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31 maggio, 2019

5 chilometri di Storia e Storie


Ieri pomeriggio su invito dell' autore Antonio Boemo ho partecipato alla presentazione della sua ultima fatica libraria:
Cinque chilometri di storia e storie
da Belvedere a Grado attraverso la laguna
da Attila a S.Marco- la cicolovia Alpe Adria
Grande partecipazione di pubblico, eravamo circa 150 persone, in una location straordinaria Il Nuovo Delfino Verde, venuto appositamente da Trieste.
Il libro di Antonio presentato da Marino Degrassi è una raccolta di notizie, narrazioni storiche, immagini recenti e antiche, tutto scritto con taglio quasi giornalistico, per informare il lettore della meraviglia che circonda Grado-La Laguna.
Antonio nella narrazione tiene la barra dritta puntando inizialmente sul carico storico e geografico della nostra strada trans-lagunare, dalle sue travagliate origini alla moderna ciclovia che la affianca.
E' un libro che val la pena avere perchè oltre che essere di piacevole lettura diventa documento da conservare e consultare.

Quelle che mi piace però sottolineare è stata l' organizzazione perfetta dell' evento, non la presentazione dotta ma un po noiosa di un libro, ma la presentazione visiva e partecipata dal pubblico della narrazione del libro stesso.
Il piccolo viaggio  in Laguna scorreva facile e le parole dei presentatori sottolineavano quello che si viveva in quel momento, il libro prendeva letteralmente vita.
Grande idea goduta da tutti noi perchè la Laguna non è un confine, gli manca il senso del definito è un posto dove tutto muta, un posto dove la terra diventa acqua.
Davanti agli occhi ti sfilano isole dai nomi esotici e arcaici assieme, le barene che oggi affiorano a malapena, un tempo sono state isole, distinte eppure unite dal quel cordone ombelicale che è l' acqua.
Ad un certo punto del percorso ho sentito forte la partecipazione del pubblico quando ci siamo messi a cantare le canzoni della tradizione gradese accompagnati dalla chitarra di Emanuel Olivotto e dalle parole di Tullio Svettini che leggeva le poesie di Biagio Marin.
Non era una semplice presentazione, era un convivio di gradesi ed ospiti che condividevano, godendone lo spirito collettivo, quella che noi chiamiamo "Graisanità"
Grazie Antonio Boemo.
La foto, ma ne ha fatte tantissime è di Vinicio Patruno

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29 maggio, 2019

Relitti coreografici


C' è un posto che più di altri attira l' occhio del visitatore in arrivo a Grado.

L'  Isola della Pampagnola.

Scavalcata da frequenti maree, l’ Isola della Pampagnola si manifesta oggi unicamente durante i momenti di bassa marea.
E'  a breve distanza dal ponte girevole che, dal ’36 in poi, ha decretato definitivamente l’uscita di Grado dall’isolamento.
Un’isola che nel suo antico passato accolse il punto terminale della strada che da Aquileia portava al suo antico gradus, punto di scambio tra il mare aperto e il sistema lagunare.
Ma l' occhio va sui relitti che vi si posano.

Relitti che si decompongono con dignità da lunghissimo tempo, obiettivo di millanta fotografi che li hanno fotografati in tutte le condizioni di luce  e di marea.

Sono vecchi bragozzi di un tempo meno burocratizzato del nostro, che mai permetterebbe ai loro proprietari di disfarsene in questo modo, pretendendo lo scompattamento del fasciame, la sua numerazione e la creazione di un data base con filiera di smaltimento dei rifiuti, con presenza di ottantadue funzionari che testimonino ognuno per la parte di sua competenza l' avvenuta distruzione.
"Bisogna da de lavorà a la zente"

Uno è la Tilde che, trasformata da barca "de sabion" in peschereccio con il turbosoffiante delle origini dove la profondità di pesca era legata alla lunghezza del tubo rigido che sosteneva l' attrezzo di pesca, finì con i suoi "Occhi di "Cubia" che ti guardavano tristi sulle sabbie della Pampagnola.

L' altro relitto è un trabaccolo  che viene da fuori, posato sulla Pampagnola dopo anni di sosta forzata per un sequestro dovuto a contrabbando di alcool e zucchero.
Il suo nome è Scintilla registrato a Fano,  alcune parti sono state recuperate a suo tempo e portate al Museo della Marineria di Cesenatico  da cui ho tratto la foto che vedete qua sotto scattata nel 1980.

Altri tempi 



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24 maggio, 2019

I Dossi


Paese mio,
picolo nìo e covo de corcali,
pusào lisiero sora un dosso biondo.

Il dosso, banco di sabbia affiorante dal mare con la bassa marea (anche dorso o schiena di sabbia) è ricorrente nella storia di Grado.
Biagio Marin con i suoi versi gli fa fare la pavimentazione su cui poggia il Piccolo Castrum Gradensis, l' atto primordiale della nascita in un unico verso.
Ma i dossi sono anche vita perchè usati dai pescatori nel passato prima dell' avvento del motore come base per la pesca in specie delle Tratte (sciabica - in lingua) vedi il Banco o Dosso dei Tratauri (primo dei Dossi componenti il  Banco d' Orio o banchi del oro).
Generazioni di donne (madri-nonne) gradesi hanno contribuito al sostentamento della famiglia come capelonghere e peverassere
 Quando l'acqua la cresseva,
gera l'ora de tornà,
 lasando sapegae
su quel povero sabion

 sui dossi della Muggia (il più grande banco di sabbia esteso fino alla Sdobba).
E ancora i dossi del Beco i componenti della vecchia foce dell' Isonzo davanti a punta Sdobba.
I dossi del Oro, una corona di banchi di sabbia che coronano la Laguna verso sud e vanno dall' inizio della foce di Grado (Canale di S.Pietro d' Orio) fino alla sbocco del Canale di Morgo. 
 La denominazione del gruppo di dossi riconduce al significato di "Orlo"  cioè orlo della Laguna verso il mare, subito dopo Morgo i Dossi che portano ai Dossi de  Anfora sono denominati "Uri del Pian".
Zona pescosissima in passato e utilizzata per le "serage".

Il dosso dunque fa da corona al nostro Paese  ed  è  realtà che si può trasformare in immaginario.


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18 maggio, 2019

Personaggi di Grado - Giovanni Marin "Archimede"


Giovanni, tu geri grando e tu tu starà, 'ndola che tu sta zugando 'desso, a vende buzi, quii tundi, perfeti fati a Dresda comò 'l tovo ocio de vero.  Tu ne manchi mundi, tu e i tovi sburtuni a tirà fora storie graizane. 

Grado è terra di artisti si sa, uno dei più originali nel suo modo di vivere e di essere se stesso è stato Giovanni Marin comunemente detto "Archimede" per la continuità di sfornare idee geniali anche se qualche volta proiettate in futuri improbabili.
Una di queste idee è stata l' ideazione e la realizzazione del :
WATERPOD

L' idea di base è stata partorita da un gruppo di esperti designers americani che ha realizzato un progetto di casa galleggiante ecocompatibile,
Considerando il progressivo riscaldamento della terra che provocherà l'innalzamento dei mari e la necessità di non farsi sorprendere, ecco allora l'idea di una casa galleggiante (ricordate l'Arca di Noè) come natante-casa moderno alimentato da turbine eoliche e pannelli fotovoltaici.

Giovanni ha trovato subito l' idea allettante e collocabile nell' ambiente lagunare (la Laguna era ideale per l'utilizzo immediato, non bisogna aspettare che l'acqua salga lo fa praticamente ogni giorno e ci sorprende sempre) e il beneficio  che potrebbe dare il Waterpod , io lo vedo inserito come casa da noleggio (un modo come un altro per combattere la cementificazione in paese), oppure come sostitutivo dei casoni che non pagherebbero così nessun canone (vecchia idea di Giovanni -Archimede- Marin), non dovrebbero scavare cavane e se utilizzati come albergo diffuso possono raggiungere i clienti in terraferma.

Giovanni, il Waterpod di tipo semplice ed arcaico, se lo era costruito davanti alla propria valle -Isola dei Orbi- partendo proprio, si era in un periodo dove si parlava di un aumento enorme dei canoni d'affitto delle mote e casoni - poi rientrato -, dall' idea di fare un casone mobile in modo da poter essere considerato un' imbarcazione e non un manufatto.

Le idee di Giovanni venivano realizzate in tempo reale e mentre ne parlava anche le costruiva. 
Compró a titolo simbolico di 1000 lire il catamarano di proprietà dell'Ing. Bertuzzi che giaceva da anni presso la Darsena (Testata Mosconi) e vi costruí sopra el Cason Galleggiante con tanto di servizi igienici e TV...per so muger che la veva de veghesse la puntata de Beautiful...

La fine del Waterpod alla graisana 
Come nelle migliori storie di Archimede de le Vide, un dí di Aprile, un evento fuori dal comune pose fine alla sua creazione;
 improvvisamente arrivó una Caligà e una tromba d'aria si materializzó 200mt più avanti dirigendosi verso l'imbarcazione sollevandola con lui a bordo e mentre colava a picco, giusto per dar più colore all'evento, quasi fosse lui a spingerla definitivamente sotto, guardando Licinio Polo che stava osservando dal suo Cason tra l'incredulo e lo sgomento, gridó quasi ridendo:
" LICINIO!!! Ciama la Capitaneria e dili che no gera un natante ma un sommergibile...!!!" . 

Fortunatamente riuscí a svincolarsi dal mezzo e raggiunse a nuoto la vicina mota dei Poli.

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16 maggio, 2019

Vele colorate


Il passato di Grado naviga tutto attraverso l' uso della barca.
Imbarcazioni di tutti i tipi - da mare o da Laguna - ma sino a pochi anni fa la barca era sinonimo di vela. 
Della vela delle barche dei  nostri vecchi vorrei accennare perchè erano particolari, per certi versi uniche, e indicavano con i loro disegni e colori  l' orgoglioso proprietario dell' imbarcazione  anche da lontano.

Nell' antichità non mancano esempi della colorazione delle vele, ma le vele delle imbarcazioni da pesca adriatica hanno una peculiarità e aspetto unici.

La tecnica di colorazione, unica nel suo genere, implicava l' uso della "Teretra"  un colorante a base di terre colorate. che sciolto in acqua e latte veniva usato per dipingere la vela con la spugna.
Lasciate le vele ad asciugare al sole venivano poi immerse in acqua di mare per il fissaggio del colore e l' asportazione dell' eccesso di polvere.

La tradizione tutta veneta che voleva i suoi personaggi vestiti in modo vistoso, si riflette sulle vele dei suoi pescatori che le usavano come bandiere per esprimere l'orgoglio di vivere affrontando il mare.


I disegni dipinti sulle vele- "l'arme"- indicano la famiglia del pescatore e avevano un senso di praticità perchè visibili da molto lontato indicavano alle donne in attesa il sospirato ritorno dei loro uomini dalle battute di pesca.

I colori, sempre sgargianti, e i disegni erano tratti dall'ambiente semplice del mondo della pesca. 


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10 maggio, 2019

Giro culturale con i bambini delle elementari


A Grado le Associazioni sono veramente molte e si occupano dei campi più disparati e visto che continuano a crescere arriveranno piano piano a superare il numero dei residenti effettivi, così ciascuno di noi potrà essere chiamato "Presidente".
Ma ce n'è una che è mi  restata nel cuore e non sarà facile sostituire:
L' Associazione Culturale "La Bavisela" 
che dal 1980 interviene a sostegno della memoria, purtroppo labile, dei "graisani" agendo nel settore strategico dei bambini, spronandoli, divertendoli, riesumando giochi antichi in piazza (per una volta non virtuale) concorsi premio in lingua e in dialetto perchè le nostre radici culturali non vadano disperse ma attecchiscano, usando la fantasia, la forza e la rapidità dei giovanissimi.
Senza trascurare gli anziani, ricordandoli, coinvolgendoli in giochi e feste a loro dedicate.

Un gruppo di signore graisane fantastiche che senza chiedere nulla si sono fatte carico di pubblicazioni poetiche, di libri di perfetti sconosciuti a tutti fuorché a Grado.

Il loro motore è, ed è sempre stato, la signora Maria (Stiata) Marchesan un vulcano di idee, inarrestabile sempre pronta ad aiutare tutti e che quando vede un gruppo di bambini sa, ancora adesso, diventare come loro, sintonizzarsi e farsi capire.

E' da un po di tempo che collaboro con questa Associazione, facendo parte di un gruppo di lettura di poesie e opere in gradese, e ogni tanto accompagnando per Grado i bambini delle scuole elementari descrivendo loro l' ambiente storico in cui vivono accompagnato da aneddoti e precisazioni.
E' capitato ieri in coppia con il prof Matteo Marchesan con una classe 5 della scuola elementare di Grado, un gruppo di ragazzi e ragazze attento e curioso.
La brutta giornata mi ha impedito di mostrar loro il percorso che avevo preparato, la visita alle 5 porte antiche di Grado, ma dal Lapidarium della Basilica ho potuto percorrere idealmente lo stesso percorso storico delle origini di Grado, mentre il professor Marchesan ha spiegato loro i mosaici e la storia della Basilica.

Una giornata spero proficua per i ragazzi e di certo arricchente per me.
Grazie Bavisela.

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07 maggio, 2019

Epigrafe della promessa di voto a Barbana


Devo ammettere che frequento colpevolmente poco la Chiesa, intesa come Basilica, ma qualche volta, attirato da un raggio di luce che gioca al suo interno e dalla quiete che regna ovunque, mi capita di fare un giro turistico al suo interno quando c'è poca gente in un giorno feriale.
Meraviglia. Scopro, cercando un angolo favorevole per una foto, una epigrafe votiva sul retro della recinzione in marmo del presbiterio.
La scritta è in Latino ma la data attira la mia attenzione è 7 luglio 1897.
Rapida consultazione di testi e dotti amici per soddisfare la mia curiosità e da un lavoro del Prof Matteo Marchesan si rivela l' arcano.
E' l' epigrafe che racconta chiaramente le origini del voto gradese alla Madonna di Barbana.
Non serve commentarlo basta leggere il testo di Matteo per capire.
EPIGRAFE VOTIVA DI BARBANA
AUGUSTAE VIRGINI IMMACULATAE DE BARBANA CIVES GRADENSES QUOS ANNO MCCXXXII A LAETALI LUE ET AN. MDCCCXXXVI. MDCCCXLIX. MDCCCLV. MDCCCLXVI A MORBO COLERA SOSPITAVIT HOC ANIMI GRATISSIMUM MONUMENTUM RECURRENTE ANNUA VOTI PERSOLUTIONE NONIS JUL MDCCCLXVIIP.P.

«All’Augusta Vergine Immacolata di Barbana i cittadini di Grado, che Ella liberò da una mortale pestilenza nel 1232 e da epidemie di colera negli anni 1836,1849,1855 e 1866, nelTannuale ricorrenza dello scioglimento del voto deposero questa lapide in segno di profonda riconoscenza il 7 luglio 1867 »

Questa iscrizione ha una storia complicata. La sistemazione di questa lastra marmorea attesta la sua funzione originaria di pluteo della recinzione del presbiterio del VI secolo, riciclata come materiale scrittorio nella seconda metà dell’Ottocento e destinata, per un voto espresso dalla città di Grado, a Barbana, per essere infine ricollocata durante i restauri del secolo scorso nel posto e nella funzione che presumibilmente aveva in origine.
In riferimento all’origine della processione votiva di Barbana, che qui è collocata, per il probabile errore di omissione di un numero da parte dell’ incisore, nel 1232 anziché nel 1237, come riportano in genere le fonti storiche.La parola latina indica genericamente per il fenomeno del XIII secolo una pestilenza (lues), mentre attesta chiaramente quattro epidemie di colera succedutesi a breve distanza nel corso del XIX secolo, per cui è probabile che i Gradesi si siano sempre votati alla Vergine venerata a Barbana durante tanti tragici momenti della loro storia, suggerendo la percezione della confluenza secolare di un « voto plurimo », continuamente rinnovato, nella processione, nata nel giorno della Visitazione (allora il 2 di luglio) e oggi ricorrente ogni prima domenica di quel mese.





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