parola di Cristo.
Oggi generazioni e generazioni di ex giovani o formati nei vari licei di Gorizia o alle magistrali ricordano la figura di un sacerdote minuto, con gli occhiali che spesso scendevano sulla punta del naso per incrociare il suo severo sorriso capace di avvolger tutti con uno stile ed una profondità di messaggio modernamente unica.
La città di Grado lo piange, lo piange tantissimo.
“La mia lunga e intensa amicizia con monsignor Pontel ha trovato a Grado – sottolinea l’arciprete di Grado monsignor Armando Zorzin – la chiusura del cerchio con don Gigi confidente, consigliere e confessore, le tre rinsaldavano il nostro rapporto”
Con don “Gigi Pontel a Grado dagli anni sessanta si respira cultura, si inventa il teatro gradese nella scuola, nel ricreatorio, il teatro di Rivista con i coniugi Criutti e con il mitico Carletto Czubert.
Uomo di enorme cultura ha trovato la passione per la sua Grado dove dal grande Biagio Marin al più umile degli scrittori cercavano in don Pontel un punto di riferimento anche critico.
Da sempre componente delle commissioni culturali, da sempre nella commissione del festival della canzone Gradese a lui il ritorno della leggenda delle Varvuole.
Don Luigi di Aiello ma da sempre gradese.
La sua automobile parcheggiata di fianco alla chiesa, il suo breve tragitto prima di celebrare lo portava ad ammirare il mare. Breve ma intensa la sua riflessione e l’ispirazione per le sue cattedratiche omelie.
Nonostante l’impegno da preside non ha mai lasciato la sua Grado.

Monsignor Pontel, don Gigi da Aiello la piccola Vienna, graisan vero.

Ciao e che l’onda del mar de Gravo te porti 'na caressa e ‘l nostro saludo.


Al zago.  Lo chiamavano così per il suo aspetto minuto e certo che la leggenda metropolitana gradese lo voleva alle volte distratto, non ricordare un’orario o magari dove aveva parcheggiato l’automobile. 

Sfatiamo questo bel castello: la sua mente era sempre lucida e impegnata, i suoi presunti ritardi erano tutti giustificabili.
"Giustificazione" mai sentito dalla sua voce, piuttosto si assumeva tutte le colpe con il suo immancabile sorriso e cambiando repentinamente discorso.
Attento nel mondo del sociale e politico, gran cultore della politica.
 Si sa che stava scrivendo un libro del passaggio sociale e politico di queste nostre terre.
Un peccato mortale non pubblicare i suoi appunti.


Ecco, gli appunti, bello sarebbe conoscerli e quindi l'invito a chi vi ha accesso di pubblicarli in qualche modo. 

19 ottobre, 2014

Panta rei os potamòs- Tutto scorre come un fiume

“Estremamente breve e travagliata è la vita di coloro che dimenticano il passato, trascurano il presente, temono il futuro: giunti al momento estremo, tardi comprendono di essere stati occupati tanto tempo senza concludere nulla”.   - Seneca

Riguardando vecchie cose in soffitta per fare posto ad altre cose che diventeranno altrettanto vecchie, mi è capitato tra le mani il mio vecchissimo Mac SE/30.

Il mio primo computer, datato 1989 appena uscito in sostituzione dell' SE e del Mac plus, i primi computer friendly al mondo.

Era una scheggia per il tempo e per pura curiosità ho provato ad accenderlo.

Incredibile la  faccina del caricamento del Sistem 7.0 (anche quello ce l'ho in originale in floppy-disk) con un sorriso dopo appena qualche minuto si è mostrata e ha caricato il sistema.

Un cubo indistruttibile, venticinque anni di età, (per i computers preistoria) con quello gestivo la mia attività, contabilità compresa, avevo Photoshop 1.0 un hard disk di 80 Mb. (proprio Mb non giga).

Ha un valore solo affettivo, commercialmente vale come una sveglia usata, ma fa girare ancora Excel e Word, ma io mi rivedo con mio figlio piccolo che mi girava attorno quando ci giocavo, ed ora lo vuole come totem da mettere in studio.

Abbiamo deciso di riesumarlo, pulirlo e metterlo in bella vista, è storia ragazzi, la mia storia. 

18 ottobre, 2014

L’importanza dei giorni normali.


In foto un riflesso di luce normalissimo in Golfo.

Noi tutti trascuriamo l' importanza della normalità.

Sarebbe bello alzarsi la mattina, aprire il giornale e sorseggiando un caffè e leggere solo notizie che fanno piacere. 

Che ne so, roba così:
Inventata lavatrice che lava, asciuga, stira, indossa e rimette in lavatrice
Il tutto senza che ci sia bisogno di sposarla.

Rilassarsi, chiudere gli occhi  trovare una buona posizione sulla sedia o sul cuscino, sentire i piedi sul pavimento   abbassare le spalle, rilassare braccia, mani, gambe.
Distendersi.
Concentrarsi sul  respiro.
Osservarlo. 

Se è veloce, rallentarne il ritmo. 
Inspirare consapevolmente, espirare consapevolmente. Riempire i polmoni d'aria. Sentire il benessere provocato dall'aria nel nostro corpo, la dolcezza del movimento dell’aria che entra ed esce dal nostro corpo. 
Il ventre si gonfia leggermente, i pensieri si calmano, un piacere sottile ti invade.

Non tutti i giorni, non sempre, solo una volta ogni tanto, perché indignarsi è bello, ma dopo un po’ stufa
Riscoprire l’importanza dei giorni che sembrano normali, ma che uno dopo l’altro fondano nel profondo la tua vita. 
Perché ciò che è speciale, ciò che è eccezionale, è effimero: 
un giorno non potrà essere speciale per sempre.

17 ottobre, 2014

Ristrutturazione



La foto è di Stefano Marchesan (Coco)

Il Castrum di Grado è stato oggetto qualche tempo fa di serrato processo di ristrutturazione edilizia, qualche volta portata a termine aggiustando con prudenza l' esistente, qualche volta con violenti e pesanti interventi di ricostruzione integrale degli edifici, dipendeva dalla sensibilità di ciascun proprietario.

Questa qua sotto è la visione poetica di due punti di vista di tale sensibilità per una "Ristrutturazione". Descritta da Giovanni "Stiata" Marchesan con la solita arguzia e profonda amarezza di fondo.



Ristrutturazione

Vevo una casa, là in Cale
dò veci loghi, un balaor
ninte de speciale
ma gera al sol...

'Desso al colmo spandeva un poco
gera garghe stiopaura
al tempo veva fato i sò malani.
che volè...ne ze passai de ani.

Vevo ciamao un murador
che vegna a dai un' ociada.

"Quatro cupi, un per de piere cote
e 'na maltada
No gera problemi seri
le case vecie le ze stagne!
Se femo anche al sufito
Pol esse dò giornade de lavor"

Cussì, al mistro, al me veva dito

Ma 'na matina
scuminssiagia co'l pie sbaliao
spostando un almeron
co la schena dura son restao.

-Ahi! questo è il colpo della strega-
sentensia al gno dotor "questo frega"
E via me in ospedal
proprio desso che spetevo al murador
Gera de giustà al colmo le stiopaure..

No stà preocupate pare!
Me ha mandao a dì le gnò creature.
Bravi mamuli!
Pensa a la salute!
Femo governà noltri in cale
giusto comò che tu vol tu!

De la tre giurni torno casa
e la casa...no ze più!

Al  posto de la gno casa vecia
che per me 
la gera megio de un palasso
in alto steva 'na tabela
e in tera ..un mar de rovinasso!

E la casa mia?...sparia...

I fasso me a un che gera là
co una granda machina
e 'l scaveva, 'l scaveva!
Quel barbaro in canotiera...

-Ma che significa 'stà roba?

In malo modo sto qua al me respondeva:
-Ghità zò la casa vecia e fa su la nova!
RISTRUTTURAZIONE se ciama
Ze scrito la su la tabela!-

Bel colpo-fasso me- porcamastela!
E 'desso?
Al colmo de giustà, le stiopaure
i ricordi...al gnò vive..

E la casa mia?..
Bel colpo de la Strega
SPARIA!

16 ottobre, 2014

Al Bisato in Speo

Leggevo ieri un intervento che accennava al Boreto de Bisato, uno dei piatti forti della nostra tradizione culinaria, ma una maniera altrettanto tradizionale e, secondo i miei gusti, ancora più gustosa di preparare il Bisato - Anguilla per gli alieni - è il piatto forte dei nostri vicini maranesi:
Al Bisato in Speo
Piatto di grande semplicità di ingredienti (lo spiedo di legno aromatico (in passato si usavano i legni dismessi delle reti da pesca intrisi di salmastro) , l’anguilla, le foglie di alloro e il sale grosso) ma preparato con sapienza e lenta cottura al solo calore della brace, è parte integrante della tradizione culinaria maranese che prevedeva la cottura in strada;  nelle piazze e calli di Marano era tutto un profluvio di profumi ed è un peccato che non si possano più annusare queste emozioni . 
Ma Vediamone gli ingredienti:
Innanzitutto, le anguille devono essere marine (quelle con la pelle di colore verde) del peso di 700-900 grammi; vanno eviscerate pulendo in maniera accurata la cavità ventrale. 
Si incide con un coltello la spina dorsale, poi, evitando di tagliare completamente le carni, si infilza l’anguilla allo spiedo in pezzi delle dimensioni di circa 4 dita della mano (moreli), alternandoli con una foglia di alloro.
Al termine della preparazione il tutto viene cosparso con abbondante sale grosso. 
Il Bisato in speo viene cotto sospendendolo sopra pochissime braci, girandolo e rigirandolo pazientemente per almeno due ore e comunque fino a quando, per irraggiamento, la pelle risulterà biscottata e le carni completamente sgrassate.     La cottura è ultimata quando le carni si staccheranno con facilità dalla spina centrale.
La giusta cottura viene valutata secondo le usanze delle diverse famiglie: per alcune il bisato è cotto quando è tenero e morbido come al gelato, mentre altre lo preferiscono più croccante come al biscoto
La consuetudine a Marano impone che il Bisato in speo sia accompagnato con Vino Rosso.
Al Bisato no l' ha creanza,    al va messo coldo in te la pansa.

15 ottobre, 2014

Il Museo del mare a Grado aprirà

Il Museo del mare aprirà con un nuovo direttore 

Domenico Marino sarà presente martedì alla cerimonia di apertura del primo piano della struttura che ospiterà il Nucleo di archeologia subacquea a Grado.
La prossima settimana aprirà i battenti una parte dell’edificio del Museo del mare. 
Si tratta dell’area al piano terra che ospiterà la sede del Nucleo di archeologia subacquea del Friuli Venezia Giulia dotato anche di una biblioteca e sala riunioni, nonché degli uffici e del laboratorio del museo.  (dal Piccolo di oggi)

(Se è l' ennesima promessa mancata bisogna dire che è ben articolata con Nomi e cognomi e date precise)


Incrociamo le dita, far sentire un po di pressione, anche se non lo ammetteranno mai, sembra serva!

14 ottobre, 2014

Pensatori di Futuro o Idraulici?

In questi momenti di incertezza, specie nel mondo del lavoro giovanile, è tutto un fiorire di nuove professioni, quasi tutte descritte con termini inglesi.
Maghi e streghe trasformati in  pensatori di futuro  o "future thinkers".

Personaggi esperti in calcolo cognitivo, intelligenza artificiale, tecniche di previsione, tutto molto fantascientifico (lo screening dell' immagine pare quella degli stregoni indiani che fanno le previsioni con le ossa, ma qualificati da una laurea).
Ecco questi mi mancavano.
E' vero che il mondo va veloce e di gente "avanti" che vede quello che accadrà, culo o non culo, alla società e alle imprese si ha bisogno.

Per me però il lusso del futuro  è la realtà. 
La possibilità, cioè, di vivere, toccare con mano, gustare la vita reale.
E’ su questo che si misurano le vere tendenze. 
Questa è le direzione verso cui si orienta la qualità della vita e le aspettative della gente.

I questi ultimi anni si sono immaginate, proposte e vendute infinite tendenze. 
Con una velocità e, a volte, superficialità disarmante. 

L’apoteosi del trend
Un trend per ciascuno. One to one. 
I nostri giornali e politici si sono specializzati in trend.

Stiamo andando tutti verso un mondo personalizzato da grandi tristezze. 
Abbiamo personalizzato la solitudine, e perso il contatto con la realtà.
La realtà: è il vero lusso del futuro. 

Si riparta dalle esperienze singolari, personali, reali.

Non più l’unicità un po’ stravagante che isola e che divide ma l’unicità da condividere come ricchezza dell’insieme. 

Dello stare insieme. 
Nelle piazze, nelle strade e nelle città di tutto il mondo. 

Altrochè di stregoni, abbiamo bisogno di idraulici. 

Sapevatelo!

13 ottobre, 2014

La fotografia è pazza o savia?

Troppe le immagini. È insopportabile, oggi, questa vita di immagini senza più immaginazione. Che non sa più sognare la realtà.
L' uso smodato e compulsivo con cui si fa fotografia, in specie digitale, al giorno d' oggi è stato motivo di indagine tra esperti, queste a grandi linee le conclusioni:
La fotografia è pazza o savia?
«è savia se il suo realismo resta relativo… è pazza se questo realismo è assoluto e, per così dire, originale».
È quello che sta accadendo oggi: la fotografia è realismo assoluto, ed è tempo, ed è anche luogo. 
Gli smartphone permettono di localizzare il luogo della foto, il momento in cui è stata scattata. 
Un software come face.com arriva persino a leggere se siamo tristi o felici, analizzando le linee del volto. Instagram porta a un florilegio di scatti che non sono più fotografia, ma sono vita: ci sono quelli che postano la tavola imbandita, e quelli che postano un paio di scarpe in una vetrina. Il significato della fotografia non è più eternizzare un momento importante (la foto del matrimonio, o il battesimo del bambino) ma è portare tutti gli attimi dell’esistenza, anche quelli che non hanno un particolare significato, in una dimensione eterna. Fossilizzare la vita appena si compie, addirittura prima che si compia.
È una mutazione psicologica che i social network incoraggiano, al punto da spenderci miliardi di dollari in investimenti. E ormai lo facciamo tutti. 
Franz Kafka diceva: «si fotografano delle cose per allontanarle dalla propria mente».
 Aveva ragione, ed è sempre più così. E se prima la fotografia era la vita quando assume un forte significato emotivo e simbolico. Ora la foto diventa qualcosa che prende significato in quanto condivisione, e non come scatto in sé. Prende significato proprio per un vuoto di senso di molte cose che facciamo. Lo scatto un tempo era sguardo su qualcosa. Ora è sguardo rovesciato. 
Io scatto e condivido la foto non per raccontarvi cosa ho messo a fuoco, ma per chiedere agli altri chi sono.
Dicevano  che la fotografia fosse senza avvenire.
 È accaduto il contrario.
 L’avvenire della fotografia è proprio nel fatto che l’abbiamo capovolta. 
Anziché cercare l’identità degli altri attraverso le immagini, abbiamo finito per mettere in primo piano la nostra di immagine.
I selfie ridondanti sono la riprova di ciò!
da R. Cotroneo

12 ottobre, 2014

Ricordo del Cap. Mario Bussani




Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, fissa un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.
 Luzi


Venerdì   a  Trieste al  Circolo Ufficiali, via dell’Università, 8  - L’A.N.I.S.N. F.V.G. e l’I.S.I.S.Nautico “ T. di Savoia Duca di Genova” di Trieste hanno organizzato una tavola rotonda con tema:

  “Ricordo del Cap. Mario Bussani, una vita da pioniere - Fondatore del Parco Marino di Miramare"


 Mario Bussani dalmata di Zara  Presidente della Federazione Italiana Maricoltori l' anima di noi "pedoceri" un uomo vulcanico, visionario e rivolto al futuro ha stravolto un sistema arcaico imponendo nuove regole di allevamento (monoventie e fusti conici) e accostando alla produzione la scienza, la ricerca,  creando il Laboratorio di biologia marina. 

Un moderno Don Chisciotte cittadino allenato a combattere contro i mulini a vento della politica e della burocrazia, a vincere qualche battaglia ma inesorabilmente, com'è destino di tutti gli uomini nuovi di questo nostro strambo tempo, a perdere le guerre.



E' stato Il promotore del Parco Marino di Miramare e del Laboratorio di biologia Marina di Aurisina, uomo di cultura marinara immensa tanto da scrivere manuali tecnici in termini semplici e adatti a tutti cercando di diffondere la cultura dell' uomo semplice del mare.

Era un amico e  arrivato a questo punto della vita sai che le morti di amici e conoscenti diventano ricorrenti, non le puoi più ignorare  devi ricordare per forza.


Quando tocca ad un personaggio con cui hai fatto un pezzo di strada della vita, un pezzo di strada travagliato, pesante ma anche illuminante perchè tutto era nuovo, tutto era da scoprire, allora ti si sconquassa il cuore e i ricordi scendono dalla testa come lacrime.

Ciao Mario ti ricorderò sempre così, barba incolta e bianca, sorriso stampato in faccia e il mare nel cuore.