Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta barche. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta barche. Mostra tutti i post

24 gennaio, 2009

I calafai (Calafati)



Un' antico mestiere il Calafao, di grande gestualità , la mano callosa, nodosa ma precisa modella la barca e le sue assi di legno col calore del sole del fuoco e della fantasia.

Una corporazione professionale gelosamente conservata da Venezia che non permetteva ai suoi calafà e maestri d'ascia di uscire dall'area dell'Arsenale, li trattava come fossero depositari di segreti di stato e in sostanza lo erano perché la loro presenza era perlopiù richiesta sulle navi da guerra.

Calafare deriva dal romano "cale facere" o fare caldo l'operazione di bruciatura per ripulire le superfici incrostate delle navi.
Successivamente l'opera viva o fasciame immerso veniva "stoppato" ovvero stagnate le connessure tra gli assi con stoppa pressata a forza di braccia e maglio e di seguito impeciato con bitume liquido per impermeabilizzarlo.

A Grado la tradizione ci conserva ancora tre maestri d'ascia Camuffo, Gaddi e Deltin ma non durerà a lungo perchè di giovani disposti a trascorrere come apprendisti gli otto anni necessari per imparare il mestiere non se ne trovano.
Share/Bookmark

23 novembre, 2008

Il Bragozzo


Se è esistita in Adriatico una barca, cui si possa assegnare il ruolo di portabandiera dei pescherecci, questa è senza dubbio il bragozzo, che in gran numero di esemplari ha battuto il nostro mare quant'è lungo e quant'è largo fino a non molto tempo fa.
E ancora non è sparito del tutto, sia pure trasformato o, meglio, adattato per la navigazione a motore.

Di oscura origine valliva, troviamo traccia del bragozzo già in certi documenti veneti del Settecento, ma la sua fortuna ha avuto inizio nel secolo seguente allorché i Chioggiotti ricorsero ad esso per motivi di economicità quando divenne troppo gravoso l'impiego della tartana da pesca, che costituiva il nerbo della flotta peschereccia di Chioggia.

Sapevano bene quello che facevano. Barca proletaria, efficiente, operosa e tenace senza tema di raffronti, capace di lottare con gli elementi della natura e fatta per marinai che sapevano il fatto loro.

Simbolo di un'epoca, il bragozzo è stato un tipo di barca che si lasciava identificare a prima vista anche da lontano: prua a slancio rientrante, fondo piatto, grande timone a calumo che serviva anche da deriva, ma soprattutto i due alberi di differente lunghezza, più corto il primo, più alto il secondo, portanti ciascuno una vela al terzo di differente grandezza.

Barca umile ma tutt'altro che rozza. Lo scafo era tenuto nero per ragioni di economia, del colore cioè della pece con la quale veniva accuratamente impermeabilizzato.

L'elemento decisamente degno di nota era dato dalla coloritura e dalla decorazione delle vele in funzione di segnalamento ottico di proprietà rispondente ad una specie di araldica folcloristica tradizionale molto ricca di simboli, accanto a particolari segni alfabetici e numerali.

Simbologia tanto diffusa da essere adottata anche sulle vele di altri tipi di barche, di là e di qua dell'Adriatico. Nella gamma dei colori hanno predominato il rosso mattone e il giallo ocra, ma non sono stati rari l'azzurro, il verde e il nero. Cromatismo e simbologia che non esitiamo a considerare unici non avendo eguali per ricchezza e fantasia in nessuna altra parte del mondo, dove si possono trovare decorati più gli scafi che le vele.

In fatto di decorazione merita un cenno, ancora, la banderuola segnavento detta «penel», alzata su entrambi gli alberi, ma particolarmente elaborata quella dell'albero maggiore.

Il bragozzo era barca specializzata nella pesca con la rete a strascico, oggetto di polemiche, di limitazioni e di divieti, ragione di liti rivierasche a non finire, motivo di baruffe tra i pescatori delle due sponde dell'Adriatico, movente di lagnanze e oggetto di ricorsi dei quali sono piene le cronache del passato.
Share/Bookmark