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06 maggio, 2007

Radici


Vedi, caro pippo, io pur essendo critico, non contro, con chi regge le sorti del mio paese sono un graisan profondamente radicato e orgoglioso di esserlo. Io difendo, per quel che posso, le radici il dialetto la tradizione, tutto quello insomma per cui la nostra gente è ancora qui con punte di emigrazione nei momenti brutti molto ridotte rispetto a quelle del Friuli e di Marano Lagunare. La nostra gente merita rispetto. A tale proposito ti propongo le motivazioni per cui è stato premiato nel 1951 Biagio Marin con "I canti dell'Isola" ad un concorso di poesia dialettale a Verona aperto a tutte le regioni italiane il premio Barbarani:

Una voce che parla e canta in una lingua che è la nostra e non è, che ci viene da misteriose lontananze, che ridesta in noi memorie secolari. La sua è una lingua che i padri nostri avevano parlato dal Timavo al po all' Adige, collegandosi col toscano e col marchigiano, attraverso il ponte emiliano, col dalmatico a oriente, col ladino delle Alpi; la lingua da cui era venuto, nelle prime avventure della sua grande storia, il veneziano delle isole; l'antico veneto di terraferma, su cui in seguito s'era disteso, variamente mutandosi, il parlare dei Signori del Mar. Questo dappertutto s'era imposto, costeggiando l'Istria e la Dalmazia, risalendo le valli del Piave e dell'Adige; soltanto la lingua dell' Isola aveva resistito alla lingua delle Isole, ancora resiste, nell' Isola di Grado.

Capito? Se ha resistito il nostro dialetto perchè non dovremmo farlo noi?
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1 commento:

Anonimo ha detto...

Ammiro la tua concezione di Graisanità e la condivido pienamente ma ti posso assicurare che siamo pochi. Qui prevale ancora il concetto di Graisanità individuabile nel DNA, per fortuna non è così. Su questo argomento Biagio Marin aveva espresso commenti molto severi che avevano provocato qualche malumore. Sono daccordo con te che la nostra gente merita rispetto e io non credo di avergliene mancato dicendo che in 1600 anni non è cambiato molto. Credo che i gradesi debbano resistere come il proprio dialetto. Bisognerebbe che capissero a cosa resistere. Quando vedo come è stata trasformata Grado non ho l'impressione che ci sia stata molta resistenza. Al contrario nelle valli ladine dell'alto adige dove anno resistito per secoli le tradizioni non si sono visti gli scempi urbanistici che hanno martoriato Grado. Non è sufficente il teorema delle 3B (boreto, batela, bicer) per mantenere vive le proprie tradizioni e la propria cultura, bisogna voler bene al proprio paese.
Da profondo ammiratore degli scritti di Biagio Marin ti consiglierei di leggere il discorso che ha fatto per l'80° anniversario dell'Azienda di Cura e Soggiorno di Grado. Dopo averlo letto interpreteresti le mie parole con meno severità.

Ciao, Pippo

P.S. Se non lo trovi sarà un piacere per me procurarti una copia.