C'è un momento nella vita di ognuno di noi in cui si comincia a dire basta alle responsabilità, basta al faccio tutto io, basta al mettersi al centro del mondo.
E' la crisi di tutti noi adulti che vorremmo tornare bambini, essere condotti invece di condurre, tornare a giocare e a sognare.
E' la crisi di tutti noi adulti che vorremmo tornare bambini, essere condotti invece di condurre, tornare a giocare e a sognare.
I giochi, così come i sogni, ci permettono di volare senza farci male, toccare senza temere il rifiuto, immaginare senza disincanto, commuoverci senza arrossire.
E non c'è età che non ne abbia bisogno, né donna né uomo che possa abbandonarli.
Per questo, crescendo, continuiamo a giocare. Ancor più frequentemente di quando eravamo bambini.
Giochiamo quando da adulti abbiamo bisogno di trovare riparo per la nostra memoria, oblio per i nostri litigi, coraggio per affrontare il mare ed il cielo.
Qualche volta ho creduto che il desiderio, che la necessità di sentirsi parte dell'assoluto, sarebbe andata scemando con il passare degli anni, fino a che tutto sarebbe stato solamente un momento di quiete retto più dal disincanto che dall'euforia.
Per fortuna, mi sono sbagliato.
Il tempo che ci allontana dall'infanzia, dalla prima gioventù, da quello che supponiamo sia la perfetta innocenza, non solo non distrugge la speranza, ma la accresce fino a farla diventare febbrile, sino a perfezionare l'innocenza rendendola invulnerabile.
Nessuno è più disposto a credere che un aereo di carta possa attraversare il mondo, né che niente sia più adatto a viaggiare della barchetta che liberiamo in riva al mare, eppure consegnandoci alla nostra fantasia lo possiamo immaginare.
E' così che un' apparente involuzione diventa evoluzione verso un mondo fatato e felice, quello dei sogni e dei giochi.
Nessun commento:
Posta un commento