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30 luglio, 2023

IL CAMPANILE DI GRADO

 

La  storia, si sa,  la scrivono i vincitori, ma certe storie venivano letteralmente piegate per piaggeria a favore dei potenti di turno (capita anche oggi), così  a rileggere le cronache antiche con un occhio ironico, oltre che a far sorridere,  può capitare di ritrovare un fondo di verità.


"Così il Popolo gioiva ... Dal 727 al 1445 l'Isola ebbe 60 Patriarchi

Dico sessanta! ..... "Chichìricchì ...la gallina Santa!" 

Il primo Patriarca fu Secondo ... "Come secondo!!!


Sì... volevo dire ...Il primo Patriarca fu Secondo di Saluzzo e via via tutti gli altri - Niceta, Helia e Macedonio greci, Pietro d' Almy e Frà Vassely de Franza ... Vitaliano della Lucania e poi, Marcelliano e Paolino romani... - "E te pareva! .. - 


E fra tanti personaggi illustri e cosmopoliti, non poteva mancarne uno di origine isolana.

Il grande Patriarca Gradenigo della nobile famiglia Romano-Gràdense dei Gradonici 


Egli dimostrò un amore viscerale per le sue genti e per la sua Isola ... 

Tanto che fu il primo patriarca a lasciare la sede di Grado per stabilirsi a Venezia! 

Povera Isola del sale ... pardon .. del Sole!

... Con la dipartita del Patriarca per altri lidi .. anzi, precisamente per il Lido di Venezia ... anche i già presenti "portaborse" e affaristi-furbacchioni abbandonarono l'Isola per stabilirsi nella "niova capital Vinessia" ...


Là, dove il Leonealato ruggiva e la moneta girava.....( le cronache riportano che anche una parte della famiglia Lugnani  seguì il grande Patriarca,  eee   meee....).



Liberamente tratto dalla Commedia"Duemila anni di Sabione"di Giovanni Marchesan - Stiata -  cronache storiche (scritte da parenti) dei Gradenigo e della loro corte dei miracoli.


           Buora .. umiditàe,calìgo

Gradense sì! .. ma mona nò! 

Ve saludo ..Adio amigo!... 


A Vinessia vago 

Là xe Vita,la Dogaressa La Biennale 

A qua no stago 

A Grao se vive male

Adio amigo 

Me me ciamo Gradenigo 

E savè quel che Ve digo?

'Sto paese no val un figo! 

Adio Grao... Grao 

Belo de fora ... 

Drento s...magliante! “



Sono   tempi questi dove un tutore è necessario per vegliare sui nostri destini, noi "graisani" siamo fortunati abbiamo l' anzolo S. Michele che dal 1460 veglia sulle nostre sorti, con discreto successo, chè nonostante tutto siamo ancora qui a continuare le nostre baruffe.


Vediamo la storia di quest' Anzolo a tutti noi così caro: 


Nel 1460 i Veneziani fecero riattare il campanile di Grado e sulla sua cuspide collocarono, a mo' di segna-vento, un angelo di rame con anima di legno ruotante su di un perno. 

L'Angelo, alto circa un metro e mezzo, in metallo cavo, raffigurava l'Arcangelo S.Michele che indicava con il braccio e l'indice destro distesi la provenienza del vento, per effetto della resistenza all'aria offerta dalle ali semispiegate. 


Bruno Scaramuzza, con la solita gentilezza mi fa annotare:


 Dall'inedita Storia di Grado (1862) di Pre Matteo Corbato:

 

"Non avendo a disposizione documenti di Archivio (bruciato dagli Inglesi nel 1810), i vecchi viventi ragionando del nostro campanile ci fan sapere, avendo co' loro occhi veduto, che l'Angelo attuale di rame, fu messo in luogo dell'antecedente nell'anno 1791 in cui un fulmine incendiò l'interno del vecchio Angelo ch'era di legno, il quale ardendo gettò giù a pezzi le lamine di rame, di cui esternamente era coperto. 

Nel 1797 poi un uragano avendo piegato il palo ossia perno che lo sostiene per cui l'Angelo era pur piegato, questo fu motivo per cui venne tirato giù lo stesso Angelo, e tornato a metterlo su, nel qual incontro fu restaurato anche il campanile. L'ultimo restauro fu fatto nel 1860 in cui si spendettero fiorini 1.000, restauro però non ancora completato per mancanza di mezzi".

Questo è quanto apprendiamo dal buon Pre Matio dii Sucuni


Nel 1875 esso venne sostituito dall'attuale manufatto alto 2,80 mt, pure esso in rame cavo, opera dello scultore udinese, Olimpio Cescutti, recante un giglio nella mano sinistra che si spezzò durante una bufera di vento e cadde senza provocare danni


Riparato sul posto una prima volta dall'artigiano Tripoli Zorzini nel 1951, venne poi rimosso dal suo sostegno portato a terra e nuovamente riparato, ricollocandogli il giglio in mano dallo stesso artigiano nel 1967. 


A quest'Anzolo noi graisani siamo attaccatissimi, gli attribuiamo un enorme potere di attrazione e la nostalgia di cui tutti più o meno soffrono quando sono lontani dall'isola. 


Dall' alto dei suoi 43 metri San Michele vigila sui destini del paese che si stende sotto di lui. 


Da secoli alla sua ombra ferve una vita operosa con un susseguirsi di grandi e piccoli avvenimenti che formano la storia della nostra Isola. 


San Michele guarda, richiama e vigila che nulla vada perduto di quanto di buono vi è nei Gradesi e che deve restare il nostro patrimonio spirituale nei secoli.  


Gli ultimi momenti tempestosi dell' Agelo Vecio nel  1797  li ho immaginati così:






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29 luglio, 2023

LAGUNA-DA MORGO A S.GIULIANO


 Deviazione verso Morgo


Tenendosi a sinistra e lasciando il Canale di S.Pietro, si solca il Fondale Nassion (nome che deriva da Natisone, che probabilmente in tempi antichi sfociava qui).  

Si è al centro di un vasto spazio lagunare, racchiuso tra le isole di argine (Marina dei Manzi, Marina de Macia e Morgo) a sudovest e varie mote a nordest.

Questa parte del percorso va fatta, almeno la prima volta, con qualche conoscitore della laguna: il canale non è segnato e bisogna fare molta attenzione per seguire il percorso tra le mee. 

Prendendo il canaletto interno si giunge al bivio tra il canale che porta a Morgo e quello che prosegue verso Marina de Macia. 

L’Isola di Morgo è una delle più estese della Laguna e una delle poche adatte anche all’agricoltura. L’Isola era proprietà della famiglia Auchentaller, molto nota a Grado ai tempi dell’Impero Austroungarico anche per la proprietà della Pension Fortino. L’isola era coltivata da molti pescatori che abitavano nella vicina Isola Marina de Macia.

Dopo l’eventuale visita dell’Isola, si ritorna, per lo stesso percorso, sul Canale di S.Pietro.


Ritornati sul canale, si prosegue tenendo la destra e allacciandosi al Canale de le Mee. Sulla destra si intravvede l’Isola dei Orbi.

Proseguendo per un bel tratto sul canale de le Mee, si giunge al bivio con il Canale de la Taiada, che porta alla Natissa e quindi Aquileia. 

Si prende a sinistra ove il canale si restringe fino a diventare piuttosto stretto tra le mote. 


A destra sorge uno dei più frequentati casoni gradesi, grazie alla cortesia e alla disponibilità del proprietario Vitige Gaddi, conosciutissimo casonaro. L’isola è pavesata a festa e grande si offre al vento il gonfalone giallonero dell’Imperatore austriaco. Il casone è meta di molti importanti personaggi, quasi tutti immortalati e fotografati nel libro delle firme che Vitige conserva con orgoglio. 


Si prosegue per un lungo tratto costeggiando mote e argini con un variopinto susseguirsi di casoni.

Il panorama, soprattutto nelle giornate fresche e limpide, spazia su Aquileia fin verso le Prealpi e le Alpi Giulie. 

Il percorso è ben segnalato, ma si deve fare particolare attenzione durante le basse maree poiché la profondità è minima e si rischia di toccare il fondo.

Continuando la navigazione lungo il Taglio Nuovo si può osservare un fenomeno naturale che normalmente sfugge ai più: si incrocia infatti lo spartiacque. 

Per effetto della curvatura della terra l’acqua si ferma, esaurisce la spinta di corrente e dopo poche decine di metri inverte il senso di marcia.

Si oltrepassa l’imbocco del canale di Morgo, che resta a sinistra.

Il corso antico della Natissa sboccava esattamente in questo punto. 

Girando lo sguardo a nord verso Aquileia si intravvede il suo campanile e si può notare una casa rossa: é la località Panigai che segna l’imbocco attuale del Fiume. 

I pescatori l’hanno denominato in epoche successive Fiume Seco ( o Canal Secco), ricordandone l’antico ruolo. Anticamente il fiume costituiva una via d’acqua  fondamentale poichè portava direttamente ad Aquileia e costituiva l’unica possibilità per il passaggio delle chiatte e delle piccole imbarcazioni da trasporto merci. 

Il Natissa si colmò di sabbia dopo la grande alluvione del 589 d.c.


Seconda deviazione verso Morgo


Prendendo a sinistra il canale di Morgo, sul lato destro scorre l’argine della valle Noghera, la più grande delle valli lagunari con una moderna vallicoltura in estensione (circa 130 ettari). 

Ovunque si possono ammirare barene e fiuri de tapo. 

Bisogna fare attenzione al canale segnato tutto a sinistra dalle mee: l’antica sede del fiume ha lasciato il posto ad un affascinante ghirigori lagunare. 

Si procede fino a giungere al Palù dei Trotuli. 

Sorgono qui alcuni casoni compresi tra le due valli più importanti della laguna e cioé Morgo sulla sinistra del canale e la valle Noghera sulla destra. Entrambe le valli hanno la casa del valligiano e le chiaviche di scarico e carico dell’acqua sul canale. 

Passate le due case di valle il canale con un ampia curva a destra (attenzione alle secche che stanno solitamente sulle anse) porta al mare aperto.

L’uscita in mare é possibile ma non consigliabile ai non esperti perché i banchi di sabbia si spostano dopo ogni mareggiata rendendo inaffidabile il canaletto di uscita.

Ripercorrendo all’indietro il Canale di Morgo si riprende nuovamente la Litoranea Veneta.

Giunti al bivio (X) si gira a sinistra. 


Il Canale ora é più facilmente percorribile, perché scorre su alvei antichi e la corrente riprende forza. Questa parte della Laguna de Soto é quella che ha conservato maggiormente le antiche caratteristiche di campagna solcata da canali.

Si prosegue e dopo una doppia ansa si giunge al termine della Valle Noghera. 

Sulla sinistra  si apre uno scenario spettacolare di alberi secolari e selvaggi, casa di migliaia di uccelli: è l’Isola dei Beli, inglobata nella valle, ma lasciata dai proprietari allo svolgersi naturale del tempo.

Una vecchia storia a proposito dell’Isola dei Beli narra di stregonerie e di fatti strani che capitavano a coloro che disturbavano il lavoro degli uomini di casa o si permetteva di invadere il loro territorio di pesca. La vecia Bela, piccola e rugosa, vestita di nero si diceva lanciasse maledizioni che poi si avveravano davvero. Il canale d’entrata é secco: la Vecia Bela non permette nemmeno oggi ad alcuno di avventurarsi sull’isola e di disturbare la sua famiglia. Nel dubbio, dunque, è meglio lasciar stare. E proseguire dritti. Superato il Canale del Lipan (impraticabile) inizia la piccola Valle della Croce. A sinistra il canaletto che porta al porticciolo della Valle del Valon.



Deviazione verso S. Giuliano


Subito dopo il Cason del Taglio Nuovo c’è una Carega denominata La Croce (indica gli incroci con canali diversi ed é a tre pali) che indica il bivio con il Canale di S.Giuliano. 

Bisogna tenersi il più possibile sottoriva della valletta (attenzione a sinistra c’é una secca infida, con l’alta marea non si vede) e quindi si imbocca questo antico canale.

Costeggiando valli sia a destra che a sinistra del canale, si giunge alla Valle S.Giuliano. Si possono osservare tra i tamerici la casa colonica e la stradina d’accesso.

S. Giuliano é sicuramente valle atipica, é più vocata alla agricoltura che all’allevamento del pesce.Vi sono stati ritrovati resti romani in quantità, le cronache riportano che il Patriarca Fortunato nel IX secolo vi costruì un monastero. I Proprietari attuali dopo aver ristrutturato la casa Padronale e la casa colonica hanno destinato l’utilizzo della superficie come agriturismo.

Il Canale di S. Giuliano a questo punto si alza e, con attenzione ai bassi fondali che in questo tratto sono sempre in agguato, si giunge alle Isole della Gran Chiusa e alla Valle Sian.

Subito dopo il canale muore, poco prima di arrivare in località Mandragole. Questa zona di Laguna é conosciuta come Palù dei Pasti, dal nome di un’antica famiglia gradese. 

Si ritorna indietro lungo lo stesso percorso.


Si giunge nuovamente alla Croce per compiere l’ultimo tratto della Litoranea Veneta denominato Canale d’Anfora.

Sulla destra, improvvisamente la Laguna si apre senza limiti fina alla costa friulana: é il Palù de la Silisia ovvero Laguna della Rondine, così poeticamente denominata dai nostri vecchi perché lo sguardo può spaziare libero come il volo di un’uccello.

Il Canale di Anfora ormai é molto largo e sulla sinistra si può ammirare l’ultima Valle da pesca. 

Portobuso è di fronte e si scorgono facilmente le case della località Anfora (oggi famosa trattoria, ma un  tempo adoperate quali casermette e ricoveri per la guardia di finanza).

Un piccolo molo che d’estate è molto trafficato (si può ancorare la barca anche in terza o quarta fila!) segna il punto di arrivo di questo percorso e finalmente la sospirata sosta...


Ancora un po’ di storia.


Mentre la sosta si prolunga all’Anfora lo sguardo può soffermarsi su alcune particolarità dei luoghi.

Verso ovest inizia ed è ben visibile il canale di uscita di Porto Buso che verso sud porta al mare aperto e verso nord si indirizza al porto di San Giorgio (qui attraccano navi abbastanza grandi che fendono la laguna a bassissima velocità e sono guidate da un pilota locale). Porto Buso è il confine quasi naturale tra le lagune di Marano a ovest e di Grado a est. Ma ha rappresentato anche il confine politico tra Impero austriaco e Repubblica di Venezia per quasi quattrocento anni (dal 1420 al 1797) e quindi tra Austria e Regno d’Italia per quasi tutta la seconda metà dell’8oo fino alla prima guerra mondiale. Luogo quasi naturale per i contrabbandieri, dunque, che qui scambiavano merci approfittando dei mille percorsi nascosti del mondo lagunare. C’era anche, fino a qualche anno fa, la casermetta delle guardie di finanza che tentavano di far buona vigilanza su un confine difficile.

Più a nord è visibile un celebre casone, la Mota Safon. Safon significa sifone e prende questo significato poiché la mota è ai margini di una scolina lagunare unica che fa da scarico a tutte le acque del Palù Silisio, uno specchio di laguna estesa su una superficie di quasi mille ettari.

Il casone fu affidato per molti anni alle cure di Pierpaolo Pasolini che in Laguna girò il film Medea (1969, protagonista Maria Callas) e che della Laguna era illustre estimatore. La Mota Safon è oggi curata dall’Associazione Graisani de Palù, benemerito gruppo di appassionati che curano tutti gli aspetti di cura, salvaguardia e valorizzazione della laguna.


Percorso n.4 da Portobuso (Anfora) a Grado

via mare aperto


Il percorso è più breve rispetto al precedente percorso n.3, ma, essendo più esposto alle mutevolezze del mare, può presentare maggiori difficoltà soprattutto con mare mosso (onde e rischio di “ballare” un po’). Tuttavia, nelle giornate di calma, permette di raggiungere i banchi di sabbia più esterni, molto ambiti d’estate per prendere la tintarella e fare il bagno in aree meno affollate. 

I banchi sono tutti raggiungibili fino a qualche decina di metri dalla riva a causa della scarsa profondità del mare che non permette un attracco a riva se non a quei natanti con motore fuoribordo basculante.

Il percorso è parallelo ai banchi fino a raggiungere il Banco d’Orio e incrociare il Canale di uscita (la Fossa). Girando a sinistra e seguendo il canale si è in breve al Canale del Porto.

Si deve fare molta attenzione alla profondità poiché i banchi sono mutevoli e la profondità può essere minima anche parecchie decine di metri al largo dei banchi stessi. Nel dubbio è preferibile stare più al largo, almeno un centinaio di metri.


Palù de sora


Itinerario n.5 da Grado a Barbana.

Usciti dal Porto Canale e voltando a destra si passa sotto il Ponte Littorio per iniziare il Canale di Grado..

Il Ponte è stato costruito nel 1936 su progetto dell’architetto gradese Vigilio De Grassi. Al centro del ponte un motore, costruito dai Cantieri di Monfalcone, muove l’arcata su se stessa e permette quindi ai natanti più grandi o alle imbarcazioni con albero di transitare da una parte all’altra.

Le volte del ponte sono molto basse e permettono il passaggio solamente a piccoli natanti. Il Ponte viene tuttavia aperto ogni mattina (da lunedì al sabato) verso le 7.55 ovvero su richiesta (a pagamento). Attualmente la ditta che ne ha l’incombenza è l’Officina Malusà (via Pigafetta, Grado; tel. 0431 80143).

 Subito dopo il Ponte, sulla destra, si ergono i vecchi squeri. Condotti ancora oggi da maestri d’ascia, arte antica e oggi quasi abbandonata, che provvedono alla cura dei pescherecci gradesi. 

Si lasciano a destra gli ormeggi turistici dell’Isola della Schiusa e con una curva a sinistra si procede verso Barbana. Il Canale di Grado è ben segnato e non crea difficoltà. 

Aldilà del canale le secche emergono subito. Questa zona lagunare ha sofferto particolarmente dalla chiusura del tratto della rotta in località Punta Barbacale, che comunicava a suo tempo con il mare aperto provvedendo al ricambio d’acqua.

Si giunge presto ad un bivio ove il Canale di Grado si sdoppia in due direzioni: a sinistra piega verso le Valli da pesca del Tanori e della Malisana; a destra diventa il canal de l’Omo Morto che porta a  Barbana.

Il Canal de l’Omo morto prende il nome da un’antica e drammatica disgrazia. Durante una bufera di vento, neve e ghiaccio un pescatore non trovando più la via di casa iniziò a chiedere a gran voce soccorso. Le urla di aiuto venivano portate dalla bora fino a Grado e sentite nitidamente, ma nessuno fu in grado di portare aiuto al poveretto a causa del forte vento contrario. 

Terminato l’argine delle due valli, il Fondao si apre a perdita d’occhio. Ad est, sullo sfondo, l’Isola di S. Maria di Barbana, meta di continui pellegrinaggi.

Fonti storiche datano l’esistenza del monastero al sesto secolo. Barbana faceva parte del sistema di conventi e abbazie che in quesi secoli offrivano ospitalità ai pellegrini diretti verso le Terre Sante. Per alcuni era l’ultima meta di quasi terraferma (allora la Laguna era molto diversa) prima di imbarcarsi verso Gerusalemme.

Qui si trova il secondo spartiacque: quasi con reverenza anche l’acqua frena il suo fluire a Barbana e nella zona dell’attracco si ferma. La curvatura della terra si fa sentire e inverte d’un tratto lo scorrere della marea.

La costruzione del primo edificio, una cappella votiva, viene fatta risalire al VI secolo. La tradizione narra che la Cappella, dedicata alla Santa Vergine, fu costruita per un atto di devozione e ringraziamento da parte della comunità gradese, salvata da una furiosa tempesta (che coincide con la grande inondazione del 589 a.d.). La leggenda vuole che il nome derivi da un frate, Barbano, che ampliò la chiesa ed il ricovero.

Ai nostri giorni il Santuario é un’oasi di grande pace e religiosità, trasuda della devozione alla Vergine ed é meta di pellegrinaggi di molte comunità italiane e straniere grate alla Madonna per la concessione di grazie e miracoli. 

L’attracco è semplice, essendo l’Isola dotata di un piccolo porticciolo ove è possibile una breve sosta. 

Non é consentita la sosta notturna e si richiedono abiti intonati con la sacralità del luogo, ma l’Isola mette in pace con se stessi. La sosta è d’obbligo. 

Sull’Isola funziona d’estate un posto di ristoro e vari servizi sono a disposizione dei fedeli. Il  Santuario è aperto tutto l’anno.

Il Santuario è meta di un particolare pellegrinaggio la prima domenica di luglio. E’ il Perdon de Barbana, una suggestiva processione che parte di prima mattina dalla Basilica di Grado e raggiunge Barbana per la cerimonia del ringraziamento. Quella domenica tutta Grado accompagna la statua della Madonna con ogni barca e tutta la Laguna è un rincorrersi di vele, colori, canti.

Si ritorna a Grado a ritroso per il medesimo percorso.


Itinerario n. 6 da Barbana a Primero


Si prosegue da Barbana verso est lungo la Litoranea Veneta. Dopo un’ampia curva verso destra costeggiando la Valle Verzelai (a destra) si arriva al Taglio Tanori e ad un Trivio segnato da una carega.  

A sinistra il canale porta verso nord, all’Isola del Lovo, alla Centenara e a Belvedere.

Dritto prosegue verso la Bocca di Primero.

A destra il canale riporta a Grado dopo molte anse.

Vi sono dunque due possibilità (l’itinerario a è più lungo) per raggiungere Primero: 

  1. a. prendendo dritti si prosegue lungo un canale ben segnalato. Il percorso si snoda costeggiando valli da pesca da una parte e dall’altra; gli argini accompagnano il canale. La natura è rigogliosa e tra le canne si nascondono e si rincorrono miriadi di uccelli; con un po’ di attenzione si possono scorgere i pesci che saltano fuori dall’acqua per nutrirsi di insetti. La navigazione è lunga, ma il paesaggio è incantevole. Dopo varie anse si giunge ad un bivio (a destra il Canale delle Zemole porta ad est verso Fossalon) e continuando dritti si giunge ad un allargamento del canale in prossimità del Ponte di Primero.
  2. b. prendendo a destra il paesaggio è del tutto simile all’itinerario precedente. Le anse si susseguono e si attraversano le valli da pesca (a sinistra l’enorme Val Panera) delimitate dagli argini. Dopo un po’ si giunge ad un incrocio. Girando a destra per il Canale della Simuta si torna a Grado, mentre andando dritti si imbocca il Canale di Primero. Si prosegue per un lungo tratto, in cui il paesaggio è sempre ricco di flora e di fauna per giungere infine ad un allargamento del canale in prossimità del Ponte di Primero.

Il percorso si presta naturalmente ad un giro circolare con andata lungo l’itinerario a e ritorno lungo l’itinerario b o viceversa.


Itinerario n. 7 da Primero a Grado lungo i canali lagunari


Questo itinerario è parte del percorso b dell’itinerario precedente. 

Il passaggio sotto il Ponte del Cimitero, proprio alla fine del percorso, lo rende adatto alle sole imbarcazioni lagunari, cioè a mezzi che non superino in altezza i 70/90 centimetri. 

Dal Ponte di Primero si imbocca il canale di Primero costeggiando e lasciando a sinistra la Tenuta omonima. Dopo un’ampia curva a destra si arriva ad un bivio. 

Mentre il canale principale continua dritto verso il trivio di Taglio Tanori, per ritornare a Grado si prende a sinistra il Canale della Simuta.

Si percorrono alcune anse costeggiando l’argine, a sinistra, della Valle Artalina.

Questa grande Valle è tutta dedicata all’allevamento del pesce ed in questi ultimi anni è stata anche al centro di alcuni esperimenti sulla coltura in estensione da parte del Dipartimento di Biologia marina dell’Università di Trieste. La gestione della Valle é affidata alla locale Cooperativa Pescatori. 

Una particolarità di questa Valle, rispetto a tutte le altre, è rappresentata dalla sua raggiungibilità anche via terra. Questo consente collegamenti più rapidi con Grado e trasporti meno onerosi per merci e prodotti.

Dopo un lungo percorso si giunge in aperta Laguna raggiungendo l’argine della Cavarera. Il canale è segnalato, ma bisogna fare particolare attenzione alle secche soprattutto durante la bassa marea.

Lasciando a sinistra l’argine e costeggiandolo, si arriva alla punta della Cavarera e si devia a sinistra iniziando il canale dei Moreri.

Dopo un breve tratto si giunge al porticciolo di Valle Goppion e ai moli gradesi nelle vicinanze del Cimitero.

Si deve passare sotto il Ponte del Cimitero, molto basso e adatto solo ad imbarcazioni “lagunari”. 

Attenzione! Qualora il mezzo non lo consenta, non vi sono alternative! Bisogna ritornare indietro fino all’incrocio con il Canale di Primero!

Superato il Ponte del Cimitero si entra nel Canale della Schiusa e, percorsolo passando sotto la Passerella ed il Nuovo Ponte, si giunge ben presto al Ponte Littorio e di qui al Canale del porto.



Itinerario n. 8 da Barbana a Belvedere (Centenara)


Si premette subito che il villaggio di Belvedere non è raggiungibile via mare.

Si prende la Liotoranea veneta da Barbana verso est. Dopo un’ampia curva verso destra costeggiando la Valle Verzelai (a destra) si arriva al Taglio Tanori e ad un Trivio segnato da una carega.  

Si prende a sinistra verso nord.

Percorrendo il Canale Cavegi si apre alla nostra sinistra il Fondao de La Carogna punteggiato da barene colorate dai fiuri de tapo.  

In breve si arriva all’Isola del Lovo e subito dopo alla tenuta Cavegi nel Boscat di Grado.

Si raggiunge la terraferma, rappresentata dal Boscat di Grado con le sue tenute agricole. E’ questa una vasta area un tempo paludosa che la Bonifica del Boscat, negli anni 30 del secolo scorso, ha reso fertile soprattutto per la coltivazione della vite, delle pesche, degli asparagi. I campi prosciugati furono colonizzati da famiglie venete.                  

Il fondao davanti alla spiaggia, utilizzata dai turisti del vicino campeggio, non permette la navigazione, essendosi rialzato di molto, e quindi non si possono raggiungere né le Dune della Centenenara, né Belvedere.

La Centenara era un’antica valle da pesca il cui ultimo guardiano era un componente della famiglia Gradenigo: prima pescatore poi marinaio, partecipò alle guerre che Venezia intraprendeva per consolidare il proprio potere economico militare lungo le coste del Mediterraneo. Fu ferito alla gamba e si ritirò nella sua Grado. Il governo veneto non fu mai molto generoso con i suoi sudditi gradesi (il dominio durò dal 1420 al 1789) e ne è buon testimone il cognome Gradenigo. La leggenda racconta che fosse stato un Gradenigo, romano, a fondare Grado. Un ramo della famiglia Gradenigo si spostò quindi verso Venezia ove fece fortuna partecipando al governo della città con molti dogi. Alla fine il nome Gradenigo offre due modi diversi di essere considerati: padroni a Venezia, ma schiavi a Grado.

Le dune sono oggi considerate un’oasi naturale e protette.

Il villaggio di Belvedere ebbe qualche briciolo di importanza (vi sorgevano alberghi e luoghi di ristoro e villeggiatura) quando il trenino, proveniente da Cervignano, scaricava qui i turisti giunti da tutta Europa con la ferrovia, allora unico mezzo di trasporto veloce. La Stazione di Belvedere, oggi ridotta a rovina, era l’ultima stazione prima che i turtisti raggiungessero piccoli piroscafi per arrivare a Grado via laguna.


La Val Cavanata


La Valle Cavanata merita un discorso a sé. Organizzata nel dopoguerra, dopo lo spostamento di diversi nuclei familiari gradesi, che occupavano con i loro casoni il territorio, in parte verso Grado in parte verso Sdobba, fu gestita per diversi decenni dall’Etv (ente tre venezie), che gestiva la bonifica del Fossalon di Grado.

Abbandonata l’attività di allevamento del pesce, è divenuta un sacrario per tutti gli uccelli stanziali e migratori. Ora é diventata Parco Naturale con un centro visite. Vero paradiso per il birdwatching può essere percorsa attraverso sentieri prestabiliti per l’osservazione degli uccelli che la popolano durante tutto l’anno in misura considerevole.



Itinerario n.  8 da Primero a Punta Sdobba e al mare aperto via canali lagunari


Il percorso é lungo e inizia poco oltre Primero al trivio del Canal Tanori. Da qui si prende a destra il Canale Zimole. Si costeggia per un lungo tratto la strada provinciale Grado-Monfalcone sino ad una prima diramazioine del canale. Si potrà notare sul canale di sinistra un’enorme rete da pesca. Proseguendo, dopo poche decine di metri si giunge al Ponte dei Feusi nei pressi della Locanda Al Ponte.

Poco oltre il ponte, il canale si sdoppia nuovamente e si prende a destra per proseguire lungo l’Isonzato, sempre costeggiando la strada provinciale, fino ad una grande ansa a destra. 

Si passa sotto il ponte girevole della provinciale e si entra nella Bonifica del Fossalon. L’Isonzato  prosegue dritto per un bel tratto. 

Il canale, come gli altri di questa parte della Bonifica, sono canali recenti, costruiti ai tempi del riordino fondiario e non seguono gli antichi percorsi. Le sponde sono alte e ricoperte da una fittissima vegetazione tipicamente palustre ove stanno rintanate anatre, germani e tantissime altre specie di uccelli. Dall’acqua affiorano spesso i sievoli (cefali) a caccia di insetti.

Una grande doppia ansa prima a sinistra e poi a destra porta l’Isonzato a confluire nell’Isonzo, poco a monte della foce. Si entra nell’Isonzo, avendo a sinistra la parte terminale dell’Isola della Cona e sulla destra il piccolo villaggio di Punta Sdobba con un minuscolo porticciolo.

L’acqua del fiume comincia a mischiarsi con l’acqua di mare. Nelle giornate di scirocco il mare tende a penetrare verso l’interno alzando notevolmente il livello del fiume. Anche le maree incidono in parte sull’innalzamento delle acque dell’Isonzo. Queste condizioni dell’acqua, mista dolce e salata (con prevalenza della dolce in bassa marea e della salata con quella alta), costituiscono un habitat ideale per la fauna ittica. La foce dell’Isonzo è ricchissima di pesce e di crostacei.

Un’alternativa per uscire sul mare aperto evitando le correnti della foce dell’Isonzo è rappresentata dal canale che delimita l’argine dell’Isola della Cona e taglia a 90° l’Isonzo per sfociare a nord-est.

Il canale è ben visibile e si raggiunge in breve il mare aperto.


Isonzato

Un tempo l’Isonzato costituiva il ramo principale della parte terminale del fiume Isonzo. Solo a partire dalla fine del ‘500 le acque fluviali trovarono un altro sbocco verso l’Adriatico, utilizzando un rigagnolo di risorgiva chiamato Sdobba (dallo sloveno dobie che significa bosco di querce). Ulteriori alluvioni ingrandirono questo passaggio che divenne il più importante. Nel ‘700 il flusso verso l’Isonzato venne ad interrompersi e quest’ultimo, avendo lo sbocco di uno dei suoi rami in laguna, divenne un semplice canale lagunare.


Isola della Cona

L’Isola della Cona, assieme alla più vasta area dell’estuario dell’Isonzo, costituisce l’area umida più settentrionale del nostro Paese. La vicinanza all’area carsica e istriana fa di questa zona un’oasi di confine tra il bacino dell’Adriatico-Mediterraneo e l’Europa danubiana: un’area di diversità biologica unica.

Essa offre molti aspetti interessanti per una visita. Gli uccelli costituiscono di gran lunga la fauna più presente e nel periodo delle migrazioni l’area si popola di moltissime specie, anche rare ed inconsuete. Anfibi, pesci, rettili riempiono la zona con la loro discreta e naturale presenza. Recentemente sono stati immessi nell’Isola alcuni cavalli della Camargue particolarmente adatti alla vita lagunare.

L’Isola della Cona e la Foce dell’Isonzo sono aree protette (Riserva Naturale Regionale) e la visita, possibile in ogni parte dell’anno, si effettua su sentieri appositamente segnati. Un centro visite dà esaurienti spiegazioni su ogni aspetto naturalistico della Riserva. L’accesso principale per l’Isola della Cona è situato sulla  strada provinciale Grado-Monfalcone nei pressi del Ponte sull’Isonzo (seguire i cartelli).

Il Caneo è la parte dell’estuario lungo il corso destro del fiume. Fa parte della Riserva ed è raggiungibile dal Fossalon di Grado. A Sdobba un piccolo imbarcadero consente una breve sosta.


Itinerario n. 9  da Punta Sdobba a Grado via mare aperto


L’itinerario è semplice per quanto lungo. 

L’intero percorso richiede tuttavia attenzione per le continue secche che si allargano a partire dalla costa per giungere anche a parecchie centinaia di metri verso il mare. 

Queste grandi secche permettono una sosta tranquilla (nelle giornate di bel tempo) e l’acqua, molto limpida, invoglia a bagni deliziosi pur essendo particolarmente bassa.

Usciti in mare aperto ci si dirige a sud ovest, tenendosi distanti dalla grande secca a sud della foce dell’Isonzo e si costeggia il lido di Golametto (argine della Bonifica del Fossalon) sino a raggiungere la bocca del canale di Primero.

Superata anche la foce del canale si costeggia la zona di Punta Spin ove sorgono i campeggi - villaggi turistici di Grado. L’acqua anche qui è bassa, dovuta all’espandersi del grande Banco della Mula di Muggia. I natanti con motore fuoribordo devono tenersi al largo e fare attenzione alla profondità dell’acqua.

Un faro, al largo della Punta Barbacane di Grado Pineta, segnala l’apice dell’espansione del Banco. Questa zona spesso, nelle basse maree, emerge in varie parti e c’è chi ne approfitta per fermarsi e piantare l’ombrellone.







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