31 ottobre, 2017

Uri Lagunari i Dossi



Paese mio,
picolo nìo e covo de corcali,
pusào lisiero sora un dosso biondo.


Il dosso, banco di sabbia affiorante dal mare con la bassa marea (anche dorso o schiena di sabbia) è ricorrente nella storia di Grado.
Biagio Marin con i suoi versi gli fa fare la pavimentazione su cui poggia il Piccolo Castrum Gradensis, il senso del primordiale della nascita in un unico verso.
Ma i dossi sono anche vita perchè usati dai pescatori nel passato prima dell' avvento del motore come base per la pesca in specie delle Tratte (sciabica in lingua) vedi il Banco o Dosso dei Tratauri (primo dei Dossi componenti il  Banco d' Orio).
Generazioni di donne (madri nonne) gradesi hanno contribuito al sostentamento della famiglia come capelonghere e peverassere
 Quando l'acqua la cresseva,
gera l'ora de tornà,
 lasando sapegae
su quel povero sabion

 sui dossi della Muggia (il più grande banco di sabbia esteso fino alla Sdobba).
E ancora i dossi del Beco i componenti della vecchia foce dell' Isonzo davanti a punta Sdobba.
I dossi del Oro, una corona di banchi di sabbia che coronano la Laguna verso sud e vanno dall' inizio della foce di Grado (Canale di S.Pietro d' Orio) fino alla sbocco del Canale di Morgo. 
 La denominazione del gruppo di dossi riconduce al significato di "Orlo"  cioè orlo della Laguna verso il mare, subito dopo Morgo i Dossi che portano ai Dossi de  Anfora sono denominati "Uri del Pian".
Zona pescosissima in passato e utilizzata per le "serage".

Il dosso dunque fa da corona al nostro Paese  ed  è  realtà che si può trasformare in immaginario.

29 ottobre, 2017

Forza Cetrioli di Mare

Trovo in un cassetto  un vecchio libro letto da pochi  e ne leggo questa storia:



Esisteva un tempo un isola quasi felice e baciata dalla fortuna, tra cielo e mare, abitata però da una popolazione insoddisfatta.
Eppure era circondata da piantagioni di posidonia che assicurava loro nutrimento senza alcuno sforzo,  i suoi abitanti però non si accontentavano mai ed erano portati a un continuo lamento  e alla continua ricerca di un posto al sole per rivendicare quanto più belli e bravi siano degli altri, di tutti gli altri.
Eppure erano tutti uguali, non particolarmente belli da vedere (anzi) non particolarmente svegli (anzi) quasi sempre sbeffeggiati dai vicini, ma non se ne accorgevano, impegnati come erano a parlar male del posto dove abitavano.

Loro si descrivevano così:

Ciao, sono un’oloturia e passo le giornate immobile, sdraiata in fondo al mare. Non so nuotare.
Il mio corpo ha forma oblunga e ricorda quello del cetriolo: per questo da alcuni fra voialtri umani sono detta appunto “cetriolo di mare”, e fin qui mi va anche bene, perché alcuni di voi preferiscono chiamarmi con nomi ben peggiori, che non oso ripetere.         
Prova a usare l’immaginazione. (ca..o  o str…o marino)

Sono un animale tranquillo e mansueto: passo la vita a starmene distesa. 
Tutto il santo giorno a dormire sulla sabbia sott’acqua.
Mangio col sedere, o defeco con la bocca, e viceversa. 
Vedi un po’ te che sorte mi è toccata. 
Insomma, ho un unico foro e assolve entrambe le funzioni. 
Sì, in effetti non è bello, detto così.

Ma sono in gamba sai, ho colonizzato queste distese di posidonia da cui traggo tutto il necessario, anche se quel mio vicino rincretinito si è spostato troppo dalla mia parte e pretende di governare anche sul tratto che mi compete, c’è poi quell’ altro vanesio che sta tutto il giorno allo specchio ripetendo frasi senza senso e costrutto che riporta periodicamente però ai mezzi di comunicazione affermando che sono verità assolute e condivise, Bah !

Io sono un essere antico.
 La madre della madre della madre della madre della madre della madre della madre della madre della madre della madre (e così ancora indietro) della madre di tua madre probabilmente era una seppia o un semplice stronzo di mare (ecco, l’ho detto). 
Sì, se tu potessi ripercorrere la linea diretta della tua ascendenza indietro nel tempo per milioni e milioni di anni, scopriresti che la tua bis-bis-bisavola all’ennesima potenza non poteva che essere una bestiola primitiva e poco evoluta come una medusa o come me.

Ecco qualche volta ho consapevolezza di quel che sono e sono stata in  una infinita tavolata di famiglia, con tua nonna, sua nonna e così via giù fino ai predecessori, gli avi romani e greci, poi le scimmie, i lemuri… 
ma passa subito, sai?

e torno rapidamente a fare “il cetriolo di mare” - 


28 ottobre, 2017

Dune e alberi- La Pineta




Qualche volta la storia ci apre gli occhi, se si ha voglia di vedere, sul futuro.


La storia di Grado Pineta è interessante e poco conosciuta e in questo post  non  voglio approfondire quello che è successo dopo ma tracciare  i veri motivi per cui è nata:

 la Piantumazione delle dune sabbiose aveva ed ha lo scopo di protezione dell' abitato di Grado.

Per tutti noi "graisani" di una certa età la Pineta non è nientaltro che  "Al Taroto" e questo dovrebbe evocare in tanti di noi ricordi giovanili di giochi e piccoli amori consumati e non  tra le dune e i rovi del bosco (ne riparlerò), ma  la traccia del post mi porta alle origini e soprattutto sul perchè e sul come la Pineta è nata.

Tutto inizia nel 1900 quando, su ordine del Capitanato di Gorizia, vennero piantati 35.000 pini in località "Le Dune", quella serie di dossi sabbiosi a terra del Banco della Mula di Muggia, la piantumazione ebbe successo e l'anno successivo si procedette all'imboschimento vero e proprio mettendo a dimora 200.000 piantine nella zona di Punta Barbacale.


Alfiere di questo imboschimento fu il goriziano Corrado Rubbia che suggerì all'Amministrazione austriaca la messa a dimora delle piante per consolidare la riva e proteggere, in modo naturale e a costi ridotti, Grado tenendo conto della prevalenza del movimento, sia dell'acqua che del vento, da est-ovest.

Si cominciò dai Monti della Rotta (monti per modo di dire erano dune più alte delle altre) nei punti più critici per il vento e le maree.

Non tutto ovviamente funzionò alla perfezione, per qualche anno la moria delle piante sfiorò il 70%, ma la tenacia degli uomini alla fine la ebbe vinta sugli elementi naturali e nel 1921 il Comitato delle Dune di Grado che sovraintendeva al progetto fu sciolto per raggiungimento dello scopo sociale.

La Dichiarazione finale del Comune nel 1921:

Quest'azione di rimboschimento iniziatasi una ventina d'anni fa, ha conseguito pieno successo, una landa sterile, viene convertita in un bosco rigoglioso di latifoglie e conifere.
Ora il municipio vorrà certamente dedicarle tutte le sue cure, perchè non venga menomata e dimenticata.  ( gli unici  nel prosieguo della storia di Grado che hanno fatto proprio questo solenne impegno sono Irina e Sandro con la loro Associazione Radise de Mar)


Questa dichiarazione dell' Amministrazione del tempo mi ha fatto venir in mente che le successive Amministrazioni non  hanno dimenticata la landa desolata, ci hanno fatto una stupenda speculazione edilizia! 

Sapevatelo! 
 

26 ottobre, 2017

El Stransito

L' immagine è di Dino Facchinetti

Il tempo dei Santi e dei Morti è vicino a Grado, come in tutte le comunità chiuse, quello dei morti è un argomento ricorrente nei discorsi dei grandi e finisce per coinvolgere anche l'attenzione dei bambini.
 La prima consapevolezza dei Gradesi è sicuramente quella di non dimenticare i propri progenitori sacrificati nei secoli e i cui volti segnati dal dolore sembrano spuntare dal sottosuolo della storia in strànsito, nella processione tradizionale delle anime, dei morti, attorno alla stupenda basilica di Santa Maria delle Grazie, nella forte fede cristiana. 
a tale proposito,vi propongo il racconto di Augusto Cesare Marocco tratto dalla sua ultima fatica libraria.

El strànsito
Leggenda gradese popolar religiosa

Brano tratto dal libro “Nel mio Nord Est” di Augusto C. Marocco, Europa Edizioni, Roma, 2017.
Si racconta di un ospite del passato, che dalla sua camera vedrà passare la processione gradese dei morti viventi.

La finestra della mia stanzetta in affitto, proprio davanti alla chiesa, guardava ai tre occhielli ciechi della facciata che ne ravvivano la sommità. E mentre spalancavo i battenti per curiosità e per disperdere un acre odor di muffa, la mia ospite, una donna in faccende, mi raccomandò di tenere ben chiuse di notte le imposte, che era il due di novembre e a mezzanotte passava il transito. Chiesi e seppi che il transito, pronunciato da lei el Strànsito con una s prolusiva e intensiva, era la processione dei morti, un corteo sacro che nessuno doveva né guardare né farsi vedere o sentire dagli oranti defunti in pietosa marcia. Solo pregare sottovoce, meglio soltanto con la mente, chiusi in casa sotto le coperte, ascoltando il rumore dei lenti passi sottostanti, il fruscio delle vesti rituali, il tintinnio dei turiboli. Profumi di incensi entravano dagli interstizi di cucinette e camerini da letto, miracolosi effluvi per le famiglie impaurite dai loro stessi morti, costipati poverini attraverso i secoli negli striminziti metri quadri dell’isola, specie attorno o dentro le chiese, interrati uno sopra l’altro, anche sottocasa. In mare non li potevano buttare in pasto a pesci e granchi mangerecci.
Ma quella notte, dalla finestra dell’ostello, io vidi per mera curiosità ciò che non avrei mai potuto vedere: una lunga processione che non c’era ma c’era, e si vedeva ma non doveva essere vista. A mezzanotte in punto avevo alzato con tremore il gancio di sicurezza degli scuri, tenendoli socchiusi per osservare l’esterno proibito come l’osserverebbe uno incredulo. Pensavo che non avrei visto assolutamente nulla. Ma poco dopo, senza pausa di attesa, si disserrò scricchiolando il gran portale della navata centrale di Santa Maria e ne uscì una croce astile retta da una figura in cotta rossa, poi il turno dei vescovi e patriarchi in solenni paramenti. Protetto dal baldacchino, era esposto il Santissimo tra le mani giunte del metropolita curvo, contrito e celato da un manto di raso ricoperto d’oro a grandi ricami fin sopra la testa. A seguire il coro maschile, muto, le donne di casa con lo scialle nero, silenziose anch’esse pur nelle preghiere all’unisono con i movimenti della bocca, altere in ciabatte da cucina, presenze vivissime del tempo senza tempo. Virilmente il popolo degli uomini su due file indiane, una sulla destra e una sulla sinistra con in mezzo uno stuolo di chierichetti in vestina nera e bianca, cadaverici, verdognoli, anoressici. Al primo volto di calle spariscono tutti. Nello slargo del campiello tornò la luna a segnare graficamente le ombre. Un break sacrosanto per me.

Ma dopo pochissimo, facendomi rabbrividire, rispuntò da un angolo la croce astile, e pian piano il corteo rientrò nella chiesa da cui era appena uscito per il suo giro, e mi scivolò dalla vista nel buio dell’aula sacra. Il gran portale si rinchiuse con un’eco di catenaccio all’interno. Sprangai ben bene la finestra anch’io e mi misi sotto le coperte con tutta la testa. Recitai preghiere a raffica, finché non mi addormentai. In camera, prima delle quiete, ci fu un fragoroso scricchiolio come uno strappo soprannaturale di rabbia. Domani un altro giorno. Me la cavai cosí, ma ero diventato uno che aveva visto: qualcuno del corteo avrà visto me?

24 ottobre, 2017

Adriatico e Conchiglie


Io sono vissuto sempre in un mondo di conchiglie.
Di tutti i tipi purchè commestibili e commerciabili.


Un mondo esclusivo quello dell' Alto Adriatico e del nostro Golfo in particolare, che presenta caratteristiche uniche per lo sviluppo sia della pesca che dell' allevamento dei molluschi eduli lamellibranchi ma anche gasteropodi e tunicati.


Il mare per me non è solo un'orizzonte, un'alba o un tramonto, il mio mare è casa, è modo di vita, è quello che sento, vedo e sono.

Il mare è una vicenda dolorosa e felice al contempo, è vita complessa da capire ed utilizzare per viverci senza compromessi, nel contempo la vita in mare ha regole semplici ma ti chiede la tua anima in toto.




La raccolta  (minima) delle schede dei Molluschi presenti nelle nostre zone  è frutto di un mio lavoro di qualche tempo fa.

Ostriche, vongole e mitili assieme a una miriade di altre qualità di molluschi ordinatamente divisi in specie: 
Lamellibranchi e Gasteropodi con spruzzatine di Tunicati, hanno scandito le varie fasi della mia vita.

La natura in tutta la sua bellezza.

22 ottobre, 2017

Nuovi modi di vivere, la Convivenza



Passando   per il municipio sul mezzogiorno  ho visto sullo scalone d' ingresso  un possibile sposo e  una probabile sposa-  riconoscibile da un Mazzolino di fiori di serie matrimoniale IKEA - vestiti in maniera abbastanza informale seguiti da poca gente che immagino fossero amici-.
Tra urletti d' approvazione e qualche "pentiti non lo fare" sono entrati nel Palazzo per la cerimonia.

Mi è scattato un flash un a posteriori!

Un tempo  Sposarsi  era faccenda faticosa e seria, c' era una Procedura da SEGUIRE e dei muri da Superare. 


Primo - avvertire la madre dello sposo che doveva approvare (radiografia della sposa e famiglia relativa) ,  
Secondo - ovviamente affrontare i genitori della sposa (radiografia dello sposo e relativa famiglia)  
Terzo - avvenuto il fidanzamento- le Uscite erano programmate con i parenti e Sotto Gli occhi di tutti, poi, superate le Forche Caudine dei parenti e delle relative lingue "emboliche", potevi  Programmare la tua vita Insieme . 


Lo Sposalizio avveniva rigorosamente in chiesa con passeggiata in piazza, i vigili a testimoniare la validità ed autorevolezza dell' atto, i Parenti al seguito. 
Insomma  una faccenda seria e duratura 

Oggi lo Sposarsi Non è di moda, ci si mette insieme e i genitori in genere sono gli ultimi a saperlo. 

Una nuova filosofia del vivere in comune, la convivenza

Compagno o compagna Sono I Nuovi termini per INDICARE Il Tuo doppio.

 Manca solo l'inno Internazionale. 

Poi l'allegria è una Componente Essenziale dello stare insieme moderno, bicchierata tra amici nel solito bar, chiacchiere con le amiche per aggiornarle sull'improvvisa decisione. 

Giornate di passione e grandi feste, almeno inizialmente, sinchè dura la passione, poi alle prime difficoltà e incomprensioni, Ciao, ci si molla a muso duro - e via senza pensarci. 

Vai di bordello in bordello e che sì fa degli EVENTUALI figli? 

Odio eterno, cattiverie, coinvolgimento dei genitori (ora si!). 

Insomma Una cosa dolorosa e seria, ma difficilmente duratura. 

 Sposarsi o convivere è sempre una cosa seria.

Ma che volete i tempi sono cambiati, Sono Tempi Moderni ,  

E' Il Progresso Bellezza! 

21 ottobre, 2017

Poeti e musici di Strada a Grado


Arturo Marin ha fatto parte di un mondo gradese che piano piano sta scomparendo senza rinnovarsi, personaggi che vivevano per la musica e con la musica riflettendo emozioni tutto intorno a loro. 

Arturo era un saggio eclettico pieno di poesia che traduceva a volte in musica a volte in parole, era comunque un rappresentante di quella Grado di Strada che ha fatto furore negli anni sessanta e ha portato credito ad un turismo stupendo fatto di balere e serate in spiaggia al chiaro di luna.
L' ho aiutato a mettere ordine alla sua produzione di poesie, il risultato è questa  raccolta:  Un Sbatocia' de Ale
(l' immagine di copertina e l' impaginazione sono mie)





19 ottobre, 2017

Pregiudizi e Storie



L' economia gradese di poco più di cento anni fa era basata prevalentemente sulla pesca.
I ricavi dipendevano tantissimo dalle condizioni metereologiche e quindi i periodi di inoperosità diventavano tanti durante la  brutta stagione.

Grado sino al 1906, si può dire che convivesse letteralmente con i suoi morti, visto che l' antico cimitero - "Al Pulindron" a forma triangolare come la vela da cui prendeva il nome (interessante anche il nome popolare usato "Al Cogolo" quasi ad esorcizzarlo) - era accanto alla Basilica di S.Eufemia.
Ovvio lo svilupparsi di storie su esseri fantastici e orribili e su personaggi che avevano a che fare con loro.

Nell' immaginario gradese di un tempo c'era spazio anche per fate e faduni, per strighe e strighissi.

Una di queste storie che non si sa fino a quanto sia vera o falsa è la nomea di Strega che accompagnava Maria Melissa dita...Bela (1845-1925): la prima vecia Bela, co' fama de striga. 
E qua le storie de ela che la guariva le malatie, che la diventeva gato, ecc. ecc. e no' feva dormì i fantulini.
Sull' Isola dei Belli  (ora all' interno della Valle Noghera residente la famiglia Sanson) chiamata così con ironia per la proverbiale bruttezza di alcuni suoi abitanti, abitava un tempo la vecchia Bela, una donna considerata una strega, che si diceva faceva alzare i venti, rendeva infruttuosa la pesca di chi non era gentile con lei.
Un fatto, non confermato ma raccontato come fiaba, dice che, visto che disturbava la pesca dei suoi figli con il rumore,  abbia fatto precipitare una volta un ricognitore austriaco con un solo gesto della mano.

"quando pasevemo cò la batela, vignindo de Anfora, traversevemo, pè 'ndà più stieti, oro Morgo, drio la mota de i Beli.   Le mamole a bordo le ne pregheva, ma proprio de quà vemo de passà, 'ndemo pè canal e garghe volta, cò meso scuro, girevemo strada.
La gera picola, col fasoleto nero in testa, cò le cotole e col zendal duto ingrispao (traversa) quel che useva le vecie".


Ci si può immaginare il viso della vecchia Bela, verosimilmente sgradevole per gli anni e le offese ricevute dai pregiudizi crudeli, e c'è da augurarsi che chi la ingiuriava come portatrice di scalogna sia veramente tornato spesso a casa a mani vuote. 

La cattiveria verso chi è segnato dal marchio di portasfortuna è un razzismo peggiore del rifiuto. 

Viaggiare e raccontare è come vivere, non  tralasciare.  

17 ottobre, 2017

E puo, Fango nuo



Il Nostro dialetto, emanazione e carta d'identità del nostro microcosmo, ha la tenacità e l'aderenza del fango de Palù.

In questa sua poesia Giovanni Marchesan "Stiata" lo dice con rabbia, a denti stretti e con il sale sulle labbra, descrive noi graisani con parole schiette semplici e terribilmente vere.

FANGO NUO

Fango nùo


Fango de paluo


Là
 xe le le nostre radise

De là vignimo. 


Dopo 'ndemo, femo


Disfemo
 Inpissemo, destuemo

Se scondemo
 
Se mostremo 
Riemo, 
pianzemo 
Bastiememo
 
Puo, preghemo.
 

Cò aqua, nimbi, fogo,


Strighe che dentro vemo,

Conbatemo.

Anche contro 'l ninte 'ndemo...

E dopo,
 Scampemo..scampemo... 

  Lontan o vissin
 ma là tornemo


Là dovemo tornà


Là xe al nostro distin

Là xe le nostre radise

Fin la fin...
Fango 
Fango nuo

Fango del Paluo

Che un dì vemo respirao....
Bevuo.
 

Fango nuo


Tu son là

Speta..Speta..

La tò xente tornarà.
LA DEVE TORNA'....



-Giovanni Marchesan 'Stiata'- 

15 ottobre, 2017

Anziani, la solitudine uccide





Giornata de caligo, uggiosa che isola e porta a pensieri poco consolanti.

Terribile, veramente terribile, è la condizione dell' anziano nella società moderna. 
Un tempo si viveva in una famiglia allargata, eri circondato dall’affetto dei numerosi figli e degli ancora più numerosi nipoti e venivi accudito dalle donne di casa per il tempo, fortunatamente breve, (la medicina tecnologica non si era ancora inventata l’accanimento terapeutico) in cui non eri più in grado di badare a se stesso. 
Nella società contadina, a prevalente tradizione orale, l' anziano era il detentore del sapere, rimaneva fino all’ultimo il capo della famiglia, conservava un ruolo e la sua vita un senso. 
Nella società agricola il vecchio è il saggio, in quella industriale e ancor più in quella digitale è un relitto.

Per gli anziani l’estate cambia completamente di segno. 
Le passioni d’amore, con i loro struggimenti, sono ormai alle spalle o se qualche traccia ne rimane è talmente affievolita da non avere più nulla a che vedere con l’età giovanile. 
Ma la questione non è questa. Sta nel fatto che l’estate acuisce tutti i problemi della solitudine.

 La solitudine uccide. 

Non si tratta naturalmente della solitudine per scelta che è quella che puoi fare da giovane, traendone anzi un sottile piacere anche perché sai che puoi interromperla in ogni momento.
 Ma la solitudine degli anziani non è una scelta, è una condizione sociale.
Ed ecco che allora bisogna darsi da fare, trovare qualcuno, uno qualsiasi, con cui passare e “ammazzare il tempo” 
Solo pochi degli anziani vivono con i propri figli e i nipoti. 
I figli qualche volta ti permettono di portare i nipotini ai giardini e di non stare perennemente a guardare, come un babbeo, con le mani incrociate dietro la schiena, i  ‘lavori in corso’. 
La solitudine e il suo avvilimento è aggravata da quell’istituto crudele che solo la razionalità moderna poteva creare, la pensione. 
Perso da un giorno all’altro il ruolo sociale, per quanto modesto, che hai avuto nella vita non ti resta che attendere la fine e sollevare così la società da un peso divenuto intollerabile. 

L’inverno e il  freddo che l' accompagna provvederà a un salutare sfoltimento dei ranghi.




14 ottobre, 2017

Osservando da vicino la Laguna: Piante ed erbe

Girare in laguna e riconoscere poco o nulla della varietà della vegetazione stanziale è un peccato, con l'aiuto dello studio effettuato dal M. Alberto Corbatto con il suo Vocabolario  pubblico un' elenco abbastanza completo delle diverse piante ed erbe che si possono trovare facendo una passeggiata tra gli argini e le mote lagunari.

Molte delle specie, qui citate, sono poco conosciute, specie nella parlata gradese, ma hanno consentito ai nostri antenati di sopravvivere in un ambiente ostico come quello lagunare dove l'agricoltura è quasi impossibile da praticare e ci si deve affidare alla conoscenza del suolo e dei suoi prodotti selvatici

La lista delle erbe e piante che crescono in laguna di Grado è indicata con l'etimologia gradeseitaliana e latina. 
Ovviamente la parte, per me, più interessante è l' etimo gradese che, tratto dallo studio effettuato dal Maestro Alberto Corbatto, mi consente di consolidare le mie radici, profonde, di "graisan".




La pubblicazione aiuta ad identificare alcune specie più comuni.
Piante ed Erbe Lagunari in Graisan Italiano e Latino: 
 La nomenclatura latina è corrispondente a quella di A. Fiori 
I) Abisinsio: assenzio (Artemisia Absinthium).
2) Adrepo: spinacio marino (Atriplex laciniatum). 
3) Agasso o agas: Robinia (Pseudo acacia). 
4) Alega: alga. 
5) Aleghe: alghe (Posidonia oceanica), (Zostera marina). 
6) Aleghe: alghe (Zostera marina L.). (Queste alghe in associazione formano praterie di molere). 
7) Astri setembrini: astri (Aster tripolium). 8) Astri zali: inula (In ula Chritmoides). 
9) Baro: vegetazione marina (Vaucheria). 
lO) Bleda: bieta (Beta vulgaris). 
11) Brugnolo: prugnolo (Prunus). 
12) Campanela: convolvolo (Convolvolus arvensis). 
13) Cana burlanega: canna gentile (Arundo Donax).
14) Canèo: canna di palude (Arundo Phragmites). 
15) Dente de leon: tarassaco (Taraxachum officinale Weber). 
16) Erba cordela: erba brindela o nastro (Phalaris arundinacea). 
17) Erba de cali: erba da calli (Sedum fabaria). 
18) Erba de late: euforbia (Euphorbia Characias). 
19) Erba de la Madona: tanaceto (Chrisantemum vulgare). 
20) Erba gata: erba gattaria (Nepeta cataria). 
21) Erba Luvìgia: giulia (Achilea ageratum). 
22) Erba grassa: erba grassa (Sedum rupestre). 
23) Erbarosa: geranio rosato (Pelargonium roseum). 
24) Erba Spagna: erba medica (Medicago sativa). 
25) Erba miseria: erba miseria (Commenina communis). 
26) Erba volàiga: alga in genere. 
27) Fior de tapo: statice (Statice limonium). 
28) Gramagi: groppi di rizomi di alghe affioranti sulla superficie del mare (Ruppia maritima), (Zostera minor Nolte). 
29) Grula: giunco spinoso (Iuncus acutus). 
30) Legno dolse: dujcamara (Solanum dujcamara). 
31) Maiera: [fondale marino coperto da una distesa di alghe (Posidonia oceanica), (Zostera marina). 
32) Mora de spinada: rovo (Rubus fruticosus). 
33) Olmo: olmo ( Ulmus campestris)
34) Papavero zalo: papavero giallo (Glacium flavum Grantz)
35) Pavera o pavero: paviera (carex riparia)
36) Rasparela: coda cavallina (Equisetum arvense)
37) Salata de mar: lattuga di mare (Ulva lactuga)
38) Santonego: santonina (Artemisia coerulescens)
39) Spareso de spinada: asparago selvatico (Asparagus acutifolius)
40) Tacacavili: lappola ( Xanthium italicum)
41) Talpon: pioppo bianco (Populus alba)
42) Tamariso: Tamericio (tamarix gallica)  

12 ottobre, 2017

Amori e bagnini


La sabbia per le cure...ed il cemento per le case...
e se fessemo le case co 'l sabbion e le sabbiature co 'l cemento?
ne vegaravemo de le bele!


Molti si  divertono a sparlare di Grado, dei suoi servizi e soprattutto accusandoci di vivere nel e del passato.

Vediamo allora, giusto per fare un piccolo confronto non impegnativo, cos' era Grado quando lo sciacallaggio edilizio non era ancora selvaggio:

Grado era orientata al servizio turistico, con i suoi caffè e i locali da ballo offriva all'ospite il prosieguo della giornata in spiaggia creando centri di aggregazione culturale nei caffè all'aperto e balli serali e pomeridiani, fulcro della mondanità, sino alla fine degli anni ottanta.

Nella fase serale un ruolo fondamentale lo avevano i giovani bagnini dell' Azienda che la sera, ripuliti e rimessi a nuovo, forti della conoscenza del tedesco con grandi camminate per il viale cercavano prede diventando, inconsapevolmente, offerta turistica.

Quanti amori nati o infranti, quanti tradimenti consumati nelle romantiche notti gradesi, ognuno di noi a casa ha ricordi di famiglia di questo tipo.

Il Gran Cafè Riviera, Settimo Cielo, la Taverna Municipale, La Terrazza Astoria, e ancora l'Isola d'Oro,  il Sans-Souci.
Grandi Locali di pura vocazione turistica.
Per i giovani turisti c' era il Campeggio del Parco delle Rose, frequentatissimo e sempre al limite della capacità.

Poi le discoteche e il diverso gusto di godere il soggiorno cambiarono  perchè cambiò l' ospite che da turistico diventò residenziale e tutto finì in un fiorire di telefonate di  protesta per il disagio del rumore  e rotture di conagi continue.

Se potessi scegliere ritornerei subito a quei tempi.

Nella foto un gruppo di giovani gradesi con in primo piano Nino Codraro (Maestro di Nuoto) il Principe delle notti , affermato Latin-Lover.  

10 ottobre, 2017

Botta di culo





L' immagine è come al solito del fotografo della casa Lorenzo Boemo

Signore, 
Ti ringrazio di avermi fatto provare le difficoltà,
perché ho imparato l'arte di sopravvivere. 
Ti ringrazio di avermi fatto incontrare l'arroganza, 
perché ho capito il valore dell'umiltà. 
Ti ringrazio di avermi concesso la sofferenza, 
perché ho diviso il pane della solidarietà.

Ora vorrei rivolgerti una preghiera:

....Non sarebbe possibile una botta di culo?



La vita è solo una gran botta di culo.
 Per questo potrebbe sembrare assolutamente inutile arrabattarsi per qualunque cosa, prevenire, informarsi, allenarsi, trascorrere il proprio tempo a preoccuparsi di un futuro ipotetico.
 Ecco, di tutto ciò che ho appena detto solo l’ultimo concetto, a mio avviso, è vero: preoccuparsi è un inutile spreco di tempo, tempo che non è misurabile per cui è preziosissimo.
 Ciò che invece bisognerebbe fare, sempre, è occuparsi di sé, preservarsi per ciò che potrebbe accadere in qualunque momento. 
Pianificare, anche questo è esercizio inutile, se si accetta l’assunto che la vita sia una gran botta di culo.

A ben pensare a noi gradesi è andata di lusso, La Madonnina ha scelto questo dosso galleggiante su un mare di fango per  sua residenza  a nostra protezione perpetua.
Una gran botta di culo.