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11 marzo, 2019
"Me" Generation
Sono finito sul TIME.
La mia teoria dell' uso del "ME" è stata adottata dall' universo mondo al punto da divenire "virale" e farne una narcissist generation. Urca!
Questa la teoria:
Al Gnanche pel cul graisan, qui non si transige, non c'è nessun altro al di fuori di ME, se cominci a fare discorsi filosofici o etici di coinvolgimento generale, di socialità a un Graisan, sei fuori.
Me son al megio de duti, caschi male perché infrangi la regola del Me che impedisce ad ogni vero graisan di considerare qualcun altro un Me, allora sei fuori.
Potremmo sicuramente cambiare, con calma perché questo, in fondo, è un Paese meraviglioso dove si sta bene e la velocità di trasformazione la si lascia volentieri ai foresti che vivono come pazzi nelle loro città dove tutto si consuma in fretta compresa la vita.
In aggiunta a questa regola del vivere, c'è lo scrivere in "Graisan" dove non esiste una regola precisa se non quella personale del "ME".
Per ME è sempre stato, non difficile, impossibile farlo, perchè il nostro dialetto oltre al solito legittimo adattamento ai tempi che cambiano, all' influsso più o meno violento della lingua o dei dialetti limitrofi ha sempre subito l' influenza caratteriale tipica gradese del "ME"
La teoria del "Me" vuole che non ci sia altro ME all' infuori di ME, pertanto i modi di scrivere il dialetto sono sempre stati abbastanza diversi a seconda di chi fosse l' autore.
Non sono esenti i padri nobili dello scrivere graisan i precursori della cultura gradese: i Biagio Marin, Sebastiano Scaramuzza o Menego Picolo Marchesini che da bravi graisani proponevano ognuno la propria formula vincente. Quella del "ME".
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