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01 giugno, 2008

Arturo Marin "Un Sbatocià de Ale"



Per descrivere Arturo Marin userò le parole di Silvano Bertossi, giornalista friulano, che secondo me ha colto l'essenza del personaggio:

Arturo Marin l’ho conosciuto anni fa, una sera, mentre suonava il suo violino con il Gruppo Musicale ‘Saltapasti’ composto oltre che da lui anche da Luciano Facchinetti (Siego) e Gianni Marchesan ‘Cavalin’. Arturo faceva cantare e piangere le note di una Amapola, di Besame Mucho, di dolce Vienna. Qualche anno dopo per una recensione mi viene recapitato un libro di poesie, non ricordo il titolo, che Marin ha scritto con il mio amico fraterno Enzo Driussi. Scopro che l’Arturo del violino scrive poesie in dialetto gradese, la sua lingua.
Sempre per caso, alcuni mesi fa, mi sono capitati fra le mani alcuni fogli delle poesie di Arturo. Leggo in fretta, le rileggo.
In quei versi, semplici, spontanei, colgo il profumo di Grado. Sento il profumo che voglio sentire a Grado. Un profumo esclusivo, che non porta firma, non griffato, ma molto di più.
E’ unico. Leggo e rileggo “El gno Mondo”, “In Porto a Gravo”, “Cò l’alba”. Mi trovo catapultato ..... sul paluo, in meso a le cane.
dove...... se perde un canto de nuoli. Vado avanti con “E piove”,”L’Ostaria del Pensionato”, quella della Filomena, “De Note”, “Figia Mia”, “Per mé”, “Se no tu fussi tu”. Sono intimiste frutto di trasporti affettivi, sofferti, vissuti. Continuo con “E xe caligo”, poesia risultata vincitrice ad un Concorso di poesie dialettali, “El Fugher”, “Fior de Tapo”. Sono componimenti malinconici, sospesi...... sul tremolà lisiero e sensa pase.
Chiudono la conversazione poetica di Arturo Marin le parole di “In Simisterio” dove..... la pase xe un sito in tel ninte.
Ecco, tutto qui,. Arturo Marin racconta le sue emozioni.

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