31 luglio, 2016
Ciacole
Giornatacce.
Gran caldo, escursione in Spiaggia Vecia per deliziarti delle evoluzioni sportive della nipotina.
Serio rischio di "descolame comò un gelato in spiagia" corsa verso il bar alla ricerca di un ombrellone salvifico e uno spritz ristoratore.
Così stretti stretti tra tavolini ormai comunicanti senti conversazioni che non dovresti e ti colpiscono perchè la gente parla, parla dei suoi problemi e qualche volta pur comprendendo che il fondo è tragico ti vien da sorridere.
Sentite queste:
Mò suore, la he iscrita al Liceo, quel dificile al sientifico, roba de figi de papà e 'desso dopo duti sti ani de studio e de spende soldi la me lavora comò diplomata, indirisso schiampiste in nero.
E me suore, al mio, dopo duti i soldi che he speso pè falo studià, l' ha deciso de fa politica, ma quela liquida, al ze sempre in bar 'ndola che al dise se fa le più serie discussiuni politiche del paese, ma, suore, me par che più che la circolassion de le idee gira mundi spriss e mojiti.
Che t' ha de fa suore! Ze mamuli i cressarà.
E' proprio vero "cuore di mamma".
30 luglio, 2016
29 luglio, 2016
Silensio e vita
Ze dei mominti che vivemo un’ oltra vita
comò che fossa la nostra,
orbi a quel che veghemo
surdi a quel che sentimo.
Cussì se 'lontanemo da la vera vita
restando là, noltri stissi,
a pianse tristi.
E de noltri no resta che
un scuro e profondo silensio.
27 luglio, 2016
La Volaiga- Alghe
Vi capiterà in questi giorni di calura di andare al mare o in laguna, vi troverete davanti a organismi vegetali importanti e diffusissimi come le Alghe, vediamo di conoscerle alla graisana:
Le alghe sono semplici organismi vegetali di origine antichissima.
Il loro habitat è costituito dalle acque di mari, fiumi e laghi, a condizione che siano sufficientemente esposte alla luce solare: nelle cellule delle alghe avviene la fotosintesi che, utilizzando la clorofilla, permette la produzione di molecole organiche a partire dall’anidride carbonica con liberazione di ossigeno.
In realtà, nel loro insieme, le alghe sono le maggiori produttrici di ossigeno del pianeta.
L' utilità di una per tutte:
La presenza di Posidonia (in foto), una vera e propria pianta marina, negli ecosistemi costieri è importantissima tanto da essere specie localmente protetta.
Difatti la Posidonia grazie alle proprie foglie libera in media 14 litri di ossigeno al giorno per ogni mq. di prateria, produce ed esporta biomassa sia negli ecosistemi limitrofi sia in profondità creando fonti di nutrimento e fornisce un riparo per molte specie marine, a partire dai piccoli organismi che vivono attaccati alle sue foglie fino alle specie ittiche più comuni tra pesci e molluschi e grazie alle sue radici ha la capacità di fissare e compattare i fondali impedendo l’asporto dei depositi sabbiosi.
Liquidata la parte didattica della presentazione è bene sapere che i pescatori gradesi dividevano e indicavano le alghe non con la denominazione scientifica ma a seconda dell'impatto ambientale e al loro aspetto.
Vediamo allora:
"al baro" l'alga comune, quella scivolosa delle pietre della scogliera, l'origine del termine gradese sembra abbia una derivazione gallica -"barros"- che significava erba;
"la felpa" l'alga simile a stoppa di color rossiccio che molte volte tappa le reti e rende difficile la pesca e richiede un duro lavoro a terra per la pulizia delle reti;
"la pavarina" alghe corte ramificate che coprono per lo più il territorio lagunare, creando rifugio per il pesce più piccolo e garantisce l'inizio della catena alimentare dei pesci in Palù;
"al gramagio" fondale di alga corta;
"la molera" alga lunga ondeggiante sul fondale da qui il termine, da molle;
"al raso" indica una superficie marina dove emergono con la bassa marea schiene di molere compatte tanto da sembrare un prato;
"al bimbano" le famose e brutte mucillaggini che in condizioni di particolare caldo sorgono dal mare creando uno strato gelatinoso sulla superficie.
"la volaiga" termine gradese antico che indica genericamente l'alga.
26 luglio, 2016
Punti...di Vista
Capita che una sera, per una manciata di motivi qualsiasi, ti trovi a girare per il paese nel quale sei nato e cresciuto e dove ancora vivi, rendendoti conto che lo stai guardando con quella specie di curioso stupore che ti segue quando visiti un posto nuovo, non importa se questo sia una città o un paesino della provincia isontina.
Capita allora che ti venga la curiosità di sapere come, quelle persone che tu conosci nel modo irregolare e strano di questi tempi cosiddetti sociali, vedano il Paese , su cosa si sono fermati i loro occhi, quali luci hanno visto, che particolari hanno notato.
E pensi che sarebbe bello provare a fare un esercizio di parole, pensi che si potrebbe provare a fare un racconto a due facce, uno quello strettamente fotografico, ed è un punto vista, poi quello narrativo, un secondo punto di vista, fatto da un altro che descriva con le parole le sensazioni del fotografo.
Poi parti contattando gli amici e chiedendo loro di produrre a loro modo il tutto.
Il risultato di un paio di mesi di contatti, lavoro e immaginazione è questo libretto.
Quale sia il risultato non lo so. So che è stato bello farlo, so che è stato bello ricordare che Grado è un bel posto, basta saperlo guardare, basta volerlo dire.
Ps: se a qualcuno saltasse la voglia di scaricarlo niente di più facile,
basta cliccare qui: Punti... di vista
25 luglio, 2016
Miracolo, Miracolo
L' avvento della tecnologia ha cambiato di molto il modo di comunicare ma soprattutto ha cambiato quello che viene comunicato.
La voglia di presentarsi benissimo e migliorati nelle forme e nel fisico ha portato a numerosi eccessi, segnalati per lo più dalla contro informazione di internet, perchè quasi tutti i media usano questi metodi da immagine patinata e ritoccata e quindi non hanno interesse a farlo sapere al grande pubblico.
L' avvento di Photoshop è stato determinante per tantissime immagini dei mondi più disparati.
Ora vediamo, solo per puro divertimento, quello che si può fare per una località come Grado che ha bisogno di rilanciarsi ma soldi per farlo sono pochini.
Puntiamo su una campagna di immagini battente e che deve colpire duro come messaggio veicolato.
Abbiamo bisogno di un logo efficace e facile da ricordare e soprattutto sorprendente, ho pensato al miracolo e quindi:
La voglia di presentarsi benissimo e migliorati nelle forme e nel fisico ha portato a numerosi eccessi, segnalati per lo più dalla contro informazione di internet, perchè quasi tutti i media usano questi metodi da immagine patinata e ritoccata e quindi non hanno interesse a farlo sapere al grande pubblico.
L' avvento di Photoshop è stato determinante per tantissime immagini dei mondi più disparati.
Ora vediamo, solo per puro divertimento, quello che si può fare per una località come Grado che ha bisogno di rilanciarsi ma soldi per farlo sono pochini.
Puntiamo su una campagna di immagini battente e che deve colpire duro come messaggio veicolato.
Abbiamo bisogno di un logo efficace e facile da ricordare e soprattutto sorprendente, ho pensato al miracolo e quindi:
Le acque di Grado possono fare miracoli!
Poi ovvio ci vogliono le immagini che lo facciano pensare e supportare questo miracolo e allora eccole:
24 luglio, 2016
Maredamare
Cò dute le sove belesse,
l’ Isola ze deserta
le lisiere sapegae visibili su le rive
ze dute direte in Mar.
Comò che se de qua se ’ndessa solo via,
’ndando sotto nell’ abisso.
In una vita diversa, incredibile.
23 luglio, 2016
La prevalenza del cretino!
Capita alle volte di scontrarti con un cretino, le riflessioni sono inevitabili.
La parte più lunga del mio viaggio, non la più eccitante, si chiama “maturità”.
È il tunnel che imbocchi quando ti rendi conto che i cretini sono inevitabili e, in qualche misura, invincibili.
Non c'è errore più grande che prenderli di petto, ed è un errore che ho commesso così volentieri in gioventù.
Non vedevo l'ora di scontrarmi con un cretino per dirgli:
Cretino! Che gran soddisfazione.
Cretino! Che gran soddisfazione.
Ma durava pochi istanti, e lasciava un gusto amaro.
Ti ci vuole tutta la maturità per capire che un cretino, se gli dai del cretino, non migliora.
Si offende, si arruffa, fa la ruota, mostra le unghie, "impira i oci", comincia ad abbaiare, chiama i parenti, gli amici altolocati, e resta un cretino.
Ti va già bene se non ti trascina con sé (è contagiosa, la faccenda).
È' una patologia seria, forse genetica, di certo incurabile nei soggetti adulti, non c'è cosa che la possa guarire.
Con la verità? Non funziona.
Non è un rimedio la verità, a volte diventa un semplice dettaglio, la verità è una curiosità.
Non si agita uno specchietto davanti a un toro nell'arena: all'inizio era un'idea divertente, ma alla fine capisco che non è sano.
Passerò il resto del mio viaggio ad aggirarli, i cretini, a provare a raggirarli, a provare di metterli nella condizione di fare cose intelligenti senza accorgersene, mordendomi la lingua ogni volta che il grido “cretino” ti cresce in gola.
Ma che rabbia essere maturi.
22 luglio, 2016
Catechismo 2.0
Ho colto al volo quest' immagine dei bimbi sul sagrato della Basilica, tutti intenti a consultare il tablet, distesi con la naturale libertà dei bambini sulle pietre pregne di storia.
Che stiano studiando il nuovo Catechismo?
Catechismo 2.0 nell'era dei computers.
21 luglio, 2016
Boemo al 27 ‘ CONCORSO FOTOGRAFICO DI FIUMICELLO 2016
Ancora soddisfazioni dall' artista multimediale gradese Lorenzo Boemo che ha visto scelte due sue opere al concorso fotografico abbinato alla 57 mostra regionale delle pesche di Fiumicello.
Lorenzo Boemo ( Pastor ) si è classificato al TERZO posto nella sezione B -TEMA LIBERO con l’opera “BELFIOR“ per la qualità dell’immagine, semplice ma efficace .
… pure stata selezionata per la mostra anche quella intitolata “E LA BARCA TORNO’ SOLA”
20 luglio, 2016
Son siguro de esse in Savial?
Giovanni Marchesan (Stiata) descrive a modo suo l' evoluzione dei luoghi tipici di Grado.
Questa è la sua visione del Savial
Quanti mamuli
è visto l' oltra sera
in Savial.
I solteva su e zo de un balaor
oltri zugheva la bala desculsi
a un gato i coreva drio..
- me pareva un sogno- beli.
Me pareva de esse tornao indrio
che zogia
a veghe soltà, core, zugà
a 'sti mamuli a là
Proprio comò noltri una volta
Savial denovo pien de vita...
No xe roba, credeme,
Pezo de una contrada sita.
Che zogia
a veghe stì mamuli..
E intanto un monte de xente
beveva e magneva
sentai là in strada
Torno, tole piene de vin, de pesse de pissa.
- Hans komm her..komm her!..
Tabascheva 'na siora là sentagia
e un' oltra in capelin
Duta pituragia... la feva:
-Schazi spiel..spiel noch ein mal!-
Che zogia
Me disevo...
Ma son siguro de esse in Savial?...
Giovanni abita in Austria ma è figlio di Grado, nel suo continuo andirivieni tra le due città riesce a cogliere con grande amore i cambiamenti del suo Paese.
19 luglio, 2016
Scene di spiaggia
Io non ci vado spesso in spiaggia, ma una passeggiata sulla diga ad osservare i bagnanti sulla riva la faccio spesso, mi è capitato di osservare una scenetta che merita di essere raccontata:
Il bimbo è un angelo al massimo duenne, paffutello e tranquillo.
Ha il suo secchiello, è seduto in riva al mare e "sbatocia" allegro con la sabbia bagnata, impastandola con le manine senza altro fine che divertirsi.
Infatti si diverte un mondo e non dà fastidio a nessuno.
Finché non arriva il padre o presunto tale, fino a quel momento impegnato a farsi i cavoli propri e ahimè invece improvvisamente deciso a farsi quelli del piccolo.
«No, ma non si fa così! Così non riesci a costruire un castello!» dice il genitore competente, che subito comincia a smanacciare con il secchiello del figlio per costruire una torre.
Il piccolo lo guarda perplesso, anche perché di costruire una torre non gliene frega assolutamente nulla, essendo tra l'altro in un’età in cui il concetto di “torre” e “castello” è di là da venire, e c’è solo una enorme distesa di sabbia in cui affondare le manine e divertirsi.
Quindi prima guarda con la faccina triste il padre che capovolge il secchiello, poi, una volta che il padre ha costruito la torre e la fissa sentendosi un architetto affermato, si alza, trottola di fianco alla costruzione e con un ben assestato colpo di piedino la butta giù e poi ci si siede sopra, ridendo a più non posso.
«No! – sbotta il padre – non si fa!» e inizia a sgridarlo neanche avesse distrutto la casa di famiglia.
Il piccolo ovviamente non capisce cosa ha fatto di male, e quindi, lui che fino a quel momento era stato tranquillissimo, scoppia in un pianto disperato, urlando come un matto.
Il piccolo, intanto, non potendo più giocare con la sabbia bagnata, inizia a giocare con quella asciutta, prendendola con i pugnetti e tirandola addosso a chiunque passi.
Quando qualcuno alla fine si lamenta, la madre inizia un litigio accusando tutti di essere razzisti e intolleranti nei confronti dei bambini.
Seguono dieci minuti di insulti incrociati, bofonchiati a voce più o meno alta, un tutti contro tutti in cui ci si rinfacciano presunte colpe che risalgono ai tempi di Adamo ed Eva, e forse un po’ più su.
Il piccolo ha smesso di piangere, nel frattempo. Guarda gli adulti.
Negli occhi gli leggi il terrore di diventare così.
18 luglio, 2016
In Paradiso
"Nel ciel che più de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende" - Paradiso
A volte l' immagine del paradiso esiste nelle piccole cose e dura attimi ma se riesci a coglierli e a descrivere le meraviglie del tuo paradiso così come le vede il tuo cervello, magari non vivrai la loro realtà miracolosa, ma la loro forza, quella si.
E così pensi, dopo una biciclettata trasognata in riva al mare con il sole che perde forza via via che tramonta:
e' questo il Paradiso che voglio, il Paradiso di un Dio che mi hanno trasmesso e in cui ho imparato a credere.
E' un Dio che ama e sa farsi amare, il Dio delle piccole e grandi cose, il Dio di tutti.
Ricordo con questo post l' amico scomparso Fili e spero che anche lui vada in bicicletta in riva al mare a ricorrere tramonti infiniti in Paradiso.
17 luglio, 2016
Ciclabile Ante Litteram
Oggigiorno si fa un gran parlare di ciclabili in tutte le salse, cittadine, lagunari, su e giù per gli argini, ma il primo progetto di ciclabile in Laguna è stato dei Romani che costruirono una strada translagunare da Aquileia a Grado, vedi il disegno sopra.
La strada che anticamente portava da Aquileia a Grado attraversando la Laguna, presumibilmente era rinforzata da pali conficcati nel terreno e alla fine ci doveva essere un ponte in legno che la collegava con il "Castrum Gradense".
A testimonianza di ciò le parole scritte da Paolo Diacono nel suo Historiae Longobardorum libro Quinto, capitolo 17:
A Cividale, dopo Grasulfo, regge il ducato Agone, e, dopo di questo, viene nominato duca Lupo.
Dal momento che - come avevamo già anticipato - il duca Grasulfo del Friuli era defunto, a succedergli nel ducato fu posto Agone, dal quale ancor oggi prende il nome di "casa di Agone" un edificio che si trova in Cividale. Quando costui morì, venne fatto duca del Friuli Lupo. Questi,per una strada che anticamente attraversava il mare, entrò con un esercito di ciclisti nell'isola di Grado, che si trova non lontano da Aquileia. Poi, depredando quella comunità, prese i tesori della Chiesa di Aquileia, e li portò via. Era a Lupo che Grimoaldo aveva affidato il suo palazzo, quando si diresse a Benevento.
Correva l'anno del Signore 662, un brutto tipo questo Duca Lupo ma durò poco perchè l'anno dopo fu ucciso dagli Avari.
La testimonianza resta però, quindi quando passate per la strada lagunare immaginate i traffici dell'era d'oro di Grado transitare attraverso le mote lagunari.
Altra strada interessante da notare era quella che costeggiava il Canal de Anfora Vecia dal mare verso Aquileia, mi sembra di rivedere le navi mercantili romane risalire il canale lentamente tirate con cavi da terra.
Poi la grande quantità di tracce di edifici in laguna che testimonia la presenza di insediamenti romani.
Lo Scalo Aquae Gradate da l' impressione di essere stato molto attivo.
La testimonianza della storia di Grado romana è affidata ai resti funebri e alle antiche chiese ma i collegamenti con la terraferma esistevano.
La Laguna che appariva al tempo era ben diversa da quella che oggi conosciamo.
Questa ulteriore cartina che vi propongo elaborata da Vigilio Degrassi e aggiornata dall' archeologo gradese Dario Gaddi mostra le tracce delle varie strade romane che in qualche modo arrivavano a Grado.
UPdate:
E' giusto dare il merito a chi ce l' ha, la carta qui sopra che ho attribuito erroneamente a Vigilio Degrassi è del Prof. Ruggero Marocco.
15 luglio, 2016
Storie di Fede...Gradesi
La storia piccola di Grado, quella tramandata per tradizione orale, è costellata di fatti semi miracolosi, raccontati però con la classica ironia di popolani che si, si, ci credono, ma però....
Tutto aveva una sua logica, l' arguzia dei pescatori nel cavarsela da situazioni difficili e l' ineluttabilità della fede che comunque trionfava; vere e proprie lezioni di vita.
Tutto aveva una sua logica, l' arguzia dei pescatori nel cavarsela da situazioni difficili e l' ineluttabilità della fede che comunque trionfava; vere e proprie lezioni di vita.
P.S. : Io queste storie le leggo e posso condividerle grazie al grande lavoro di raccolta e cernita fatto da uno dei numi tutelari della nostra tradizione:
Maria "Stiata" in Lauto
Maria "Stiata" in Lauto
Fede, no legno de barca...
La famégia de so mare gera quela dei "Russi", quela de so pare dei "Grili" che i veva i so casuni sul "palú de la Fossa", in "Sentenera" vissín a le "Domíne" in tel palú de levante.
Comò duti i pescaúri oltra i casuni i veva casa anche a Gravo.
Fiorina gera la prima de sete sorele, l’unico fradèl ’l gera morto che ’l gera incora mundi pícolo.
Protagonista de sto fato sarave stao so nono da parte de mare, Giovani Marchesan "Rosso" che mundi volte ’i lo conteva ai sovi de famégia; el sarave sucesso a la fin de l’oltro sècolo.
Gravo la veva quatromila àneme; de queste, una metà – diseva Fiorina – la steva in tei casuni del palú per le stagión de pesca.
Giovani "Rosso" el gera batelante; elo e un oltro i feva ogni giorno in batela el giro dei casuni del palú a racolze gransi che púo i ’ndeva a vênde a Ciosa.
I ciosoti, dopo vîli ben mastrussai, li useva per pescâ i sarduni.
In quel tenpo a Barbana un tremendo tenporàl el veva stiantao l’àlboro vecio più de mile ani sul qual, segondo la tradissión, se varave fermao la statua de la Madona veneràgia púo in te la prima ciesa fata costruì su l’isoleta dal patriarca Elia. L’àlboro stiantao de la burasca el gera stao lassao a disposissión dei fedeli che i ’ndeva a Barbana persío che i se tolessa un toco de legno del tronco o un rameto per portâsseli devotamente a casa comò pressiose relique.
Steva a Ciosa un zóvene ’ndemoniao che tante volte ’l piovàn de là ’l veva tentao de liberâ del maligno, ma senpre sensa ’vê nissún risultato. Quel prete, ’vendo sintío favelâ dei grandi miràculi fati per l’intercessión de la beata Vèrgine de Barbana, el veva diverse volte pregao i do graesani – che squasi ogni zorno i ’ndeva a Ciosa col so cargo de gransi – de portâ-’i un framento de quel legno: el penseva de usâlo per dâ-’i più forsa al sconzuro contro ’l demonio, dato che le sove sole preghiere no le gera bastae .
Ma i do batelanti, ciapai conpletamente dei pinsieri e de le fadighe del so duro lavór, rivai a Gravo, ogni volta i se desmentegheva de procurâsse la reliqua. Solo cô i torneva a Ciosa i se ricordeva de quel che ’l prete ’i veva domandao, e i diceva fra de ili: – Conpare, gnanche sta volta se vemo recordao de portâ ’l legno de l’àlboro de Barbana. Che podemo fâ? – Naturalmente l’indemoniao, cô ’l vegheva a largo conparî la sova barca, el coreva sul molo a spetâ inquieto che rivessa quî che varave dovúo portâ-’i el stromento de la so liberassión; ma senpre ’i ’ndeva sbusa. Un bel zorno el prete, stufo de le continue desmenteganse dei do graesani, el s’ha presentao a ili e ’i ha dito: – Sintí, domàn vignarè me qua a spetâve sul molo, e drio de me sarà la prossessión de duti i gno parochiani. Cussí ste ben atinti de no desmentegâve de portâne qua finalmente ’l legno benedeto de la Madona de Barbana.
E ’lora i do ’i ha promesso che sensa oltro i varave fato quel che ’i vigniva domandao. Ma cussà comò, tornai a Gravo strachi morti, incora una volta i s’ha del duto desmentegao e del piovàn e de l’indemoniao e de la sova promessa.
L’indomàn matina, fato bonora ’l giro dei casuni per la racolta dei gransi, i xe partî comò ’l solito verso de Ciosa co’ la so batela.
Solo cô i xe stai in vista de quela sità i s’ha acorto de la so sbadatàgine.
Intanto un gran ciapo de zente se veva radunao sul molo. El piovàn, conpagnao dei so capelani e zaghi, ’l gera za vestío coi paraminti sacri e pronto per fâ el sconzuro.
Davanti de duti l’indemoniao el speteva co’ granda ansia. – Conpare – fa un dei batelanti – se se presentemo adesso sensa ’l legno benedeto, quî i se rabia.–
E ’lora a l’oltro ’i vien un’idea: – Tolemo dalongo un toco del legno che tignimo soto prova: i credarà duti che sia ’l legno de Barbana! –
E anche se ’l conpare ’l continuava a protestâ e a dubitâ, cussí a la fin xe stao fato.
’Pena rivai sul molo la schègia de legno ’i xe stàgia consegnàgia al piovàn che, convinto che fossa la reliquia de l’àlboro benedeto de Barbana, ’i l’ha messa in te le mane de l’indemoniao, lo ha ’nbenedío e l’ha pronunsiao le parole che se deve dî pel sconzuro.
S’ha sintío ’lora una vose bestiàl urlâ: – Fede me scassa, no legno de barca! – In te l’istesso momento el zóvene l’ha perso i sinsi e i ha scognúo portâlo drento de casa sova.
Cô ’l xe tornao in sè, duti i ha possúo vêghe che finalmente ’l gera stao liberao del possesso del maligno.
E cussí, incora una volta la fede la veva vinto.
14 luglio, 2016
"La Villa dei Profumi".
Una foto che ci racconta un po' della nostra storia recente (e i suoi misfatti):
La nostra prima scuola elementare (già intitolata al prof. Sebastiano Scaramuzza), bella, imponente, aveva certamente bisogno di una ripulita (la vecchietta era del 1906), ma abbatterla ed ottenere lo sgorbio attuale (il museo fantasma, vergogna assoluta) è stato un colpo al cuore;
Dietro la scuola si intravede il lavatoio pubblico, opera del 1905, forse il primo costruito nell'ex Litorale austriaco: un manufatto da salvare, insomma.
Dietro il lavatoio, quella strana costruzione bianca che si vede, un'opera muraria a cielo aperto, ecco, quella invece ci ricorda una singolare processione mattutina delle nostre nonne.
"In quela volta in duta Gravo vecia no gera nianche un cesso, alora cò se doveva fa i propri bisogni ogni famegia la veva un segio in casa.
Co te scampeva, zo a core in segio e cò i gera pini ne tocheva 'ndà soto al reparo che i veva costruio un grando "cagarottolo" 'ndola se ghiteva la sangola.
Dute la matine, mundi bonora, gera la fila de femene che passeva per Piassa co i sigi in testa per no fasse veghe che che le veva drento...
Dopo, solo dopo i ha fato i cessi per Gravo..."
Co te scampeva, zo a core in segio e cò i gera pini ne tocheva 'ndà soto al reparo che i veva costruio un grando "cagarottolo" 'ndola se ghiteva la sangola.
Dute la matine, mundi bonora, gera la fila de femene che passeva per Piassa co i sigi in testa per no fasse veghe che che le veva drento...
Dopo, solo dopo i ha fato i cessi per Gravo..."
Noi ragazzi dell' epoca molto poeticamente per ironizzare sugli odori che si sentivano provenire da quel posto l' avevamo denominato "La Villa dei Profumi".
Infine gli scalini che si dovevano salire per poter lasciare la passeggiata a mare, ci si dimentica che la nostra bella passeggiata prima di tutto è una diga, un "reparo" dicevano giustamente i veneziani antichi e guai a dimenticarlo, insomma è come lasciare aperta la porta di casa a favore dei ladri, nel nostro caso a favore delle onde in tempesta atte a inondare più facilmente le nostre strade;
L' edificio scolastico accoglieva gli scolari gradesi nell'anno canonico, ma d'estate, frotte di bimbi di tutta la provincia ci venivano in colonia.
Ma anche, "Drio del Mercao là de l' Acquedoto e 'l Lavatoio" c' era il nostro parco giochi...
co'l progesso al ze diventao un parchegio, Viva al Progresso!
co'l progesso al ze diventao un parchegio, Viva al Progresso!
13 luglio, 2016
Illusione, dolce chimera
I Merlato erano una famiglia importante nella storia gradese, ma capita che si interrompa qualcosa nella trasmissione dei propri geni alle generazioni successive e ci si estingua.
Sior Antonio Merlato era uno degli ultimi rappresentanti della famiglia, l' essere molto solo lo portava ad esagerare nel bere e spesso parlava e sognava a voce alta "là De Tanori"
Sior Antonio Merlato conversa con se stesso nascosto nel buio della sala la "De Tanori"portato sempre più lontano dalla mente man mano che il livello di alcool nel sangue cresce:
...E ciacolemo de sogni -Illusione dolce chimera sei tu!-
No me resta che le ilusion...i sogni...in 'stà Isola Isolagia.
I sogni sono importanti aiutano a vivere, costano poco, anzi niente...
Allora facciamoli 'stì sogni, si possono avere "ad occhi chiusi o aperti" "in piedi o stravaccati, in bianco e nero, in tecnicolor."
Ricordatevi nessun sogno è proibito...tutto è permesso in sogno! Tutto!.
Quando ero bambino sognavo di avere un paio di scarpe di cuoio, come quelle dei figli dei signori, quando le ho finalmente avute mi facevano un male cane e così son tornato a camminare scalzo, come d' abitudine, con le scarpe in mano, per mostrarle agli altri.
Questi sono sogni da povero.
Ho letto da qualche parte che "Il sogno di oggi può essere la realtà di domani".
L' altra notte ho sognato che noltri graisani 'ndeveno duti d'acordo per "al ben del Paese"... si si! - Campa cavalo che l' erba cresse e l' acqua la cala! -
Come si può negare ai Comandauri dell' Azienda di sognare una stagione di caldo e che duri da Pasqua ai Santi e magari con meno personale da pagare per aggiustare così tutti i conti, e senza dover risolvere problemi di:
Nuove Terme, Arenile che scompare con sciroccali, fango incipiente, il pontile che sprofonda, locali che non rendono.
Come si può negare ai Signori Ristoratori di sognare clientele che spendano e spandano, non capiscano un tubo e paghino senza rompere le scatole con la tiritera " il pesce è fresco o congelato".
Un sogno poi non si nega a nessuno, non vogliamo mica negarlo a coloro che progettano di costruire un grattacielo in "Savial" o un Palazzo di Vetro vicino alle Chiese o addirittura al posto delle Chiese:
No! il sogno non nega nulla a nessuno e così continueremo a sognare.
Ma un' oltra volta!
-ricordo che questi sogni sono tratti e adattati da me da :
"storie di Giovanni Marchesan (Stiata)"
12 luglio, 2016
Sior Iacu Fracanapa
Leggere Massimiliano Cicogna -Massi Tachelo nel suo libretto "Le gno Do Scale" con il suo dialetto gradese dalla parlata popolare, ti fa rivivere quadretti di umanità struggente, ti riporta indietro nel tempo e leggendo, oltre a vedere la Grado di un tempo che fu, ne senti gli odori, i rumori della varia umanità che gira intorno ai "mamuli de Savial"
Questa volta dipinge con le parole la figura di un artigiano, un calegher, per di più friulano d'origine e quindi la presa in giro dei bambini del Savial è garantita con scoppi di rabbia del poveretto preso per i fondelli:
SIOR IACU FRACANAPA
Lo ciamévemo Fracanapa perché ’l gera de Servignan, el feva ’l calegher propio sul canton dei Stefenini.
El se veva mariao co’ una de Gravo, el gera mundi cativo e ’l sigheva duto al giorno.
Noltri ’ndevévemo a fài dispeti soto al barcon e sighévemo:
« Fracanapa, Fracanapa », e elo ’l ne rispondeva: « la merda che ve ’ntaca ».
Un giorno passo per de là sensa acorseme, el me ciapa pel cupin, el me tira drento, el me liga sula cariega vissin ala machina de cusì e ’l me dise:
« ciò, bruto fiol d’un can, desso t’ha finio de tóme la vita, te meto una bela siola sula boca (cussi no tu ’i romparà più le bale a nissun).
Me digo: « ma sior Iacu, me no gero 'sta volta, lo zuro! » - el me veva ciapao propio quela volta che no i vevo fato ninte.
Intanto passa Angelo, el me veghe ligao e ‘l taca a sigà:
« Fracanapa, Fracanapa »,
elo el vien fora per ciapà Angelo e me scampo co' duta la cariega sensa che elo ’l me vega e vago scondeme in curidor de Nando Stefenin.
El torna in botega e nol me cata più.
Me, rivao a desmolàme, 'i porto la cariega fora dela botega e là scuminsio a tòi la vita, e cussi me vevo pagao.
Un giorno gno mare la me manda a portài le scarpe de gno pare ma me no vevo coragio de ’ndà drento, gno mare la domanda al perché, alora me i spiego... gnanche finio me riva un patafòn in viso:
in quela volta i genituri i gera fati cussi.
M’hè fato coragio e son ’ndao drento:
« buongiorno sior lacu », « qua tu son e t'ha coragio de vigni drento, fassia tosta! ».
I domando scusa, la vegarà che d'ora in poi no 'i diré più cussi, — bon vegaremo —. 'I lasso le scarpe e vago via.
De quela volta semo diventai amici.