Lettera di Paolo BusdonLe norme sono fatte per essere rispettate. A dir la verità in questa pratica noi italiani non siamo proprio dei campioni perché, troppo spesso, consideriamo le regole un impedimento al raggiungimento dei nostri scopi personali.
Andiamo per ordine.
Vi siete mai chiesti perché si chiamano norme? Perché sono delle enunciazioni volte a dettare dei comportamenti condivisi secondo valori presenti all’interno di un gruppo sociale e pertanto definiti “normali”. Sono, in sostanza, regole finalizzate a dettare comportamenti degli appartenenti ad un gruppo, per assicurare la sua sopravvivenza prefiggendosi il raggiungimento di “fini ritenuti preminenti”. E’ evidente, quindi, che le norme debbano avere un carattere dinamico legato appunto alle mutazioni del contesto sociale e del sentire comune che, mutando nel tempo, può presentare sensibilità diverse rispetto a specifici argomenti. A voler fare esempi estremi, rileviamo che fino al 1948 in Italia c’era una norma che consentiva la pena di morte, pratica ora ritenuta non solo sbagliata ma addirittura inaccettabile.
In questo panorama evolutivo va inserita pure l
a norma comunale che non consente di effettuare le riprese in Consiglio Comunale. Non mi addentro nell’analisi del perché una simile regola fosse stata introdotta,
mi limito a rilevare che “fini collettivi” ritenuti ora preminenti (trasparenza in primo luogo) la fanno diventare “non normale” perdendo quella caratteristica che, almeno dal punto di vista semantico, le assegnava dignità di regola condivisa.Questo cosa significa, che quando riteniamo una “norma” superata non siamo tenuti a rispettarla? Certo che no! È necessario in questo caso attivare un iter legislativo che consenta di individuare altre regole condivise per cambiare le norme obsolete con delle nuove.
Relativamente alle disposizioni comunali che non consentono di effettuare riprese e registrazioni in Consiglio, l’iter per il loro cambiamento è iniziato circa un anno fa per volontà dell’attuale maggioranza (allora opposizione) che ha preteso, con una forte presa di posizione, che fosse videoripreso da un “soggetto privato” (Maricchio Sandro) quello che è stato l’ultimo consiglio comunale dell’era Olivotto.
Cosa è successo quindi? Il regolamento non è stato cambiato ma, la massima assise cittadina (quella che ha il potere di cambiare le regole), ha concesso una “deroga” iniziando di fatto un percorso che non poteva che concludersi con l’adozione di un nuovo regolamento. Perché, altrimenti, che senso avrebbe avuto una deroga “una tantum” su questo argomento? Infatti nel consiglio comunale successivo, il primo dell’era Maricchio (Edoardo), è stata rinnovata questa deroga per consentire le riprese, consolidando “de facto” questo regime transitorio in attesa della sua naturale conclusione in sede legislativa.
Prova ne è che il neo eletto Sindaco, il giorno dopo la sua elezione ha dichiarato al giornale il Piccolo: “immediata modifica dello statuto comunale relativamente alle autorizzazioni per le riprese televisive e le fotografie che da più di qualche anno erano vietate, salvo qualche deroga concessa di volta in volta su votazione del consiglio. Maricchio intende autorizzare tutti i media a svolgere il loro servizio liberamente per dimostrare sin dall’inizio la trasparenza del suo mandato. Tutti devono poter sapere e conoscere quanto avviene nel palazzo.”
Al secondo consiglio comunale, invece, questo iter riformatore si interrompe e “tutti” i membri presenti della attuale maggioranza decidono di vietare le riprese dei consigli comunali interrompendo la fase di transizione prima ricordata; attuale maggioranza che, ricordiamo ancora, era animata dai migliori intenti di trasparenza, quando stava in minoranza, mentre ora avrebbe dovuto concretizzare immediatamente tali propositi in un nuovo regolamento comunale.
Ma perché questo repentino cambio di posizione? Lo ha spiegato bene il consigliere Zanetti in Consiglio Comunale il quale, pur risultando l’ultimo degli eletti per quantità di voti ricevuti, è il Capogruppo, cioè il portavoce della maggioranza:
“Che Sbrissa ‘l Bisato possa, come elemento soggettivo, venire qui dentro (a riprendere) e poi commentare a suo piacimento è completamente ingiusto, ….. per cui “NOI” siamo assolutamente contrari a cambiare il regolamento comunale”.
Il capogruppo che si esprime con un “NOI siamo contrari..”, non contraddetto o corretto, parla anche per conto di Elisa Polo, Andrea Felluga, Emiliano Gordini, Giambattista Di Mercurio, Riccardo Ronchiato, Flavio Troian, Sergio Camuffo e Silvano De Monte, chiarendo che tutti sono contrari a modificare il Regolamento Comunale. Anche il Sindaco Edoardo Maricchio votando con la sua maggioranza contraddice le dichiarazioni rese solo venti giorni prima.
Un improvviso e brusco cambio di direzione dettato dal fatto che alla maggioranza non piace che le persone “commentino a proprio piacimento”.
Non sottolineo la stortura dal punto di vista della visione democratica che lorsignori hanno, sarà oggetto di altre riflessioni, volevo solamente far comprendere il quadro di insieme che ci propongono e quali sono i principi che li ispirano per l’amministrazione del paese.
Ricordavo all’inizio il significato lessicale della parola “norma”. Nella sostanza però, la norma, oltre ad altre peculiarità, deve possedere caratteri di “astrattezza” e di “generalità” in quanto non può essere preso in considerazione un caso singolo e specifico, ma deve prevedere e regolare situazioni generali ed ipotetiche. Questi Signori, invece, oltre a esibire un insufficiente livello di percezione delle regole democratiche, dimostrano una attenzione, non tanto a garantire i principi che ho sopra esposto, ma a fatti personali o ripicche nei confronti di chi non la pensa o non dice ciò che a loro comoda.
Davvero un brutto inizio!Paolo Busdon