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29 agosto, 2019

Mamuli


Capita alle volte al bar di trovarti in compagnia occasionale con  "un ciapo de mamuli"  ragazzi che ti conoscono e si parla.

Si parla di passato ed è il mio campo, si parla di futuri ed è il loro campo, si parla di presente ed è terreno comune.

Parlare con loro è stato per me come bere acqua fresca e mi ha spinto a fare delle considerazioni sulla nostra gioventù, così maltrattata e con sulle spalle gli errori di almeno due generazioni.

Si tende a ridurre la questione giovanile a un problema di eccellenze non riconosciute, di cervelli in fuga, di meriti sottostimati. 

Si dimentica la fatica e la frustrazione dei non eccellenti, la grande massa di ragazzi che magari non ha ambizioni professionali particolari, ma vorrebbe lavorare e campare con uguale dignità, e vivere con costrutto una vita autonoma.

È un segno dei tempi

Si crede e si fa credere che le società funzionino solo per l’ abbrivio del talentoper la forza dei migliori, dimenticando che il benessere della società è frutto di un processo corale, collettivo, e la serenità degli individui, anche degli «eccellenti», non è concessa al di fuori di un miglioramento della vita, se non di tutti, di molti. 

 È vero che la selezione dei meritevoli è, nel nostro Paese, inceppata, spesso umiliata dal clientelismo, dalle baronie, dalla mafiosità. 

Ma non è umiliando o dimenticando i secondi, e i terzi, e i quarti, che i primi avranno soddisfazione. 

Il successo professionale, tra l’altro, non è la sola misura del valore umano. 

Ce ne sono infiniti altri. 

Ho conosciuto qualche «eccellente» odioso, e umanamente minimo, e molte persone umili di grande spessore, capaci di dare agli altri qualcosa che non è quantificabile in uno stipendio o in un titolo di studio. 

Credo, o spero, che i ragazzi  sappiano che la posta in palio non è solo spianare la strada ai più bravi, ma restituire la percezione di un futuro possibile a tutti. 

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23 agosto, 2019

Mostra Fotografica

La foto è di Roberto Camuffo ma non fa parte della mostra
Roberto Camuffo è un camaleonte artistico, passa con indifferenza dai fornelli, alla macchina fotografica alla "batela" facendo tutto bene, anzi benissimo.
La sua mostra colpisce sia per l' intensità delle fotografie sia per il significato profondo del messaggio che vogliono veicolare.

Il soggetto della mostra "Elda Lugnan Pasta" è una donna forte una "casonera" che ancor oggi a 91 anni suonati preferisce l' ambiente lagunare a quello cittadino.
Abituata a una vita dura (le foto lo mostrano con evidenza) ma con poche regole chiare, il mondo cittadino con le sue complicazioni la fa sentire a disagio, ma la sua naturale ritrosia e timidezza scompare quando può prendere i remi e vogare nel suo "Palù" e tornare se stessa.

Roberto è stato bravo perchè con le sue immagini mostra nonna "Elda" nel suo ambiente naturale in piena attività sprizzante, nonostante l' età, energia e consapevolezza.

Una delle ultime se non ultima delle nostre donne di un tempo che si son fatte carico di disgrazie e malanni senza mollare mai con l' unico obbiettivo la difesa dei figli.

Grazie Roberto ho fatto un tuffo nel mio passato visto che i miei vecchi erano vicini di casone a "Sototerena" nel Palù dei Pasti- Laguna de Soto.




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18 agosto, 2019

Al Vial de le Cube -Stralonga


A Grado un tempo la via più trafficata era Stralonga la Cuba centrale che attraversa il Castrum da Nord a Sud partendo da Cul de Muro (Campiello della Scala) per arrivare a Piazza della Corte (poi della Vittoria, poi B.Marin "il decumano dei romani  gera 'l vial de i nostri veci...100 ani fa"
  le donne vecchie e giovani del tempo, sedute sugli scagni, fuori della porta di casa, rigorosamente in nero, tagliavano a fette il prossimo con le ciacole.

 Massi "Tachelo" Cicogna nel suo libretto "Le gno do Scale" ne fa una descrizione  poetica ed appassionata:

STRALONGA

Tu scuminsivi in Cul de Muro (Campiello della Scala) e tu finivi davanti ala Ciesa dele Grassie; a minsonàte, pareva che no tu finissi mai.

In quela volta tu gerì la più Ionga ma, vardando desso le autostrade che xe per mondo via, tu me par un gogogio che duti vol ghitàlo. 

Quii che sa la tova storia desso i sta siti, invesse i podarave sigà ai quatro vinti: «no stè dispressà sta roba, che per vèghela i vien de duto ‘l mondo».
Ma la sova zente i la dispressa, no i capisse de che roba che i xe paruni, de un tesoro che al mondo no l'ha paraguni.

El Signor t'ha fato aposta vissin ala sova ciesa, persìo che duti se incolona a fài festa. 
Ogni canton de casa gera un fior, co’ la sova zente che faveleva co’ i oci, gera duto un ino al Signor.
Ma desso i tinpi i xe passai, la zente no la se cognòsse più e duti driti i passa via.
I omini veci no i pol desmentegàsse quanta storia che ha la sova contrada, co’ atimi de contentessa o avilimento, ma contro duto i gera temperai: veci pescauri, sempre col Signor in peto, e co la Madona de Barbana i' veva fato un punto de riferimento.

Aneme semplici e genuine, zè là, missi in casa de ricovero, che speta la sova fine. 
Me passo per de là e me par de vègheve che consé le arte. 
Me ciapa una strenta al cuor e vien zo do lagreme colde colde.


Massi Tachelo

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16 agosto, 2019

Mio Dio è passato Ferragosto



"Mare, profumo di mare
e di questo mi voglio saziare,

è colpa del vento e del mare

se a Grado voglio tornare"

Nonostante i tanti gufi Il Ferragosto è arrivato, passato e digerito anche a Grado.
Fuochi bassi o alti tanta gente sicuramente in diga.

Dovete sapere che:
Qui A Grado si è così ospitali che pur di mettere a tavola un DioTurista, l'albergatore o il ristoratore se lo tiene sulle ginocchia ed è tutto un sorriso, poi, dopo che ha pagato e svoltato l' angolo, alle volte capita che tira un metro di cristi e di madonne che ti sgonfiano le ruote delle macchine nel parcheggio e rintocca la campana della chiesa. 

Qui la stagione da sempre va male e tutti tutti gli esercenti piangono miseria, poi  comprano un "caien" a testa a tutta la famiglia, compresa la nonna, che tanto guida la badante, e partono per mete esotiche tutti assieme a ottobre. 

Qui il DioTurista s'incarna spesso sotto forma di sessantenne semiobesa vestita come un' abat-jour cui han fatto un gavettone di lustrini, vinavil e coriandoli. 

Oppure s'incarna in urlatori molesti che alle 4 di notte sono ubriachi e questionano in dialetti dalle vocali chiuse come le loro menti. 

Qui da ragazzi tenevamo i punteggi di quelle che c' eravamo trombate durante l'estate (che trombarsi la turista era cosa buona, giusta e, con tutta probabilità, raccomandata fortemente dall'Azienda di Soggiorno), tramite un sistema articolato: perchè se provenivano da certe città o nazioni c'eran più punti in palio. 
C'erano un paio di città e nazioni di provenienza che davano punteggio negativo perchè era troppo facile, ma non mi pare elegante dire quali. 

Insomma crisi o non crisi anche a Grado c'è stato  ferragosto. 

Oh Mio Dio! 
 
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12 agosto, 2019

I Monti della Pineta


Venerdì ho passato una bellissima giornata con i bambini dell' Associazione "Radise de Mar" in colonia estiva in Pineta.
Mi è venuto così in mente la storia della nascita e devi veri motivi per cui è nata la Pineta:

Qualche volta la storia ci apre gli occhi, se si ha voglia di vedere, sul futuro.

La storia di Grado Pineta è interessante e poco conosciuta e in questo post  non  voglio approfondire quello che è successo dopo ma tracciare  i veri motivi per cui è nata:

 la Piantumazione delle dune sabbiose aveva ed ha lo scopo di protezione dell' abitato di Grado.

Per tutti noi "graisani" di una certa età la Pineta non è nientaltro che  "Al Taroto" e questo dovrebbe evocare in tanti di noi ricordi giovanili di giochi e piccoli amori consumati e non  tra le dune e i rovi del bosco (ne riparlerò), ma  la traccia del post mi porta alle origini e soprattutto sul perchè e sul come la Pineta è nata.

Tutto inizia nel 1900 quando, su ordine del Capitanato di Gorizia, vennero piantati 35.000 pini in località "Le Dune", quella serie di dossi sabbiosi a terra del Banco della Mula di Muggia, la piantumazione ebbe successo e l'anno successivo si procedette all'imboschimento vero e proprio mettendo a dimora 200.000 piantine nella zona di Punta Barbacale.


Alfiere di questo imboschimento fu il goriziano Corrado Rubbia che suggerì all'Amministrazione austriaca la messa a dimora delle piante per consolidare la riva e proteggere, in modo naturale e a costi ridotti, Grado tenendo conto della prevalenza del movimento, sia dell'acqua che del vento, da est-ovest.

Si cominciò dai Monti della Rotta (monti per modo di dire erano dune più alte delle altre -Al Monte Confin-) nei punti più critici per il vento e le maree.

Non tutto ovviamente funzionò alla perfezione, per qualche anno la moria delle piante sfiorò il 70%, ma la tenacia degli uomini alla fine la ebbe vinta sugli elementi naturali e nel 1921 il Comitato delle Dune di Grado che sovraintendeva al progetto fu sciolto per raggiungimento dello scopo sociale.

La Dichiarazione finale del Comune nel 1921:
Quest'azione di rimboschimento iniziatasi una ventina d'anni fa, ha conseguito pieno successo, una landa sterile, viene convertita in un bosco rigoglioso di latifoglie e conifere.
Ora il municipio vorrà certamente dedicarle tutte le sue cure, perchè non venga menomata e dimenticata.  ( gli unici  nel prosieguo della storia di Grado che hanno fatto proprio questo solenne impegno sono Irina e Sandro con la loro Associazione Radise de Mar)


Questa dichiarazione dell' Amministrazione del tempo mi ha fatto venir in mente che le successive Amministrazioni non  hanno dimenticata la landa desolata, ci hanno fatto una stupenda speculazione edilizia! 

Sapevatelo! 
 
 

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03 agosto, 2019

Storie e sogni graisani


I Merlato sono stati una famiglia importante nella storia gradese, tra le pochissime ricche, ma capita che si interrompa qualcosa nella trasmissione dei propri geni alle generazioni successive e ci si estingua.
Sior Antonio Merlato era uno degli ultimi rappresentanti della famiglia, l' essere molto solo lo portava ad esagerare nel bere e spesso parlava e sognava a voce alta "là De Tanori"
Da tener presente che viste le condizioni di sovraffollamento delle abitazioni graisane l' unico luogo in cui poteva sognare un povero cristo era il bar da ubriaco e in luoghi abbastanza scuri da poter pensare alla notte.

La scena:
Sior Antonio Merlato  conversa con se stesso nascosto nel buio della sala la "De Tanori"portato sempre più lontano dalla mente man mano che il livello di alcool nel sangue cresce:

...E ciacolemo de sogni  -Illusione dolce chimera sei tu!- 
No me resta che le ilusion...i sogni...in 'stà  Isola Isolagia.

I sogni sono importanti aiutano a vivere, costano poco, anzi niente...
Allora facciamoli 'stì sogni, si possono avere "ad occhi chiusi o aperti, in piedi o stravaccati, in bianco e nero, in tecnicolor."
Ricordatevi nessun sogno è proibito...tutto è permesso in sogno! Tutto!.

Quando ero bambino sognavo di avere un paio di scarpe di cuoio, come quelle dei figli dei signori, quando le ho finalmente avute mi facevano un male cane e così son tornato a camminare scalzo, come d' abitudine, con le scarpe in mano, per mostrarle agli altri.
Questi sono sogni da povero. 

Ho letto da qualche parte che "Il sogno di oggi può essere la realtà di domani".
L' altra notte ho sognato che noltri graisani 'ndeveno duti d'acordo per "al ben del Paese"... si si! - Campa cavalo che l' erba cresse e l' acqua la cala! -
Come si può negare ai Comandauri dell' Azienda di sognare una stagione di caldo e che duri da Pasqua ai Santi e magari con meno personale da pagare per aggiustare così tutti i conti, e senza dover risolvere problemi di:
Nuove Terme, Arenile che scompare con sciroccali, fango incipiente, il pontile che sprofonda, locali che non rendono.

Come si può negare ai Signori Ristoratori di sognare clientele che spendano e spandano, non capiscano un tubo e paghino senza rompere le scatole con la tiritera " il pesce è fresco o congelato".


Un sogno poi non si nega a nessuno, non vogliamo mica negarlo a coloro che progettano di costruire un grattacielo in "Savial" o un Palazzo di Vetro vicino alle Chiese o addirittura al posto delle Chiese:

No! il sogno non nega nulla a nessuno e così continueremo a sognare.

Ma un' oltra volta!


-ricordo che questi sogni sono tratti e adattati da me da :
"storie di Giovanni Marchesan (Stiata)" 
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