Cerca nel blog

05 gennaio, 2023

IL PARROCO. TOGNON


 Rilancio con piacere il ricordo di Antonio Boemo (Piccolo) aggiungendo per completezza:


Don Sebastiano Tognonparroco di Grado dal 1913 alla sua morte nel 1956, Graisan, primo e unico autentico figlio di popolo, Monsignore della Curia Gradese, rischiò seriamente di vedersi rifiutare come parroco da Grado, perchè il Comune nel 1909 investito dal Vescovo di Gorizia dell'esercizio del diritto di scelta tra due candidati (Ius Patronatus), optò per il candidato friulano.


La curia rifiutò e nacque una brutta storia di denunce che sembra gossip dei nostri giorni con partigiani di una parte e dell'altra e che finì appena nel 1913 con l'accettazione del Consiglio Comunale di allora. 



Oggi ricorrono i 60 anni dalla scomparsa di monsignor Sebastiano Tognon. L’anno dopo il suo posto fu preso da monsignor Silvano Fain scomparso il 19 settembre del 1998. Nell’avvicendamento subentrarono quindi l’amministratore parrocchiale don Gianfranco Gregori e poi monsignor Armando Zorzin che proprio recentemente, dopo 17 anni, è stato destinato ad altro incarico (è il vicario della Diocesi). Al suo posto è giunto l’attuale parroco monsignor Michele Centomo.


Lo scomparso del quale si ricordano oggi i 60 anni dalla scomparsa, monsignor Sebastiano Tognon, è considerato a Grado quasi come un eroe avendo salvato il tesoro della basilica. Andando contro ai suggerimenti dell’arcivescovo di Gorizia, monsignor Borgia Sedej che indicava come posto sicuro Gorizia, il parroco fece fare invece dal falegname Ermacora Zuliani che abitava di fronte alla parrocchia. Una botola nel pavimento del pianoterra della casa dove di notte trasferì mettendolo al sicuro il tesoro.


Solo che lo Zuliani, così ricordava Ferruccio De Grassi nel suo libro “All’ombra di San Michele”, 

accanto al tesoro aggiunse una baionetta austriaca che apparteneva al figlio che combatteva come ufficiale nell’esercito austro ungarico. Fatto sta che i carabinieri che si recarono a controllare attentamente l’abitazione subito dopo la visita a Grado del Re, trovarono il tesoro e la baionetta e internarono immediatamente tutti.


Il parroc ofece tre mesi di prigionia ad Alessandria e quindi fu trasferito a Firenze. I carabinieri riportarono il tesoro in basilica custodito dagli stessi ma poi finì a Firenze prima di ritornare a Grado nel 1919.


La foto che pubblichiamo qui sopra è del 1955 e si trova esposta nella sacrestia della basilica di Sant’Eufemia.


La lunga ricerca dei nomi dei chierichetti (ne mancano solo due) è stata fatta da Vermiglio Trevisan meglio conosciuto come Maurizio. Questi i nomi dei “zaghetti”.


Ennio Clama, Giuseppe Facchinetti, Gianbattista Di Mercurio, Mauro Tognon, Luigi Raugna, Giovanni Corbatto, Giorgio Raugna, Rudi Dovier, Bernardino Facchinetti, Gioacchino Raugna, Mario Boemo, Mario Sanson, Fiorenzo Marchesan, Robertino Bottin, Gianmarco Gregori, Giovanni Marocco, Nicolò Clama, Carlo Boemo, Giovanni Cester, Valerio Pastoricchio Ferruccio Tognon, Manlio Grigolon, Enverio Gimona, Sergio Marchesan, Gianpietro Facchinetti, Giovanni Marchesan, Francesco Tomasini, Giuseppe Raugna, Ennio Vadori, Valdino Diust, Mario PInatti, Giovanni Troian, Stefano Benvegnù, Renzo Bottin, Claudio Svettini, Biagio Marocco, Giancarlo Corbatto.


Share/Bookmark

LA MIA BARCA : L' ULISSE


  •  

Di tutti i mezzi di trasporto, la nave gode di una posizione del tutto particolare: essa è considerata, oggi per lo più inconsciamente, non una cosa o un oggetto, ma una creatura vivente che ora prende, ora dà: 

  • una creatura con i suoi amori, i suoi abbandoni, le sue resistenze e rifiuti, i suoi malumori e le sue rabbie. 


    Ha persino un nome, un atto di nascita, un battesimo, un destino e, infine, un atto di morte perché ogni nave, come ogni essere umano, nasce, vive e muore secondo un destino che sembra già stabilito: i giapponesi recitano persino delle preghiere per le navi morte


    Chi ha governato una nave o anche una piccola imbarcazione, non può non aver notato la sua personalità: due imbarcazioni identiche hanno comportamenti diversi e un vero e proprio «temperamento» che si manifesta nel confronti del mare e degli uomini.


    L'uomo moderno si rende vagamente conto di tutto questo e, senza soffermarvisi troppo, lo attribuisce alle caratteristiche costruttive o a quelle ambientali del momento, ma ai tempi dei nostri nonni e dei nostri bisnonni, ciò aveva un significato arcano, misterioso e, nelle ore libere, i marinai si raccontavano storie fantastiche, citando nomi, date e luoghi, nelle quali le navi erano protagoniste di avventure soprannaturali.


    L' Ulisse, la nostra nave, è un meticcio ben integrato in un contesto contrastante e dominato da campanilismi accesi.

    E' stato progettato da un cantiere friulano, sognato e realizzato da un triestino-esule, finanziato e di proprietà di una Società Maranese condotto da un equipaggio misto maranese graisan.

    E' una nave modernissima, probabilmente il massimo nel suo settore specifico, con una filiera di lavorazione del prodotto ininterrotta, frutto di osservazioni ed esperienze raccolte in varie parti d' Italia.


    Un esperimento di collaborazione tra teste calde, campanilismi accesi controllati dal comune desiderio di far bene, il trionfo del buon senso sui pressapochismi dominanti, un' operazione commerciale ben riuscita a dimostrazione che basta un po di buon senso per far funzionare cose in apparenza difficili.


    Ha avuto l' onore di partecipare al voto di domenica per una cortesia che il Presidente della Cooperativa di Grado mi ha fatto, a me ho richiesta di poter partecipare alla processione votiva della Madonna di Barbana,io, personalmente, capofamiglia graisan che voleva partecipare al corteo votivo, ovvio e dovuto il ricambio di cortesia alla richiesta di ospitare le Autorità al momento mancavano diverse barche per l' evento, non so e non voglio saperne le ragioni.


    Ho assolto il mio voto con grande orgoglio mio, della mia famiglia, dell' equipaggio maranese e dei loro familiari.


    Nonostante il tempo, è stato emozionante, ho messo una bricola di ceri alla Madonna perchè, se ha tempo, si ricordi di noi.


    Sono contento, è stato bello ma stressante,la barca era piuttosto larga per passare il ponte, la responsabilità ti fa rizzare i peli e respirare in fretta.


    In nome de Dio avanti che le ciacole no fa fritole.


Share/Bookmark

04 gennaio, 2023

GRADO E' BELLISSIMA


 Ho letto questo pezzo su una rivista gratuita "Konrad -Naturalmente Liberi", mi ha impressionato per la delicatezza e la passione che l' autrice Eleonora Molea ci ha messo nello scriverlo. 

E' quello che sogno anch' io. 

Eleonora è una di noi e con noi condivide fin dall' inizio il tentativo di non farsi escludere dalle vicende del Museo del Mare di Grado,  vi prego leggetelo con attenzione.



Sento di condividere il mio sogno per Grado, l'isola del Sole dell'alto Adriatico 

a cui sono molto legata sin da bambina. Sogno un'isola che non viva solo d'estate ma tutto l'anno. 

Sogno che viva principalmente per i suoi abitanti, che tra questi ci possano essere sempre più giovani, che non lascino le case per andare a vivere in terraferna per via dei costi esagerati al metro quadro (dedicati ai villeggianti estivi). 

Sogno che questi stessi giovani trovino lavoro nell'isola, e non solo stagionale. 

Sogno un'isola che abbia il coraggio di guardare avanti e di sognare, non per vendersi al turista ma per essere essa stessa arricchimento di chi la vive. 

Come farlo? Secondo me. e non mi stuferò mai di dirlo, non limitandosi a vendere ombrelloni e cabine ma investendo in cultura, ideando imprese ‘green” che possano usufruire (senza sfruttare) le ricchezze che l’isola ha: la storia, il mare, la pesca, la biodiversità. la musica, l’arte, le persone. Sogno un ecomuseo della laguna, che raccolga l’identità, le tradizioni e i sogni di Grado e dei gradesi, e che abbia il suo centro nel Museo di archeologia subacquea dell'Alto Adriatico, struttura oggi abbandonata e mai aperta al pubblico.

Sogno che i reperti conservati all'interno. o meglio che all'interno prendono polvere. vengano donati alla gente, riscattati dopo quasi trentanni di oblio e goduti finalmente da tutti. 

Perché nella memoria si può trovare slancio per il futuro, soprattutto in tempi così incerti e fragili. 

La progettualità a "breve termine' ha lasciato l'isola costellata di edifici e alberghi in disuso e di altri progetti edili in qualche cassetto. 

Sogno che si impari a pensare a lungo termine, oltre la durata di un mandato, anche se questo vale quanto per gli amministratori che per ognuno di noi. 

In questi tempi in cui ciò che andava bene fino a ieri ora non vale più. Sogno più apertura mentale, il coraggio di osare, per lasciare qualcosa di valevole alle prossime generazioni che non siano solo edifici fatiscenti in una città fantasma. 

Sogno che invece dei profitti per pochi ci sia una ricchezza comune, diffusa, condivisa nelle piccole cose (ma questo, effettivamente, non solo per Grado). 

Sogno non solo grandi eventi di richiamo, ma piccoli e frequenti appuntamenti durante tutto l’anno. 

Sogno che venga stimolato l'interesse ad esserci, a partecipare, a rendersi conto di avere la grande opportunità di vivere in un'isola gioiello che è prima di tutto di chi la abita, per renderla un posto migliore, vivo, splendente. 


Eleonora Molea


Share/Bookmark

IL RIGASSIFICATORE


 Rigassificatore al largo di Grado:

Sentite le ultime sulla variazione del clima: “ siamo oramai nel pieno di una svolta climatica che in pochi anni porterà alla definitiva scomparsa delle stagioni”. Ovunque sarà sempre ESTATE, tutto l’anno. Non capisco cosa ci sia di preoccupante: a me pare una bellissima notizia. l’acqua ce la avremo sotto casa, in strada (si sa, i ghiacci si sciolgono, gli oceani stanno salendo e presto invaderanno la terraferma): non vedo l’ora, ho sempre sognato di tuffarmi dalla finestra. Mare e sole, ovunque e in eterno. L’apocalisse sarà un infinito ferragosto a domicilio. Gioisci: sei alla vigilia della più lunga vacanza dI tutti i tempi. L' Adriatico si innalzerà di mezzo metro, dunque sarà comodo e pratico avere un distributore di cloro a portata di mano per disinfettare la piscina che formerà l'abitato di Grado.


Share/Bookmark

03 gennaio, 2023

corso di pedagogia in spiaggia




Propongo oggi il Secondo e Terzo Modulo del corso di Pedagogia (non obbligatorio) ma consigliato a tutti gli utenti virtuali della nuova Spiaggia e a tutti i componenti della nuova Consulta Giovanile (esclusi i supplenti):



MODULO 2 : VITA A DUE

1. Come avere bambini senza diventare geloso (50 ore)

2 Come fare pipì centrando il water (100 ore, esercizi pratici con video)

3. come sopravvivere ad un raffreddore senza agonizzare (100 ore)

4 il rullo di carta igienica: 'nasce la carta igienica nel portarullo?' (esposizioni sul tema della generazione spontanea)

5. il ferro da stiro; dalla lavatrice all'armadio: questo processo misterioso

6. tu e l'elettricità: vantaggi economici del contattare un tecnico competente per le riparazioni (anche la più basilare)


MODULO 3 : CORSO DI CUCINA

Livello 1 (principianti) : gli elettrodomestici: ON = ACCESO - OFF = SPENTO

Livello 2 (avanzato): La mia prima pastasciutta senza bruciare la pentola. Esercizi pratici: far bollire l'acqua prima di aggiungere gli spaghetti e metterci poco sale.


Non preoccupatevi dei costi, tutto è a carico Dell'Azienda di Promozione Turistica per una corretta formazione del nuovo cliente turistico virtuale.


Share/Bookmark

02 gennaio, 2023

MAMOLA


 Avvicinandosi  il tempo del Festival, delle sue emozioni, sonorità e buoni sentimenti alla "GRAISANA" voglio ricordare la canzone che più ci rappresenta nel mondo:

Mamola


A Grado a cura dell'  Associazione “GRADO NOSTRA”

sono stati ufficialmente apposti dei cippi marmorei a forma di pergamena sulle tombe degli autori della canzone Màmola (1947) cliccare sul nome per sentirla, a ricordo della loro creazione canora adottata dal popolo gradese come un vero e proprio Inno di Grado da tutti riconosciuto. 


La famosa canzone, diffusa anche fuori del territorio isolano e all’estero dagli ospiti dell’Isola d’Oro, venne scritta da Giacomo Zuberti per la musica di Attilio Gordini.


Ricordiamo anche la prima cantante che la propose al pubblico del tempo Elena Tognon.

Qualche anno fa è stata consacrata “canzone regina” del Festival con un voto plebiscitario da parte della gente. 


Non va dimenticato che è stata questa canzone a dare il via al festival della canzone gradese, una tradizione molto sentita anche oggi e che, con la festa religiosa del Perdón di Barbana, rappresenta uno dei due massimi appuntamenti annuali dalla Comunità isolana nello spirito di paese. 


La canzone Màmola è con Madonnina del Mare la beniamina anche degli isontini e friulani della Bassa che sono legati all'Isola d'Oro non solo per frequentazione turistica, ma anche per interesse culturale e passionale. 


 Anche Biagio Marin  scrisse una poesia toccante sulle mamole graisane descrivendole in maniera sublime:


la dedico a tutte le mamole di questo e di ogni altro mondo:


Tu son solo una mamola


Tu son solo una mamola graisana

che sa de sangue novo e marinasso,

ma t'ha un andà de vela in mar e un passo 

d'onda, che porta l'anema lontana.



E una boca tu ha che brusa i cuori


-un stiopeton in meso d'un campielo-

un rie che vien in cuor comò un cortelo,

fra i lampi e i sguissi dei to vogi mori.




Melongranao co' tanto sangue alegro,


da beve a sorsi soto 'l sol d'istae

fin che 'l sielo nel cuor no se fa negro

e se sprofonda ne l'imensitae.


Share/Bookmark

LA SPIAGGIA


                                                   Tu volaravi che me impisesso de luse,

te brilesso comò gioia ne le man,

te seguisso comò un can, co fiducia,

su la strada che porta a doman


Tu son quasi comò un vento che sburta la vela

o che neta una piassa deserta

liberandola de quel che resta

de le nostre feste.


Ma tu sa ben,

 che no vago più in là de la porta 

de la stansa 'ndola me sassio

de amor e de ilusion.


Share/Bookmark

IL FOSSALON


 La storia di Grado è costellata di Commissari e molti di essi sono andati spesso e volentieri contro il volere popolare, a tal punto da poter parlare di corsi e ricorsi storici.


Nel 1927, Grado come al solito Commissariata per le solite baruffe tra "politici" locali, il Commissario ad acta decise di vendere 2000 ettari di Laguna, l'estremo lembo levante della Laguna all'Opera Nazionale Combattenti che, all'italiana, faceva da prestanome all'Ersa per ottenere i contributi che lo Stato concedeva agli ex combattenti, per realizzare una grande bonifica da cui sarebbe nato il Fossalon.


La Laguna di Levante o "Palù de sora" comprendeva il Promero, La Lama, L'Averto,il Golometo e Punta Sdoba.


Si scatenò una rivoluzione, guidata da il capo carismatico della piccola comunità de casoneri che popolavano quel tratto di Laguna:

Giovanni Fumolo conosciuto come "Barba Nane Strolo" o Podestae de Golometo" che guidava una settantina di persone.


Nonostante le proteste veementi non ci fu nulla da fare e nel 1928 fu perfezionato l'atto di vendita all'Opera Combattenti. (ricorda qualcosa di odierno)


Nasce così, su una baruffa, il Fossalon di Grado, bonificato a son di badili e carriole da uomini provenienti dal vicino Veneto sempre alluvionato e affamato, quegli uomini, che i graisani denominarono "piavoti" o "mantelline" gente dura e laboriosa arrivata a Grado con vecchie biciclette, bonificarono a mano il territorio strappandolo alla Laguna, scavando canali di sgrondo, costruendo argini perimetrali di difesa e meritandosi con un enorme sacrificio il diritto alla terra.


Quasi che il ricordo di quelle proteste sia traccia indelebile, il rapporto tra la gente di Fossalon e quella di Grado non è mai stato facile, sembra si sia due corpi estranei in uno stesso Comune.


A Fossalon hanno sviluppato una cultura propria, autonoma perpetuando modi di fare e di dire propri.

La storia di Grado è costellata di Commissari e molti di essi sono andati spesso e volentieri contro il volere popolare, a tal punto da poter parlare di corsi e ricorsi storici.


Nel 1927, Grado come al solito Commissariata per le solite baruffe tra "politici" locali, il Commissario ad acta decise di vendere 2000 ettari di Laguna, l'estremo lembo levante della Laguna all'Opera Nazionale Combattenti che, all'italiana, faceva da prestanome all'Ersa per ottenere i contributi che lo Stato concedeva agli ex combattenti, per realizzare una grande bonifica da cui sarebbe nato il Fossalon.


La Laguna di Levante o "Palù de sora" comprendeva il Promero, La Lama, L'Averto,il Golometo e Punta Sdoba.


Si scatenò una rivoluzione, guidata da il capo carismatico della piccola comunità de casoneri che popolavano quel tratto di Laguna:

Giovanni Fumolo conosciuto come "Barba Nane Strolo" o Podestae de Golometo" che guidava una settantina di persone.


Nonostante le proteste veementi non ci fu nulla da fare e nel 1928 fu perfezionato l'atto di vendita all'Opera Combattenti. (ricorda qualcosa di odierno)


Nasce così, su una baruffa, il Fossalon di Grado, bonificato a son di badili e carriole da uomini provenienti dal vicino Veneto sempre alluvionato e affamato, quegli uomini, che i graisani denominarono "piavoti" o "mantelline" gente dura e laboriosa arrivata a Grado con vecchie biciclette, bonificarono a mano il territorio strappandolo alla Laguna, scavando canali di sgrondo, costruendo argini perimetrali di difesa e meritandosi con un enorme sacrificio il diritto alla terra.


Quasi che il ricordo di quelle proteste sia traccia indelebile, il rapporto tra la gente di Fossalon e quella di Grado non è mai stato facile, sembra si sia due corpi estranei in uno stesso Comune.


A Fossalon hanno sviluppato una cultura propria, autonoma perpetuando modi di fare e di dire propri.


Share/Bookmark

01 gennaio, 2023

IL MIO POSTO E' GRADO


Questo piccolo ritratto del mio Paese è la mia introduzione del libretto "Punti di...vista" secondo me fotografa bene il mio modo di pensare e di condividere con quanti posso quello che conosco e so fare, è un modo di esprimere il mio desiderio di essere un uomo libero.

  • A fine anno lo dedico a tutti i miei compaesani e amici in giro per il mondo e naturalmente al centro del mondo ---"Grado".


    Il mio paese è piccolo. Ci si conosce un po’ tutti.

    Con qualcuno si hanno rapporti veri, con altri ci si sente ogni tanto, altri li si incontra per caso, altri ancora sono semplici conoscenti.

    Più o meno siamo tutti vicini, viviamo gli stessi luoghi, parliamo delle stesse cose e questo ci accomuna. Se ti chiedono “conosci Tizio?”, finisce che rispondi sempre “sì sì, è un mio amico”. Anche se non è vero. Ma in certe realtà o sei amico, o sei nemico, e quindi tanto vale identificarsi come amici finché qualcosa non motivi il contrario.

    Nel mio paese siamo in pochi, tutto sommato, e la cerchia è comunque piccola. Le strade e i punti di riferimento sono gli stessi, i fatti sono sempre i medesimi, e questo ci offre un codice condiviso con cui scambiare le nostre opinioni. Ci si incrocia sovente. A volte si vedono gli altri solo da lontano, o magari solo in qualche occasione pubblica, ma il contatto rimane comunque vivo non appena uno muove un piede per strada e mostra così la propria presenza agli altri.

    Nel mio paese ogni tanto spunta il personaggio del momento. Quelli più bizzarri arrivano sulla bocca di tutti, e basta qualsiasi loro minima capacità, leggenda o pettegolezzo per portarli nelle piazze e nei bar in cui ci troviamo a discutere. E le storie si gonfiano, si plasmano, passano di bocca in bocca un po’ copiate e un po’ esagerate, fino a diventare una storia nuova e differente, ma sempre incredibile. Sempre pazzesca.

    Nel mio paese i giornali non servono. C’è chi raccoglie le notizie nelle piazze e poi le porta in giro di negozio in negozio, di bar in bar, di strada in strada. “Hai saputo cosa ha fatto Tizio? Me lo ha detto Caio”. Nel mio paese le notizie passano così. Non serve altro, perchè è piccolo e siamo in pochi. E quando tutto è così piccolo, ogni piccola notiziuola o ogni possibile fatto diventa materiale buono per il chiacchiericcio. Perchè tutto sommato è proprio il chiacchiericcio a tenerci uniti, assieme.

    Nel mio paese serve poco per far parlare di sé. Basta fare qualcosa, o dire di averlo fatto. Non importa che sia vero: il chiacchiericcio lo porterà comunque, perché è un dialogo per buona parte fine a sé stesso. In questo flusso bisogna saperci entrare in modo intelligente, senza rifiutarlo, ma senza introdurre elementi nuovi: chi lo fa aggiunge rumore (e quanti sono!), ma ne esce più debole di prima. Chi inventa si fa la nomea di chiacchierone, e poi chi gli crede più?

    Nel mio paese le persone che contano sono poche. Quasi mai sono quelle più in gamba, e quasi mai contano davvero. Ognuno ha il suo ruolo, e questo ruolo, semplicemente, rende queste persone un po’ diverse dalle altre. Proprio perchè hanno un ruolo, ed in quel ruolo sono identificate all’interno del nostro tessuto sociale.

    Nel mio paese è l’amicizia a fare la differenza, non il prodotto. Con certi negozianti puoi addirittura telefonare a casa; ad alcuni artigiani puoi parlare direttamente nel retrobottega. Con questi il rapporto è privilegiato: ti tratteranno bene e tu sarai più tollerante. Il rapporto personale smussa le esigenze di entrambi in virtù della fedeltà di un rapporto che va oltre la sola vendita.

    Il nostro è un paese piccolo, ma forte. E’ forte perchè ci sono tanti piccoli legami che creano una trama unica. Per le strade ti sembra di vedere nessuno, ma tra le mura c’è un formicolìo continuo di azioni e parole che uniscono tutto e tutti. La critica e il pettegolezzo vanno per la maggiore, ma l’opposizione è tutto sommato un modo antico e tradizionale di mettersi a confronto per affermare sé stessi, confrontarsi, fare squadra e sentirsi parte di un qualcosa.

    Nel mio paese ci sto bene. Ho tutto quel che mi serve e mi son circondato di tutto quel che posso desiderare. Tutti quelli che passano nel mio paese finiscono per tornarci il prima possibile, e molti si sono subito fermati qui per viverci giorno e notte.

    Il mio paese è qui. Il mio paese è il Web. 

Share/Bookmark

IL PORTO DI GRADO

 

Il silenzio primordiale delle albe sulla laguna, il silenzio dei boschi arrampicati sulle montagne, il silenzio che esiste prima della civiltà, o almeno dell’urbanizzazione. Il silenzio e basta. Dieci minuti di silenzio.

  • Il porto Tecnicamente non ha niente di naturale, è un ambiente ricostruito dall’uomo come un set fotografico, questa cosa strana che noi chiamiamo “natura” qualcosa che non lo è. 

    Ma lì, nel porto, all’ora di pranzo c’era quello che mi serviva. Mi sono seduto sulla sponda del molo e ho ascoltato quel particolare silenzio, il silenzio dell’acqua.

    Non è un suono, è un respiro. L’eco di qualcosa di ancestrale e lontano. È un ritmo, più che una voce. Entra nelle orecchie e si spande nel corpo come un’onda. E placa. Placa tutto. Come se per un attimo ti disfacessi dal di dentro, nel nulla. Si potrebbe chiamare rivelazione, è un momento infinito in cui ti sembra di capirti, o di ritrovarti, o di perderti, tutto assieme.

    C’eravamo solo io, la sponda e l’acqua, un leggero sciabordio, quasi muto. Ma era il tutto. Ed era perfetto così. Il silenzio dell’acqua che rigenera, pulisce e poi scivola via, lasciandoti nuova.

    Ho respirato. Ho salutato il porto, mi sono girato e sono andato via.


Share/Bookmark