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09 ottobre, 2007
"Graisan" Diritto di Primogenitura
È stato troppo spesso detto che il friulano odierno sia il diretto continuatore del latino regionale parlato ad Aquileia. La cosa potrebbe in effetti darsi per scontata senza l'esistenza di Grado con il suo dialetto, sbocciato come un fiore di laguna, mantenutosi incontaminato sino al recente avvento del turismo di massa e che manifesta ancor oggi, integri ed eternati dal nostro poeta Biagio Marin, ì caratteri di un arcaismo ignoto altrove. Grazie alla sua periferìcità ma soprattutto alla secolare decadenza, l'apporto di Venezia è del tutto trascurabile.
All'epoca del suo splendore, Aquileia fu indubbiamente la mediatrice della latinità non solo nell'odierno Friuli e nell'Istria, ma in buona parte dell'intera Gallia cisalpina. L'attrazione culturale da lei esercitata era enorme e valicava i confini delle Alpi raggiungendo il Norico e la Pannonia. Se vi è però un dialetto che possa più degli altri vantarsi diretto erede della latinità aquileiese, questo non può essere che il gradese e ciò per fin troppo ovvie ragioni storiche ed etniche. Ma nell'Aquileia di oggi si parla friulano
Anche qui è la storia a chiarire l'apparente contrasto. Anzitutto il confine linguistico corrisponde al confine politico che per tanti secoli tenne separata la laguna dal suo retroterra. Di qua Bisanzio e di là i Longobardi ì quali non vogliono dipendere da un Patriarca suddito dì Bisanzio e insistono perché si ripristini quello di Aquileia. Il papato, nell'intento di accontentare tutti, lascia al suo posto il patriarca di Grado per i territori soggetti a Bisanzio (da Venezia all'lstria) e crea un doppione per il territorio longobardo. Ma Aquileia non è che un cumulo di rovine. I Longobardi hanno una nuova capitale, Cividale, ed è lì che, dopo una breve dimora a Cormons, risiede il novello patriarca che pur si fregia del titolo di Aquileia
Tratto da "Giuseppe Brancale & Lauro Decarli, Istria, Dialetti e preistoria"
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3 commenti:
Colgo l'occasione per esprimere tutto il mio disappunto nel vedere in tutta la bassa friulana le indicazioni stradali con la scritta GRAU. Se i friulani cogliono scriversi i loro nomi in dialetto facciano pure ma scrivere in friulano anche quelli di comuni che parlano un altro dialetto mi sembra un'eresia. Non mi risulta che in Alto Adige dove i cartelli stardali sono scritti in italiano, tedesco e ladino si permettano di scrivere anche quelli di paesi al di fuori della loro area in una lingua diversa dall'italiano.
Invito il sindaco di Grado a chidere ufficialmente di togliere quelle scritte che rappresentano solo uno spreco di denaro pubblico.
E' giusto e non ci avevo pensato, bisognerà farsi promotori perchè il Comune si muova presso le varie Aministrazioni interessate pre rimuovere questo che è un vero e proprio falso storico. Non esiste documento che indichi Grau se non in friulano non riconosciuto dalla nostra gente.
Caro Pippo, se il cartello è già in opera, lo spreco di denaro sarebbe semmai toglierlo. Comunque ritengo che l'indicazione sia più che appropriata proprio perchè apposta in territorio riconosciuto come friulanofono, anche se indicante una località (Grado/Gravo/Grau) fuori da tale area linguistica. Ad esempio le indicazioni per Villach, se poste in Italia, le metto in italiano (Villacco). Ad ogni modo, la doppia lingua nelle indicazioni mi sembra un arricchimento, non qualcosa che toglie niente a nessuno. Saluti
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