Stavolta non si tratta dei soliti piagnistei, per la pesca a strascico nel Golfo la storia è finita.
Questa è la premessa che ha mosso il Consigliere Roberto Marin nel promuovere a Grado una conferenza sulla possibile crisi del comparto pesca e sulle soluzioni percorribili.
Finalmente la politica ed i politici perdono la colorazione di parte e si occupano tutti insieme di problemi del territorio.
Mea culpa me ne sono accorto in ritardo - la conferenza è del 31 marzo - ma è interessante il video dell' intervento dell' onorevole Serracchiani, parlamentare europea, che fa il punto sulla situazione e sul percorso decisionale che ha portato a questa situazione assolutamente squilibrata per i nostri pescatori e sulle possibili mosse da fare per rimediare alla situazione
E' entrato in vigore il regolamento Mediterraneo dell’Unione europea che fissa nuove norme per la pesca.
In pratica si deve pescare ad una maggiore distanza dalla costa (a 3 miglia non più 1,5 miglia) e con maglie più larghe per le reti (50 mm).
Regole che, di fatto, tagliano le gambe alla pesca a strascico del pesce di taglia più piccola e con loro gran parte del patrimonio gastronomico della nostra regione.
Addio seppie col nero. Niente più moscardini bolliti, anguele fritte.
Al di là delle parole serve, effettivamente, introdurre una regolamentazione specifica per la piccola pesca costiera, se non si vuole distruggere un intero comparto produttivo e alimentare, e serve anche guadagnare tempo per impedire che i pescatori restino completamente senza lavoro e quindi che venga a mancare un reddito alle loro famiglie.
Non si danno più deroghe ad una regolamentazione dedicata alle zone costiere di basso fondale, le nostre, che vengono così uniformate, e non è giusto visto la differenza di fondali, a quelle del Mare del Nord o dell' Oceano Atlantico.
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31 ottobre, 2012
30 ottobre, 2012
29 ottobre, 2012
Tranpulin
Ciao, logo de bravure e de paure vinte in zoventù :
TRANPULIN
Solo in mezo al mar
comò un faro tra le ole,
tu cunbati co' sionere,
giasso,buora a anche nevere;
Ma d'istae tu turni a vive,
perchè duti i vien a catate,
'n inpirada là del quadrato,
semo là... dito - fato.
Finalmente in tranpulin,
'ndola fà i tufi più beli,
capriole,bombe a miera
e sta là finchè zè sera.
Quanta zente t'hà sognao
co^ i lezeva al depliant,
quanti i t'hà fotografao
invidiando al graisan.
'Desso, tu son duto roto,
ogni ola te fa mal,
i te hà messo de bando
comò un vecio in ospedal.
Ma 'l lamento al ragia in tera,
tu son un frà che ciama agiuto,
tu hà 'l sudor dei nostri avi,
no volemo 'n oltro luto.
Solo tu e al canpanil
se restai in sto nanbuol,
duto 'l resto zè recordi
che a pensà....fà solo diol.
Teti
TRANPULIN
Solo in mezo al mar
comò un faro tra le ole,
tu cunbati co' sionere,
giasso,buora a anche nevere;
Ma d'istae tu turni a vive,
perchè duti i vien a catate,
'n inpirada là del quadrato,
semo là... dito - fato.
Finalmente in tranpulin,
'ndola fà i tufi più beli,
capriole,bombe a miera
e sta là finchè zè sera.
Quanta zente t'hà sognao
co^ i lezeva al depliant,
quanti i t'hà fotografao
invidiando al graisan.
'Desso, tu son duto roto,
ogni ola te fa mal,
i te hà messo de bando
comò un vecio in ospedal.
Ma 'l lamento al ragia in tera,
tu son un frà che ciama agiuto,
tu hà 'l sudor dei nostri avi,
no volemo 'n oltro luto.
Solo tu e al canpanil
se restai in sto nanbuol,
duto 'l resto zè recordi
che a pensà....fà solo diol.
Teti
Tranpulin
28 ottobre, 2012
Ciao Trampolino
Se n’è andato, scoperchiato da un’ onda miserevole e amica che ha posto fine alle sue sofferenze di vecchio abbandonato da chi ha servito con onore per tanti anni.
Eppure ci sono stati anni felici, d’ amore con questa spiaggia, che serviva in mezzo al mare.
Generazioni di bambini e ragazzi felici di aver vinto la paura della nuotata in mare aperto con lui come meta, là, solido e vivace di colori, ha sempre garantito la tranquilla solidità della sua piattaforma e delle sue rampe.
Dopo inutili chiacchiere e vaghe promesse ormai attendeva la fine con rassegnazione che oggi è arrivata con un’ onda clemente che ha messo fine alle sue tribolazioni.
Ciao vecchio trampolino.
Ciao Trampolino
Alice
Eccola la mia luce, Alice oggi compie 8 anni con leggerezza.
E' lei che ha riacceso la luce sulla mia vita.
Auguri dal nonno!
Luse
Ogni giorno ze diverso
ogni mattina ze un miracolo
co al sovo istante magico.
Dando luse a ‘l orisonte
de sto novo giorno
co al penelo pien.
Alice incuo ze al tovo giorno.
Mia e nostra Luse.
Alice
27 ottobre, 2012
Regata
A Grado sotto la Serenissima fino al Seicento, il diritto d'uso dei beni comunali (fondali lagunari, valli da pesca ecc.) si disputava per mezzo di una regata, che si svolgeva in mare, fino ai banchi della Muggia, (che allora era bacino di pesca e chiusa da argini) su gondole "dette anche 'barche bianche' lunghe circa 10 metri "perchè si ungevano col sego onde fossero più veloci nell'andare ... e non si impegolavano mai".
Servivano in pari tempo per le festività Pubbliche; si costruivano in Grado o negli squeri di Venezia ...
L'ultima di queste barche bianche venne distrutta intorno al 1880 (vedi Caprin).
Più tardi, verso il diciassettesimo secolo, il diritto di pescare tanto nelle acque di fuori che in laguna, si scommetteva al gioco della sorte. ( di solito si trattava del gioco della morra che si teneva all' inizio della stagione nel casone dei "biviacqua" per intendersi "al cason de Vitige")
Cosi si è continuato a fare fino a qualche anno fa quando c'era ancora qualcuno che usava la Laguna professionalmente, ma una canzone ancora oggi ben nota tra i pescatori ricorda l'antica gara.
La Regata
De regata se veno impignao
E de bando no cagia a suah!
Forza in pope! Quel remo a premando,
Che a stagando la resta de qua:
Si a sta gondola in banda a subiando
Za j passeno de duta briva!
Oeh! 'l porcuzzo ne meta de 'mpegno
Pope e prova per fahjla tignih!
Ala! primi a tocah 'ndeno 'l segno
Per la megio seragia 'nçernih!
Val pena notare che Menego Picolo (Domenico Marchesini) usa un dialetto gradese delle origini con termini non più consueti e con l' uso dell' H finale che vale come accento.
A me piace sottolineare lo "Stagare e Premare" termini ormai dimenticati ma importantissimi nell' uso della "batela":
a premando: premendo; movimento del remo per far avanzare la barca;
a stagando: remo immobile o all'indietro per arrestarne la corsa.
Nel regolare la rotta, a premando, la barca si dirige a sinistra, a stagando invece verso destra
Regata
25 ottobre, 2012
Sposarsi a Grado
Ormai lo sposarsi non è più di moda tra le giovani coppie che, anche a causa dei costi, preferiscono convivere, ma un tempo era un vero e proprio rito con le sue regole, vediamo i riti dei casoneri.
Gli usi dei casoneri:
Sposarsi a Grado presentava due momenti ben distinti:
le nozze tra i residenti in paese e le nozze dei "cazoneri".
La donna che si sposava ad un cazoner (o paluante) seguiva il marito e restava con lui a "cason", ritornava a Grado solo in occasione del parto che, però, poteva avvenire anche in cason.
(La gestante andava a Grado due mesi prima, spesso ci veniva da sola e, in genere, ospitata dalla madre)
Dopo la nascita ed il battesimo la donna tornava in cason e riprendeva l'attività al fianco del marito e con gli altri familiari; se per caso le capitava di restare sola di notte e non aveva un figlio maschio, metteva i calzoni del marito sul letto per proteggersi (a Grado i calzoni vengono anche appesi fuori dalla finestra).
La vita dei cazoner pareva meno irta di difficoltà, almeno riguardo al cibo,
In cason si trovava sempre da mangiare, pesce o selvaggina, (la selvaggina viene non solo venduta ma anche affumicata per la conservazione) che si accompagna con la polenta che ci si procura là "dei furlani" barattandola con il pesce.
In cason si teneva anche qualche gallina, raramente una capra per cui anche il latte si prendeva dai contadini.
I bambini imparavano presto dai padri l'arte ed i segreti della pesca (l'uso della seragia, il modo di ghipà e guà e di battere con lo stumigio...), la cura delle barche e delle reti, le varie consuetudini come cavasse la bareta e pregà un Salve Regina a la Madona de Barbana e ingenogiasse prima di buttare le reti per avere una buona pesca o fare le speciali tacche simbolo di riconoscimento (al baitan).
La mattina recitavano le orazioni e la sera il rosario e le preghiere per i defunti ed ascoltavano poi le storie dei grandi prima d'addormentarsi.
Per i bambini piccoli c'erano le ninne-nanne:
Fa la nana bel bambin che presto vignerà el papà e porterà i gransi col pelo,
fa la nana cocolo belo
Gli usi dei casoneri:
Sposarsi a Grado presentava due momenti ben distinti:
le nozze tra i residenti in paese e le nozze dei "cazoneri".
La donna che si sposava ad un cazoner (o paluante) seguiva il marito e restava con lui a "cason", ritornava a Grado solo in occasione del parto che, però, poteva avvenire anche in cason.
(La gestante andava a Grado due mesi prima, spesso ci veniva da sola e, in genere, ospitata dalla madre)
Dopo la nascita ed il battesimo la donna tornava in cason e riprendeva l'attività al fianco del marito e con gli altri familiari; se per caso le capitava di restare sola di notte e non aveva un figlio maschio, metteva i calzoni del marito sul letto per proteggersi (a Grado i calzoni vengono anche appesi fuori dalla finestra).
La vita dei cazoner pareva meno irta di difficoltà, almeno riguardo al cibo,
In cason si trovava sempre da mangiare, pesce o selvaggina, (la selvaggina viene non solo venduta ma anche affumicata per la conservazione) che si accompagna con la polenta che ci si procura là "dei furlani" barattandola con il pesce.
In cason si teneva anche qualche gallina, raramente una capra per cui anche il latte si prendeva dai contadini.
I bambini imparavano presto dai padri l'arte ed i segreti della pesca (l'uso della seragia, il modo di ghipà e guà e di battere con lo stumigio...), la cura delle barche e delle reti, le varie consuetudini come cavasse la bareta e pregà un Salve Regina a la Madona de Barbana e ingenogiasse prima di buttare le reti per avere una buona pesca o fare le speciali tacche simbolo di riconoscimento (al baitan).
La mattina recitavano le orazioni e la sera il rosario e le preghiere per i defunti ed ascoltavano poi le storie dei grandi prima d'addormentarsi.
Per i bambini piccoli c'erano le ninne-nanne:
Fa la nana bel bambin che presto vignerà el papà e porterà i gransi col pelo,
fa la nana cocolo belo
Sposarsi a Grado
24 ottobre, 2012
Bacalao- Baccalà o Stoccafisso
Tempo di novembre, cambiano le abitudini in specie nel mangiare, mi piace in questa stagione mangiare il Baccalà a la Graisana, una ricetta facile, ma come al solito seguiamo un po la storia del baccalà o stoccafisso:
Lo stoccafisso più famoso è quello delle isole Lofoten, in Norvegia.
Il nome stoccafisso deriva dal germanico stockfish, vista l’abitudine dei pescatori infilzare su una stecca di legno i merluzzi aperti e puliti (stock significa infatti “bastone”).
Tanto il baccalà quanto lo stoccafisso, per essere utilizzabili, hanno bisogno di una lunga immersione in acqua fredda, che serve a eliminare il sale per il primo e a restituire ai tessuti l’originale consistenza per il secondo.
Il Baccalà è l'omologo marino del maiale, perchè "di lui non si butta via niente!"
In Islanda addirittura, un tempo, la pelle sostituiva il pane che non era presente nelle tavole degli isolani vista l'impossibilità di coltivare i cereali e la pelle fritta o arrostita e spalmata di burro costituiva la "ghiotta" merenda dei bimbi.
Ma una volta pescato, il merluzzo cambia nome: essiccato all'aria aperta diventa per i Vichinghi lo stoccafisso.
Il Pesce di legno è stato il perfetto alimento per il popolo dei grandi viaggi per mare: leggero (di poco peso). nutriente e di lunga conservazione.
I Baschi e i Portoghesi lo scoprirono un po' più tardi seguendo le rotte delle balene.
Per conservarlo però, non potendo asciugarlo all'aria fredda nella più calda regione iberica, lo posero sotto sale.
Nasce così il baccalà che oltre ad essere un ottimo cibo, sulle navi fungeva anche da barometro.
Una volta appeso, quando iniziava a gocciolare indicava una imminente tempesta: l'arrivo dell'aria umida faceva infatti sciogliere il sale.
Oggi i barometri saranno magari più precisi, ma non si possono mangiare.
Ma come il baccalà è arrivato a noi? Ovviamente attraverso la fulgida Venezia.
Il baccalà contiene pari proteine della carne (circa 18%), meno zuccheri e la stessa quantità di grassi (0,3%) ma questi non sono gli stessi della carne bensì sono i tanto famosi omega 3:
"i grassi buoni che ripuliscono le arterie" o olio di merluzzo.
Quindi per mangiare baccalà o stoccafisso, bisogna partire da un'ottima materia prima, dell'abbondante olio extravergine di oliva, pochi altri condimenti ed una lentissima cottura.
Rimane ancora oggi piatto da salutisti anche se non economico come lo è stato nei secoli addietro.
Una curiosità tutta "graisana" per noi "che semo roversi" indichiamo con bacalao il pesce secco e con "stocafisso" il pesce salato.
Che volè semo fati cussì.
La ricetta del bacalao a la graisana è semplicissima e ricalca in parte quella vicentina.
Con acciughe, latte, formaggio "gratao" e un po di pepe ( che no manca mai), a piacere patate per asciugare il sugo.
Lo stoccafisso più famoso è quello delle isole Lofoten, in Norvegia.
Il nome stoccafisso deriva dal germanico stockfish, vista l’abitudine dei pescatori infilzare su una stecca di legno i merluzzi aperti e puliti (stock significa infatti “bastone”).
Tanto il baccalà quanto lo stoccafisso, per essere utilizzabili, hanno bisogno di una lunga immersione in acqua fredda, che serve a eliminare il sale per il primo e a restituire ai tessuti l’originale consistenza per il secondo.
Il Baccalà è l'omologo marino del maiale, perchè "di lui non si butta via niente!"
In Islanda addirittura, un tempo, la pelle sostituiva il pane che non era presente nelle tavole degli isolani vista l'impossibilità di coltivare i cereali e la pelle fritta o arrostita e spalmata di burro costituiva la "ghiotta" merenda dei bimbi.
Ma una volta pescato, il merluzzo cambia nome: essiccato all'aria aperta diventa per i Vichinghi lo stoccafisso.
Il Pesce di legno è stato il perfetto alimento per il popolo dei grandi viaggi per mare: leggero (di poco peso). nutriente e di lunga conservazione.
I Baschi e i Portoghesi lo scoprirono un po' più tardi seguendo le rotte delle balene.
Per conservarlo però, non potendo asciugarlo all'aria fredda nella più calda regione iberica, lo posero sotto sale.
Nasce così il baccalà che oltre ad essere un ottimo cibo, sulle navi fungeva anche da barometro.
Una volta appeso, quando iniziava a gocciolare indicava una imminente tempesta: l'arrivo dell'aria umida faceva infatti sciogliere il sale.
Oggi i barometri saranno magari più precisi, ma non si possono mangiare.
Ma come il baccalà è arrivato a noi? Ovviamente attraverso la fulgida Venezia.
Il baccalà contiene pari proteine della carne (circa 18%), meno zuccheri e la stessa quantità di grassi (0,3%) ma questi non sono gli stessi della carne bensì sono i tanto famosi omega 3:
"i grassi buoni che ripuliscono le arterie" o olio di merluzzo.
Quindi per mangiare baccalà o stoccafisso, bisogna partire da un'ottima materia prima, dell'abbondante olio extravergine di oliva, pochi altri condimenti ed una lentissima cottura.
Rimane ancora oggi piatto da salutisti anche se non economico come lo è stato nei secoli addietro.
Una curiosità tutta "graisana" per noi "che semo roversi" indichiamo con bacalao il pesce secco e con "stocafisso" il pesce salato.
Che volè semo fati cussì.
La ricetta del bacalao a la graisana è semplicissima e ricalca in parte quella vicentina.
Con acciughe, latte, formaggio "gratao" e un po di pepe ( che no manca mai), a piacere patate per asciugare il sugo.
Bacalao- Baccalà o Stoccafisso
23 ottobre, 2012
#dont stay choosy-non siate schizzinosi
22 ottobre, 2012
La cultura della Memoria
Piccolo promemoria per me ed evidenza per altri:
In ogni comunità la cultura ha vari strati:
lo strato professionale, tende ad elevarsi e a perseguire forme d’arte generalizzate, che più o meno raggiunge, ma tocca, in generale, solo quel ristretto gruppo di persone che si ritengono destinatarie dei messaggi che la cultura, nelle sue più svariate forme d’arte, manda;
lo strato popolare, tende ad esprimersi spontaneamente per inclinazione naturale, non necessita di basi culturali di chissà quale dimensione ne ambisce a niente più che ad una forma diversa di comunicazione.
Perché il destinatario dei suoi messaggi è la gente comune.
Potremmo dire così che cultura con la C maiuscola è un lavoro che necessita, oltre che del talento, di solide basi professionali per esercitarlo, di grandi rifiniture prima di proporre il lavoro finito al giudizio di pochi eletti, mentre la cultura popolare è gioia, non importa se il prodotto esce grezzo purché il prodotto esista.
C’è però una considerazione da fare: se per il prodotto culturale professionale esistono supporti, libri, quadri, dischi e quant’altro l’uomo si sia inventato per registrare la sua memoria;
per il prodotto popolare non c’è altro che il passa parola, la memoria comune che per quanto lunga sia prima o dopo si esaurisce.
Il mio fine in questo piccolo pertugio del web è di usare il supporto informatico come memoria per ricordare Grado: nelle persone, negli atti, nella parlata.
Per ricordare quanti abbiano lasciato traccia di sé in qualsiasi modo, per fare sì che non vengano desmentegai.
Perchè vedere le macerie di una lingua strizza il cuore.
Ogni parola che si estingue è una casa che cede, si piega e affonda nella sabbia.
Queste parole che si estinguono erano abitate, esseri umani le riempivano di vita di storie.
Rivedere il tuo paese, la tua gente con gli occhi del ricordo può farti immaginare com'era la casa, immaginare i passi, i bimbi che correvano, le voci che passavano di stanza in stanza... e si torna a vivere.
La cultura della Memoria
20 ottobre, 2012
Al Paese de i Corcali
Al Paese de i Corcali
L' aria trema de ricordi,
su 'sta tera la storia pesa.
I ani no i ne lassa
ma i passa.
Me vago la, fin al mar
nel paese de le aleghe, del sal.
Sento vose che conta storie fantastiche
visionarie, 'ndola 'l ator ze l'imaginario.
L'anema vibra.
I eroi i nasse, i more
resta la poesia.
L' orizonte te da vertigini
I corcali, in libertà,
i gira intorno al mondo
no i ha paese,
al so paese ze al mar.
Al Paese de i Corcali
19 ottobre, 2012
18 ottobre, 2012
Gradenigo - Il Patriarca
La storia, si sa, la scrivono i vincitori, ma certe storie venivano letteralmente piegate per piaggeria a favore dei potenti di turno (capita anche oggi), così a rileggere le cronache antiche con un occhio ironico, oltre che a far sorridere, può capitare di ritrovare un fondo di verità.
"Così il Popolo gioiva ... Dal 727 al 1445 l'Isola ebbe 60 Patriarchi.
Dico sessanta! ..... "Chichìricchì ...la gallina Santa!"
Il primo Patriarca fu Secondo ... "Come secondo!!!"
Sì... volevo dire ...Il primo Patriarca fu Secondo di Saluzzo e via via tutti gli altri - Niceta, Helia e Macedonio greci, Pietro d' Almy e Frà Vassely de Franza ... Vitaliano della Lucania e poi, Marcelliano e Paolino romani... - "E te pareva! .. -
E fra tanti personaggi illustri e cosmopoliti, non poteva mancarne uno di origine isolana.
Il grande Patriarca Gradenigo della nobile famiglia Romano-Gràdense dei Gradonici
Egli dimostrò un amore viscerale per le sue genti e per la sua Isola ...
Tanto che fu il primo patriarca a lasciare la sede di Grado per stabilirsi a Venezia!
Me, me ciamo Gradenigo
E savè quel che Vi digo?
O Nova-Aquelejia o Vecia-Ambriabela
Bel posto sì
Ma per vigni de istàe
Co' la batela!
Xe 'l inverno longo eterno
Buora .. umiditàe,calìgo
Gradense sì! .. ma mona nò!
Ve saludo ..Adio amigo!...
A Vinessia vago
Là xe Vita,la Dogaressa La Biennale
A qua no stago
A Grao se vive male
Adio amigo
Me me ciamo Gradenigo
E savè quel che Ve digo?
'Sto paese no val un figo!
Adio Grao... Grao
Belo de fora ...
Drento s...magliante!
Povera Isola del sale ... pardon .. del Sole!
... Con la dipartita del Patriarca per altri lidi .. anzi, precisamente per il Lido di Venezia ... anche i già presenti "portaborse" e affaristi-furbacchioni abbandonarono l'Isola per stabilirsi nella "niova capital Vinessia" ...
Là, dove il Leonealato ruggiva e la moneta girava.....( le cronache riportano che anche una parte della famiglia Lugnani seguì il grande Patriarca).
Liberamente tratto dalla Commedia"Duemila anni di Sabione"di Giovanni Marchesan - Stiata - cronache storiche (scritte da parenti) dei Gradenigo e della loro corte dei miracoli.
Gradenigo - Il Patriarca
17 ottobre, 2012
L' Ebreo Errante
Nell' immaginario gradese un tempo c'era spazio anche per fate e faduni, per strighe e strighissi.
Elemento demonico, l'acqua è propizia agli spiriti malefici; sui dossi gradesi si temeva in particolare l'Ebreo Errante.
Nei miti nostrani L'Abreorante vaga soprattutto in mare aperto e compare uscendo da una fitta nebbia.
La sua presenza, pare, sia annunciata quando stormi di uccelli svaniscono.
Avvolto nel suo mantello nero si accosta alle barche con una ciotola mendicando un pò d'acqua.
E’ uno dei miti cristiani "L’Ebreo errante è un uomo ebreo che, stando alla leggenda, colpì Gesù lungo la via della Crocifissione e al quale fu data la maledizione di camminare sulla terra fino al tempo della Seconda venuta alla ricerca disperata dell' acqua miracolosa che spenga la sua sete inestinguibile."
Una tipica espressione gradese di un tempo:
Al ze comò l’ abreo erante!
Vale a dire: è una persona senza pace e non la trova in nessun luogo!
I bambini cattivi sono avvertiti, potrebbero vagare eternamente con lui.
L' Ebreo Errante
15 ottobre, 2012
Le Trezze (la tressa)
Sul fondo del mare, grossomodo fra Punta Sdobba e Punta Tagliamento, davanti al limite occidentale della Laguna di Grado, esiste una vera e propria barriera di rocce calcaree ricca di vita.
La Tressa Piccola a Est, La Tressa Granda a Ovest
Interessante il progetto proposto da tre partner scientifici: Ogs, Arpa e Area Marina di Miramare.
Gli obiettivi sono, ottenere una classificazione delle trezze del Golfo di Trieste per genesi e caratterizzazione geologica, e un monitoraggio della fauna ittica di tali ambienti unici e preziosi per l’ecosistema, e studiarne le evoluzioni naturali.
Un diffuso e inatteso paradiso sommerso, una serie di affioramenti rocciosi che costituiscono la base delle "tresse" (tignue) e che spuntano dal fondo del mare non si sa bene perché.
Si trovano a una distanza compresa fra 1 e 10 miglia dalla linea di costa, a una profondità variabile fra gli 8 e il 22 metri e la loro origine è ancora avvolta dal mistero.
Nell’insieme costituiscono una specie di grande acquario, che sorprende quanti pensano all’Alto Adriatico come un mare dai fondali fangosi, una pozza poco profonda dalle scarse attrattive.
L’esistenza delle trezze è nota sin dai tempi più antichi, croce e delizia dei pescatori che da un lato hanno sempre trovato aree dove fare un ricco bottino, dall’altro hanno perso tonnellate di reti impigliate in questa barriera sommersa.
Le trezze sono rocce in carbonio-organico, vale a dire costruite dagli organismi marini cresciuti su strati duri precedenti formati dal consolidamento di sabbie.
Sono micro-ambienti eccezionali, capaci di favorire la presenza e la varietà della popolazione ittica, promuovendo in questo modo la biodiversità del Golfo.
Creando ricchezza per l'ambiente marino e gioia per quanti, pescatori dilettanti, si divertono a passare una giornata di mare arricchita da una discreta pescata.
Le Trezze (la tressa)
14 ottobre, 2012
Dialogare ed ascoltare
Una delle cose che mi piace di più è il dialogo con le persone, la chiacchiera e, se viene, la battuta.
Se sono davvero persone interessanti, le ascolto e basta.
Al massimo chiedo ragguagli. Questi incontri del mio tipo sono eventi sempre più rari.
Invece la maggior parte degli esseri morenti con i quali mi capita d’incrociarmi, padroneggia l’arte di non ascoltare gli altri.
Conoscendoli devi scegliere con cura un argomento che in qualche modo non dico li colpisca al cuore, ma almeno li sfiori sulla pellaccia.
È inutile perché ti guardano con occhi distratti e lontani.
Non sanno trattenersi per più di qualche secondo e t’interrompono iniziano a parlare d’altro, di se stessi ovviamente, ossia dell’argomento che più di ogni altro li appassiona e coinvolge.
La banalità trionfante, immancabile.
Credevo fosse una disfunzione di certe categorie di persone, e invece costato essere un tratto comune in molti individui di tutte le estrazioni sociali.
Siamo un paese di vecchi, siamo un paese vecchio dentro, chiuso, meschino, pigro e senza speranze, perché persino i sogni costano fatica e noi quella fatica non la vogliamo fare, e brontolare senza costrutto è più facile e dà tanta soddisfazione, perché questo i vecchi fanno sempre, da sempre: brontolano dando la colpa al destino del mondo che han costruito e che contribuiscono a mantenere in vita.
Sono giunto alla conclusione che il nostro è' un paese di vecchi che non corrono nessun rischio di essere sfrattati dal potere, perché gli altri più giovani non sono in grado di farlo, convinti che sia troppo faticoso e non convenga, e soprattutto perché per sfrattare una generazione dal potere bisogna prima fare lo sforzo di avere in testa una visione alternativa dello stesso, e questo non è possibile, perché la vecchia visione del potere a loro va benissimo così com’è.
Dialogare ed ascoltare
13 ottobre, 2012
Il Corpo Parla- Mostra
I nostri artisti, Alessandro Bean e Nico Gaddi, continuano il loro percorso professional-artistico partecipando ad una prestigiosa Mostra collettiva a Padova in Galleria Samonà.
Si tratta di una mostra di artisti contemporanei che si esprimono attraverso due forme d'arte, il gioiello contemporaneo (Alessandro) e la fotografia (Nico) mettendo a confronto i due linguaggi per raccontare il rapporto con il corpo.
Il corpo viene rappresentato attraverso un 'immagine ideale per lasciare che le parti esprimano le sensazioni per farle diventare protagoniste dell' opera.
Scambio, riflessione, creazione:
Il Corpo Parla.
Nell' immagine un' opera di Alessandro Bean:
Una delle opere di Nico Gaddi
Il Corpo Parla- Mostra
12 ottobre, 2012
Sms del terremoto in Emilia
Che fine hanno fatto i soldi degli sms di solidarietà pro terremotati emiliani, veneti e lombardi.
È presto detto. All'indomani del terremoto di maggio che aveva disastrato parecchi paesi dell'Emilia, e anche del Veneto e della Lombardia, era partita una gara di solidarietà che sms dopo sms aveva raccolto la bella cifra di 15 milioni.
Denari sonanti, da poter utilizzare subito per l'emergenza.
Ma di questi denari confluiti nei vari gestori di telefonia un euro che è un euro i terremotati non l'hanno ancora visto.
E chissà quando li vedranno. Bloccati in una sequela di rallentamenti e autorizzazioni varie dove molti ci sguazzano.
Dapprima i mancati trasferimenti da parte di Tim e Vodafone che solo a settembre hanno fatto sapere di aver trasferito le somme alla Banca d'Italia.
E qui giacciono perché quando un cittadino dona soldi alla pubblica amministrazione devono prima passare per un controllo alla Tesoreria dello Stato.
Poi ci sono le forche caudine del comitato dei Garanti ( nominati da poco, un terzetto composto da Isabella Seragnoli, Giuseppe Grechi, Pierluigi Petrillo, e sarebbe interessante sapere quanto prendono di stipendio) che devono vigilare sull'utilizzo.
E questi garanti devono prima attendere che i governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia si mettano d'accordo come ripartire il denaro.
Perché ogni regione avrà in percentuale quello che sarà stabilito a tavolino da Zaia, Errani e Formigoni. E tuttora non si sono espressi in merito.
La mafia è una piovra. Ma ne esistono altre.
Questa che ho appena descritto ne è un esempio.
rebloggato da: albertocane.blogspot.it
Sms del terremoto in Emilia
11 ottobre, 2012
Aldo Tognon-Poesia Dialettale
Il nostro Aldo Tognon, pur abitando stabilmente in Florida, continua a colpire con le sue partecipazioni a concorsi in poesia dialettale veneta.
Questa volta a Bovolone in Provincia di Verona, ha vinto una targa come secondo premio al Concorso Letterario "Mario Donadoni" con la poesia "Do Stele".
Questa sotto è la mail con la comunicazione ufficiale:
Egr. sig.Aldo Tognon,
le comunico che il suo elaborato è stato segnalato dalla Commissione del Concorso letterario in Lingua Veneta ed ha ottenuto una targa. Il primo premio è stato vinto da un concorrente del Brasile.
Le premiazioni si terranno a Bovolone il 20 ottobre prossimo. Naturalmente ci farebbe molto piacere se lei fosse presente personalmente alla cerimonia a ritirare la targa; nel caso non fosse possibile, può delegare un parente o un amico, ci faccia sapere.
Intanto le faccio i complimenti per l'ottimo risultato, augurandomi che vorrà partecipare alle prossime edizioni del nostro concorso.
Cordiali saluti
Comune di Bovolone
Biblioteca Civica - Ufficio Cultura
Aldo la poesia l' ha tradotta in canzone e se volete ascoltarla basta cliccare qui sopra
oppure questo è il link su you tube: http://www.youtube.com/watch?v=CPIsc_THOkU&list=UUvqFWrcYfdTEH8_6SdFuHtA&index=26&feature=plcp
Aldo Tognon-Poesia Dialettale
10 ottobre, 2012
Mila Tarlao Kiefer- Un ricordo
Un ricordo per commemorare Mila Tarlao Kiefer una persona di grande cultura, che si è dedicata in particolar modo alla difesa e alla valorizzazione del dialetto gradese, ex presidente dell’associazione culturale ”La Bavisela”.
Mila Tarlao Kiefer, gran donna, profonda cultura e, come sempre accade a chi vive fuori Grado ma è profondamente gradese, innamorata persa del suo paese e delle sue tradizioni lascia dietro se una scia di malinconia per questo nostro povero paese, così ricco di storia e storie, così orgoglioso a tal punto da essere autolesionista, così profondamente maltrattato dai suoi stessi figli.
Maria Tarlao figlia di una delle famiglie più in vista di Grado, studi a Gorizia e a Graz, ha profuso energie enormi nel tentativo di diffondere in Grado la cultura dei vecchi, la saggezza di un dialetto intoccato nei secoli, ha dato tutto se stessa ai bambini assieme a quell'altro monumento di donna Maria MarchesanStiata prodigandosi e dividendosi tra bimbi e anziani con l'Associazione Bavisela.
Maria Tarlao figlia di una delle famiglie più in vista di Grado, studi a Gorizia e a Graz, ha profuso energie enormi nel tentativo di diffondere in Grado la cultura dei vecchi, la saggezza di un dialetto intoccato nei secoli, ha dato tutto se stessa ai bambini assieme a quell'altro monumento di donna Maria MarchesanStiata prodigandosi e dividendosi tra bimbi e anziani con l'Associazione Bavisela.
Una persona di grande umanità e cultura, che, tra l’altro, le valse nel 1998 la consegna
da parte dell’allora Azienda di Promozione Turistica del “Premio Spilla d’Oro di Grado”.
Il suo grande amico e conterraneo Giovanni Marchesan Stiata per ricordarla a 2 anni dalla morte le ha dedicato queste strofe:
La tova anema
La xe sempre restagia
A qua, ne la to isola.
Un zorno anche la to senere
Tornerà e le se missiarà
Co'l biondo sabiòn dei nostri lidi
Là - davanti del tovo mar.
E sarà la pase eterna.
A Mila Tarlao, cittadina gradese di Graz
Herbst
Die Blätter fallen, fallen wie von weit, als welkten in den Himmeln ferne Gärten. Sie fallen mit verneinender Gebärde. Und in den Nächten fällt die schwere Erde aus allen Sternen in die Einsamkeit. Wir alle fallen. Diese Hand da fällt. Und sieh dir andre an: es ist in allen. Und doch ist Einer, welcher dieses Fallen unendlich sanft in seinen Händen hält.
Autunno
Le foglie cadono, cadono come da lungi, come se giardini lontani sfiorissero nei cieli.
Cadono con gesto di rifiuto E nelle notti cade la terra pesante da tutte le stelle nella solitudine.
Noi tutti cadiamo.
Questa mano cade. E guarda gli altri: è così in tutti.
Eppure c’è Uno che senza fine dolcemente Tiene questo cadere nelle mani sue.
Rilke
Mila Tarlao Kiefer- Un ricordo
09 ottobre, 2012
08 ottobre, 2012
Mitilicoltura
Ho quasi terminato la stagione delle vendite dei mitili, mi va di spiegare un po questo nostro mondo un poco fuori dalla conoscenza comune.
Stranamente a Grado, pur con una grossa tradizione peschereccia alle spalle, i locali operatori marittimi non hanno mai sviluppato la molluschicultura, eppure in Italia la molluschicoltura rappresenta oltre il 30% della produzione ittica globale, con oltre 1,5 milioni di quintali di prodotti (mitili, vongole, etc.)
La produzione di mitili dà occupazione a 1850 addetti.
Le cooperative di allevatori che gestiscono il 90% delle superfici, occupano l'89% degli addetti e rappresentano l'85% della produzione nazionale.
Per quanto riguarda il Golfo di Trieste, dopo varie vicissitudini, la produzione si sta riprendendo assestandosi sui 40/50.000 q.li con un centinaio di addetti.
Il ciclo produttivo del mitilo ha inizio nel periodo autunnale, dopo circa tre mesi dalla fase di attecchimento (emissione del lattime), con la pulizia delle ventie, dei barili e delle corde di ancoraggio degli impianti.
Le corde dei vivai sono ricoperte di giovani mitili, con dimensioni in genere comprese tra un centimetro e due centimetri e mezzo.
La fase di lavorazione del novellame consiste nel raccogliere dalle corde dell’impianto i piccoli mitili raggruppati con una operazione manuale e delicata, per poi stoccarli in ceste, successivamente i giovani mitili vengono stoccati in pergolati di 80 mm di diametro e di circa 2,5 passi di lunghezza (circa 4,5 mt) che vengono appesi in vivaio sulle stesse corde da cui sono stati prelevati, questa operazione che fino a poco tempo fa (per qualcuno ancora adesso) era manuale, ora la si fa con macchine molto più veloci e meno faticose da adoperare.
Il novellame verrà ripreso in mano per almeno un' altra volta durante il periodo invernale, dove il diametro del pergolato verrà aumentato a seconda della maturazione da 100 a 120 mm.
Questa fase condiziona e da l'esatta dimensione della produzione che per motivi economici deve essere per forza annuale.
Il mitilo nel suo ciclo vitale dovrebbe essere venduto dopo 14/18 mesi dall'attecchimento, per accelerare il ciclo in questi ultimi anni è stato immesso nell'ambiente marino locale seme proveniente da zone diverse (normalmente Goro); un seme più robusto e con un ciclo più rapido favorito nella sua crescita da un repentino cambio di salinità dell'acqua (dal 28x1000 al 38x 1000).
Il resto sono levatacce e fatica, ma anche soddisfazione quando tutto fila liscio.
Nella foto il nostro peschereccio "Ulisse" in navigazione verso i vivai di Duino
Stranamente a Grado, pur con una grossa tradizione peschereccia alle spalle, i locali operatori marittimi non hanno mai sviluppato la molluschicultura, eppure in Italia la molluschicoltura rappresenta oltre il 30% della produzione ittica globale, con oltre 1,5 milioni di quintali di prodotti (mitili, vongole, etc.)
La produzione di mitili dà occupazione a 1850 addetti.
Le cooperative di allevatori che gestiscono il 90% delle superfici, occupano l'89% degli addetti e rappresentano l'85% della produzione nazionale.
Per quanto riguarda il Golfo di Trieste, dopo varie vicissitudini, la produzione si sta riprendendo assestandosi sui 40/50.000 q.li con un centinaio di addetti.
Il ciclo produttivo del mitilo ha inizio nel periodo autunnale, dopo circa tre mesi dalla fase di attecchimento (emissione del lattime), con la pulizia delle ventie, dei barili e delle corde di ancoraggio degli impianti.
Le corde dei vivai sono ricoperte di giovani mitili, con dimensioni in genere comprese tra un centimetro e due centimetri e mezzo.
La fase di lavorazione del novellame consiste nel raccogliere dalle corde dell’impianto i piccoli mitili raggruppati con una operazione manuale e delicata, per poi stoccarli in ceste, successivamente i giovani mitili vengono stoccati in pergolati di 80 mm di diametro e di circa 2,5 passi di lunghezza (circa 4,5 mt) che vengono appesi in vivaio sulle stesse corde da cui sono stati prelevati, questa operazione che fino a poco tempo fa (per qualcuno ancora adesso) era manuale, ora la si fa con macchine molto più veloci e meno faticose da adoperare.
Il novellame verrà ripreso in mano per almeno un' altra volta durante il periodo invernale, dove il diametro del pergolato verrà aumentato a seconda della maturazione da 100 a 120 mm.
Questa fase condiziona e da l'esatta dimensione della produzione che per motivi economici deve essere per forza annuale.
Il mitilo nel suo ciclo vitale dovrebbe essere venduto dopo 14/18 mesi dall'attecchimento, per accelerare il ciclo in questi ultimi anni è stato immesso nell'ambiente marino locale seme proveniente da zone diverse (normalmente Goro); un seme più robusto e con un ciclo più rapido favorito nella sua crescita da un repentino cambio di salinità dell'acqua (dal 28x1000 al 38x 1000).
Il resto sono levatacce e fatica, ma anche soddisfazione quando tutto fila liscio.
Nella foto il nostro peschereccio "Ulisse" in navigazione verso i vivai di Duino
Mitilicoltura
07 ottobre, 2012
CasaTonda
Me lo gero desmentegao in un file sconto, ma Leonardo, co l' ha vogia, al me manda delle striche de vita vissua co 'l gera fantulin, per me che he vissuo quii periodi me vien al gropo in gola perchè me par de rivegheme.
Casa Tonda
Riflessiòn sensa nomi
Casatonda: de siguro pochi i cognosse Zaccaria Gregori, ma al numero 23 de Riva Zaccaria Gregori gera e xè ncora desso, ‘na casa granda a forma de fero de cavalo che se taca co oltre case da via Grego finemente in Paese: per duti a Gravo Casatonda.
Per tanti de noltri che xè nati la Casatonda vol dì:
profumo de nissioi pena lavai in lavatoio,
al lavatoio, a fianco dell’entrata co do purtuni scrostai e soro al verde se veghe al maròn e soto al maron de novo al verde e soto ancora color legno, legno pesante, al gera mundi fresco;
finestre e scuri splancai e in curtivo se spandeva la musica de le radio. Cssssssssssssssssssssfiuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu “na poveciassa”, redioregiornali e MusicaPerVoi... a duto volume e garghedun canteva sora e tra i profumi de sugo voleva “La notte” de Adamo, Cin Cin, Elvis, Fiume amaro de la Zanicchi, stronboloti su le cansòn inglisi,
che storie…quante storie
Istae
Casatonda barcuni in sfesa al dopopranso
d'istae...silensio!!?!! Baurufe inpissae sensa orario che sintiva duti,
al spande de profumo de pransi poveri ma decisi...sughi, pesse frito, buriti
mamuli che zoga in curtivo,
mamuli co le vate pe’ nda a ganberi,
garghe togna…na tola (regalagia da Sirilo in squero) a forma de stiopo pusagia e disarmagia soto le scale a fianco de do cerbotane e i ossi de persego che garghe mamola steva pianzando…
omini che torna stanchi dal cantier, da pescà, dal lavòr,
femene che torna co' le borse da la spesa,
fiochi azuri e rosa sui purtuni
panussi a sugà,
pianti a dute le ore…l’à mal de pansa
mamuli che cresse e va a scuola,
oltri fiochi
matrimuni co’ le scale infiorae,
funerai co’ lagreme che bate su le porte de trenta e passa famegie,
biciclete soto al portego,
Siora Giulia Feri che siga,
Duto al mese de magio al rosario co’ l’altar candido in lavatoio,
i fantulini più bravi, co’ al canpanelo a fa’ ‘l giro del la casa,
a le tre so mare de Omero, meso i desparte al bianconero Tuttosport, che inpiseva la preghiera e duti sgraneva al rosario tra i profumi de le rose e de la lissiva, del savòn
che coro de voze…
e verso sera…
i magiolini sul toco de verde vissìn a le corde pe' sugà, li ficheveno drento le bottiglie de la late, i garbiti,
che feste…duti cuntinti
“ma ste tinti duti “guai a le bici in curtivo...”
istae...lontana mai desmentegagia
istae canottiera bianche, braghe curte, descolso
me recordo i profumi, la zente, i coluri al senso de famegia de la Casatonda
al curtivo, la prima volta co i gogugi in curtivo i xè rivai col scuro a bordo del remorcio de un camion che pareva grando, grando comò un treno
ancora “guai co le bici in curtivo”
inverno ... le mare che bateva al bacalao in curtivo col martelo o co la manera per roverso,
femene che torna dopo esse ‘ndae a peverasse e capelonghe,
al son de la sielta de le peverasse da la cova a la borsa, una melodia un concerto.
Se riveva capiì se gera caparossuli o peverasse, capelonghe de deo o de fero, solo da la nota e via a vendele…
inverno, fredo buora che sbuzina e che scantina le tende in camera
inverno
fumo pe le scale, oduri che se taca sui muri
i ligni pel fogo,
al carbòn pe’ le stufe,
le prime late de kerosene
le prime televisiòn co ‘l stabilizator
ogni giorno al maestro Alberto Manzi co’ Non è mai troppo tardi
la domenega col Campanòn e tutto il calcio minuto pe’ minuto se la squadra del tuo cuore ha vinto brinda con Stock… la Stock di Trieste vi ringrazia …
inverno
le cantine senpre carghe de acqua,
la granda aluviòn
l’odòr de mufa e de odor de fogna…i gati…profumo de marinasso
e oltro…
CASATONDA
d'istae, le angurie de sior Destro...
(siora) Giulia che 'i còre drio a 'i so' fantulini pe'l curtivo via
co' la squela de menestra pe' dài de magnà..
sora de noltri, 'pena 'l dopopranso bonora, oni tanto se sintìva còre e rodolà
pe'l pavimento garghe soldo cagiuo zò de la tola de sior Genio e siora Libera,
che i conteva 'l incasso de la zornada...
a zugà co'i "daci" sul cordolo del marciapie del curtivo...
a zugà co'i decini, vintini e anche i sinquantini (!!!), o le lire vansae del fassismo...
e le mamole co' le cartuline, su'l muro de un color rosa pastelo sbiadio
che squasi no'l se vegheva più e che dopo se vegheva i signi lassai su la malta gratagia via...
a zugà a pèta e co' le figurine, ai giornalini in rifugio, ... al brondolo, a la poma al vaso, ai canditi,
a pindul-pandul... andà a fà malani in squero de Sirilo o drento de le barche de sabion....
"Zoro", co'l so' inpermeabile comò 'l 'tenente Sheridan", che so' mare la ghiteva
la pasta 'vansagia fora del barcon de la cusineta e oni tanto i finiva in suca a gargun...
e via cussì ....
® leonardo Tognon
Casa Tonda
Riflessiòn sensa nomi
Casatonda: de siguro pochi i cognosse Zaccaria Gregori, ma al numero 23 de Riva Zaccaria Gregori gera e xè ncora desso, ‘na casa granda a forma de fero de cavalo che se taca co oltre case da via Grego finemente in Paese: per duti a Gravo Casatonda.
Per tanti de noltri che xè nati la Casatonda vol dì:
profumo de nissioi pena lavai in lavatoio,
al lavatoio, a fianco dell’entrata co do purtuni scrostai e soro al verde se veghe al maròn e soto al maron de novo al verde e soto ancora color legno, legno pesante, al gera mundi fresco;
finestre e scuri splancai e in curtivo se spandeva la musica de le radio. Cssssssssssssssssssssfiuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu “na poveciassa”, redioregiornali e MusicaPerVoi... a duto volume e garghedun canteva sora e tra i profumi de sugo voleva “La notte” de Adamo, Cin Cin, Elvis, Fiume amaro de la Zanicchi, stronboloti su le cansòn inglisi,
che storie…quante storie
Istae
Casatonda barcuni in sfesa al dopopranso
d'istae...silensio!!?!! Baurufe inpissae sensa orario che sintiva duti,
al spande de profumo de pransi poveri ma decisi...sughi, pesse frito, buriti
mamuli che zoga in curtivo,
mamuli co le vate pe’ nda a ganberi,
garghe togna…na tola (regalagia da Sirilo in squero) a forma de stiopo pusagia e disarmagia soto le scale a fianco de do cerbotane e i ossi de persego che garghe mamola steva pianzando…
omini che torna stanchi dal cantier, da pescà, dal lavòr,
femene che torna co' le borse da la spesa,
fiochi azuri e rosa sui purtuni
panussi a sugà,
pianti a dute le ore…l’à mal de pansa
mamuli che cresse e va a scuola,
oltri fiochi
matrimuni co’ le scale infiorae,
funerai co’ lagreme che bate su le porte de trenta e passa famegie,
biciclete soto al portego,
Siora Giulia Feri che siga,
Duto al mese de magio al rosario co’ l’altar candido in lavatoio,
i fantulini più bravi, co’ al canpanelo a fa’ ‘l giro del la casa,
a le tre so mare de Omero, meso i desparte al bianconero Tuttosport, che inpiseva la preghiera e duti sgraneva al rosario tra i profumi de le rose e de la lissiva, del savòn
che coro de voze…
e verso sera…
i magiolini sul toco de verde vissìn a le corde pe' sugà, li ficheveno drento le bottiglie de la late, i garbiti,
che feste…duti cuntinti
“ma ste tinti duti “guai a le bici in curtivo...”
istae...lontana mai desmentegagia
istae canottiera bianche, braghe curte, descolso
me recordo i profumi, la zente, i coluri al senso de famegia de la Casatonda
al curtivo, la prima volta co i gogugi in curtivo i xè rivai col scuro a bordo del remorcio de un camion che pareva grando, grando comò un treno
ancora “guai co le bici in curtivo”
inverno ... le mare che bateva al bacalao in curtivo col martelo o co la manera per roverso,
femene che torna dopo esse ‘ndae a peverasse e capelonghe,
al son de la sielta de le peverasse da la cova a la borsa, una melodia un concerto.
Se riveva capiì se gera caparossuli o peverasse, capelonghe de deo o de fero, solo da la nota e via a vendele…
inverno, fredo buora che sbuzina e che scantina le tende in camera
inverno
fumo pe le scale, oduri che se taca sui muri
i ligni pel fogo,
al carbòn pe’ le stufe,
le prime late de kerosene
le prime televisiòn co ‘l stabilizator
ogni giorno al maestro Alberto Manzi co’ Non è mai troppo tardi
la domenega col Campanòn e tutto il calcio minuto pe’ minuto se la squadra del tuo cuore ha vinto brinda con Stock… la Stock di Trieste vi ringrazia …
inverno
le cantine senpre carghe de acqua,
la granda aluviòn
l’odòr de mufa e de odor de fogna…i gati…profumo de marinasso
e oltro…
CASATONDA
d'istae, le angurie de sior Destro...
(siora) Giulia che 'i còre drio a 'i so' fantulini pe'l curtivo via
co' la squela de menestra pe' dài de magnà..
sora de noltri, 'pena 'l dopopranso bonora, oni tanto se sintìva còre e rodolà
pe'l pavimento garghe soldo cagiuo zò de la tola de sior Genio e siora Libera,
che i conteva 'l incasso de la zornada...
a zugà co'i "daci" sul cordolo del marciapie del curtivo...
a zugà co'i decini, vintini e anche i sinquantini (!!!), o le lire vansae del fassismo...
e le mamole co' le cartuline, su'l muro de un color rosa pastelo sbiadio
che squasi no'l se vegheva più e che dopo se vegheva i signi lassai su la malta gratagia via...
a zugà a pèta e co' le figurine, ai giornalini in rifugio, ... al brondolo, a la poma al vaso, ai canditi,
a pindul-pandul... andà a fà malani in squero de Sirilo o drento de le barche de sabion....
"Zoro", co'l so' inpermeabile comò 'l 'tenente Sheridan", che so' mare la ghiteva
la pasta 'vansagia fora del barcon de la cusineta e oni tanto i finiva in suca a gargun...
e via cussì ....
® leonardo Tognon
CasaTonda
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