Il Banco di sabbia a ponente di Grado identificato sempre come Banco Dorio inizia invece con il primo Banco denominato "dei Tratauri" per intenderci è quello quasi scomparso con le mareggiate di quattro anni fa. L'origine del nome viene da un sistema di pesca che ormai non si pratica quasi più— la trata.
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31 ottobre, 2021
29 ottobre, 2021
mamma hooligan
HOOLIGAN LOVE
Mamma mamma
amo un hooligano
e' biondo e' forte
e viene da lontano
c'ha tatuata sulla schiena
una splendida sirena
c'ha tatuate tibie e teschio
sull'avambraccio destro
c'ha tatuato sul coppino
un panorama di Dublino
c'ha tatuate sul pipi'
le parole di Let it Be
Puzza di sudore come cento militari
fa dei rutti di birra che sembra una Ferrari
mangia gli spaghetti conditi col Campari
c'ha delle scarpe bianche che sembran calamari
e' violento e britannico
quando lo abbraccio vomito
ma se penso a Montezemolo
e pur sempre il massimo.
mamma hooligan
26 ottobre, 2021
l' isola de cason
L' Isola
Impinisse al vardo del
verde impissao de la tera
dopo, 'spetà l' ultima curva,
serà i vogi e verzeli
in mezo a l' azuro
tra sielo e mar, in una
luse bianca che
che se slonga fin a la prima
fila de case e pò oltra
la curva linea de l' orizonte.
Sentisse suspisi su quela
strada pusagia su l' aqua
e vardasse 'torno
sercando un porto più
siguro: strisse de sabion e
garghe fassoleto de tera
i rompe la linea
tremolante de le onde
e l' isola la par salda
anche se gambia i confini.
l' isola de cason
25 ottobre, 2021
menego picolo
Un mondo aspro che sa di amaro e di sale come le alghe dei suoi lidi. E proprio per la visibile asprezza di questa sfera isolana dobbiamo render merito al Marchesini del suo amore per essa, un amore per cui - unica idealizzazione - la ristrettezza della quotidianità quasi scompare per far posto a un paese di favola, dove si fanno pesche miracolose e il denaro guadagnato si spartisce a peso , e i s-ciopeteri raccolgono prede prodigiose che farebbero impallidire d'invidia i cacciatori d'oggi. Esagerazione sentimentale? Ma i fondali nereggianti di anitre sono anche immagine dei miei ricordi.
menego picolo
23 ottobre, 2021
le essere
Una figura simbolo della nostra comunità è sempre stata la pessera che dava senso e continuità al lavoro maschile per eccellenza: la pesca.
Donne coraggiose e intraprendenti che con bici scassate o con autobus improbabili, facevano il giro del Friuli offrendo il prodotto dei loro uomini, il Pesce.
Il pesce, simbolo cristiano fin dai primi secoli della Chiesa, è entrato nella cultura e nella tradizione popolare come un alimento di "precetto", prima ancora di essere ritenuto un alimento sano e nutriente ricco d'alto valore proteico.
Per assolvere a questo precetto cristiano, durante la quaresima, il venerdì e nelle vigilie importanti durante l'anno, le famiglie strettamente osservanti si sacrificavano pur di consumare nei giorni stabiliti il pesce o i frutti di mare.
Sono state le donne artefici di questo mestiere, a perpetuare un rito … quasi a sostegno dell'anima!
Con le prime biciclette ripongono sardelle, masanete, seppie, acquadelle, gamberetti … in pesanti cassette coperte di sacchi bagnati.
All' alba il rientro con il Mercato Ittico sempre aperto, alle 5 iniziava l'asta.
A essere servite per prime, sempre e in ogni caso, le pessere che, chi con la corriera, chi con il triciclo cominciavano la loro giornata di vendita.
Mariana, Bernardina, Stefania Trotola, Nina Ciate, Ristea, Tosca, Maria Pastoricia questi i nomi di alcune di loro che vivevano in simbiosi con i pescatori e il loro prodotto.
Torneranno a tardo pomeriggio con cassette ora ricolme d'uova, qualche gallina, farina per la polenta, qualche cotechino, perchè era il baratto il loro mestiere.
le essere
22 ottobre, 2021
le oluturie
Ciao, sono un’oloturia e passo le giornate immobile, sdraiata in fondo al mare. Non so nuotare. Il mio corpo ha forma oblunga e ricorda quello del cetriolo: per questo da alcuni fra voialtri umani sono detta appunto “cetriolo di mare”, e fin qui mi va anche bene, perché alcuni di voi preferiscono chiamarmi con nomi ben peggiori, che non oso ripetere.
le oluturie
21 ottobre, 2021
al telefonin
Che pecao che no è vuo al telefonin co gero mamolo. Quante robe, quanti ricordi, quanti muminti, che i ze solo in tela gno testa, sensa una foto, sensa un video, sensa una slòmoscion.
Me piasarave mundi vè un poche de foto de quando che zugheveno a balòn drio l'acquedoto, tanto per dine una. Miliuni de partie, miliuni de lastre rote, miliuni de lampiuni soltai e miliuni de baruffe, ma nianche una foto. Nianche un video de un gol. Nianche la sodisfassion de podè riveghe una bomba de Aldo Doic. Aah... che che no daravo per vè una slòmoscion dele mussa longa che feveno sul muro del cagarotolo, o de un cuto la dela colona... due bue... tre re... quatro scassa.... cinque con pedina.... e se podarave veghe a ralentator se la pedina la veva tocao veramente al cul... sinò tu va soto. E che che no daravo per vè una registrassion de una partia de pomalvaso drio la ciesa. Miliuni de mamuli che siga, miliuni de zoghi, miliuni de muminti, duti in tela gno testa, ma nianche una foto, nianche un video, nianche una slomoscion. Daravo no se che per ve un bel selfi de gruppo co le squadre che zugheva a cerbo per le cube, duti co le cartuce impirae in tei cavili, con in man le dopiete, le triplete, le quadriplete e dopo gera anche quel che al se veva fato al mitraliator... ma al feva sempre stropòn. E me piazarave mundi ma mundi anche vè fato le riprese video quando che ndeveno dentro al fortino in costrussion.... o dentro la villa Marchesini... o dentro la villa Matilde.... se le vemo fate dute, diese, sento, mile volte, le vemo viste passà da vece a nove, ma nianche una foto.
E si, se vesso vuo al telefonin quela volta, desso me sbavassaravo a vardamele le foto, faravo notolade a vardame i video, de quela Gravo che no la esiste più. E cussà quante robe che podaravo veghe ancora, oltre a quele che me ricordo. Cussà quanti mamuli, cussà quanti particolari, cussà quanti rumuri, che i ze ndai desmentegai per sempre in tel tempo. Vè vuo al telefonin quela volta sarave stao proprio belo.... anche se.... pensanduli ben.... se vesso vuo al telefonin quela volta... saravo stao duto al giorno rincoionìo a vardame al monitor e dute quele bele robe no le varavo nianche vissue...
Che cul che è vuo, a no vè vuo al telefonin co gero mamolo....
E si, se vesso vuo al telefonin quela volta, desso me sbavassaravo a vardamele le foto, faravo notolade a vardame i video, de quela Gravo che no la esiste più. E cussà quante robe che podaravo veghe ancora, oltre a quele che me ricordo. Cussà quanti mamuli, cussà quanti particolari, cussà quanti rumuri, che i ze ndai desmentegai per sempre in tel tempo. Vè vuo al telefonin quela volta sarave stao proprio belo.... anche se.... pensanduli ben.... se vesso vuo al telefonin quela volta... saravo stao duto al giorno rincoionìo a vardame al monitor e dute quele bele robe no le varavo nianche vissue...
Che cul che è vuo, a no vè vuo al telefonin co gero mamolo....da buba
al telefonin
19 ottobre, 2021
l disgelo
Per il lunario mensile una buona foto, di pura fortuna e un pò lavorata e una mia poesiola che porta speranza:
Al Disgelo
Radise del tempo
vere vene
de quel che de noltri
ze l'inisio e la vita.
L'albero ze cressuo
col scorso grosso
pè difendese del fredo.
Al ghiasso no ze eterno
ma al coverse i patiminti
che i volarave finì.
In fin, se mola
l disgelo
18 ottobre, 2021
La suadade, la maliconia che ti prende dopo un certo periodo di tempo lontano dal tanto "ciacolao" paesello comincia ad agire sul megagalattico factotum direttore di "GradoSpia" Raffaele Lisco, che da notizie certe è dato sulla strada del ritorno a Grado.
Noi, orfani di cotanto uomo, in comunità siamo andati ad intercedere presso l' arcangelo S.Michele che, dall' alto del suo e nostro campanile ha tuonato:
17 ottobre, 2021
i merlato
I Merlato sono stati una famiglia importante nella storia gradese, tra le pochissime ricche, ma capita che si interrompa qualcosa nella trasmissione dei propri geni alle generazioni successive e ci si estingua.
Sior Antonio Merlato era uno degli ultimi rappresentanti della famiglia, l' essere molto solo lo portava ad esagerare nel bere e spesso parlava e sognava a voce alta "là De Tanori"
Da tener presente che viste le condizioni di sovraffollamento delle abitazioni graisane l' unico luogo in cui poteva sognare un povero cristo era il bar da ubriaco e in luoghi abbastanza scuri da poter pensare alla notte.
La scena:
Sior Antonio Merlato conversa con se stesso nascosto nel buio della sala la "De Tanori"portato sempre più lontano dalla mente man mano che il livello di alcool nel sangue cresce:
...E ciacolemo de sogni -Illusione dolce chimera sei tu!-
No me resta che le ilusion...i sogni...in 'stà Isola Isolagia.
I sogni sono importanti aiutano a vivere, costano poco, anzi niente...
Allora facciamoli 'stì sogni, si possono avere "ad occhi chiusi o aperti, in piedi o stravaccati, in bianco e nero, in tecnicolor."
Ricordatevi nessun sogno è proibito...tutto è permesso in sogno! Tutto!.
Quando ero bambino sognavo di avere un paio di scarpe di cuoio, come quelle dei figli dei signori, quando le ho finalmente avute mi facevano un male cane e così son tornato a camminare scalzo, come d' abitudine, con le scarpe in mano, per mostrarle agli altri.
Questi sono sogni da povero.
Ho letto da qualche parte che "Il sogno di oggi può essere la realtà di domani".
L' altra notte ho sognato che noltri graisani 'ndeveno duti d'acordo per "al ben del Paese"... si si! - Campa cavalo che l' erba cresse e l' acqua la cala! -
Come si può negare ai Comandauri dell' Azienda di sognare una stagione di caldo e che duri da Pasqua ai Santi e magari con meno personale da pagare per aggiustare così tutti i conti, e senza dover risolvere problemi di:
Nuove Terme, Arenile che scompare con sciroccali, fango incipiente, il pontile che sprofonda, locali che non rendono.
Come si può negare ai Signori Ristoratori di sognare clientele che spendano e spandano, non capiscano un tubo e paghino senza rompere le scatole con la tiritera " il pesce è fresco o congelato".
Un sogno poi non si nega a nessuno, non vogliamo mica negarlo a coloro che progettano di costruire un grattacielo in "Savial" o un Palazzo di Vetro vicino alle Chiese o addirittura al posto delle Chiese:
No! il sogno non nega nulla a nessuno e così continueremo a sognare.
Ma un' oltra volta!
-ricordo che questi sogni sono tratti e adattati da me da :
"storie di Giovanni Marchesan (Stiata)"
i merlato
16 ottobre, 2021
l'acqua amara
suggestiva la vecchia grado quando è deserta, quando per un atttimo si ricompone l’ ambiente familiare, guardare figure immobili o pensose, ma non tremano nel buio di notti ditempesta, quando il sibilo della tempesta, penetrando in ogni decorosi trasformava in ululati demoni o dannati.
come i bambini di un tempo creano un regno tutto per loro, affettuosamente popolato da tanti amici; i gabbiani della laguna, granchi delle spiagge, i gatti delle calli, che con loro fanno lunghi dialoghi, dai quali i grandi sono rigorosamente esclusi.
e voci dei mamuli si impastano con quella delle donne in un dialogo che vola da sinistra a finestra, con in alto un’amalgama che percorre l’ aria con uno stormo di uccelli.
‘ suggestivo incontrarsi nella grado vecchia, in una csmminsta solitaria e notturna, nei profumi della nota infanzia. e’ suggestivoddentrarsi tra la vecchia grado, na camminata solitaria e nottutrnada icona ad icona e sentinella campana della prima messa.sentire qualche donna vestita di nero prende il posto della chiesa profumate incenso piano, piano si levano i canti tramandati da tradizioni da antiche tradizioni giailatori ermai dimenticate.
e’ piacevole alla serrati sostare in una trattoria gustare il prelibato boleto la zuppa di pesce tanto anticada non conoscere l’uso del pomodoro.
e’ questo l’angolare risentirei dettami un aura vibrante di poesia.
l'acqua amara
la irala chiaro
suggestiva la vecchia grado quando è deserta, quando per un atttimo si ricompone l’ ambiente familiare, guardare figure immobili o pensose, ma non tremano nel buio di notti ditempesta, quando il sibilo della tempesta, penetrando in ogni decorosi trasformava in ululati demoni o dannati.
come i bambini di un tempo creano un regno tutto per loro, affettuosamente popolato da tanti amici; i gabbiani della laguna, granchi delle spiagge, i gatti delle calli, che con loro fanno lunghi dialoghi, dai quali i grandi sono rigorosamente esclusi.
e voci dei mamuli si impastano con quella delle donne in un dialogo che vola da sinistra a finestra, con in alto un’amalgama che percorre l’ aria con uno stormo di uccelli.
‘ suggestivo incontrarsi nella grado vecchia, in una csmminsta solitaria e notturna, nei profumi della nota infanzia. e’ suggestivoddentrarsi tra la vecchia grado, na camminata solitaria e nottutrnada icona ad icona e sentinella campana della prima messa.sentire qualche donna vestita di nero prende il posto della chiesa profumate incenso piano, piano si levano i canti tramandati da tradizioni da antiche tradizioni giailatori ermai dimenticate.
e’ piacevole alla serrati sostare in una trattoria gustare il prelibato boleto la zuppa di pesce tanto anticada non conoscere l’uso del pomodoro.
e’ questo l’angolare risentirei dettami un aura vibrante di poesia.
la irala chiaro
14 ottobre, 2021
vento
Il vento ha un potere straordinario... può sollevarti verso l'alto o abbatterti a terra, con impeto, rabbia, ma anche leggerezza e dolcezza...dipende dallo stato d'animo suo e nostro...in ogni caso è il motore che fa muovere le onde del mare, le foglie… Altro...
Continuando a rappresentare il dialetto gradese antico, degli inizi secolo 1900, quello che ci è pervenuto in forma scritta prima di Biagio Marin; letto nel post precedente il Marchesini con le sue forme dialettali popolane di "Grado Antigo", vediamo il modo diverso di presentare Grado, quello del Professor Sebastiano Scaramuzza.
Il dialetto che usa per scrivere è più rotondo meno brusco, la cultura del professore trasuda dalle sue parole, ma la passione per il proprio Paese è simile e fortissima è la nostalgia dell' emigrante suo malgrado, perchè il Professore è stato costretto ad emigrare ma il suo Paese è rimasto profondamente nel suo cuore:
Gravo Mio
Quel che vevo intè 'l cuor mè no he possuo,
Su le tò rive povere, otigni;
Mischin, senza conforti,me ha scugnuo
Da le are tove, da i to rii partì.
Ramingando pel mondo,me he veguo
Maravege che un oltro no el pol dì
De 've, intra Buso e Sdoba, cognossùo,
Se co tu l'ha passao duti i so di.
E pur,e pur! o dolze Gravo mio,
Te porto in mezzo a l'anema co Mè
E sempre, Gravo mio, te portarè.
In brazo a tu son nato; e'l desiderio
De la sò cuna (cussi el vol Idio)
N
vento
12 ottobre, 2021
11 ottobre, 2021
patacheo
intanto noltri ‘ndevemo in batela a Isola Gorgo a ingrumà le pigne pè vè i pinoli e per fa fogo co’l resto. Un giorno la n’ha dito de catai una lastra de marmo per parecià al zuchero coldo del patacheo e cussì pian pianin domalo a son de brassi, missiando al caramelo bruno ai pinoli. Noltri do, sensa pensai massa, semo ‘ndai drio del simisterio e vemo tolto la prima lastra de marmo che vemo catao sensa fasse veghe dal custode che al gera mundi cativo. Lavagia la lastra i la vemo portagia a cason e la nona dopo ‘vè impissao al fogo sul spagher ben gratao co la pagieta l’ ha ghitao al suchero per caramelalo e zontando pian pian i pinoli. Noltri co le bave incantesemai a vardala, pò la gheta al composto ingrumao su la piastra de marmo che i vemo portao inumidia perchè al patacheo nol se tachi. “vardè e imparè mamuli” la ne diseva e intanto co gesti linde ma energici la stendeva al composto su la lastra: “veghè bisogna domalo e fai vignì fora ogni bola de aria” e stindi e stindi finchè pian pianin al Patacheo al s’ha sfredao e al pareva pronto pel consumo. La nona lo gira e sorpresa, sul dadrio, sul fondo insoma gera una scrita: qui giace …………..pronto per l’ eternità.
Un urlo de la nona e dalongo dopo al sigà per noltri: “malastriti ‘ndola se ‘ndai a to la lastra, la de la tomba de un morto?” Se stao duto in t’ un, lastra de marmo e patacheo in sima driti in cavana, che quela volta le gera fonde. Noltri cursi dalongo fora de cason, chè la nona la veva in man al mestolo e le nostre bave de patacheo finie anche ele in cavana. Eco, queste storie capiteva in cason dii Biviacqua, al patacheo del morto.
Pecao però al veva l’ aria de esse mundi bon.
patacheo
08 ottobre, 2021
i numeri del vecciao
numeri del vecciao gradase risalgono ai numeri romani, allego anche numero del chioggiotto e primi numeri etruschi
uno speciale va allo zero che non esiste come non esiste per i romani che usano lo zero con i numeri arabi.
numeri sono:onse, donse, trense, quari,quarense, mile, milense, rinfe, ranfe, diese.
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
i numeri del vecciao
07 ottobre, 2021
mamuli de una volta col buba
Cognoseveno ogni piera, ogni barcon, ogni balaor e anche ogni teto. No svoleva una mosca senza che nostri no vinisemo a savèlo. E 'l vecio Stoco al magneva i culumbi, e la veccia Mora la piseva in tel albero, e al vecio Capelani al feva stramassi e "ipnotizzazioni" O___O ….gera Bepi Ce, gera 'l Negus, gera Ermì che la canteva, gera Iano che al ne porteva sora al campanil per caregà l'orologio, gera sior Rugero che al veva la machina per gratà al pan e in corte g
Eco, quella sera de ottobre, co la fantulina in brasso, è vardao dentro al "ribasso", è serao i oci un attimo e col coro de sottofondo, è rivisùo qui muminti, li è sintì, li è nasai…. le sinquesento lire de carta zala dute fulignae, le è viste, le è tocae….è sintìo le nostre voze che coreva fora della ciesa riàndo….e m'è 'ngropao!
Co belo che gera Gravo, quanta mularia per le cube, disculsi e coi genugi tacolai. Quanta zente a torsio, duti rieva, duti cuntinti, musica, feste e perfin le scopele de Oliver, in realtà, la ha fato più storia che mal.
Gno figia, quella Gravo, no la vivarà mai….per quel m'è 'ngropao!!!
Geri, vardando ste riprese, è provao la stessa sensasion, cusì è fato quatro tagi e le è messe dute insieme, che se geremo "vinti contro vinti", magari, le stesse emosion podarave vivele anche gargun oltro vardando sto video……e 'ngropasse, pensando a quela graisanità vera, che no gera quela decantagia in campagna eletoral, ma gera duto quel che veveno ......e veveno de vantaselo.
mamuli de una volta col buba
05 ottobre, 2021
lo zeff del tamburo
la chiamata del sindaco veniva chiamata della fontana e del banditore il consiglio di grado si raccoglieva nella sala del palazzo di città, l’aula svolgeva la vita pubblica presso il contegno si trattavano gli interessi di tutti. lr concioni de tota universitari gradi.prima furono le sette nobili famiglie detta le famiglie della balla de oro, ma poi trovarono anche a gradoanche i membri di tutele famiglie. il commandor veniva reclutatodalla concione dallo staff del tamburo.
il consiglio di grado era la più bella e più pura incarnazionedel comune italiano, le cariche wd il titolo potevano dirsi di reminiscienze romane.
lo zeff del tamburo
04 ottobre, 2021
nelle moeche
Produzione di moleche in laguna
Esclusiva della laguna di Venezia, questa attività, che si basa su tecniche
antiche tramandate di padre in figlio, sta ricevendo solo ora l’attenzione
degli ambienti scientifici.
I granchi come tutti i crostacei sono rivestiti di una dura corazza,
l’esoscheletro. Questo è composto di proteine, chitina e sali minerali quali
carbonato e fosfato di calcio. Se da una parte uno scheletro esterno offre
vantaggi di protezione e sostegno, e agevola la locomozione dell’animale,
dall’altra non consente il suo accrescimento. Per tale motivo, per aumentare di
dimensioni, gli animali devono liberarsene e rivestirsi di una nuova corazza.
Appena l’animale si è liberato del vecchio esoscheletro, il suo corpo si
presenta molle: da questo deriva il termine veneto moleca. Il fenomeno detto
muta, è un complesso processo fisiologico legato a numerosi fattori ambientali
e comune a tutti i crostacei.
Il granchio di cui stiamo parlando è il Carcinus mediterraneus (Czerniavsky,
1884) comunemente chiamato granchio verde o granchio ripario.
Appartiene alla famiglia Portunidae compresa nell’ordine più numeroso del
phylum degli Artropodi, quello cioè dei Decapodi.
Il C. mediterranus è una specie caratteristica del Mediterraneo. Abita le acque
salate e salmastre prediligendo le zone litoranee con acque basse e le lagune,
e di questi ambienti popola preferenzialmente le aree dei fondali ricoperte da
Zostera. È, infatti, una specie tipicamente eurialina ed euriterma, cioè
tollera bene ampie variazioni di salinità e temperatura.
È onnivoro e si ciba prevalentemente di notte e con l’alta marea.
Il C. mediterraneus è un animale tipicamente stanziale anche se è in grado di
percorrere diversi chilometri al giorno nel caso in cui le condizioni
ambientali ottimali venissero a mancare.
La specie presenta uno spiccato dimorfismo sessuale che consiste nella forma
dell’addome ripiegato sul ventre e nella forma, numero e funzione di
particolari appendici trasformate dette pleopodi collocate sotto l’addome. Le
femmine hanno l’addome largo e arrotondato ed i pleopodi servono per
trasportare le uova; i maschi presentano l’addome più stretto e appuntito e
hanno soltanto i pleopodi anteriori usati come organi copulatori (fig. 1). Il
C. mediterraneus si riproduce da maggio a novembre, periodo in cui le femmine
mutano: infatti perché avvenga la fecondazione è necessario che la femmina sia
prossima alla muta e il maschio abbia l’esoscheletro duro. Le femmine migrano
poi in mare a deporre le uova.
Dall’uovo si schiude una prima larva, la zoea, che dopo l’ultimo stadio
larvale, la megalopoda, muta per la prima volta in giovane granchio. Da questo
momento si susseguono più mute nell’arco di un anno fino al raggiungimento
dello stadio di granchio adulto (fig. 2). Da adulti i granchi maschi mutano in
primavera e in autunno.
IL CICLO DELLA MUTA
La muta o ecdisi non è un evento improvviso ma il culmine di una serie di
processi preparatori.
Si riconoscono quattro diversi stadi:
1. La pre-muta: è la fase preparatoria in cui il granchio smette di nutrirsi e
rimuove dal vecchio esoscheletro il calcio, determinando un aumento della sua
concentrazione ematica e depositandolo in particolari strutture dette
gastroliti. In questo stadio lo strado di cellule posto sotto l’esoscheletro si
stacca dal medesimo e comincia a produrre il nuovo involucro. Il segno
premonitore della fine delle pre-muta è la fessurazione del carapace in
direzione postero-anteriore. I granchi in questo stadio sono detti spiantani
(fig. 3).
2. La muta o ecdisi: stadio di breve durata in cui il granchio rigonfia il
proprio corpo mediante l’assorbimento di acqua attraverso le branchie e sguscia
fuori dal vecchio esoscheletro aiutato da particolari movimenti degli arti
posteriori. Il granchio ora è rivestito della nuova cuticola molle perché non
ancora chitinizzata e calcificata. In questa fase il granchio è delicatissimo,
infatti i "molecanti" lo maneggiano con estrema cautela onde evitargli lesioni
agli organi interni e causarne la morte. Le moleche se tolte dal contatto con
l’acqua non continuano il processo della post-muta e si mantengono tali;
coperte con un panno umido possono sopravvivere 2-3 giorni, tempo sufficiente
per la vendita e la esportazione.
3. La post-muta: il granchio completa la distensione dell’esoscheletro e ne
avvia la mineralizzazione prelevando il calcio dai depositi precedentemente
costituiti. Terminato il processo, l’assorbimento dell’acqua viene sostituito
dalla sintesi della nuova massa dei tessuti mediante un alto turn-over di
proteine e DNA. Il granchio riprende ad alimentarsi.
4. L’inter-muta: il granchio ritorna attivo e continua ad alimentarsi
accumulando materiale di riserva. La durata dell’inter-muta è variabile e
dipende dall’età del granchio e dai fattori meteorologici e fisico-chimici
dell’ambiente.
Questi stadi della muta avvengono con processi fisiologici regolati da
interazioni ormonali. I granchi hanno particolari organi che producono due
ormoni: l’ormone della muta o ecdisone (MH) e l’ormone inibente la muta (MIH).
Quest’ultimo nel periodo tra una muta e l’altra inibisce la secrezione
dell’ecdisone in forma e quantità tali da impedirne l’azione. Nel momento in
cui viene a mancare il controllo dell’ormone inibente la muta, l’ecdisone è
rilasciato in circolo in grande quantità e va ad agire, in forma attiva, sullo
strato di cellule al di sotto dell’esoscheletro e sull’epatopancreas stimolando
così la produzione della nuova cuticola e il riassorbimento della vecchia.
Il ciclo delle muta è legato inoltre a fattori ambientali che agirebbero come
stimoli. Tra tutti i più importanti sono la temperatura e il fotoperiodo.
Questi fattori, mediante meccanismi ancora poco noti, regolerebbero la sintesi
e/o il rilascio dell’ormone inibente la muta che a sua volta controlla
l’ecdisone (fig. 4).
LA PRODUZIONE DELLE "MOLECHE" NELLA LAGUNA VENETA
I periodi dell’anno in cui è concentrata la produzione delle moleche vanno da
fine gennaio a tutto aprile-maggio e da fine settembre a fine novembre.
I granchi vengono pescati con reti fisse, le trezze, terminanti con trappole
cilindriche, i cogoli, collocate nei bassi fondali e lungo i canali naturali
della laguna di Venezia.
Una volta raccolti i granchi, viene fatta la cernita osservando in particolare
la diversa colorazione del ventre. Questa operazione è svolta su una
particolare tavola detta gorna.
Vengono così separati i granchi boni che diventeranno moleche in breve tempo,
gli spiantani che faranno la muta entro due giorni, i granchi matti che per
questa stagione non muteranno più o che hanno appena mutato (moleche dure) e le
masanete, le femmine, raccolte solo in autunno (fig. 5). I granchi boni e gli
spiantani vengono posti in vieri diversi (fig. 6): i primi vengono controllati
ogni 3-4 giorni, per togliere i granchi diventati spiantani, i secondi 2 volte
al giorno, perché se la moleca non viene tolta dall’acqua ricalcifica
l’esoscheletro e non è più vendibile; inoltre ridiventa aggressiva e può
uccidere gli spiantani indifesi.
Le femmine non vengono mai messe nei vieri con i maschi perché, se prossimi
alla muta li indurrebbero a regredire a "matti" per accoppiarsi ed inoltre
perché esse diventerebbero aggressive nei confronti dei maschi indeboliti dalla
muta e li divorerebbero.
RICERCHE E PROSPETTIVE
In tutto il territorio del Veneziano e nelle città dell’entroterra veneto le
moleche sono considerate da sempre una prelibatezza alla quale, anche se
costosa, è difficile rinunciare.
La molechicoltura è una attività strettamente locale che si tramanda di padre
in figlio da generazioni e non ci sono altri sistemi per poterla apprendere. È
una attività che tuttavia sta scomparendo in quanto faticosa ad apprendersi, a
praticarsi ed insicura in quanto dipendente dai fattori ambientali.
L’ASAP (Azienda Speciale della Camera di Commercio di Venezia per lo Sviluppo
della Pesca e dell’Acquacoltura) in collaborazione con la Tropical Farm srl sta
portando avanti un progetto per la standardizzazione di nuovi metodi produttivi
che possono agevolare i "molecanti" nella loro attività e promuoverne di nuove
all’interno di un settore che consente ancora buoni redditi.
Tra le parti del progetto portate a termine c’è l’invenzione e la
sperimentazione di una lampada che rende più evidenti le differenze esistenti
tra granchi prossimi alla muta e non, che normalmente richiede l’occhio
espertissimo del molecante.
Gli altri studi applicati in corso di svolgimento riguardano:
- il mantenimento dei granchi in vasche lontano dal loro ambiente naturale;
- la produzione di moleche in ogni periodo dell’anno riproducendo e accelerando
l’insieme di quei fattori naturali che regolano il meccanismo della muta e
quindi la trasformazione del granchio matto" in "bono".
nelle moeche
03 ottobre, 2021
la mia vita in acqua granda
Il 4 novembre del 1966 è il giorno dell'Aqua granda, un'acqua così alta non si ricordava a memoria d'uomo. Venezia è quasi completamente sommersa dall'acqua del mare Adriatico in tempesta. Abbiamo scelto, per raccontare questo giorno, le pagine di Venezia fino a quando?, un testo ormai introvabile scritto da Giulio Obici, redattore allora di Paese Sera, nel 1967 e gentilmente concesso assieme alle fotografie.
Alle 18, il calcolo delle ore trascorse sottacqua poteva dare un'intuizione dei danni e dei disagi già sofferti, e quello delle probabilità era paurosamente aperto: l'alta marea aveva invaso Venezia alle 22 del 3 novembre, elevandosi con un'impennata prepotente, e alle 5 del mattino successivo avrebbe dovuto, secondo le regole astronomiche, ritirarsi in buon ordine, magari per ritornare più tardi, cioè sei ore dopo. Alle 5, invece, la marea non ebbe che una tenue flessione, scoprendo appena qualche zolla d'asciutto: la laguna non era riuscita ad espellerla. Un primo allarme era scattato.I Veneziani del centro storico, sequestrati dalla marea, ignorarono questo capitolo del 4 novembre fino all'alba del giorno dopo. E forse fu addirittura una fortuna: poteva anche accendersi la scintilla del panico, e allora la paura del mare sarebbe corsa più in fretta della corrente. Però a chi abita sul bacino di San Marco quelle onde che ingobbivano la laguna e finivano per infrangersi sotto le arcate del Palazzo Ducale, dovettero portare un lugubre presentimento. Un gondoliere ci disse più tardi: -Credevo che il mare fosse arrivato fin qua-. E un vecchio che abita un pianoterra della Giudecca dichiarò a un cronista: -Avevo la sensazione che il mare volesse riempirmi la casa -. La verità è che, se il vento non fosse caduto improvvisamente e la mareggiata avesse potuto continuare anche per poco nella sua opera di distruzione, il mare avrebbe dilagato e messo a dura prova il centro storico. Le fondamenta dei vecchi palazzi, delle vecchie case, per le quali è un pericolo anche lo sciacquio del moto ondoso provocato dai natanti, avrebbero resistito? Per fortuna il vento cadde in tempo perché la dimostrazione del 4 novembre non si spiegasse per intero.
Un rito funebre sulla città agonizzante
Quando, verso le 21, ormai contro ogni attesa, le acque cominciarono a scemare, più d'uno dovette credere al miracolo. Il ritorno così tardivo alla regola fu un altro colpo di scena, un altro repentino voltafaccia. Così come era montata, la marea se ne usciva dalla città, improvvisamente e con una violenza pari a quella del suo accesso. Aveva raggiunto l'inedita altezza di un metro e novantaquattro centimetri sopra il livello medio del mare, devastato tutti i negozi della città, invaso tutte le abitazioni a piano terra, danneggiato quasi tutte le imprese artigianali, strappato la nafta a centinaia di caldaie, inzuppato e deteriorato un numero incalcolabile di libri nelle biblioteche, distrutto merci nei magazzini, mobili nelle case, atti pubblici in molti uffici. In ventiquattr'ore di assoluto dominio, le acque avevano dato la loro terribile dimostrazione e adesso potevano ritirarsi
la mia vita in acqua granda
02 ottobre, 2021
alnono- bisnonno steffano lugnan dei gasparetto e dei Pastaper finì qua de enio pasta
Una piccola nota sui personaggi del nostro documento: Steffano Lugnan dito Gaspereto zè 'l capostipite dii Lugnan incùo diti Pasta, Giovanni de Grassi alias Zuanne Degrassi zè l'ultimo Comandaor de Gravo soto Venessia (nono de gno bisnono Antonio) e il Sindaco Niccolo Verginella (1749-1815) dito Bisero zè 'l bisnono de gno bisnona Maria Matassi mariagia con 'l sudeto Antonio Scaramuzza.
alnono- bisnonno steffano lugnan dei gasparetto e dei Pastaper finì qua de enio pasta
01 ottobre, 2021
il nuovo sindaco
grado un’isola stretta tra mare e laguna, aperta alla luce ed alle voci del vento, ha profonde misteriose radici, una civiltà segretamente custodita lungamente sedimentata. V’he zugao anche a drio del lavatoio è titolo di merito.
strano modo di incontrare il puvbblico, mancando uno dei protagonisti, il candidato del bello con era presente come un candidato sindaco di meno, ci siamo ritrovato tra un attento dario raugna il sig, kovasch, vien da dire ub sindaco presente ed attento alle problematiche del paese ad un sig, ragioniere con poco spessore per futuri e per proiezioni,
il nuovo sindaco