14 dicembre, 2021

italiani


un tempo. anni fa esisteva un grande capo degliUnni detto Attila che si avvicendavano verso Grado presentandosi verso la base di sototerrena contro l’ isola denominata isola dei busiari; il capo comandata da un vigile capo casoner detto “dei Paligi” ; un’isola dei figi dei   “Corbato” ovviamente il fatto che una banda fosse così forte da fermare un capo banda formidabile , ha creato una fiaba che non sempre si adatta a fatti veritieri.
la poesia di giovanni che è un amico caro rende bene la favola dell’ isola dei busiari.Dai Attila!


Attila.
Ti domandiamo aiuto!
Attila
Non essere cocciuto
qualcosa fa per noi che siam qua
Qualcosa fa per noi!
Su abbi compassione
vien deciso perso il mar
dai...passa il Fossalone
che noi ti aspettiam!
Attila
Su cerca di capire
Attila
Deciditi di venire
a liberarci da schiavitù
a liberare noi
ci stanno li Romani
d' Aquileja e di più giù
son qua da troppi anni
non se ne vanno più.
Attila
Ti domandiamo aiuto!
Attila
sarai il benvenuto
nella Palude fatti veder
e tu ci vieni a liberar!
Le ragazze, le ragazze d' Ambriabella
cantan tutte con ardore
Re degli Unni del mio cuore
or sù ci vieni a ..liberar!


05 dicembre, 2021

S.nicolo

Sté tinti 'sta note màmuli
de no’ fâve becâ in strada,
preché xe San Nicolò
che’l gira duta la contrada.
'L vescovo de Mira
e gran santo de Bari,
‘l va senpre in conpanìa
de quatro diavuli tamanari.
‘L va a castigâ i matissi
e le cossiense vagole,
de quî che in 'sto ano
i à tirao massa le sagole.
Ma se sé stai de sesto
comò che Dio comanda,
meté un piato spanso
de sora la crensa granda.
‘Ndé púo a drumî cuntinti,
a sognâ San Nicolò in pase,
che doman col novo zorno
varé de zugàtuli piene le case.
Doman varé de ciuciâ bunbùni

04 dicembre, 2021

un dosso di sabbia circondato dal mare

c’era una volta, un dosso di sabbia…..crcondato dal mare

d’inverno battuto dalla bora, ma all’ estate baciato da tanto sole.       soprattuttointorno a questo lido, tante conchiglie, che il mare ed il tempo avevano mischiato, integrato con lsabbia

questo dosso bello alto, i nostri avi edificarono il loro borgo:   Grado.

non c’è costruzione antica, non ‘è vecchia costruzione qua nell’ Isola he su questi muri non abbia un impasto con le nostre conchiglie…. con le nostre “Scusse”…. Perchè così si chiamano aGrado le conchiglie— “Scusse”….

piltri,Onge del Signor, Peverasse, caCaravoi.

nei muri delle nostre chiese millenarietra un mattone e l’ altro, le molte sono impregnate da “Scuse”.

e nei resti della chiesa “de Corte” c’è perfino un guscio conchiglia”umana de mar” lumaca di mareintatta nel tempo sta là, bianca, quasi un simbolo.

oi siamo n dosso di sabbia  conchiglie.  “Undosso de Sabion e Scusse”….

clave de s. Pier naridole, onde de la madonna. bisogna conoscere le “Scusse”.

giovanni “stiata”Marchesan.

02 dicembre, 2021

nuvole

Sono questi tempi moderni dove le previsioni del tempo hanno assunto un significato sproporzionato alle vere necessità di ognuno di noi,  siamo bombardati notte e giorno da previsioni in tutte le salse e condimenti.



Un tempo tutto era demandato all'esperienza e alle conoscenze dei vecchi saggi che mescolavano, con grande maestria e  ritualità,  realtà a misticismo.

Ma, alle volte, nonostante la grande perizia che poggiava su conoscenze sperimentate dal tempo, c'erano dei fenomeni atmosferici molto temuti dai pescatori contro i quali si usavano degli espedienti che potevano essere considerati dei veri e propri riti in cui religiosità e magia erano fuse insieme. 


E' di oggi uno di questi fenomeni, "Una caligà in Busatta"  pur annunciata fa sempre paura; per questi fenomeni i nostri vecchi si affidavano ad un rito che aveva ben poco di sacro e molto di misticismo rituale.

Un rito molto poco conosciuto.

La storia della gente di Grado di scritto ha ben poco e tutto si tramandava oralmente, così in generale per rendere più efficaci racconti di fatti che dovevano fare un lungo percorso nel tempo e passare da generazione in generazione li si condiva di mistero e di complesse liturgie mistiche.


Uno di questi è chiamato la Quabita ( una traduzione possibile del termine è:  cantilena) e i pescatori lo usavano contro temporali minacciosi, trombe marine, ma soprattutto contro "le saete"  per la salvezza di tutti coloro che erano in mare.


Il rito veniva compiuto da un vecchio pescatore che disegnava sulla sabbia il Gropo de S.Simon in riva al mare poi, voltando il capo all'indietro, colpiva con un coltello il centro di questo disegno, nel mentre pronunciava:

S.Barbara e S.Simon deliberene de sto lampo e de sto ton e de sta saeta, S.Barbara benedeta.


Non era mai solo sulla riva, c'erano con lui altre persone che pregavano e cercavano di

rispondere alle sue preghiere, quando non ne erano capaci si limitavano

a dire: 

Anche questo come quelo .  (L' origine del culto di Quelo di Guzzantiana memoria)


Me par de vighili, e funzionava!  



Ora lo sapete anche voi nel caso fatelo, male non può fare.  

28 novembre, 2021

alba strana


Serve a farti meditare, al caligo, perché quando non vedi più le cose  con il loro contorno abituale sei costretto a pensarci di più. 


Cerchi di ricordare dove cominciano e dove finiscono le cose, 

che forma hanno quando al caligo non c’è. 

Anche tu pensi e ti ridefinisci, cercandoti in quel lattiginoso bianco che riesci a fatica a respirare: senti che non sei più quello di prima, 

ma una cosa che si ingolferà e nasconderà nei cappotti, nelle sciarpe di lana, 

seppellirà i capelli nei berretti, farà pensieri che prima di uscire allo scoperto  dovranno attraversare strati di stoffe. 


Le parole che usciranno dalla bocca non saranno più parole e basta ma sbuffi di fumo, vapore, caligo anch’esse. 

Perderanno i loro contorni nell’aria invernale. 


Il sole è matematica, al caligo è filosofia. 


Ciò che era così netto prima diventerà fiabesco, per infiltrarsi, 

come al caligo, in volute di fumo tra le lane dei maglioni, 

passare sotto le porte chiuse per paura del freddo e dell’umido. 


E' un' alba strana, Alba de Caligo 


26 novembre, 2021

la centenara


Ai margini del territorio gradese di terra tra Belvedere e Boscat c'era un tempo una grande valle circondata da una grande pineta condotta e vegliata da un Gradenigo del ramo povero dei grandi Dogi di Venezia, pescatore e marinaio delle navi della Repubblica Veneta, ferito in battaglia e premiato dalla Serenissima con un lavoro di tutto riposo e una casa in un feudo marginale:

La Centenara


"Dove il feudo della Centenara affoga nella Palude, un ponte di tavola metteva al casone del guardiano delle peschiere. Faceva quel tugurio posticcio da sentinella, incrostato di conchiglie e circondato da gusci vuoti, guardava la campagna di Aquileia con le nebbie spesse, le sue febbri, i fieni che sul terreno molle crescevano alti come biade"

Così descrive il Caprin la situazione del vecchio soldato e pescatore gradese a guardia di una terra contestata e ceduta ai signori della guerra friulani.


Prima territorio gradese, contestato e ceduto al Patriarca Aquileiese, conquistato dai veneziani ma ceduto ai Savorgnan per premiarli dell'apporto alle guerre della Repubblica, venne da questi ceduto dopo cinque secoli ai Colloredo di Montalbano.


Ci sono varie ipotesi sull'origine del nome:

per alcuni storici deriva dai "centonari" i sarti militari romani che fabbricavano vele e corde per navi, per altri i "Centonarium" erano soldati disboscatori perchè al tempo la Centenara era ricca di alberi che formavano una grande pineta.


Per capire bene qual'e la collocazione geografica della Centenara, oggi è la zona del Campeggio di Belvedere.

23 novembre, 2021

quante scusse

Scusse
Ze i sogni masenai Da onde quete de risaca
Ennio Lugnan
Ze stele sul sabion Un mondo rebaltao Co’l sielo de soto.
Ennio Lugnan

'l scirocco


onda de siroco, onda lirica, onda fluida, musicale.
e' un ancora tra la sabbia  le piere del "reparo"

22 novembre, 2021

i americani de cason


I ne ciameva proprio cussì: ‘mericani. E di che no ‘ndevemo in America, ma li capisso; ili, qui che resteva a Gravo -in Paese, cussì lo ciameveno noltri - i ne vegheva ‘ndà via per mar e i podeva pensà che ‘ndvemo lontan comò in America. Cò son cressuo he capio che i ne toleva in giro e me son mundi rabiao. Ma ‘ndà a cason per noltri fantulini su la prova de la batela gera una gita, tanto vogheva i omini de casa, ma gera musi duri quii che veghevemo e guai a fiatà, te riveva un scapeloto de to mare. Per noltri scuminssieva la Stagion Dopo Pasqua e tu capivi che al ritorno a casa (cason per nol- tri voleva dì casa vera) gera una necessità ma no tanto ben vista da i adulti, perché voleva di ri- tornà a la vita dura che fevemo co geremo là, co dute le scomodità, ma intanto noltri se godevemo al viaso.

20 novembre, 2021

il caligo

C’è un po di caligo, fuori. 
Una colata di umidiccio opaco che si riversa sulle cose attorno. 
Non le ricopre, non le accarezza: le offusca. 
Ha il suo fascino il primo caligo di stagione, qua da noi. 
Arriva come un padrone che torna a casa dopo le vacanze: ha le chiavi di tutte le porte come fosse roba sua. 
Penetra dentro i vicoli, le strade, le porte, fin dentro alle giacche, alle pelle, alle ossa. 
E’ dentro e fuori, non lo puoi evitare o schivarlo, come la malinconia. 
Serve a farti meditare, al caligo, perché quando non vedi più le cose con il loro contorno abituale sei costretto a pensarci di più. 
Cerchi di ricordare dove cominciano e dove finiscono, che forma hanno quando al caligo non c’è. Anche tu pensi e ti ridefinisci, cercandoti in quel lattiginoso bianco che riesci a fatica a respirare: senti che non sei più quello di prima, ma una cosa che si ingolferà e nasconderà nei cappotti, nelle sciarpe di lana, seppellirà i capelli nei berretti, farà pensieri che prima di uscire allo scoperto dovranno attraversare strati di stoffe.
 Le parole che usciranno dalla bocca non saranno più parole e basta, come d’estate, ma sbuffi di fumo, vapore, caligo anch’esse. 
Perderanno i loro contorni nell’aria autunnale. Il sole è matematica, al caligo è filosofia. Ciò che era così netto d’estate diventerà arabesco, per infiltrarsi, come al caligo, in ghirigori tra le lane dei maglioni, passare sotto le porte chiuse per paura del freddo e dell’umido. Le parole, per arrivare d’inverno, devono imparare le astuzie del caligo.
La nebbia arriva così: zac zac zac e avvolge tutto. 
Come una gigantesca carta da pacchi, come un Christo velocissimo ed all’ennesima potenza, imballa ogni cosa: alberi, case, il paesaggio in blocco.
C’è sempre lo stupore della prima nebbia.
 Puoi esserci abituato quanto vuoi, ma ti sorprende. 
Quell’essere circondato da cose che non riconosci più e non senti più tue perché diverse ed indefinite. Il senso di spiazzamento che dà perdere i contorni ed i confini.
Non so se mi piace la nebbia, non l’ho mai capito. 
Mi affascina quel suo sfilacciarsi come lo zucchero filato, appiccicarsi alle cose e deformarle, renderle sfumate; il suo costringerti ad esercitare la memoria e la fantasia per ricostruire la mappa delle tue abitudini, fatta di strade note e di angoli conosciuti. 
Mi piace il suo pervadere tutto, per cui il dentro e il fuori si confondono nell’umidore ghiaccio di un’acqua che non è acqua, è vapore. Mi piacciono le gocce che fanno le equilibriste sulle ragnatele, sospese nel nulla.
Chi come me ama i contorni certi, si fa sempre sorprendere ed affascinare da ciò che certo non è, da ciò che non è conforme, da ciò che è imprevisto.
 Dalla nebbia, che è questo mare di possibilità, sospeso nel nulla, e spesso, come le possibilità, svanisce, subito  nel niente.


16 novembre, 2021

un vero graisan- cesare augusto Marocco


«Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scri‚e, perché il tempo è vicino!» (Apocalisse 1:3).

Amici mi segnalano che un libro parcolare ed inedito “La Pocalisse” di Augusto Cesare Marocco, traduzione in diale‚o gradese del libro sacro “L’Apocalisse di San Giovanni” ha conseguito il 3°Premio 2017 al Concorso di Studi Linguisci «Memorial Angelo Giavazzi». Il concorso è promosso dall’A.L.P. (Associazion Linguìsca Padaneisa) e riservato alle opere di traduzione nelle parlate del gruppo liguisco reto-cisalpino (o padanese), che comprende piemontese, ligure, lombardo, emiliano, romagnolo, veneto, istrioto, romancio, ladino, friulano. Dopo la pubblicazione in gradese del Vangelo di San Marco (2000) e degli Atti degli Apostoli (2002), arriva un ulte- riore importante riconoscimento per il nostro le‚erato scri‚ore e cultore del diale‚o gradese, questa volta per la produzione ancora inedita della traduzione in diale‚o dell’Apocalisse.

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15 novembre, 2021

SICNORI PIAZZA GRANDE A GRADO


La situazione odierna di Grado mi fa ricordare che un tempo l’ amministrazione della cosa pubblica era una cosa seria e che il popolo non era mai oppresso ma semplicemente regolato e poteva partecipare liberamente e contestare l’ eventuale sopraffazione.
A tale proposito è interessante ricordare lo storico richiamo:
"ad Sonum campanae" "La Comunità di Grado chiamata a raccolta dalla campana e dal banditore del Consiglio si raccoglieva nella sala del Palazzo del Conte." 120

12 novembre, 2021

gli asburgo a grado


nel settembre del 1873 il duca Ludovico d'Asburgo venne  grado con il treno fino al Belvedere, dopo avere avuto una terribile tempesta, l'arciduca Alberto d’asburgo, ho visto dei bruttissimi momenti storici e volle ridare un grande un grande interesse per la nostra isola richiedendo a tante teste coronate di mezza europa un po di soldi per un risarcimento. la grande isola di aquileia e grado riuscì a  dare una mano per ripristinare la  grande bellezza storica di aquileia e grado.

11 novembre, 2021

s, maria delle grazie

n ciesa dele Grassie, veveno anche un nascondiglio segreto, soto una piera in tel "ribasso". Un nascondiglio indola che nisun a mai messo ninte a parte monade, ma indola che duto, anche senza dili ai oltri, i ’ndeva spesso a cucà, sperando de catà cussà che. Co entreveno in ciesa, gera la gara per cu che ndeva per primo a alsà quela piera. E una volta semo stai premiai…. al solito mona (che no fasso nomi perché che ’l ze restao uguale, uguale, uguale hahaha) l’ha messo soto la piera 500 lire che i veva robao a so nona. Noltri le veveno catae e semo ndai a tosse le luganeghe co la polenta in sagra dei donaturi, drio l’acquedoto….. Hahahah…. e dopo elo, al ze stao becao de so nona e se le ha ciapae davanti de noltri, che se la rieveno de scondòn……"pachignao de un lazarooooon, varda i tovi amici, co bravi, che no i ruba" ….e zò sberle….hahahahah……che ani…. no gera i telefuni azuri quela volta, e le scopele gera al pane quotidiano. Tu te le ciapivi anche dele mame dei oltri, e to mare, i deva sempre ragion a ele……a busta chiusa, perché tanto, za le saveva che geremo comò qui dele favelas

l lingua.. il gradase

a) canson vece: nel manoscritto, una nota dello stesso Marchesini dice: " Notate dai ricordi di mia fanciullezza sino all'anno 1860 " . È naturalmente molto difficile, se non impossibile dire con esattezza fino a che punto arrivi la 'ricostruzione' e quali siano le parti autenticamente vece. Comunque, la mano del Marchesini si sente già dal secondo frammento e diventa anche fin troppo evidente ne " gli ultimi quattro. Il Caprin non include nel capitolo 'Canti lagunari' le presenti canson vece, mentre per due 'canti' cita il nostro Marchesini (come già accennato nella prefazione, si tratta probabilmente dei canti 9 e 12, i cui motivi si ritrovano in 'Colò e Leta' e 'A cason e in lole'. I primi tre frammenti di questa serie di canson vece vennero pubblicati anonimi nel 1896 (Pagine Friulane, IX,4, 18.6.1896) e, sempre come anonimi, vengono ripresi da M. Cortelazzo (Il dialetto di Grado ecc.), che a proposito della prima canzone nota: "Notissimo il motivo in tutta Italia, ma ancora una volta diluito e distorto nei suoi elementi fondamentali in altri centri, come nella stessa Venezia, dove il verso di avvio ... è subito perduto e confuso con un altro motivo ... mentre a Grado è conservato integralmente il tema della paura delle incursioni turchesche e delle loro conseguenze" . Oltre a qualche lieve differenza di grafia (minzona, Giesù nella ripresa di M. Cortelazzo osserviamo le varianti: che i Turchi ze rivai za quà in marina - Che i vien robah.. - Per dahile ... A Grado la marina di ponente è chiamata Marina de i Turchi. "' 'i minsona: menzionano, dicono.  luoghéme: nascondetemi.

10 novembre, 2021

al savial

al savia   nasce come una calle chiamata sa nincetta ed era una specie di cubo poi liberato nella piazza,(Menego Picolo) che nasce a Grado nel 1850 e vi muore nel 1924, figlio della Grado storica poco conosciuto perchè purista del dialetto antico, attraverso i suoi scritti riusciamo a conoscere l'arcaismo dialettale del vero proto veneto graisan che evita con grande attenzione le contaminazioni del giuliano triestino, proponendo con forza la vigoria del dialetto autentico graisan.



Più che "rappresentarlo" Domenico Marchesini ci "presenta" il microcosmo gradese: un nucleo la cui struttura sociale si esaurisce in pochi elementi: i pescatori di mare e di laguna, gli artigiani e i renaioli. 

E gli artigiani allora si chiamavano "artisti", ed erano artisti che per poter vivere in quella società costruita su un'economia basata sul castrum, del tipo più primitivo dunque, erano spesso costretti a esercitare più "arti" contemporaneamente.


Oltre a ciò, Menego era molto caustico con il potere costituito e non rispamiava nulla e nessuno, non avendo un grande opinione dei cosiddetti:
"Omini insigni"

Che issah val le case
 E i so fundi se sa. 
E ze una vergogna
 De i comandauri 
Che 'i sente e no 'i bada 
Cunsilgi e clamuri, 
Qua, colpa ste suche 
Ze aval monarchia 
Che ‘l pie in Muniçipio
 Va per denastia; 
Scrivan, podestae,
 Deputai ze un'union
E quisti ogni totolo 
Gode a so bon. 
Sti doti riginti, 
De sienza, ben digo, 
Sti 'nsiti adorai 
Fra tanto caligo, 
Cu sa afah la soma, 
Cu afah ‘l calegher, 
Cu 'ntaca butuni,
Cu fa ‘l campaner. 
Si queste sapienze 
De laura e çitae 
Che al zuogo de stropa
 'Le ze 'ndotorae 
'Le sta in sta baraca 
De Ufissio che ‘l val 
Per regehne a causa 
E pro de ‘l pivial. 
Un minimo di glossario perchè il dialetto usato dal Marchesini è veramente ostico
ze aval monarchia: sembra una monarchia; 
va per denastia: La tradizione  ricorda le famegie de la bala de oro (la bala con cui si esprimeva il voto nel Consiglio), "le quali per antico privilegio si tramandavano il diritto di occupare le cariche supreme"
ogni tòtolo: diminutivo di toto 'chicco', 'grano' (es. i toti del Rosario); la stessa parola indica però anche quell'insetto grigio scuro di forma ovoidale che a Grado era frequente abitatore dei pianterreni umidi e bui: oniscus murarius 'anisca'. 
Il 'nsiti: insetti. 
caliga: nebbia, fumo; qui 'incensamenti' e sim.; è il latino caliga 'caligine'. la soma: la somma. 
'ntaca butuni: attacca bottoni, cioè fa il sarto.
de laura e çitae: laureati e cittadini. 
zuogo de stropa: un gioco di carte. 
'ndotorae: gioco di parole tra il significato concreto 'laureate' e l'allusione a una modalità del gioco di carte, per cui chi perde e vuoI continuare a giocare deve pagare di nuova la posta. 
che 'l val: buono solo a .. 


09 novembre, 2021

perle


‘Na vela  di aldo tognon


‘Na vela che ormai xe lontan xe ‘sto amor, che ‘l vento la pòrta senpre più in là. ’Na vela co’ i culuri smarii, che no’ l’à più nissun che la guida e la fâssa tornà. ‘Na vela co’l nostro destin che s’à perso e confuse ‘nte’l scuro e ‘nte’l fondo de’l mar, che la se pòrta via i nostri sogni, le speranse e le nostre ilusion e che pe’ oltri mari lontan li portarà.

‘Na vela che ormai xe lontan xe ‘sto amor, che ‘l vento la pòrta senpre più in là. ’Na vela co’ i culuri smarii, che no’ l’à più nissun che la guida e la fâssa tornà. Un vento che la sbùrta lontan xe ‘sto mal che à ciapao i nostri cuori che no’ i ciàcola più: xe comò ‘l vento fredo d’inverno, comò in meso d’un temporal, ch ‘l te ‘ngèla anche l’anema e ‘l pòl fate ‘fondà.   . tognon

08 novembre, 2021

nel 1900


Nel 1900 a Grado c’erano 3.989 abitanti e 430 case di abitazione. 

Gli ospiti in cura avevano a disposizione 8 alberghi, 6 locande e numerosi 

affittacamere per un totale di 430 camere circa. 

L’anno dopo l’offerta aumentò di 125 camere, grazie 

alle 5 ville Bianchi (85 camere e 10 stanze uso cucina), 

Degrassi Giovanni (10 camere), Marini Giovanni (10 camere), 

Marchesini dott. Domenico (20 camere, via ai Bagni, numero civico 434). 

Nel 1902 infine entrarono in esercizio le case di

Marocco Giovanni fu Romano, 16 camere, via ai Bagni, civico n. 444.

Zuliani Ermagora, 20 camere, piazza della Corte, n. 155.

Marchesan Matteo, 8 camere, piazza del Porto, n. 21.

Tognon Giovanni, 5 camere, campiello della Torre, n. 253.

A questa data mi piace far notare che le due iniziative più importanti sono dei goriziani Fonzari (1897) e baron Bianchi (1901). Poi (dal 1903) arriveranno 

gli stranieri: Scheid-Auchentaller, Donner, Oransz, Gscheider, 

Zipser, Mannheimer, Stepka, Mullich, Patscheider, Mueller, 

Goldberger, Eder, Hoffmann-Eckerl, Ostensetzer, Los, Anbelang, Khuner, Warner, Horak, ecc. e Grado ospiterà i più bei nomi 

della nobiltà e dell’alta borghesia austro-ungarica. Gli ospiti arrivavano sull’isola

da Aquileia o da Trieste con piroscafi o vaporini. 

(La piantina di Grado è della fine del 1901)

07 novembre, 2021

la chiesa di s. rocco


Inansi duto San Rocco more e vien fato Santo nel '300 inoltrao quindi la intitolasion al santo no pol esse risalente a 100 ani prima cioè nel '200...prima che al santo adiritura nasessa (*1295).

Sigondo...esiste un documento a Venesia e in copia originale a Gorisia che dise esattamente quando la ciesa xe stagia consacragia. Al documento xe una copia del '700 de un documento più antico risalente alla segonda metà del '500. Al documento xe stao scritto de frate Marco Antonio Lucis custode de la ciesa dopo esse stao custode a San Pietro d'Orio. Al Lucis dize che scavando sotto l'altar per "rifar la mensa" l'ha catao una cassetta co de le reliquie e all'interno gera una pergamena datagia che porta la descrision de l'atto de consacrasion de la ciesa. (Desso no me ricordo esattamente la data ma o xe 1556 o 1576) e a consacrala vien Julius Aegidius Sifchius episcopus Caporoleanus. Cioè Giulio Egidio Soperchio vescovo de Caorle( atension che al Lucis ricopiando al scrive f al posto de l'abreviasion per quindi Sifchius al posto de Soperchius e al ricopia mal anche la data a causa evidentemente de la corrosion de la pergamena original). Al Soperchio xe stao un dei personaggi più importanti del Concilio de Trento e al gera famoso per esse un gran consacrator de oratori e ciese, in perfetta linea co le direttive conciliari. Al documento quindi spiega ben al fatto che la ciesa no xe mai citagia nelle visite pastorali antecedenti a tale data(1512 e 1556). La sala, in origine la gera retangolar e sensa campanil( che xe dute agiunte '800sche) e le finestre gera solo do lunette manieriste, cioè i archi de qui orridi finestruni che xe desso. Perchè la sia stagia efetivamente costruia no se sa anche se se pol ipotizà che servissa un santo novo a cui rivolge la pietà popolar in otemperansa alle disposisiuni conciliari. (S.Rocco gera mundi diffuso a Venesia e in duta Italia, in alternativa a santi che gera ormai massa antichi). Quindi la ciesa la pol esse stagia costruia un o al massimo do ani prima de la consacrasion ma siguramente non nel '200. Virgilio Degrassi invese sostiniva de ve catao soto delle fondamenta paleocristiane ma no esiste nissuna certesaa e indagine stratigrafica a riguardo. Roba curiosa...l'architeto al voleva ghitala zozo per costruì una casa popolar (me ricordo de ve visto anche al progetto...tipo casa tonda ma no la gera tonda). Una curiosità...al Lucis xe stao anche al primo ricercator de documinti de Gravo presso la canceleria de Gravo e al dize che i gera za nel '700 "tutti sfascicoladi e rovinadi da sorzi e umidità" quindi al rogo inglese deve ve fato mundi pochi danni rispeto all'incuria dei aministraturi graisani.  da cristiano meneghel

06 novembre, 2021

san roco a grado


(a eli che lo desdegna e pastrocia)

In veritae, capindo fa despeto, Che a Gravo mundi 'i 'ntenda pe sbravura A despreziah la patria in garghe 'speto 'Gnoranti de lenguistiga cultura. De 'ntoscanah vernaculi ze s-cieto Che 'ncuo 'I progresso vogia, e se procura Ma pur tra 'sti compari de dialeto Me sta che faga rieh e che desfigura. Si ze stomegarie che no le ha paria Che col tocah de l'eco o del somaro Più de un, int'i descursi per dahse aria A Dante e çiçeron j tò '1 tabaro; Fiorentinae de stampa straordenaria 'I te spua drento senza vegheh ciaro. E quii che se pretende indotorai e de savehlo ben, senza aveh base 'I merita, lafè, d'esseh impalai Senza 'ncolpah filologia che tase.

05 novembre, 2021

cul de muro (calle del palazzo)


Calle Degrassi


Picola, bela

trentasie passi

‘na tabela…

scuminsiagia e fenia.

Gera un balaor per soltà

una caneva per scondese

un saliso per zugà

e la fantasia…


Poche porte e tanti barcuni

al longo muro

de la casa dii “Fumi”

da una parte “Piasseta”

cò la Madona Mora

de l’ oltra Portanova

E sempre, ogni ora,

pescauri arte in spala

femene mastela in testa…


Cù passeva

Cù qua logheva

qua viveva, pativa, zugiva…

‘Desso

trentasie passi

‘na tabela…

tante case svode

Calle Degrassi 

no ze più quela.

04 novembre, 2021

vento amaro


Un mondo aspro che sa di amaro e di sale come le alghe dei suoi lidi. E proprio per la visibile asprezza di questa sfera isolana dobbiamo render merito al Marchesini del suo amore per essa, un amore per cui - unica idealizzazione - la ristrettezza della quotidianità quasi scompare per far posto a un paese di favola, dove si fanno pesche miracolose e il denaro guadagnato si spartisce a peso , e i s-ciopeteri raccolgono prede prodigiose che farebbero impallidire d'invidia i cacciatori d'oggi. Esagerazione sentimentale? Ma i fondali nereggianti di anitre sono anche immagine dei miei ricordi.

03 novembre, 2021

MUSEO


L’idea di allestire un museo nell’ex canonica di Grado è nata da un’amministrazione passata con un vizio di origine,
senza (purtroppo) che fosse garantito il materiale da poter esporre tale da giustificare l’iniziativa. L’amministrazione
comunale attuale ha dato una svolta razionale alla questione concependo il museo, a quanto si sa, come un percorso
intellettuale-documentale-iconografico della storia di Grado nei secoli che può essere molto interessante da come
verrà allestito. Ora, tuttavia, si mette in primo piano il tesoro del Duomo come indispensabile oggetto di esposizione
nel futuro museo. A parte il fatto che togliere alla Chiesa il tesoro per relegarlo in un museo sarebbe un vulnus
all’antica fede dei gradesi, non pare che ciò sia neppure necessario alla ratio espositiva come descritta virtualmente
sulla cronaca locale. Ma se proprio fosse necessario esporre anche il tesoro nel percorso del museo, questo potrebbe
rimanere al suo posto in chiesa ed essere incluso nel percorso museale esterno garantendo la dovuta sicurezza. Per
chi non lo sapesse il tesoro è costituito dalla pala d’altare (basilica Sant’Eufemia) pervenuta in dono da Venezia alla
“chiesa madre” di Grado, dalla reliquia della Santa Croce, da alcune croci e alcune capselle reliquiario, tutti oggetti
consacrati di chiesa. Ricordiamoci che in tempi passati ci fu un parroco (gradese!) che passò i suoi guai non avendo
consentito, occultandolo, la visione laica e mondana del tesoro di chiesa.
Eppure ci sarebbe qualcosa di più semplice e forse piú importante: il museo della pesca, del turismo, del lavoro in spiaggia, della flora e della fauna lagunare, dei casoni, ecc. Molte comunità, marine e montane, hanno scelto di tramandare con buona volontà la propria cultura attraverso gli oggetti del lavoro e della natura circostante. Chissà che anche Grado non riesca a fare questo, prima che attrezzi e attrezzaure storiche spariscano del tutto e non si trovi piú nessuno che le conservi e le doni ad un museo civico di tutti.

02 novembre, 2021

il patriarca elia


il terzo canto del patriarca elia.dito anche la chiesa granda.
se sa che al primo canto al ze sta costruita incetta nel 454ed un se condo canto sempre del vescovo incetta nel 485, ma alla fine de distruzioni e saccheggio stai al vescovo elia nel 579 rifece  sl terzo canto la chiesa sepoltura veghela nel quDRATO DEL FONDO DI S,EUFEMIA,, TANTE GARUSE LE ZE ANCORA DESTINAO A FA LA MALTA DELL' ALTARE.
UNA POESIA DI GIOVANNI MARCHESAN  DESCRIVE LSA SUA OPERA:
RADO: NON C'è COSTRUZIONE ANTICA, QUA NELL'ISOLA CHESU QUESI MURINON AVBBIA UN UMPASTO CON LE NOSTRE CONCHIGLIE, CON LE NOSTRE SCUSSE.
E NEI RESTI DELLA CIESA DE CORTE C'è U GUSCIO CON NOI SABION E SCUSSE-
CIAVE DES.PIRE NARIDOLE . ONDE DE LA MADONA.
BISOGNA CONOSCER LE SCUSSE.

01 novembre, 2021

il calendario romano


In questo calendario furono assimilati anche i Nomi Romani dei Mesi dell'Anno che nel tempo subirono piccole variazioni di forma fino a trasformarsi nei nomi che tutti noi conosciamo oggi e che sono "Gennaio" (Ianuarius), "Febbraio" (Februarius), "Marzo" (Martius), "Aprile" (Aprilis), "Maggio" (Maius), "Giugno" (Iunius), "Luglio" (Iulius), "Agosto" (Augustus), "Settembre" (September), "Ottobre" (October), "Novembre" (November) e "Dicembre" (December). Per quanto riguarda il termine "calendario", esso ha origine dalla parola "calende" (dal latino calendae che significa "calare") che a sua volta deriva dal greco "kalein" (convocare) e che veniva usata dai Romani per indicare il primo giorno di ogni mese in cui organizzavano feste e giochi.

31 ottobre, 2021

la trata


Il Banco di sabbia a ponente di Grado identificato sempre come Banco Dorio inizia invece con il primo Banco denominato "dei Tratauri" per intenderci è quello quasi scomparso con le mareggiate di quattro anni fa. L'origine del nome viene da un sistema di pesca che ormai non si pratica quasi più— la trata.

29 ottobre, 2021

mamma hooligan





HOOLIGAN LOVE


Mamma mamma
amo un hooligano
e' biondo e' forte
e viene da lontano
c'ha tatuata sulla schiena 
una splendida sirena
c'ha tatuate tibie e teschio
sull'avambraccio destro
c'ha tatuato sul coppino
un panorama di Dublino
c'ha tatuate sul pipi'
le parole di Let it Be
Puzza di sudore come cento militari
fa dei rutti di birra che sembra una Ferrari
mangia gli spaghetti conditi col Campari
c'ha delle scarpe bianche che sembran calamari
e' violento e britannico
quando lo abbraccio vomito
ma se penso a Montezemolo
e pur sempre il massimo.


26 ottobre, 2021

l' isola de cason


L' Isola

Impinisse al vardo del


verde impissao de la tera


dopo, 'spetà l' ultima curva,


serà i vogi e verzeli


in mezo a l' azuro


tra sielo e mar, in una


luse bianca che


che se slonga fin a la prima


fila de case e pò oltra


la curva linea de l' orizonte.


Sentisse suspisi su quela


strada pusagia su l' aqua


e vardasse  'torno 


sercando un porto più


siguro: strisse de sabion e


garghe fassoleto de tera         


i rompe la linea


tremolante de le onde                                                                             


 e l' isola la par salda


anche se gambia i confini.


25 ottobre, 2021

menego picolo


Un mondo aspro che sa di amaro e di sale come le alghe dei suoi lidi. E proprio per la visibile asprezza di questa sfera isolana dobbiamo render merito al Marchesini del suo amore per essa, un amore per cui - unica idealizzazione - la ristrettezza della quotidianità quasi scompare per far posto a un paese di favola, dove si fanno pesche miracolose e il denaro guadagnato si spartisce a peso , e i s-ciopeteri raccolgono prede prodigiose che farebbero impallidire d'invidia i cacciatori d'oggi. Esagerazione sentimentale? Ma i fondali nereggianti di anitre sono anche immagine dei miei ricordi.

23 ottobre, 2021

le essere


Visti i tempi grami ripropongo una serie di antichi mestieri di facile accesso e, con piccoli accorgimenti per l' adattamento al modernismo, praticabili da chiunque, non si sa mai.

Iniziamo per "creansa ed educassione" dai mestieri femminili.

A riprova dell' importanza dell' immagine femminile nella storia della nostra comunità c'è una figura che interpreta perfettamente la continuità e l' integrazione dei ruoli nella famiglia tipica gradese di tempo fa.


Una figura simbolo della nostra comunità è sempre stata la pessera che dava senso e continuità al lavoro maschile per eccellenza: la pesca.

Donne coraggiose e intraprendenti che con bici scassate o con autobus improbabili, facevano il giro del Friuli offrendo il prodotto dei loro uomini, il Pesce.

Il pesce, simbolo cristiano fin dai primi secoli della Chiesa, è entrato nella cultura e nella tradizione popolare come un alimento di "precetto", prima ancora di essere ritenuto un alimento sano e nutriente ricco d'alto valore proteico. 

Per assolvere a questo precetto cristiano, durante la quaresima, il venerdì e nelle vigilie importanti durante l'anno, le famiglie strettamente osservanti si sacrificavano pur di consumare nei giorni stabiliti il pesce o i frutti di mare. 

Sono state le donne artefici di questo mestiere, a perpetuare un rito … quasi a sostegno dell'anima! 

Con le prime biciclette ripongono sardelle, masanete, seppie, acquadelle, gamberetti … in pesanti cassette coperte di sacchi bagnati. 


All' alba il rientro con il Mercato Ittico sempre aperto, alle 5 iniziava l'asta.

A essere servite per prime, sempre e in ogni caso, le pessere che, chi con la corriera, chi con il triciclo cominciavano la loro giornata di vendita.

Mariana, Bernardina, Stefania Trotola, Nina Ciate, Ristea, Tosca, Maria Pastoricia questi i nomi di alcune di loro che vivevano in simbiosi con i pescatori e il loro prodotto. 


Torneranno a tardo pomeriggio con cassette ora ricolme d'uova, qualche gallina, farina per la polenta, qualche cotechino, perchè era il baratto il loro mestiere. 


Ho il vago timore che il baratto sarà anche il nostro mestiere. 

A me è già capitato di farmi aggiustare la bici e pagare in "pedoci".