30 ottobre, 2011
Il Mago di Tobruk
Grado, si sa, è Isola di artisti, poeti e navigatori de palù, .....e anche "gargossa vissin ma ze megio no scrive duto"!.
Per descrivere meglio la qualità degli artisti ecco nella foto Luciano Facchinetti "Siego" in una splendida interpretazione del Mago di Tobruk assistito dal sempreverde Leonardo:
29 ottobre, 2011
Il pesce questo sconosciuto
Certo che i tempi sono cambiati, un tempo (sembra l'inizio di una parabola) si guardava alle forniture del locale mercato ittico per scrivere il menù del giorno, ora il menù lo si programma settimanalmente.
Il brutto tempo, la stagionalità, parole obsolete sostituite da globalità e surgelazione.
Mi domando se la gente sa e conosce quello che mangia.
Scriveva il Platina (Bartolomeo Sacchi) grande umanista e divulgatore del 1400 nel suo De honesta voluptate et valetudine descrivendo le ricette del Maestro Martino da Como il più grande cuoco del periodo (ufficialmente cuoco di Patriarchi e Papi) e l' unico che si prende la briga di scrivere in lingua volgare le sue ricette (Libro de Arte Coquinaria), a proposito del polipo :
il polipo è così chiamato perché ha molti piedi, mentre la coda è bifida e aguzza e gli serve per la riproduzione.
E c'è da chiedersi se divulgatori di quel livello avessero mai visto quello che andavavo a descrivere.
E' quello che sta capitando oggi, dietro alle complicate descrizioni di piatti offerti nei ristoranti più famosi, quanta consapevolezza c'è?
E' difficile per chi non è espressamente del settore distinguere oggigiorno con sicurezza una capesanta nostrana (pecten jacobeus) da una surgelata atlantica (pecten maximum), quanti sanno che sono specie diverse anche se dello stesso ceppo?
Distinguere una capelonga de deo (ensis minor) da una cappa de fero (solen marginatus) una schila da un gambero, conoscere le varie specie di cefali, una vongola verace nostrana da una verace filippina, ormai adattata ai nostri lidi ma profondamente diversa sotto l'aspetto qualitativo delle carni e soprattutto del prezzo di vendita.
Distinguere un' ostrica piatta da una portoghese comodamente confuse tra di loro per facilitare il commercio ma diversissime per gusto, storia difficoltà di allevamento e naturalmente costi.
La cultura dell' offerta territoriale è l'unica consigliabile, per non far figure da montanari che non sanno nulla di pesce.
28 ottobre, 2011
Punti di Vista sul Futuro
Oggi un, finalmente, interessante articolo del Piccolo sulla prevista espansione territoriale del nostro Comune.
La realizzazione di Zamparini City e Grado 3 condizionerà certamente in bene o in male il futuro di Grado ed è giusto porsi domande, è giusto che il cittadino sappia tutto quanto è possibile sui pro e contro di iniziative del genere perchè sia consapevole dei possibili futuri.
Dunque saluto con gioia queste inchieste del nostro quotidiano che senza enfasi descrive le posizioni dell'Associazione Liber@
«Il mondo è cambiato - osservano -. Le previsioni che prospettavano una popolazione in crescita e un’economia che negli anni ’70-’80 non conosceva la crisi, non è la realtà che oggi si riscontra.
Il futuro di Grado va ridisegnato »
che non sono distruttive o lesive dei diritti altrui ma chiedono spiegazioni sui diritti del cittadino residente, chiedono che le decisioni che lo riguardano passino attraverso il filtro della completa conoscenza dei problemi sul tappeto, con un esame approfondito e consapevole dei rischi, chiedono che le Amministrazioni comunali rappresentino sul serio il cittadino nei confronti di terzi e soprattutto chiedono trasparenza.
Una scelta finalmente "giornalistica" sul diritto di essere informati utilizzando i mezzi che il mestiere mette a disposizione per dare un servizio al lettore in maniera neutra non schierata, non inutilmente piegata al potente di turno.
27 ottobre, 2011
26 ottobre, 2011
La Valle Cove
Sembrava sopita la questione dei fanghi da depositare in valle Cove a Grado, ne avevo parlato qui, , ma con una nota il Commissario della Laguna annuncia che è pronto a sversare in una cassa di colmata circa 80.000 mc.
Fanghi nostrani o del Corno, Il problema dei fanghi della laguna è enorme, è risaputo.
Dragaggi sono previsti e perfino auspicabili (vedi Tagio Novo) per il futuro, ma c’è la questione del deposito dei fanghi.
La soluzione che Grado propone (qui un po’ tutti la pensano in questo modo) è che i fanghi scavati per migliorare il transito nei canali vengano utilizzati per rinforzare gli argini limitrofi.
Ciò, oltre al ripascimento delle mote, consentirebbe anche un notevole risparmio economico. ( E' quello che fanno in laguna di Venezia).
Ma l'occhio scanzonato di Edi Tonon la presenta in un modo più originale:
Vevo la sensasion del foresto
de v'he de fronte un logo fora del mondo
de no podè usalo o tolo.
Cussì al paesagio che veghevo
me deva un inpulso strano
che me respingeva.
Me deva la sensasion de una fossa.
Una fossa comun.
Ma, vardando ne la bruma,...gera un simisterio!
edi tonon
25 ottobre, 2011
Autunno
24 ottobre, 2011
Il Mare è Donna
Il mare è donna dappertutto.
E’ giustamente salino, ma pieno di zuccheri: c’è chi sostiene che sia la stessa cosa, e che il gusto – in fondo - non è uno strumento adeguato. Sbaglia.
Il mare donna, comunque, è al di là delle domande: sorride, piuttosto, e lascia andare le maree con un solo tocco della mano.
Ha intese misteriose con la luna, che è un altro mare di latte rappreso nel vuoto, scintillante di conchiglie.
Non meno misterioso è il suo rapporto con la terra: c’è un punto in cui si toccano nel buio più perfetto, aderiscono in modi che non sappiamo immaginare, certamente scambiano con voluttà la loro pelle minerale che laggiù, nel profondo e nelle tenebre, è della stessa natura.
Ogni giorno ne beviamo, respiriamo, assorbiamo un poco, perché il mare che portiamo nelle vene e negli oceani – rosso porpora, blu violetto, indaco, arancio - è donna.
Il mare femminile depone uova, modula messaggi sull’acqua, nutre creature, riavvia le onde una per una.
Chiunque può vederlo, nella luce morbida dei crepuscoli, seduto sulla roccia, a pettinarsi.
Se lo raccontano marinai, pescatori, direttori di aziende turistiche, titolari di stabilimenti .
Parlano di mattanze di tonni, di galeoni sommersi, di onde anomale che rapiscono bambini, di sirene che cantano sugli scogli, con smeraldi finti nei capelli.
Tutte bugie.
Il mare preferisce ignorare tali racconti, si rimescola le acque profonde e non dice nulla.
23 ottobre, 2011
Nonno Piero
'Gnò Nono Piero Zuliani durante la prima guerra mondiale era in Cina, prigioniero.
In una fase finale della guerra l'avevano fotografato, serio con i baffi spioventi, con quella bandiera Italiana alle spalle tenuta da un compagno.
Era tornato a Grado dopo 8 anni, lui, imbarcato come marinaio di I Classe con la marina austriaca appena ventenne nel 1912 con la nave da guerra a.u."Kaiserin Elisabeth" in missione nei mari della Cina, fu imprigionato dai giapponesi nel 1914 e successivamente si fece il resto della guerra in campo di prigionia in Giappone.
Tornò a casa nel 1920 con la divisa del' esercito italiano a cui aveva giurato fedeltà, come irredento, per poter essere rimpatriato.
Strano destino di tanti nostri nonni, essere considerati contemporaneamente traditori (dalla parte austriaca) ed eroi (dalla parte italiana).
Io l' ho conosciuto poco, era un uomo chiuso attorniato da una nidiata di figli (quindici) a cui si aggiungevano i nipoti con il passar del tempo e spartiva i sui rari sorrisi con moderazione con tutti.
Non ti dava soddisfazione, non ti raccontava niente, lui che avrebbe potuto stupirci con il suo passato, zitto.
Mia madre mi disse che gli avevano imposto il silenzio sul suo passato così contraddittorio (come fosse colpa sua) ma tant'è che io la sua storia l' ho saputa leggendo il libro di Bruno Scaramuzza " I Gradesi nella prima guerra Mondiale".(le due fotografie provengono da la)
Lui non ricordava, aveva rimosso, si dedicava al suo lasciarsi vivere circondato da una marea di figli vocianti ed affamati e con pochi amici con cui condivideva silenzi davanti ad un "quarto de rosso" la "De Tanori".
La guerra gli aveva tolto tutto, gioventù e voglia di vivere, tanto per ricordarci che le guerre si possono solo perdere, tutte, da qualsiasi parte tu sia.
22 ottobre, 2011
Cussì ze nato Gravo
Attila cum accesseris urbem, fuit terror, et dicitur facere, quia et aves ad salutem ab urbe, liberis.
Urbis moenia tuta. Populus paludes profugit.
Populi quoque insulam Grado consederint, profugi domos construxit ut aves 'tabernacula, defenderet se unda et absconsionem a fasciculos.
Sic natus est Gradus.
Quando Attila si avvicinò alle mura della città, grande fu il terrore, e si racconta che perfino gli uccelli portassero in salvo, via dalla città, i loro piccoli.
Le mura della città erano poco sicure. La gente fuggiva tra gli acquitrini.
La gente si stabilì anche sull’isola di Grado, I fuggiaschi costruivano case simili a nidi di uccelli marini, si difendevano dalle onde con ripari e fascine.
Così nacque Grado.
21 ottobre, 2011
Don Luigi
Ripropongo alla scadenza di un anno della scomparsa di Don Gigi il ricordo scritto da Leonardo Tognon perchè ritengo che don Gigi meriti di più di una accurata biografia e via dimenticato.
Don Luigi era uomo di sentimenti forti, di fede granitica e affettuoso oltre ogni limite, in specie con noi Graisani, attaccato ai giovani e con una sterminata cultura che dispensava con grande accortezza senza farla pesare.
Leonardo, scrive:
Brevi ricordi: Domenica 4 luglio 2010 mentre Francesco Facchinetti del portatori della Madonna di Barbana lancia il suo “ in nome de Dio avanti” la processione via mare del Perdòn si ripete.
La banda civica intona l’Adagio numero Uno ( il ciuntata per noi gradesi), la gente applaude, le signore più anziane si inginocchiano al passaggio, i ritardatari cercano un posto in barca. Lo sguardo è rivolto verso prua, verso il molo molo, vicino alla “bita granda”.
La folla è tanta ma c’è un vuoto immenso, incolmabile manca “don Gigi “ ( monsignor Luigi Pontel).
Un momento di silenzio, alcuni sguardi si incrociano e nel silenzio collaborativo siamo alla ricerca di una risposta: al stà megio.
Al ritorno la musica non cambia: la banda civica continua con l’adagio numero uno , le rosarianti intonano i canti mariani, il profumo di incenso si confonde col salmastro, le ortensie benedette sono state strappate dall’ormamento delle imbarcazioni e fanno bella mostra accanto alla borsetta o vengono lanciate in mare a formare un scia colorata.
Sul molo ad attendere la statua della Madonna degli Angeli migliaia e migliaia di persone: ma non c’è Monsignor Pontel.
Don gigi, al zago ( il chierichetto ) il nomignolo gli era rimasto appiccicato per il suo tratto fanciullesco, per esser bambino al suo arrivo a Grado ( con monsignor Silvano Fain) un tratto da bambino che gli era rimasto sempre anche con l’avanzare dell’età.
Forse perché minuto, biondo con gli occhiali un po’ abbondanti, anche sull’altare con la sua vocina appariva come un zago poi il suo incedere dell’omelia scopriva quanto grande era ed è stato “dongigi”.
Quando lo si chiamava Monsignor si scostava, quasi irretito e riprendeva il sorriso quando il don gigi riparatore giungeva a voce piena. Al zago. Certo che la leggenda metropolitana gradese lo voleva alle volte distratto, non ricordare un’orario o magari dove aveva parcheggiato l’automobile. Sfatiamo questo bel castello: la sua mente era sempre lucida e impegnata, i suoi presunti ritardi erano tutti giustificabili.
Ecco "giustificazione" mai sentito dalla sua voce, piuttosto si assumeva tutte le colpe con il suo immancabile sorriso e cambiando repentinamente discorso.
Attento nel mondo del sociale e politico, gran cultore della politica.
Dal letto di ospedale ci conferma che stava scrivendo un libro del passaggio sociale e politico di queste nostre terre.
Un peccato mortale non pubblicare i suoi appunti.
Ecco, gli appunti, bello sarebbe conoscerli e quindi l'invito a chi vi ha accesso di pubblicarli in qualche modo.
20 ottobre, 2011
19 ottobre, 2011
Water Front
Vista l'attualità, ripropongo un vecchio intervento di Luciano Cicogna, che nonostante siano passati tre anni è ancora fresco e condivisibile.
"Uso il termine inglese waterfront perché é un termine piú conciso di fronte sull’acqua e la ricerca su Internet dá risultati appropriati.
Negli ultimi anni é sorto un grande dibattito sul rapporto fra le cittá e l’acqua, sono stati fatti importanti interventi urbanistici a cui hanno contribuito grandi architetti; se ne sono occupati convegni internazionali come la Biennale di Architettura a Rotterdam, il WaterfrontExpo 2005 a Riga, l’Expo 2005 ad Aichi in Giappone, in cui si è dibattuto sul rapporto individui-natura, sulla tutela dell’ambiente e sullo sviluppo sostenibile dei centri urbani in rapporto alla risorsa acqua.
C’é un’altro bel termine che accomuna Grado ad altri insediamenti simili, oltre alla solita Venezia anche a Chioggia e Caorle per dirne qualcuno ed é quello di cittá sull’acqua.
Si é quindi ultimamente accentuata la sensibilitá a questo tema e compreso che, come ogni risorsa vitale, il fronte sull’ acqua deve essere oggetto di un’attenzione particolare e dedicata.
A tale fine, in vari paesi (riporto due esempi: Kingston , Canada e Wellington , Nuova Zelanda) sono stati istituiti dei comitati che per prima cosa hanno enunciato dei principi generali:
· il fronte mare dev’essere prevalentemente un’area pubblica;
· il beneficio del pubblico deve essere massimizzato (accesso, visibilitá, passaggio garantito attraverso edifici);
· gli interventi devono tenere conto dell’impatto ambientale e salvaguardare il patrimonio storico, sociale e culturale;
· gli interventi devono essere preceduti da consultazione pubblica.
Sembrerebbe tutto ovvio vero? Eppure non credo che a Grado questi principi siano presenti in un documento di programmazione territoriale.
Non sono solo belle parole, la loro sottoscrizione implica una serie di vincoli mica da ridere.
Negli esempi citati dai principi si scende al dettaglio come la specificazione di aree pavimentate, verdi ed ombreggiate, destinazioni d’uso: ricreazionali, culturali e civiche, vincoli per gli edifici privati come diritto pubblico di calpestio del piano terra, limitazione dell’impatto visuale, ecc.
Ripercorro il nostro fronte d’acqua e non ritrovo, lo sapevo, l’applicazione di questi principi: il pugno sullo stomaco del porto di San Vito, l’incombenza degli edifici dell’ex Safica e di nuovo il fronte sparisce con l’Associazione nautica ed ancora lo riperdo con altre darsene e piú avanti é di nuovo privato ancora lungo la laguna orientale, come ci arrivo a quegli argini lontani se voglio fotografare un bagiante?
E l’accesso pubblico massimizzato e la passeggiata panoramica ? Ed ancora dappertutto la limitazione e l’oltraggio dei parcheggi, ancora loro !
Sogno per Grado un comitato che studi ed enunci questi principi e che vengano applicati, é troppo?"
Gratacasa: Temo di si.
18 ottobre, 2011
Le Oloturie-Cetrioli di Mare
Uno degli elementi più strani che trovo ognitanto attaccati ai pergolati di cozze è l'oluturia o cetriolo di mare.
Questa specie degli echinodermi (Holothuria poli) ha un corpo cilindrico allungato con varie protuberanze disposte irregolarmente più o meno sviluppate che terminano con una papilla.
Può raggiungere i 30 cm di lunghezza. La colorazione dorsale è scura: bruna, o bruno-rossiccio.
Si alimenta ingerendo enormi quantità di sabbia e fango dalle quali trae il nutrimento.
Questi animali, appartenenti alla stessa famiglia di stelle e ricci di mare, agiscono come vermi di terra, ossia strisciando sui fondali e consumando sulla via i sedimenti marini.
Il loro aspetto non è particolarmente attraente (somigliano a dei grandi vermi, respirano dall'ano e sono estremamente viscidi), ma da secoli sono utilizzati in Cina e nell'Estremo Oriente come cibo e rimedio naturale a vari malanni.
La tradizione orientale li vuole brasati in brodo di funghi ma anche più "al naturale", con una spruzzatina di limone.
Ricercatori neozelandesi hanno in progetto la coltivazione dei cetrioli di mare che potrebbe avere un ruolo fondamentale nella pulizia delle acque.
Chissà che, con il tempo, queste creature non arrivino a conquistare anche i nostri palati: i vantaggi - spiegano ancora i ricercatori - potrebbero essere molteplici, dalle loro presunte proprietà afrodisiache alla loro spendibilità come merce da esportare, per una volta, ai cinesi.
Piccolo appunto di colore locale da noi sono conosciuti anche e soprattutto come c..zi marini.
17 ottobre, 2011
sssshh!-Silenzio
Questi pensieri mi si presentano durante i trasferimenti, quasi sempre notturni, a cui sono costretto dal porto alle zone degli allevamenti, sono momenti in cui sono solo e mi accompagna solamente il rumore dei motori a cui sono ormai abituato e, seppur forte, non disturba più, allora valuti e dai peso al valore del silenzio.
Perché oggi è così che funziona chi ascolta non capisce chi parla, e chi parla vede dalle espressioni dei suoi interlocutori che questi non capiscono più.
Non ci si capisce, probabilmente siamo diventati sordomuti.
Deve essere tutto questo parlare, tutto questo ascoltare, questa continua fuga dal silenzio.
La gente però è anche programmata a sfuggire il silenzio, a farsi tribù, quando ce n'è, perché è più facile sopravvivere.
D'un tratto però, ognuno con se stesso, di fronte al proprio silenzio.
Per vedere se ci si piace o se hai bisogno del continuo sguardo degli altri addosso, per prendersi la responsabilità dei propri pensieri, della propria sola visione del mondo.
Poi immagini due bambini sulla spiaggia, lui a dire con gli occhi a lei, che ha ancora un dito nella sabbia,
"grazie, che mi hai disegnato un'onda."
allora ti riconcili con il mondo.
Sssh. Silenzio.
16 ottobre, 2011
Grado-Gli anni dello Sviluppo
E' proprio la "rivoluzione dei trasporti" la premessa infrastrutturale per il boom economico determinato dal flusso turistico, che in trent'anni registrerà un' aumento vertiginoso di presenze negli stabilimenti alberghieri e balneari.
La situazione dei collegamenti negli ultimi decenni dell'Ottocento era talmente precaria e inadeguata che si era fatta insostenibile in relazione alle mutate e accresciute esigenze di carattere economico e sociale dell'isola, che andava assumendo una fisionomia e un ruolo moderni.
Un turista austriaco, ad esempio, che volesse raggiungere Grado con la famiglia per un periodo di villeggiatura, arrivava dal suo paese in treno fino a Cervignano, doveva poi proseguire via terra fino ad Aquileia in carrozza e infine sobbarcarsi un lungo e disagevole percorso endolagunare in vaporetto, con notevole dispendio di tempo e grande stress.
Per venire incontro a queste nuove istanze della crescente clientela di vacanzieri, in pochi anni Grado può disporre di una nuova ferrovia fino al terminal di Belvedere, di un nuovo canale diretto e di una nuova strada Belvedere-Grado per collegamenti rapidi e diversificati con la terraferma: si apriva effettivamente una nuova era, turbata forse solo dal presentimento dell'imminenza di un drammatico evento bellico.
Un altro grave problema dell'isola era l'approvvigionamento idrico. Inizialmente veniva utilizzata per le necessità giornaliere individuali l'acqua piovana, raccolta in mastelli o colta nei fontanili dei tratti sabbiosi; spesso veniva trasportata in tinozze da Aquileia sulle barche a remi. Lo scavo in Piazza Grande del pozzo artesiano, che sostituiva la grande cisterna in Campo Patriarchi attiva dal 1878 e garantiva una fornitura diretta e costante di acqua agli abitanti dell'isola, fu salutata dalla popolazione come un evento straordinario: era il 4 aprile 1900, quando l'acqua sgorgò abbondantemente dal sottosuolo.
Nel 1885 la conclusione della diga, dopo decenni di itinera burocratici e diversi cantieri di lavoro, garantiva alla città sicurezza dalle irruente incursioni del mare in burrasca.
Nel frattempo il paese, che all'inizio del '900 era ancora compreso e compresso nell'area dell'antico “castrum”, comincia ad espandersi a distanza da quei secolari limiti, con la costruzione delle Ville Bianchi, emblema - ancor oggi fortunatamente visibile - del clima di ottimismo, di intraprendenza e di buon gusto del primissimo Novecento.
Nel 1890 vi era stata l'apertura dello Stabilimento balneare con cabine di legno e servizio di restaurant, cui segue la costruzione di numerosi impianti ricettivi alberghieri, pronti a far fronte alle sempre maggiori richieste dei villeggianti dell'Impero: il ponte e gli spogliatoi poggiano su alti pali e formano tutti insieme tanti palchetti, da cui si ammira l'ampia ingolfata che fa il mare spandendosi verso le coste istriane, correndo a Trieste, trascinando nel proprio cammino il barcolame che veleggia" (G. Caprin).
Si apriva così per Grado, dopo secoli di isolamento e di miseria, una nuova, felice fase di sviluppo, che l'ha resa nota in tutto il mondo come meta turistica capace di coniugare sapientemente il trinomio vacanza-natura-cultura.
...continua...
14 ottobre, 2011
13 ottobre, 2011
Al Bacalao- Il Baccalà
Il baccalà è il merluzzo salato e successivamente essiccato al sole (o con altri procedimenti artificiali), lo stoccafisso è merluzzo essiccato all’aria, senza aggiunta di sale.
Lo stoccafisso più famoso è quello delle isole Lofoten, in Norvegia.
Il nome stoccafisso deriva dal germanico stockfish, vista l’abitudine dei pescatori infilzare su una stecca di legno i merluzzi aperti e puliti (stock significa infatti “bastone”).
Tanto il baccalà quanto lo stoccafisso, per essere utilizzabili, hanno bisogno di una lunga immersione in acqua fredda, che serve a eliminare il sale per il primo e a restituire ai tessuti l’originale consistenza per il secondo.
Il Baccalà è l'omologo marino del maiale, perchè "di lui non si butta via niente!"
In Islanda addirittura, un tempo, la pelle sostituiva il pane che non era presente nelle tavole degli isolani vista l'impossibilità di coltivare i cereali e la pelle fritta o arrostita e spalmata di burro costituiva la "ghiotta" merenda dei bimbi.
Ma una volta pescato, il merluzzo cambia nome: essiccato all'aria aperta diventa per i Vichinghi lo stoccafisso.
Il Pesce di legno è stato il perfetto alimento per il popolo dei grandi viaggi per mare: leggero (di poco peso). nutriente e di lunga conservazione.
I Baschi e i Portoghesi lo scoprirono un po' più tardi seguendo le rotte delle balene.
Per conservarlo però, invece di asciugarlo all'aria fredda, nella più calda regione iberica, lo posero sotto sale.
Nasce così il baccalà che oltre ad essere un ottimo cibo, sulle navi fungeva anche da barometro.
Una volta appeso, quando iniziava a gocciolare indicava una imminente tempesta: l'arrivo dell'aria umida faceva infatti sciogliere il sale.
Ma come il baccalà è arrivato a noi? Ovviamente attraverso la fulgida Venezia. Infatti, l'alimentazione Veneta è dominata da quattro elementi: polenta, riso, fagioli e baccalà.
Il baccalà contiene pari proteine della carne (circa 18%), meno zuccheri e la stessa quantità di grassi (0,3%) ma questi non sono gli stessi della carne bensì sono i tanto famosi omega 3: "i grassi buoni che ripuliscono le arterie"
Quindi mangiare baccalà o stoccafisso, magari alla Vicentina partendo da un'ottima materia prima, dell'abbondante olio extravergine di oliva, pochi altri condimenti ed una lentissima cottura rimane ancora oggi piatto da salutisti anche se non economico come lo è stato nei secoli addietro.
Una curiosità tutta "graisana" per noi "che semo roversi" indichiamo con bacalao il pesce secco e con "stocafisso" il pesce salato.
Che volè semo fati cussì.
La ricetta del bacalao a la graisana è semplicissima e ricalca in parte quella vicentina.
Con acciughe, latte, formaggio "gratao" e un po di pepe ( che no manca mai), a piacere patate per asciugare il sugo.
12 ottobre, 2011
Grado tra ‘800 E ‘900
GLI ANNI DELLO SVILUPPO
Alla fine dell'Ottocento Grado, che con il Congresso di Vienna era entrata a far parte dell'Impero asburgico che ne assunse formale possesso nel 1816, esce dall'isolamento e dalla precarietà e si avvia ad un rapido sviluppo economico e ad un ruolo turistico che garantirà il rilancio dell'isola.
"Paiono inselvatichiti dall'isolamento che li toglie ogni contatto civile", scriveva il Caprin in quegli anni.
In effetti la popolazione era formata per lo più da pescatori analfabeti che passavano gran parte della giornata in mare e nelle osterie, come testimoniano le liriche di B. Marin, egli stesso appartenente ad una famiglia di marittimi e di osti:
"Cô la noia li copa i va 'nbriagâsse;/
dopo zornade a bordo sití e calmi,/
dopo notade in mar fra rimi e scalmi,/
i se riduse a strasse".
La città dipendeva totalmente dal mare e i rapporti con l'entroterra erano quasi inesistenti e limitati al baratto del poco pesce con generi di prima necessità prodotti nella Bassa friulana. I suoi abitanti vivevano in condizioni di estrema indigenza, colpiti frequentemente dalle epidemie anche per la mancanza dell'acqua potabile ed elevato era il tasso di mortalità infantile; le case del piccolo nucleo urbano primitivo erano malandate e malsane; le uniche attività economiche erano la pesca in mare e in laguna e la caccia, che garantivano la sussistenza, ma non vi erano prospettive di sviluppo per l'insufficienza dei mezzi di comunicazione e la mancanza di industrie e di spazi agricoli, inghiottiti lentamente nei secoli dall'azione invasiva del mare:
"Per l'incostanza del mare, che a passi veloci a' nostri giorni va rovinando questo littorale, l'estensione di quest'isola è ridotta ad una lagrimevole situazione […] talmentechè allorquando si gonfia il mare, si unisce ed incorpora con l'acque delle paludi" (G. Gregori).
In queste condizioni la città sembrava destinata ad una lenta ed inesorabile agonia; ma stavano avvicinandosi gli anni della svolta, della rinascita.
Nel 1872 viene fondato l'Ospizio Marino, che ospita nel 1873 i primi 13 fanciulli, che saranno 150 venti anni dopo.
Nel 1880 sorge la prima fabbrica per la lavorazione e conservazione delle sardine e delle alici: è il primo timido passo verso lo sviluppo dell'industria conserviera, con il relativo assorbimento di manodopera femminile.
Negli anni successivi nasceranno, con diverse e alterne vicende, altre quattro fabbriche, oltre a quella del ghiaccio, che era stata impiantata soprattutto in funzione delle richieste delle primissime strutture ricettive.
L'impulso anche finanziario dell'industria locale è un rilevante stimolo economico all'investimento e allo sviluppo nonché alla diversificazione dello sfruttamento e dell'utilizzo delle potenziali risorse del luogo.
Anche l'andamento demografico di quegli anni è sintomatico del progresso e del miglioramento delle condizioni generali di vita della popolazione: dai 1.854 abitanti del primo ventennio dell’ ‘800 si passa infatti ai quasi 4.000 dei primi anni del secolo successivo; il fenomeno è senza dubbio influenzato dalla crescita dei rapporti con il mondo esterno, facilitata dall'incremento delle vie e dei mezzi di comunicazione.
...continua...
11 ottobre, 2011
Il Tesoro della "Julia"
10 ottobre, 2011
Tempi che cambiano-Il Rispetto
Ancora oggi mi pare che la buona educazione sia quanto meno preferibile a modi selvaggi e violenti.
Va detto a questo proposito che l’educazione ha (o almeno aveva) come corollario il rispetto, persino reverenziale, da portare innanzitutto verso le donne e gli anziani, ma da estendere per definizione ovvia a tutti quelli che occupano un posto più elevato nella scala sociale o che anche incidentalmente si trovino in un qualsiasi ruolo di responsabilità.
Si cominciava naturalmente dal maestro che comminava bacchettate generosamente dispensate sul palmo della mano a chi macchiava il foglio d’inchiostro (per me, più che la penicillina, è la biro la più grande invenzione del secolo scorso).
E si correva a perdifiato quando, giocando a pallone in strada o nello spazio antistante una casa in costruzione, si scorgeva da lontano la sagoma della guardia, il vigile urbano che aveva il pallino di sequestrare e bucare per direttissima i palloni dei ragazzi, e si scappava via a gambe levate.
Si può dire stronzo?
E allora voglio dirlo con tutto il cuore (anche a nome di più generazioni di ragazzi del mio paese): la guardia era uno stronzo; di più, era uno stronzo super, ma veniva rispettato da noi tutti perché rappresentava l’Autorità e l’autorità ci sembrava che avesse sempre ragione.
Siamo cresciuti così, a pane e rispetto, verso tutti, ma anche con la malsana idea (è questo il guaio) che chi occupava qualche posto di responsabilità nella società doveva avere per forza dei meriti, per quanto a prima vista non si evidenziassero affatto.
Col tempo ho capito che si trattava di un’ingenuità imperdonabile, ma la cosa che più mi preoccupa è il timore di aver contribuito naturalmente ad infondere questa visione della vita ai miei figli.
Non mi resta che sperare in un loro ravvedimento operoso, ma non riesco a sfuggire al sospetto che nella mancata capacità di reazione delle giovani generazioni allo scippo violento dei loro sacrosanti diritti sia, in qualche modo, da ricondurre alla colpa di un’educazione troppo rispettosa.
Perché questo Paese è retto da una classe dirigente infame (e questo è chiaro a tutti) ma anche inetta e dequalificata.
Bella scoperta: un Paese che ha sostituito, con grande passione, la raccomandazione al merito, perché mai dovrebbe vantare una classe dirigente qualificata?
09 ottobre, 2011
Libero Comune
Continuando nella cronaca del Comune Libero di Grado vediamo gli aspetti più marcati dell' organizzazione amministrativa.
Inizialmente il Consiglio era formato dai membri di sette famiglie patrizie e rispecchiava la forma di governo oligarchica di Venezia; in seguito fu allargata la base del suo elettorato passivo.
Era composto da un numero variabile di membri, solitamente da 25 a 40 e forse più in alcuni mandati, e veniva convocato al suono della campana civica e dalla voce del banditore, nel Palazzo del Comune.
I suoi compiti erano fondamentali per la vita dell'Isola, perché, oltre ad eleggere tutti i magistrati comunali, deliberava sulle questioni generali ed emanava i relativi editti.
Come in tutti i liberi Comuni del periodo, l'organismo propositivo e sovrano era rappresentato dall'assemblea popolare o Arengo, che anche a Grado veniva riunito dal podestà periodicamente e in caso di necessità e urgenza o per assistere alle riunioni del Consiglio gradese, che "era la più bella e più pura incarnazione del Comune italiano" (Caprin).
Dal XIV secolo in poi le decisioni non si basavano più sulle regole consuetudinarie antiche di tradizione orale, ma sugli Statuti Gradesi, che il Consiglio emanava, soprattutto per fissare inequivocabilmente l'ordinamento del Comune stesso e le principali norme riguardanti i cittadini.
Oltre ad essi vi era il Libro dei Privilegi, che conteneva le esenzioni di cui godeva Grado per concessione della Serenissima in merito, per esempio, al diritto di pesca e al commercio con l'entroterra.
Le magistrature previste dagli ordinamenti comunali ed elette dal nobile Consiglio erano:
i due Camerlenghi, che si occupavano dell'amministrazione del denaro pubblico e della contabilità del Comune;
il Comandadôr, che svolgeva compiti esecutivi di ufficiale giudiziario e sanitario ed era responsabile della pubblicazione degli editti e delle grida;
i tre Giudici che costituivano il Tribunale, presieduto dal Conte, che pronunciava le sentenze civili per le frequenti liti tra i cittadini in ordine alle proprietà e penali per i continui lievi reati di una popolazione tormentata dalla miseria e dalle difficoltà dell'esistenza materiale (le questioni più gravi venivano demandate a Venezia);
infine vi era il Cancelliere, segretario del Conte, al quale competevano questioni di diritto amministrativo e di carattere militare.
Questo ordinamento del Comune gradese rimase in vigore fino al termine del XVIII secolo.
Al patriarca veniva riconosciuta esclusiva competenza metropolitica nel campo religioso e spirituale, ma delle questioni politiche si occupava la Serenissima Repubblica mediante interventi diretti o attraverso il suo rappresentante e i magistrati liberamente eletti, in ampia autonomia, con un ordinamento amministrativo completamente diverso dalla vicina Aquileia, la quale dal X secolo era diventata feudo ecclesiastico germanico e il suo patriarca aveva assunto una preminente funzione politico-militare, come dimostrano le imponenti e devastanti invasioni di Grado dell'XI e del XII secolo da parte dei rivali patriarchi ghibelliní Wolfang e Ulrich Von Treffen, raccontate – forse - con eccessiva enfasi dalle antiche cronache veneziane.
Continua...
08 ottobre, 2011
07 ottobre, 2011
Analogie
L' Associazione Liber@ si oppone alla lottizzazione della Valle Cavarera con la convinzione di essere nel giusto, a tale proposito mi è venuta in mente un fatto accaduto recentemente in Sardegna che presenta molte analogie con la nostra vicenda e aiuta a riflettere.
Il Caso di Ovidio Marras:
Si chiama Ovidio Marras ed è un pastore di 81 anni che si è visto abusivamente occupare dalla Sitas spa, potente società costruttrice di un resort enorme, una antica via di passaggio che collega la sua proprietà alla spiaggia e che lui usa per spostare il bestiame.
Marras non ha accettato di vendere e anzi ha fatto ricorso, ottenendo ragione in due tribunali.
La potentissima Sitas spa, dovrà demolire il rustico dell'hotel per ripristinare il diritto di possesso e passaggio dell'anziano e coraggioso allevatore teuladino difensore di quell'idea di equilibrio tra uomo e natura che è il contrario esatto della speculazione.
A Ovidio qualcuno ha ammazzato i cani, ma lui è ancora lì.
La sua vittoria stupisce chi non ha fiducia nella giustizia, non lui, che probabilmente non ha mai dubitato:
“Se avevo ragione, per forza dovevo vincere, anche se quelli hanno tanti soldi”
“Quelli” sono i padroni della Sitas (Gaetano Caltagirone, Luciano Benetton, Claudio Toti, il Monte dei Paschi di Siena),
“lui” è Ovidio Marras, un agricoltore sardo di 81 anni: gli avevano costruito un mega albergo sulla stradina che porta a casa sua, e il giudice ne ha ordinato l’abbattimento.
Hanno usato la metafora di Davide e Golia, ma si sa che i giornalisti hanno scrittura necessariamente svelta, inevitabilmente poco meditata:
tra Davide e Golia era la forza fisica a pesare sul pronostico, e usarla come metafora del peso del denaro in un contenzioso giudiziario equivale a dare per scontato che la sentenza sia il risultato di un duello tra avvocati, tutto muscolare.
Ovidio Marras non ha voluto darlo per scontato, probabilmente avrà pensato che quello era un luogo comune che si conferma nell’accettarlo come verità.
“Avevo ragione, per forza dovevo vincere”:
una fiducia nella giustizia che non ci dà risposte ma ci interroga.
Chinare il capo dinanzi al più forte? Fidare nel Giudizio Universale?
Soluzioni che hanno il fascino della tradizione, che è il luogo in cui l’individuo è debole e piccino: può solo consegnarsi mani e piedi a una Natura spietata coi deboli o a un Dio la cui giustizia non è di questo mondo.
È vita? Dipende da chi la vive.
E, dunque, che resta a chi non tollera di aver ragione e di doversi rassegnare a perdere?
Chiedete a Ovidio Marras.
La forza del denaro, la forza del numero, la legge del luogo comune che pretende di essere accettato in forza della verità che impone senza avere alcun bisogno di ragioni, tanto meno dimostrate: non sapranno consigliarvi di fidare in altro.
Non perdete tempo, chiedete a Ovidio Marras.
06 ottobre, 2011
Foglie d'Autunno - Ricordo di Mila Tarlao
Ricevo come commento, ma lo pubblico per dare notizia a chi voglia che Sabato 8 ottobre alle 17,30 ci sarà la messa di suffragio per Mila Tarlao Kiefer:
"In memoria della nostra carissima madre, amica e studiosa, MILA TARLAO deceduta il 25 agosto 2010 Il 10 ottobre festeggiamo il suo 83esimo compleanno.
Il suo marito e nostro padre, Hans Kiefer, è deceduto anche lui in questo solare settembre.
Celebriamo per i nostri cari defunti la messa in loro memoria Sabato 8 ottobre 2011, ore 17.30 nella Basilica S.Eufemia di Grado
Herbst
Die Blätter fallen, fallen wie von weit, als welkten in den Himmeln ferne Gärten. Sie fallen mit verneinender Gebärde. Und in den Nächten fällt die schwere Erde aus allen Sternen in die Einsamkeit. Wir alle fallen. Diese Hand da fällt. Und sieh dir andre an: es ist in allen. Und doch ist Einer, welcher dieses Fallen unendlich sanft in seinen Händen hält.
Autunno
Le foglie cadono, cadono come da lungi, come se giardini lontani sfiorissero nei cieli.
Cadono con gesto di rifiuto E nelle notti cade la terra pesante da tutte le stelle nella solitudine.
Noi tutti cadiamo.
Questa mano cade. E guarda gli altri: è così in tutti.
Eppure c’è Uno che senza fine dolcemente Tiene questo cadere nelle mani sue.
Rilke
Ringraziamo tutti parenti, amici e conoscenti per esserci stati vicini nel nostro dolore,
Michela"
05 ottobre, 2011
Disobbedienza Civile
Wikipedia si attiva con la disobbedienza civile.
Viva Wikipedia, non basta più bloggare, questi si attivano pesantemente e da ieri sera non è possibile consultare le pagine di wikipedia in lingua italiana, come forma di protesta estrema contro il comma 29 del DDL intercettazioni in questi giorni in discussione alla Camera.
Da Wikipedia.org
Cara lettrice, caro lettore,
in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c’è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.
Il Disegno di legge – Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) recita:
«Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»
Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue, che può essere consultata in qualunque momento senza spendere nulla.
Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.
Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l’obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
Purtroppo, la valutazione della “lesività” di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all’opinione del soggetto che si presume danneggiato.
Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiederne non solo la rimozione, ma anche la sostituzione con una sua “rettifica”, volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l’intera pagina è stata rimossa.
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
Articolo 27
«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.
Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.»
L’obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell’Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l’abbiamo conosciuta fino a oggi.
Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell’onore e dell’immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall’articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.
Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all’arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per “non avere problemi”.
Vogliamo poter continuare a mantenere un’enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla?
Gli utenti di Wikipedia
04 ottobre, 2011
Leggere
Qualche tempo fa mi è capitato di parlare dello scrivere in corsivo , e della voglia di eliminare dall' insegnamento questa pratica così apparentemente demodè, ora la riflessione punta sul controaltare della scrittura; La Lettura:
Vediamo di chiarire cosa intendo per leggere.
Non l'esercizio del lettore professionista curato nei tempi e nella dizione che legge ad alta e chiara voce.
NO.
Lo so che ci sono dei corsi e della gente che insegna ad altra gente a leggere dal vivo ad alta voce, che insegnano l'intonazione e le pause ma mi fa sembrare il tutto come molto affettato e senza cuore.
Io invece voglio parlare invece della lettura a voce alta.
Perché c'è una bella differenza tra leggere ad alta voce, in pubblico, e leggere a voce alta, sempre in pubblico.
Leggere ad alta voce implica predisposizione, premeditazione, impostazione, studio: bisogna esser bravi.
Leggere a voce alta è più semplice, forse più intimo, e consiste nell'azionare tutto d'un colpo l'interruttore che accende le corde vocali del nostro leggere mentale, tirare su la manopola del volume e portare le parole del libro alla luce in modo spontaneo: insomma bisogna essere sé stessi.
Ognuno col suo accento, coi suoi errori, coi suoi impappinamenti.
A leggere a voce alta, spesso, o almeno, a me succede, tremano le gambe, e le mani, e i fogli che tieni tra le mani con sopra la roba che devi leggere.
Tutto questo diventa fantastico da vedere e con grandi emozioni da provare e vorrei che qualcuno si adoperasse per organizzare degli incontri tra la gente e ognuno che abbia voglia di partecipare, porti un suo testo e lo legga, così davanti a tutti, magari con qualcuno che accompagni alla chitarra e così forse riusciamo a rivederci in carne e ossa e non a limitarci a frequentarci più volte al giorno come fantasmi su Internet.
Ecco l'ho detto!
03 ottobre, 2011
01 ottobre, 2011
Esercizio di Democrazia di Liber@
Un gran bel lavoro quello fatto dall' Associazione Liber@ organizzando questo incontro tra popolazione ed esperti sul consumo del territorio.
Un paio di considerazioni da fare:
la gente se la motivi ed hai argomenti che la interessano si muove, eccome se si muove;
la presenza di tantissime persone e soprattutto di mezza Giunta Comunale con il Sindaco in testa ha fatto capire subito che si trattava di un avvenimento importante;
l'esposizione dei relatori si è rivelata facile da capire, adatta a tutti nonostante la complessità dei temi da trattare;
L'evento è si svolto in un' atmosfera rilassata senza strepiti a parte l'intervento di Zamparini che pretendeva di parlare per primo, giusto per far capire chi è il tizio,
Vediamo la sostanza.
Il senso e le motivazioni dell' incontro sono state bene espresse da Dario Raugna (tanto di cappello) lo scopo era di fornire un' informazione completa e quanto più dettagliata su un evento epocale per Grado che può portare conseguenze pesanti per tantissimo tempo, la lettura di una paginetta scritta nel 1962 che preludeva alla lottizzazione della Pineta ha riportato la memoria ad un' altra lottizzazione epocale;
sappiamo bene come sia finita quella storia che doveva portare alla costruzione della seconda faccia di Grado all' alternativa turistica, ed è stato così finchè non si sono venduti gli appartamenti, dopodichè i cocci ci sono rimasti sul groppone impoverendo le risorse del paese e assistendo con un moto di fastidio all' imbarbarimento di un rione gradese ormai quasi abbandonato.
Ovviamente il risvolto della medaglia è che bisogna vedere se la maggioranza dei gradesi sia d'accordo su questa difesa strenua del territorio, in fondo le elezioni recenti pur confortanti su un risveglio di coscienze hanno premiato una formazione diversa.
Ma grande è stato l'impegno di Liber@ per informare, per mostrare risvolti diversi della medaglia, per rincuorare con il coraggio dimostrato chi coraggio ne ha poco o niente.
Questa cultura del rispetto del territorio, questi discorsi sulle finalità dell' azione amministrativa locale che, secondo me, deve puntare alla salvaguardia del cittadino autoctono anche se bisogna rinunciare a sogni di gloria espansivi che nella nostra Isola sinora hanno saputo solo fare malanni.
Una cultura che privilegi la godibilità del nostro territorio non in maniera egoistica, perchè sono sicuro che la politica del mordi e fuggi anche nel turismo sia fallimentare perchè l'appiattimento dell' offerta non ci può favorire nella competizione spietata dei giorni nostri, usare le nostre specialità è l'unica strada, perchè sono uniche.
Liber@ ha usato un linguaggio ben temperato e la cultura del diritto all' informazione completa che non sono vezzi da fighetti.
La cultura di tutto questo e la consapevolezza nelle scelte è ciò che ci dà dignità, ci libera dalla sottomissione, ci può trasformare finalmente in classe dirigente.
Una parola per il Sindaco che si è comportato con grande dignità e ha rinunciato ai suoi privilegi di primo cittadino, aspettando il proprio turno per parlare come pubblico, come uno di tutti noi.
Bravi a tutti di Liber@ per la perfetta riuscita dell'evento, che sono sicuro avrà numerosi seguiti.
Lunario di Ottobre-Amore Virtuale
Una stagione incredibile, un'estate prolungata oltre ogni previsione possibile, il clima ideale caldo e asciutto.
Assecondando questa stranezza, come lunario di ottobre propongo un mio pensiero scritto agli inizi del mondo virtuale quando le chat andavano di moda, è scritto in lingua perchè le immagini (virtuali) che evoca sono difficilmente descrivibili in gradese senza snaturarlo.
Amore Virtuale
Vederti
senza guardarti...
con l'immagine sfuocata
del pensiero...
Sentirti
senza toccarti...
col desiderio doloroso
della carne...
Amarti
senza averti...
con l'insana illusione
della speranza...
Morire
senza conoscerti...
con il vuoto disperato
in fondo al cuore...
Fiumi di parole
ho versato...
Solo per poter... in fondo...
Avere l'illusione...
Di galleggiare
In un mare di affetti...
E non già perdersi...
Nella landa deserta
dell'oblio...
già...
ma l'Amore virtuale
è una trappola reale...sigh...
prosit...
Ps: Alla mia amata Grado