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29 novembre, 2016

Un cielo sopra la testa- I cinema all' aperto



Oggi è assodato prevale  il turismo straccione delle seconde e terze case, il mordi e fuggi, l' ospite incazzato cronico che arriva qua a sfogarsi. 

Si parla da qualche anno  di cosa fare per il turismo del futuro.

Per capire meglio è' bene fare una disanima di quello che  ci hanno tolto dal passato, quando la vacanza era una vacanza temporanea dai problemi, dalle preoccupazioni e la località turistica doveva presentarsi la più spensierata possibile per accompagnare in tutta la giornata l' ospite.

Quando l' imbrunire calava si attivavano loro:
veri e propri Cinema Paradiso, i Cine all'aperto, una vera magia dell'estate gradese dei tempi che furono.

I loro nomi:   "S.Marco", "Azzurro", Parco delle Rose", Razzo.

Il primo "ssst!" partiva subito quando qualche ritardatario muovendo la ghiaia si sedeva rumorosamente, magari litigando sottovoce con i vicini per il posto da raggiungere.

Le atmosfere magiche create da qualche insetto che girava dispettosamente davanti all'obbiettivo del proiettore e rompeva la concentrazione degli spettatori sul film proiettato, le coppiette che si appartavano verso il fondo a sinistra dove il buio era più profondo e vivevano in un altro film.

Sembra sia trascorso più di un secolo invece era cinquantanni fa, ora sono malinconicamente spariti, erano l'appuntamento di prima serata per tanti turisti per poi proseguire nei dancing, anche quelli all'aperto, perchè la vacanza al mare questo richiedeva, un cielo sopra la testa.

La vacanza era poesia, un'atmosfera piena di musica, di gente contenta, di profumi delle cucine, con le luci del Golfo di Trieste come falene che proponevano un grande abbraccio con il mare.

Ora con cosa volete che ci abbracciamo, con i sostegni di cemento di fontane senza senso, con fondi piastrellati .
 Avevamo  un  giardino e lo abbiamo piastrellato e cementato tutto.
 Ma tutto tutto: neanche un filo d'erba. E prima o poi...

Nella foto Il cine "Parco delle Rose" nel 1940 durante uno spettacolo all'aperto. 
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27 novembre, 2016

Cavane e fango



















Foto di   Lorenzo Pastor

Fango


Al fango ze tacaisso
no se pol 
liberasse de elo.

E me patisso
Cò elo
E sensa de elo...

Stiata

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26 novembre, 2016

Ponte Grando



Il   Ponte Grando per Grado è un po di più di un manufatto, è il cordone ombelicale che ci ha unito alla terraferma facendo fare un balzo in avanti, in un unico colpo, ad una Grado legata al mondo della pesca e basta, strada ormai troppo stretta per una comunità in forte crescita quale era Grado a tempi.

Ora però gli anni sono passati e il bisogno di rivedere o di rifare "l'ordegno" si fa pressante.
 Il Progetto di sostituzione della parte girevole centrale dovrebbe partire da gennaio 2017 e durare fino a fine febbraio se non marzo escludendo quindi Grado dai collegamenti verso Aquileia e l' entroterra friulano.

Un ritorno al passato quando il collegamento era assicurato da grandi chiatte.

Dovremo farcene  una ragione in nome di una manutenzione (sostituzione) ormai non più rinviabile e ci godremo un parziale isolamento, il traffico verso Monfalcone ovviamente sarà più che sufficiente ad assicurare alla Città quanto necessario.

Sarà comunque argomento di "ciacole" infinite e così passeremo l' inverno in attesa di ricominciare.
Anche noi sognemo e ciacolemo della California! 

Inaugurazione del Ponte:  14 giugno del 1936
Avete un posto al Sole, ...un posto al sole .. A VOI!

 Il Canto (solo ritornello) venne dopo quella stagione.


Turist Promotion.

Questo mare è proprio grigio
ma era blù nel depliant!
qua diluvia da tre giorni
ma c' era il sole su la reclam!

Cosa sono Puerto-Rico e le Barbados
Se Ambriabella ti da di più!
Cua si offre Puerto-Bucos e Las Barbanas
tra tapi e foleghe de Palù


Ooooh  yes!!!


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25 novembre, 2016

Il Fogoler






Conoscere il mio paese, per me è sempre stata una necessità.

 La mia curiosità mi ha sempre spinto ad approfondire scegliendo per farlo il punto di vista dal basso, a livello della gente, perchè ho notato che tutto quello che è stato scritto sul nostro paese (non è molto) è stato più o meno calato dall' alto di un livello culturale fuori portata della gente comune ( e quasi sempre fatto pesare) , mentre la parte storica vissuta e quindi più vera ed interessante è quella popolana.

E' la che si trovano le storie i miti le consuetudini, ed è là che io mi oriento nel ricercare piccole gemme della storia graisana.
Così rileggendo un libro del Prof. Aldo Marocco  "Camini Veneti", mi è venuta voglia di passeggiare per le Cube con il naso all' insù ad osservare quel che è rimasto di quei camini che Aldo ha disegnato con grande maestria ed amore, il risultato è stato piuttosto deludente, dei grandi e complessi camini di un tempo non c'è più traccia, sostituiti da anonimi e banali (ma più funzionali e sicuri) camini in cemento, il che mi fa riflettere sul grande cambiamento avvenuto nel nostro Castrum; le case rifatte, tutta un'aria di nuovo, di trucchi e belletti, muri dipinti, "barcuni" senza le "gelosie", insomma spersonalizzato - senza anima.

E si!

Tutto questo riflette il cambiamento avvenuto sul concetto di casa, per noi "moderni" solo un luogo da abitare, un tempo centro sociale, di lavoro dove si concentravano affetti e proprietà della famiglia.

Il punto è proprio la Famiglia.

Il Focolare "fogoler" nella civiltà dei pescatori e contadina è sempre stato il simbolo dell'aggregazione familiare, del calore umano, delle storie raccontate ai bimbi, l'antico luogo di riunione per le strategie di lavoro e di famiglia.

La sua presenza all'esterno dell'abitazione era espressa dai camini che spesso erano il biglietto da visita delle abitazioni.

La parte storica di Grado presenta una miriade di forme di camini tutte diverse, perché i capomastri si sbizzarrivano nella loro costruzione pur mantenendo le forme alla veneta. 

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24 novembre, 2016

Voglio giocare




C'è un momento nella vita di ognuno di noi in cui si comincia a dire basta alle responsabilità, basta al faccio tutto io, basta al mettersi al centro del mondo.

E' la crisi di tutti noi adulti che vorremmo tornare bambini, essere condotti invece di condurre, tornare a giocare e a sognare. 

 I giochi, così come i sogni, ci permettono di volare senza farci male, toccare senza temere il rifiuto, immaginare senza disincanto, commuoverci senza arrossire.
E non c'è età che non ne abbia bisogno, né donna né uomo che possa abbandonarli.
Per questo, crescendo, continuiamo a giocare. Ancor più frequentemente di quando eravamo bambini. 

Giochiamo quando da adulti abbiamo bisogno di trovare riparo per la nostra memoria, oblio per i nostri litigi, coraggio per affrontare il mare ed il cielo. 
Qualche volta ho creduto che il desiderio, che la necessità di sentirsi parte dell'assoluto, sarebbe andata scemando con il passare degli anni, fino a che tutto sarebbe stato solamente un momento di quiete retto più dal disincanto che dall'euforia. 
Per fortuna, mi sono sbagliato. 

Il tempo che ci allontana dall'infanzia, dalla prima gioventù, da quello che supponiamo sia la perfetta innocenza, non solo non distrugge la speranza, ma la accresce fino a farla diventare febbrile, sino a perfezionare l'innocenza rendendola invulnerabile. 

Nessuno è più disposto a credere che un aereo di carta possa attraversare il mondo, né che niente sia più adatto a viaggiare della barchetta che liberiamo in riva al mare, eppure consegnandoci alla nostra fantasia lo possiamo immaginare.

E' così che un' apparente involuzione diventa evoluzione verso un mondo fatato e felice, quello dei sogni e dei giochi.


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22 novembre, 2016

Benessere Ambientale-Convegno

Interessante incontro promosso dal Comune di Grado in collaborazione Con il Centro Regionale di Informazione sulle Barriere Architettoniche.


vi trasmetto la locandina del convegno sul benessere ambientale, organizzato dal comune di Grado in collaborazione con il C.E.R.P.A. Italia, che si terrà a Grado presso la sala Lido dell'hotel Astoria 
il 28 novembre dalle ore 15.30 alle 18.00. 

Confido nella vostra collaborazione per la massima divulgazione dell'iniziativa. 

Cordiali saluti

il delegato al benessere ambientale del comune di Grado
dott. Sebastiano Marchesan

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20 novembre, 2016

Al Balon de Massi Tachelo

Dopo piassa, i canpiuni de via Roma: 
Armando, Giannino, Ernesto, Gioi, Nico, Segni Vittorio, Stelio, Sergio, Giuliano, Tullio, Ovidio.

Da balia l'onnipresente Massi Tachelo.



































un'oltro che descriveva Gravo vecio co' le sove poesie che al ne à lassao.
Desso creo che no ze nissun che al pol descriverlo, incuo Gravo nol ze piu vecio.

 il commento disegna il popolare     Massi "Tachelo" Cicogna .

Lui,  sempre circondato da stuoli di ragazzini cui voleva un mondo di bene descrive nel suo libro in dialetto gradese: 
    
"Le gno do scale" 
una Grado scomparsa che non ritornerà più se non nei nostri ricordi.
Descrive un mondo ormai scomparso da settantanni  con parole leggere, con le ali; parole che fanno nostalgia e hanno odori, suggestioni, rumori per chi ricorda quel piccolo mondo e diverte chi legge la realtà del tempo come storia passata.

Cose insomma che emozionano e fanno sorridere al medesimo tempo.
"Ciao Massi, continua a vardane de lassù"

Un altro episodio del suo libretto:

La squadra de balon

Sior Daniele al se veva messo in testa de fa una squadra de balon.
Un dopopranso geremo che zughevemo in Savial, el ne vien vissin e ‘l dise: ste sinti mamuli varavo intension de fa una squadra de balon.
Me i digo: no vemo ninte, comò podemo fa una squadra - ma elo ne risponde: no dovè preocupave per questo, penso me a duto.
Cussì un giorno sior Daniele n’ha tolto un balon novo e le scarpe de goma.
Cò se vemo visto rivà duto sto ben de Dio, vemo desmentegao al Taroto, al fero vecio e dute le oltre robe.
Duta la nostra atension la gera pel balon novo, perchè geremo la prima contrà che lo vevemo e duti voleva zugà contro de noltri e me no rivevo a tignime:  mamuli duti vol zugà contro de noltri perchè vemo al balon novo.
Faremo pagà do lire a testa e ‘ngrumaremo i soldi per comprasse le mage.
Si Massi, t’ha ragion-diseva sior Daniele- stasera zughè contro Piasseta, stè tinti che i ze forti, desso i ha messo più lampadine se veghe bastansa ben.

In quela sera pareva che Savial fossa in festa, la zente la se veva ‘ngrumao sui balauri, sior Daniele al deva urdini e duti i barcuni i gera serai.
Duti i feva un tifo indemoniao, me gero al capitano e gero duto contento: mamuli ste tinti che no dovemo perde si no sior Daniele che al ne disarà?-
Stemo tinti a Mario Peverin che al ze al più forte- sigheva Angelo.
Finia la partia, vevemo vinto cinque a quatro, i n’ha portao in trionfo.
Sior Daniele, duto contento, al n’ha dito: se stai bravi mamuli, e per premio ve comprarè le mage.

Noltri, che no vevemo mai visto mage vere, ne pareva de vive in un sogno-



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19 novembre, 2016

Boreto a la Graisana su QB




Un lontano sabato 28 settembre 2013  Fiorenzo Facchinetti (clicca il  link) quale rappresentante dell' Accademia Italiana della Cucina della Provincia di Gorizia relazionò  sulla variante gradese ad un convegno sul Boreto e le sue varianti Istriane, giuliane, venete e romagnole, insomma tutto l' arco peschereccio dell' Alto Adriatico.

Oggi la rivista QB (quanto basta) ha pubblicato sul suo ultimo numero la relazione letta quel giorno.  

Può essere utile leggerla.
Sopra copia dell' articolo pubblicato.



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17 novembre, 2016

Equilibrismi strategici

                  



                             " Paese mio, picolo nio,
                              covo de corcali..."


ovvero, sfruttando l' equilibrismo del moderno graisan:

                   o Franza o Spagna

                      purchè se magna
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16 novembre, 2016

GlobalGraisan




Ho    letto recentemente un' articolo su un settimanale che parlava di una nuova forma di comunicazione il "globalenglish". 

Globalenglish la nuova lingua che accomuna tutto il mondo.
Più immagini meno parole maggior velocità nella comunicazione
Si tratta del nuovo linguaggio usato per lo più in Internet che adatta in tutte le lingue termini della lingua inglese come (media, portali, siti, newsletters, blogs, post ecc....) e accomuna le parole (poche) alle immagini. 
Le considerazioni, amare, dell'articolista vertevano sull' impossibilità di fare ragionamenti profondi, di considerare le questioni in ballo nella loro pienezza, ma prendeva atto che così la comunicazione diventa globale e senza confini.

Questo mi ha fatto pensare alla situazione del nostro "picolo nio".
Io seguo, come tanti immagino, le vicende del nostro amato lido attraverso Facebook e credo che qui da noi abbiamo inventato un nuovo tipo di linguaggio il "Globalgraisan" uno strano dialetto maccheronico con un mix di parole ancora più complesso del Globalenglish, dove si rinuncia ad ogni tipo di sintassi pur di comunicare qualche cosa.

Devo dire con una certa efficacia, anche se si avverte dietro ogni messaggio l' urgenza di comunicare, di far conoscere il proprio pensiero, le proprie ragioni, allora si sovrappongono parole, si litiga per un nonnulla , qualcuno URLA, (malta, no muro) tutto pur di prevalere, di farsi distingure, di avere gli - I Like - numerosi da esporre come trofei.

Ormai non si può più rinunciare a comunicare  con Internet ma cogliamo l' occasione per migliorarci tutti noi rivedendo la proprietà del linguaggio che si usa, perchè lo scambio serva anche a far crescere il profilo culturale oltre che quello del celodurismo.  

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15 novembre, 2016

Mila Tarlao in Kiefer



Mila  Tarlao in Kiefer
, gran donna, profonda cultura e, come sempre accade a chi vive fuori Grado ma è profondamente gradese, innamorata persa del suo paese e delle sue tradizioni ha lasciato dietro se una scia di malinconia per questo nostro paese, così ricco di storia e storie, così orgoglioso a tal punto da essere autolesionista, così profondamente maltrattato dai suoi stessi figli.


Maria Tarlao, figlia di una delle famiglie più in vista di Grado, studi a Gorizia e a Graz, ha profuso energie enormi nel tentativo di diffondere in Grado la cultura dei vecchi, la saggezza di un dialetto intoccato nei secoli, ha dato tutto se stessa ai bambini assieme a quell'altro monumento di donna Maria Marchesan "Stiata" prodigandosi e dividendosi tra bimbi e anziani con l' Associazione la Bavisela.

Io ne ho fatto diverse volte un faro per le mie ricerche sulla storia del nostro dialetto e i suoi scritti continueranno ad illuminare una via percorsa da pochi.

La ricordo con affetto.

Il suo amore per il suo paese, che sapeva descrivere come pochi, si sente da queste sue parole:
Grado geograficamente fa parte del Friuli.  
Fra quella che usiamo chiamare terraferma e l’ Isola nostra si stende uno specchio lagunare che conta circa sei chilometri.
La laguna è di per se un paesaggio molto particolare, ma trovare un altro luogo dove il configurarsi di una laguna sia giunto a rappresentare un confine tra due mondi diversi, due storie, due lingue, è impossibile. 
Volendo riflettere e riguardare alla singolarità del nostro passato
– e scoprire così le radici del nostro presente – resteremo ancora
una volta sorpresi.
 
Infatti, mentre i nostri fratelli di terraferma possono seguire il loro cammino nel tempo alla luce di abbondanti testimonianze storiche e letterarie e di cultura, dietro le nostre spalle sta un buio di quattordici secoli, «praticamente dal tempo delle epigrafi romane fino al secolo scorso»

Una persona di grande umanità e cultura, che, tra l’altro, le valse nel 1998 la consegna
da parte dell’allora Azienda di Promozione Turistica del “Premio Spilla d’Oro di Grado”.

Il suo grande amico e conterraneo Giovanni Marchesan Stiata per ricordarla  le ha dedicato queste strofe:


La tova anema
La xe sempre restagia
A qua, ne la to isola.

Un zorno anche la to senere
Tornerà e le se missiarà
Co'l biondo sabiòn dei nostri lidi
Là - davanti del tovo mar.
E sarà la pase eterna.

A Mila Tarlao, cittadina gradese di Graz

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14 novembre, 2016

Travagio e Bicer



Una della tante banalizzazioni che i poveri di spirito usano per connotare noi gradesi è il detto:

Graisan:     B icer, B oreto, B atela.


Non sto qua a confutare queste cose che in fondo fanno humus, è una specie di marchio, un "native advertisement" e consiste nello spacciare per notizie le inserzioni pubblicitarie ch aiutano questo paese piccolo a non farsi ancora più piccolo.
Conunque, per visualizzare la prima  (al bicer) di noi graisani, ho rispolverato una mia vecchia poesia sul "travagio" della vita vissuta e sul supporto che si crede di trovare nel "bicer" per "desmentegà" invece di affrontarla e basta.



Bicer de Vita

'ncora un sorso, per desmentegà,
ma de novo la note
no la finisse de filà gropi
e ogni volta ze un colpo!

la vita se incrosa 'ncora,
de novo sentense
de novo ansie
de novo paure.

Ah! se vesso più testa
per 'frontà le robe
e conviseme che la vita ha senso
che no ze solo comedia.

ma l'anema la me scampa sola,
da ogni fuga che la cata,
e la me inpinisse ogni
bicer de vita che la veghe.

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13 novembre, 2016

La Batela



  Ho   letto oggi che la "Batana" Rovignesa sarà protetta dall' UNESCO; ho anche letto che la Comunità di Rovigno si adopera per la valorizzazione della loro cultura peschereccia e della costruzione di piccole unità da pesca facendone uno strumento di attrazione turistica, eppure anche noi a Grado potremmo portare dei fiori all' occhiello del nostro passato recente, perchè la Barca e il remo sono stati per i graisani strumenti di vita:

La batela in effetti è stata per secoli lo strumento più semplice e più efficace dell'economia graisana.
E' tipica della laguna Graisana, derivata sicuramente dall'imbarcazione a due punte in uso nel Mare Adriatico di cui l'esempio più noto è la gondola veneziana, adattata alle esigenze dei bassi fondali lagunari e da un moto ondoso poco pronunciato proponendo il fondo piatto senza chiglia.

Si presta anche alla vela al terzo, qualche volta con un fiocco e timone maggiorato per servire anche da deriva. 

Barche piccole e apparentemente insignificanti che sono sopravvissute ai mutamenti imposti dal progresso senza attirare l’attenzione pur meritandone non poca. 

Attenzione che bisognerebbe manifestare proponendo un risveglio generale in materia di archeologia e etnografia nautica da parte di studiosi qualificati con incontri anche internazionali che si potrebbero tenere a Grado sede ben qualificata per accoglierli.
.
Le Batele si suddividono in vari tipi pensate per situazioni diverse:

Batela levagia: a fondo più covesso, fa meno attrito nel movimento e favorisce il disincagliamento dal fango;

Batela calagia: a fondo dritto, usata per lo più per la vela e quindi più usata in mare;

Batela de stiopeton
: usata per la caccia, alta al massimo 30 cm. per bassissimi fondali,
si usava un palo per la spinta (pontando) oppure un remo corto detto "penola";

Batela de cana o de serà
: barca grande anche 9 metri usata per le canere e le cane de seragia;

Batela de siuri
: barca grande molto colorata e con le vele al terzo, provvista di sedili messi sul cavo de banda per turisti. 


Che pelassa che le veva 

quele femene in batela, 

le veghevo vogà de fuga

stando sora la scogera.



Le dotore e pititele,

queste quà le più famose,

le saveva vogà in coppia 
                        
                        
e se sole a rimi in crose.        Teti Dovier

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12 novembre, 2016

S.Michele





Sono   tempi questi dove un tutore è necessario per vegliare sui nostri destini, noi "graisani" siamo fortunati abbiamo l' anzolo S. Michele che dal 1460 veglia sulle nostre sorti, con discreto successo, perchè nonostante tutto siamo ancora qui a continuare le nostre baruffe.

Vediamo la storia di quest' Anzolo a tutti noi così caro: 

Nel 1460 i Veneziani fecero riattare il campanile di Grado e sulla sua cuspide collocarono, a mo' di segna-vento, un angelo di rame con anima di legno ruotante su di un perno. 
L'Angelo, alto circa un metro e mezzo, in metallo cavo, raffigurava l'Arcangelo S.Michele che indicava con il braccio e l'indice destro distesi la provenienza del vento, per effetto della resistenza all'aria offerta dalle ali semispiegate. 

Bruno Scaramuzza, con la solita gentilezza mi fa annotare:

 Dall'inedita Storia di Grado (1862) di Pre Matteo Corbato:
 

"Non avendo a disposizione documenti di Archivio (bruciato dagli Inglesi nel 1810), i vecchi viventi ragionando del nostro campanile ci fan sapere, avendo co' loro occhi veduto, che l'Angelo attuale di rame, fu messo in luogo dell'antecedente nell'anno 1791 in cui un fulmine incendiò l'interno del vecchio Angelo ch'era di legno, il quale ardendo gettò giù a pezzi le lamine di rame, di cui esternamente era coperto. 
Nel 1797 poi un uragano avendo piegato il palo ossia perno che lo sostiene per cui l'Angelo era pur piegato, questo fu motivo per cui venne tirato giù lo stesso Angelo, e tornato a metterlo su, nel qual incontro fu restaurato anche il campanile. L'ultimo restauro fu fatto nel 1860 in cui si spendettero fiorini 1.000, restauro però non ancora completato per mancanza di mezzi".
Questo è quanto apprendiamo dal buon Pre Matio dii Sucuni


Nel 1875 esso venne sostituito dall'attuale manufatto alto 2,80 mt, pure esso in rame cavo, opera dello scultore udinese, Olimpio Cescutti, recante un giglio nella mano sinistra che si spezzò durante una bufera di vento e cadde senza provocare danni

Riparato sul posto una prima volta dall'artigiano Tripoli Zorzini nel 1951, venne poi rimosso dal suo sostegno portato a terra e nuovamente riparato, ricollocandogli il giglio in mano dallo stesso artigiano nel 1967. 

A quest'Anzolo noi graisani siamo attaccatissimi, gli attribuiamo un enorme potere di attrazione e la nostalgia di cui tutti più o meno soffrono quando sono lontani dall'isola. 


Dall' alto dei suoi 43 metri San Michele vigila sui destini del paese che si stende sotto di lui. 

Da secoli alla sua ombra ferve una vita operosa con un susseguirsi di grandi e piccoli avvenimenti che formano la storia della nostra Isola. 

San Michele guarda, richiama e vigila che nulla vada perduto di quanto di buono vi è nei Gradesi e che deve restare il nostro patrimonio spirituale nei secoli.  


Gli ultimi momenti tempestosi dell' Agelo Vecio nel  1797  li ho immaginati così:



Gera un anzolo vecio, cò al peto pien de segadura
e culpi de tosse, cavili de stopa zala, 
nissun ricordo de zoventù.
Al pativa de solitudine, de veciaia.
Al longo e bel corpo de la so Isola
no lo consoleva più della sova solitudine.
Al gera inconsolabile fin in te 'l anema,
che al 'veva ramosa.

Al gera, quela note là in alto, al centro del sielo
che pareva, co duti i nuoli, imenso.
Un strano silensio de atesa. 
A un trato, 
L' Anzolo l' ha tirao un respiro profondo, l' ultimo, 
e  no podendo ne volendo scampà 
la ciapao al fulmine in pien peto,  
tra i mile coluri del fogo al ze scopiao,

ne veva viste massa!


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