Timeo Danaos et dona ferentes
Cerca nel blog
30 aprile, 2013
29 aprile, 2013
ItaliLetta
Letta sta facendo outing:
ci dice che in realtà è una specie di Superman arrivato sulla Terra per salvare le sorti degli italiani.
Vorrei tanto credere alle sue parole, per una volta vorrei tanto essere positivo e smetterla di contestare tutto.
Ne avremmo un gran bisogno ma la realtà che conosciamo per il momento è questa, così drammaticamente descritta da P.P.Pasolini:
ci dice che in realtà è una specie di Superman arrivato sulla Terra per salvare le sorti degli italiani.
Vorrei tanto credere alle sue parole, per una volta vorrei tanto essere positivo e smetterla di contestare tutto.
Ne avremmo un gran bisogno ma la realtà che conosciamo per il momento è questa, così drammaticamente descritta da P.P.Pasolini:
“Pieta’ per la nazione i cui uomini sono pecore
e i cui pastori sono guide cattive
Pieta’ per la nazione i cui leader sono bugiardi
i cui saggi sono messi a tacere
Pieta’ per la nazione che non alza la propria voce
tranne che per lodare i conquistatori
e acclamare i prepotenti come eroi
e che aspira a comandare il mondo
con la forza e la tortura
Pieta’ per la nazione che non conosce
nessun’altra lingua se non la propria
nessun’ altra cultura se non la propria
Pieta’ per la nazione il cui fiato e’ danaro
e che dorme il sonno di quelli
con la pancia troppo piena
Pieta’ per la nazione – oh, pieta’ per gli uomini
che permettono che i propri diritti vengano erosi
e le proprie libertà spazzate via
Patria mia, lacrime di te
dolce terra di liberta.”
ItaliLetta
28 aprile, 2013
Nuovi orizzonti
Bell' articolo di Alessandro D'Amato:
Come da tradizione italiana, la nascita del governo Letta si accompagna a giudizi tranchant e rabbiosi.
Tra grida all’inciucio e accuse di tradimento del mandato elettorale (in effetti, piuttosto fondate), quello che nasce è un esecutivo modello Letta, con tanta gioventù di facciata e molta attenzione pragmatica ai ruoli chiave e alle persone giuste.Se la Idem, la Kyenge e la Carrozza sono i tre nomi migliori schierati dal Partito Democratico, dall’altra parte il PdL si movimenta la giornata promuovendo (meritatamente) la Lorenzin a un ministero, quello della salute, dove non potrà che cacciarsi nei guai a causa delle sue posizioni sulla fecondazione assistita, una delle più grosse porcate fatte dal PdL negli anni che il ministro ha già dichiarato di non voler cambiare. Aggiungiamoci che, ad esempio, tra le donne ministro del Pd c’è chi a favore dei matrimoni gay, cosa che primo ministro e il suo vice vedono come il fumo negli occhi, e abbiamo un quadro della comicità della situazione.
La gestione dell’economia è affidata a Fabrizio Saccomanni, che così compensa la sua delusione per la nomina in Bankitalia mancata. E’ un nome di sicura affidabilità e competenza, per fortuna possiamo scordarci certi fenomeni che Silvio ci ha regalato in questi anni. Ma senza legittimazione politica, e questo peserà.
Poi c’è il fantasma di Berlusconi, ovvero quell’Angelino Alfano che come premio per non aver riformato la Giustizia in tanti anni al governo, adesso va agli Interni lasciando così per l’ennesima volta il sospetto che la vita di questo governo sia sempre a tempo, e che non dipenda in pieno dalla sua attività.
Quello di Letta è un governo di larghe intese, ci insegnano. Nasce con l’appoggio di partiti che insieme mettono insieme la stragrande maggioranza delle forze del parlamento. Ma è anche vero che nessuno degli elettori aveva votato quei partiti per fargli fare un governo con i loro avversari.
Magari sarà il miglior governo degli ultimi anni (non è che ci voglia molto, a vedere gli ultimi tre predecessori). Ma il vulnus democratico rimarrà, e a pagarne le conseguenze sarà il partito che si è prestato a guidarlo. Non è un golpe, e nemmeno un golpettino. Ma non è un bello spettacolo lo stesso.
Nuovi orizzonti
27 aprile, 2013
Maturità e cretini
Mi è capitato qualche giorno fa un incontro/scontro, non cercato ne voluto, con un cretino, le riflessioni sono inevitabili.
La parte più lunga del mio viaggio, non la più eccitante, si chiama “maturità”.
È il tunnel che imbocchi quando ti rendi conto che i cretini sono inevitabili e, in qualche misura, invincibili.
Non c'è errore più grande che prenderli di petto, ed è un errore che ho commesso così volentieri in gioventù.
Non vedevo l'ora di scontrarmi con un cretino per dirgli: Cretino! Che gran soddisfazione.
Ma durava pochi istanti, e lasciava un gusto amaro.
Ti ci vuole tutta la maturità per capire che un cretino, se gli dai del cretino, non migliora.
Si offende, si arruffa, fa la ruota, mostra le unghie, "impira i oci", comincia ad abbaiare, chiama i parenti, gli amici altolocati, e resta un cretino.
Ti va già bene se non ti trascina con sé (è contagiosa, la faccenda).
È una patologia seria, forse genetica, di certo incurabile nei soggetti adulti, e io pensavo di guarirla con cosa?
Con la verità? Non funziona.
Non è un rimedio, la verità, a volte diventa un semplice dettaglio, la verità, una curiosità.
Non si agita uno specchietto davanti a un toro nell'arena: all'inizio era un'idea divertente, ma alla fine capisco che non è sano.
Passerò il resto del mio viaggio ad aggirarli, i cretini, a provare a raggirarli, metterli nella condizione di fare cose intelligenti senza accorgersene, mordendomi la lingua ogni volta che il grido “cretino” ti cresce in gola.
Ma che rabbia essere maturi.
Maturità e cretini
26 aprile, 2013
25 aprile, 2013
S.Marco Evangelista
Oggi S. Marco il cui culto, per l'importanza religiosa rivestita dalla condizione di Evangelista, è estremamente diffuso e capillare tra le Chiese cristiane.
Centrale per le chiese orientali d' Egitto, derivate dall'antico patriarcato di Alessandria, per i patriarcati italiani, oggi soppressi, di Aquileia e di Grado e per il patriarcato di Venezia.
Al solito a Grado, giusto per dare un tocco di diversità, si contraddistingue e in Basilica se guardate con attenzione l' ambone romanico-gotico si nota un' anomalia sulla scultura del Leone che rappresenta l'evangelista Marco.
Il Leone mostra la lingua:
Dall'ambone il celebrante leggeva il Vangelo, pensate a Marco che mostra la lingua ai fedeli per secoli, forte!
Mancava solo mostrasse anche il dito medio!
"Il culto di San Marco, parlando di cose serie, in terra veneta è nato, con molta probabilità, proprio a Grado e qui, ben prima che a Venezia, acquistò quel significato di libertà politica e religiosa che poi contrassegnò per quasi mille anni la forza interiore della Repubblica Veneta.
Fu nel Castrum Gradese, che iniziò la ribellione contro le intromissioni imperiali e l'ambiguità papale di Roma, qui i vescovi aquileiesi, profughi della devastata metropoli ma forti dei rapporti con la Chiesa Alessandrina, gettarono i primi semi di una secolare autonomia arroccata attorno al nome di S.Marco.
Una prova per tutte, Eraclio donò a Venezia la cattedra di S.Marco ospitata nella basilica di Grado, è la certezza che già nel VII secolo il culto marciano aveva a Grado un posto di primo piano."da "Il Tesoro del duomo di Grado" di Ezio Marocco
La foto molto bella della pineta S.Marco a Belvedere è stata scattata da un piccolo drone di A.Zuliani e L.Boemo
Centrale per le chiese orientali d' Egitto, derivate dall'antico patriarcato di Alessandria, per i patriarcati italiani, oggi soppressi, di Aquileia e di Grado e per il patriarcato di Venezia.
Al solito a Grado, giusto per dare un tocco di diversità, si contraddistingue e in Basilica se guardate con attenzione l' ambone romanico-gotico si nota un' anomalia sulla scultura del Leone che rappresenta l'evangelista Marco.
Il Leone mostra la lingua:
Dall'ambone il celebrante leggeva il Vangelo, pensate a Marco che mostra la lingua ai fedeli per secoli, forte!
Mancava solo mostrasse anche il dito medio!
"Il culto di San Marco, parlando di cose serie, in terra veneta è nato, con molta probabilità, proprio a Grado e qui, ben prima che a Venezia, acquistò quel significato di libertà politica e religiosa che poi contrassegnò per quasi mille anni la forza interiore della Repubblica Veneta.
Fu nel Castrum Gradese, che iniziò la ribellione contro le intromissioni imperiali e l'ambiguità papale di Roma, qui i vescovi aquileiesi, profughi della devastata metropoli ma forti dei rapporti con la Chiesa Alessandrina, gettarono i primi semi di una secolare autonomia arroccata attorno al nome di S.Marco.
Una prova per tutte, Eraclio donò a Venezia la cattedra di S.Marco ospitata nella basilica di Grado, è la certezza che già nel VII secolo il culto marciano aveva a Grado un posto di primo piano."da "Il Tesoro del duomo di Grado" di Ezio Marocco
La foto molto bella della pineta S.Marco a Belvedere è stata scattata da un piccolo drone di A.Zuliani e L.Boemo
S.Marco Evangelista
23 aprile, 2013
22 aprile, 2013
Premando e Stagando
A proposito e completamento del post di ieri sulla gondola bianca restaurata e riportata agli antichi fasti dall' associazione Grado Voga ho ricevuto tempo fa da un appassionato veneziano di voga alla veneta una precisazione per quanto riguarda l' interpretazione delle parole in graisan "premando e stagando" a dimostrazione che il linguaggio è frutto di tradizioni storiche confermate.
PRECISAZIONE:
con questo commento vorrei riportare all'autore del post quanto la mia esperienza nel campo della voga veneta e della passione per le tradizioni veneziane mi ha dato sapere.
Le informazioni che seguono sono frutto di racconti di "veci pope" e "squerarioli".
Quelle che seguono non vogliono assolutamente parole di polemica ma solo la mia personale verità.
Il fatto che "premando" o "staindo-stagando" tradotte vogliano dire rispettivamente "premendo" e "restando", è solo una incredibile casualità.
I due termini derivano da indicazioni di manovra che il prodiere delle antiche "peate" che trasportavano il fieno alle prigioni della Repubblica Veneta dov'erano ubicate le stalle, dava al timoniere.
Entrando in Rio de la Paja, sulla destra c'erano le stalle.
Il prodiere gridava al timoniere "và alle stalle", "staissi".
Nel caso in cui volesse dirgli di andare a sinistra gli gridava "và ai premi", il podio che si erigeva in mezzo alle colonne di Marco e Todaro dove avvenivano appunto effettuate le premiazioni per i motivi più disparati...oltre che tagliare la testa ai malviventi che si erano guadagnati la condanna alla ghiglliottina.
A proposito di questo podio, una curiosità. Il modo di dire "te fasso veder mi che ora che ze" per minacciare di morte qualcuno, deriva dalla posizione che il ghigliottinando assumeva rispetto a Piazzetta San Marco. Inginocchiato con la testa costretta nel giogo dell'infernale macchina, l'unica cosa che poteva vedere era la Torre dell'orologio...
Grazie comunque per le preziose informazioni del suo post.
massimo veronese
PRECISAZIONE:
con questo commento vorrei riportare all'autore del post quanto la mia esperienza nel campo della voga veneta e della passione per le tradizioni veneziane mi ha dato sapere.
Le informazioni che seguono sono frutto di racconti di "veci pope" e "squerarioli".
Quelle che seguono non vogliono assolutamente parole di polemica ma solo la mia personale verità.
Il fatto che "premando" o "staindo-stagando" tradotte vogliano dire rispettivamente "premendo" e "restando", è solo una incredibile casualità.
I due termini derivano da indicazioni di manovra che il prodiere delle antiche "peate" che trasportavano il fieno alle prigioni della Repubblica Veneta dov'erano ubicate le stalle, dava al timoniere.
Entrando in Rio de la Paja, sulla destra c'erano le stalle.
Il prodiere gridava al timoniere "và alle stalle", "staissi".
Nel caso in cui volesse dirgli di andare a sinistra gli gridava "và ai premi", il podio che si erigeva in mezzo alle colonne di Marco e Todaro dove avvenivano appunto effettuate le premiazioni per i motivi più disparati...oltre che tagliare la testa ai malviventi che si erano guadagnati la condanna alla ghiglliottina.
A proposito di questo podio, una curiosità. Il modo di dire "te fasso veder mi che ora che ze" per minacciare di morte qualcuno, deriva dalla posizione che il ghigliottinando assumeva rispetto a Piazzetta San Marco. Inginocchiato con la testa costretta nel giogo dell'infernale macchina, l'unica cosa che poteva vedere era la Torre dell'orologio...
Grazie comunque per le preziose informazioni del suo post.
massimo veronese
Premando e Stagando
21 aprile, 2013
Grado Voga e la Gondola Bianca
A Grado sotto la Serenissima fino al Seicento, il diritto d'uso dei beni comunali (fondali lagunari, valli da pesca ecc.) si disputava per mezzo di una regata, che si svolgeva in mare, fino ai banchi della Muggia, (che allora era bacino di pesca e chiusa da argini) su gondole "dette anche 'barche bianche' lunghe circa 10 metri "perchè si ungevano col sego onde fossero più veloci nell'andare ... e non si impegolavano mai".
Servivano in pari tempo per le festività Pubbliche; si costruivano in Grado o negli squeri di Venezia ...
L'ultima di queste barche bianche venne distrutta intorno al 1880 (vedi Caprin).
Più tardi, verso il diciassettesimo secolo, il diritto di pescare tanto nelle acque di fuori che in laguna, si scommetteva al gioco della sorte. ( di solito si trattava del gioco della morra che si teneva all' inizio della stagione nel casone dei "biviacqua" per intendersi "al cason de Vitige")
Cosi si è continuato a fare fino a qualche anno fa quando c'era ancora qualcuno che usava la Laguna professionalmente, ma una canzone ancora oggi ben nota tra i pescatori ricorda l'antica gara.
La Regata
De regata se veno impignao
E de bando no cagia a suah!
Forza in pope! Quel remo a premando,
Che a stagando la resta de qua:
Si a sta gondola in banda a subiando
Za j passeno de duta briva!
Oeh! 'l porcuzzo ne meta de 'mpegno
Pope e prova per fahjla tignih!
Ala! primi a tocah 'ndeno 'l segno
Per la megio seragia 'nçernih!
Val pena notare che Menego Picolo (Domenico Marchesini) usa il dialetto gradese delle origini con termini non più consueti e con l' uso dell' H finale che vale come accento.
A me piace sottolineare lo "Stagare e Premare" termini ormai dimenticati ma importantissimi nell' uso della "batela":
a premando: premendo; movimento del remo per far avanzare la barca;
a stagando: remo immobile o all'indietro per arrestarne la corsa.
Nel regolare la rotta, a premando, la barca si dirige a sinistra, a stagando invece verso destra
Ieri l' Associazione "Grado Voga" ha varato e presentato al pubblico gradese una riedizione moderna di queste barche bianche, una gondola restaurata e bellissima, accompagnata dai suoi mini atleti vogatori ha fatto il suo ingresso in porto maestosa per essere battezzata e donata alla comunità.
Bravi!
Grado Voga e la Gondola Bianca
20 aprile, 2013
Al Zorno del Perdon
Il Festival della Canzone Gradese è finito si conoscono vincitori e partecipanti, più o meno tutti hanno avuto il loro trial pubblicato su youtube da uno o l' altro dei frequentatori della rete, ma ci sono anche le canzoni che non hanno potuto partecipare al Festival perchè bocciate in commissione, ma non sono invisibili e soprattutto meritano considerazione per il lavoro fatto.
Questa canzone "Al Zorno del Perdon" di Nicki Grigolon e Carlo Marzaroli non ha partecipato al Festival ma ritengo, visto l' impegno dei nostri due artisti, meriti di essere conosciuta e sentita da quanta più gente possibile.
Il video poi è veramente di gran qualità e le parole della canzone vanno ascoltate con attenzione.
Al Zorno del Perdon
19 aprile, 2013
18 aprile, 2013
Grillo a Grado
17 aprile, 2013
Lettera ai Parlamentari 5 Stelle
Ricevo e pubblico:
“Magnifica Comunità di Grado”
(Registrato Agenzia Entrate – Ufficio di Monfalcone, al n .ro 1013 dd. 29.04.2008)
Lettera aperta ai Parlamentari Cinque Stelle del F. V. G.
ovvero cronaca di un suicidio collettivo targato “Polo Termale”
A fronte del successo elettorale conseguito a Grado dal Movimento, chiediamo ai tre parlamentari di voler promuovere un'ispezione sul progetto “Polo Termale”.
Comportante la lottizzazione immobiliare della spiaggia, retrospiaggia e Parco delle Rose: oltre 176.000 mq. di proprietà indivisa dei “Graisani” per immemorabile diritto di Uso Civico.
Esempio, tuttora insuperato in Italia, di integrazione di un incomparabile ambiente naturale con strutture balneari, termali e di psammatoterapia (sabbiature) un tempo non lontano di assoluta preminenza internazionale.
Se il termine ispezione non piace ai Presidenti di Camera e Senato, chiamiatela pure “sopralluogo” o semplicemente “visita”, l'importante è trasformarla al più presto in un'inchiesta parlamentare dotata, come è noto, degli stessi poteri dell'Autorità giudiziaria.
Secondo il dott. Alessandro Baucero commissario straordinario del progetto, il “Polo Termale” nasce “da una forte volontà politica del Comune di Grado e della Regione”.
A nostro parere, nasce invece dal tradimento della politica.
A partire dal clan dei partiti, che ha votato all'unanimità a scatola chiusa e senza uno straccio di discussione la delibera consiliare n° 24 del 29 aprile 2009 per chiedere la cancellazione dell'immemorabile diritto di Uso Civico ivi gravante nell'interesse della lottizzazione targata “Polo Termale” ed in danno dei “Graisani”.
I quali probabilmente non sanno che è stato violato l'art. 12 dello Statuto comunale in materia di Usi Civici.
Sanno però che è in corso una tentata macelleria paesaggistica, ambientale ed architettonica ad uso e consumo delle lobby del cemento.
Il Sindaco Maricchio non ha ancora capito che gli elettori non sopportano più le cementificazioni ed il saccheggio del territorio e vogliono ormai il contrario di quanto predicato dai partiti.
E che lottizzare la spiaggia, retrospiaggia e Parco delle Rose, sarebbe sotto diversi aspetti come pretendere di lottizzare il Duomo di Milano, il Monte Bianco, la Galleria degli Uffizi o il Lido di Venezia.
Forse lo capirà quando dovrà mollare anzitempo la poltrona di Sindaco come l'ha mollata per gli stessi identici motivi l'ex Sindaco Silvana Olivotto.
Indipendentemente da ogni contrapposizione ideologica, invitiamo i Consiglieri comunali di ogni colore a ricostruire un rapporto con i cittadini revocando, anche solo a titolo personale, la delibera consiliare n° 24.
Ed a dissociarsi dalla perdurante violazione dell'art. 12 dello Statuto.
Fattori decisivi nella causa sostenuta dalla “Magnifica Comunità di Grado” contro La Regione ed il Comune innanzi alla Corte di Appello di Roma nell'interesse esclusivo della Città.
Notiamo con particolare rincrescimento come la Lista civica “Libera” continui a tenere il piede in due scarpe: uno all'opposizione, inalberando la crociata contro Maurizio Zamparini.
L'altro in maggioranza a blindare la delibera consiliare n° 24, votata sotto altre bandiere da almeno uno dei suoi tre consiglieri comunali.
Mentre restiamo aperti ad ogni confronto costruttivo, è ovvio che l'impatto del “Polo Termale” sull'ambiente e sulla Comunità presenta effetti distruttivi immediati ed irreparabili rispetto a “Zamparini City” fronteggiabile con margini difensivi di lungo periodo.
Intanto la 1° gara di appalto per la realizzazione del “Polo Termale” è andata deserta il 7 marzo 2012 benchè indetta, in pompa magna, con apposito Bando europeo.
Identica sorte è capitata ai cosiddetti “Dialoghi Tecnici”: un tentativo piuttosto maldestro per guadagnare tempo e per salvare la faccia all'Ufficio di progetto, Sindaco, Giunta e Consiglio comunale.
Ciò non ha impedito il funerale della 2° gara di appalto e relativo Bando europeo.
Ed il mezzo funerale della 3° gara, scaduta con tanto di flop il 28 marzo e rinviata al 28 maggio prossimo per onnipotente decisione del dott. Baucero.
Non senza uno sconto record di 48.800.000 €uro in favore degli investitori privati risultante dalla differenza tra 110 milioni della 1° gara ed i 61 milioni e 200 mila della 3° gara (Il Piccolo dd. 3/4/2013).
Una calata di braghe gestionale che ci riserviamo di sottoporre all'attenzione della Corte dei Conti in quanto superiore perfino al buco di 28/30 milioni di €uro dell'ex Ospizio Marino.
Unitamente a profitti extra derivanti, a quanto ci risulta, da una minuscola clausola aggiuntiva dell'ultima ora pronta ad entrare in gioco nella fase di trasformazione urbanistica ed edilizia dell'area di progetto.
Il sistema di finanziamento “project financing” scelto per la compartecipazione mista di capitali pubblici e privati, ci appare infine quantomeno inquietante.
Il recente terremoto giudiziario abbattutosi a Venezia sulle opere pubbliche finanziate con tale sistema, ha evidenziato l'opacità degli appalti e dei meccanismi di finanziamento.
Inoltre, costi talmente superiori all'accensione di un semplice mutuo da indurre i comitati cittadini locali a parlare apertamente di follia.
Non sarebbe male se il Consiglio comunale andasse a sentire le udienze in corso al Tribunale di Venezia.
Frattanto Regione e Comune procedono a marce forzate verso la lottizzazione immobiliare pur sapendo che in forza del D.lgs n° 42 del 2004 (decretazione Galasso) il comparto non è edificabile.
E nemmeno cedibile anche solo in diritto di superficie stante il giudizio pendente innanzi alla Corte di Appello di Roma - Sezione speciale Usi Civici -.
A nulla rilevando la cancellazione di fatto dell'Uso Civico da parte dell'Amministrazione regionale
in forza di 4/5 righe sepolte nella legge finanziaria 2011 che impugneremo con ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, aperto a tutti i “Graisani”.
Intanto per violazione dei diritti inalienabili della persona e delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite, compreso il diritto di adire tutti i gradi di giudizio previsti dall'Ordinamento a tutela dell'Uso Civico.
Ed in secondo luogo perchè fa dipendere l'attività giurisdizionale dalla discrezionalità della Giunta regionale sperabilmente a spasso dopo le prossime elezioni del 21 e 22 aprile.
Da più di duemila anni, Grado è vissuta in equilibrio con la laguna ed il mare.
Aveva tutte le condizioni: paesaggistiche, ambientali, monumentali, climatiche, memorie storiche e cultura alberghiera per ricoprire un ruolo di primo piano sulla ribalta turistica internazionale.
Al livello di Portofino, Saint Tropez, Taormina, Positano, Biarritz, Capri e l'elenco potrebbe continuare.
Negli ultimi 70 anni, il magico equilibrio che aveva incantato celebri viaggiatori a cavallo tra '800 e '900 è stato progressivamente infranto da uno sviluppo edilizio distruttivo e senza qualità finalizzato a rese commerciali immediate.
Poi sono arrivati i grattacieli e le colate di cemento, poi forse arriverà la miseria.
A contrastarla è rimasta solo la spiaggia, retrospiaggia ed il Parco delle Rose, residua fonte di occupazione e prestigio che fa gola alle lobby del cemento.
Dobbiamo subire lo scippo camuffato da “Polo Termale” anche dell'ultima estrema risorsa da oltre 500 anni di proprietà indivisa dei “Graisani” per diritto di Uso Civico ?
E' la domanda della vita che vorremmo sentire in Parlamento.
Il Consiglio Direttivo
Grado, 16 aprile 2013
Lettera ai Parlamentari 5 Stelle
16 aprile, 2013
Siamo soli. Preghiamo!
Non siamo in generale, noi graisani, terribilmente isolani e isolati?
Internet può servirci a conoscere il mondo, ma il più delle volte ci serve a specchiarci in noi stessi.
Ci troviamo gli stessi dibattiti che affliggono la nostra piccola tv italiana, i nostri piccoli quotidiani.
Questa lingua, che ci rende stranieri a chi vive a poche ore da noi, sta diventando una prigione.
Là fuori ci sono miliardi di persone che progressivamente si stanno accorgendo di vivere nello stesso mondo, con gli stessi problemi.
Poi ci siamo noi, il popolo del contro, una piccola sacca di indigeni autoctoni che continua a discutere animatamente degli anniversari e delle scadenze della tribù.
Da lontano gli altri ci osservano, forse hanno paura a disturbarci, come quelle popolazioni amazzoniche che vanno lasciate così come sono, per preservare una biodiversità, ecc.ecc....
Forse è quello che siamo, una tribù rimasta ai margini del grande discorso globale, con una lingua autoctona che è meglio preservare così com'è.
Vitali, ma chiusi in noi stessi
Questo è il nostro lato oscuro.
Preghemo ne vemo bisogno pe' 'l futuro.
Internet può servirci a conoscere il mondo, ma il più delle volte ci serve a specchiarci in noi stessi.
Ci troviamo gli stessi dibattiti che affliggono la nostra piccola tv italiana, i nostri piccoli quotidiani.
Questa lingua, che ci rende stranieri a chi vive a poche ore da noi, sta diventando una prigione.
Là fuori ci sono miliardi di persone che progressivamente si stanno accorgendo di vivere nello stesso mondo, con gli stessi problemi.
Poi ci siamo noi, il popolo del contro, una piccola sacca di indigeni autoctoni che continua a discutere animatamente degli anniversari e delle scadenze della tribù.
Da lontano gli altri ci osservano, forse hanno paura a disturbarci, come quelle popolazioni amazzoniche che vanno lasciate così come sono, per preservare una biodiversità, ecc.ecc....
Forse è quello che siamo, una tribù rimasta ai margini del grande discorso globale, con una lingua autoctona che è meglio preservare così com'è.
Vitali, ma chiusi in noi stessi
Questo è il nostro lato oscuro.
Preghemo ne vemo bisogno pe' 'l futuro.
Siamo soli. Preghiamo!
15 aprile, 2013
Il sesso del futuro sarà virtuale
Lanciato in ricerche di vario tipo per evadere da questa sarabanda elettorale che considero un' aggressione mi sono imbattuto in questo articolo che per me è archeologia ma ridà qualche lucetta ad angoli fiochi.
Anche se per me significa la rinascita di speranze e voglie appassite, per i giovani può deviarli dalla retta via e affidare alla tastiera del computer ben di più dei loro pensieri ma anche opere ed omissioni.
Il mio è un appello: state attenti a non esagerare con la tastiera del computer, i polpastrelli potrebbero comunicarvi strane voglie e sensazioni e soprattutto guardatevi intorno che non ci siano bambini.
Anche se per me significa la rinascita di speranze e voglie appassite, per i giovani può deviarli dalla retta via e affidare alla tastiera del computer ben di più dei loro pensieri ma anche opere ed omissioni.
Il mio è un appello: state attenti a non esagerare con la tastiera del computer, i polpastrelli potrebbero comunicarvi strane voglie e sensazioni e soprattutto guardatevi intorno che non ci siano bambini.
Il sesso del futuro sarà virtualeBasterà un computer e Internet
Nei prossimi dieci anni i rapporti di coppia saranno sempre più virtuali. E' questa la conclusione a cui sono giunti alcuni esperti che si sono riuniti in un seminario per delineare le peculiarità e l'evoluzione del sesso del futuro.
"Ciò che sembra molto probabile prima del 2016 è un'esperienza multi-sensoriale di sesso virtuale", ha detto Julia Heiman, direttore del Kinsey Institute for Research in Sex, Gender and Reproduction all'Università Indiana di Bloomington.
Nel mirino dei sessuologi ci sono soprattutto rapporti erotici costruiti ad hoc, a seconda delle esigenze di chi li programma.
"C'è la possibilità di sviluppare materiali erotici per uso personale che consentano di creare un partner di certe dimensioni e qualità, che dica e faccia certe cose nell'interazione", ha spiegato Heiman. L'obiettivo degli esperti è sempre il piacere fisico, ma entro dieci anni i tradizionali canoni sessuali potrebbero subire un cambiamento radicale.
La "teledildonica", ad esempio, permette già a persone collegate a due computer distanti di manipolare dispositivi elettronici come un vibratore per scopi sessuali. Ne sa qualcosa Steve Rhodes, presidente di Sinulate Entertainment, che negli utlimi tre anni ha venduto migliaia di oggetti sessuali connessi a Internet. "Non è qualcosa che fanno solo gli estremisti", precisa il pioniere del sesso elettronico.
Annie Sprinkle, ex attrice di film per adulti, prostituta e autrice di "Spectacular Sex" per cui la teledildonica non è altro che una evoluzione logica degli strumenti per il piacere.
"Ora la gente usa tanto i vibratori e giustamente; la tecnologia dei giocattoli sessuali è largamente migliorata", ha spiegato la pornostar.
Ma non è tutto qui. La sfera sessuale del futuro, infatti, passa anche per una fusione tra il video e le sensazioni tattili. In questa direzione un esempio interessante è rappresentato da "Virtual Jenna", bizzarro videogioco erotico che, grazie ad apparecchi che interagiscono con i movimenti del video, consente agli utenti di avere un rapporto sessuale con un cartone animato realistico della pornostar Jenna Jameson. "Nessun grande editore probabilmente ci si avventurerebbe, potremmo essere l 'Hustler o il Playboy o il Penthouse del gioco per adulti -
I giocattoli per il sesso sono un grande business".
Il sesso del futuro sarà virtuale
14 aprile, 2013
13 aprile, 2013
Belvedere e Pineta S. Marco
12 aprile, 2013
Incontri Pubblici
11 aprile, 2013
Il Nievo a Grado
La storia del turismo gradese parte dalla fine del 1800, ed è vero per quanto riguarda il turismo mercantile o moderno, ma Grado e i suoi lidi ospitarono vari personaggi politici e culturali ben prima.
Uno di questi, all'epoca poco conosciuto, era Ippolito Nievo imparentato con i Colloredo di Montalbano che avevano una residenza estiva a Belvedere e nel 1856 passò a Grado una ventina di giorni.
Giovane di 25 anni, sognatore, irrequieto, letterato in erba, poeta e ardente garibaldino (fu uno dei mille) scrisse in quel periodo alcuni racconti (le maghe di Grado) dedicati alle sue cugine le Contessine Cassis; dei racconti in forma di diario arricchiti da disegni. (nella foto Piazza Grande)
Certamente la Grado dell'epoca non lo impressionò più di tanto se descrisse i casoni come:
"un gregge confuso di anfibie catapecchie" e il campanile lo definì "scamiciato con su la cima un angelo che perde ora una penna ora un dito".
Paese che diventa all'improvviso ricco di storia in cui i Patriarchi ancora aleggiano, potere delle donne che sanno trasformare la noia mortale in dolcezza lo sbadiglio in sorriso il deserto in giardino.
"Grado, squallido renaio tra mare e laguna, povero nido di un'idioma tra il veneto e il friulano, che da quello ha la dolcezza e la sonorità e da questo ritrae alcuna somiglianza col latino"... così scrive all'inizio il Nievo ma conclude con:
"venga il desiderio di cercare per quei lidi quanti io vi trovai, certo che ne torneranno edificati della piacevolezza del soggiorno, della comodità dei bagni e della cortesia degli abitatori"
Queste cose le diceva centocinquanta anni fa.
Santo subito, e assumerlo al servizio pubblicità e marketing della Git.
La storia del nostro piccolo mondo lo impressionò e ne descrisse la grandezza imperiale e la ricchezza passata.
Rivelando la sua origine anti imperialista e anti clericale descrisse la fastosità della Basilica di S.Eufemia creata a spese dei sacrifici dei pescatori fedelissimi.
L'autore riportò poi i suoi appunti nel romanzo che lo consegnò alla storia della letteratura italiana "Le confessioni di un Italiano"
Il Nievo a Grado
10 aprile, 2013
Il Belvedere-Villa Savorgnan
Belvedere, territorio di Aquileia, centro di dispute secolari tra i due Patriarchi.
La storia di Belvedere inizia con la famiglia Savorgnan, nobili friulani di origini Aquileiesi fedeli al Patriarca prima e alla Repubblica Veneta poi, che li ha come padri nobili e presenti nel Maggior Consiglio, che per premio al loro appoggio aveva concesso loro le terre confinanti con Grado.
I Savorgnan costruirono una roccaforte sulla Centenara di cui si erano appropriati con l' inganno colmando in una notte una parte del fosso che ne faceva un' isola, il che automaticamente la definiva territorio lagunare e quindi di proprietà gradese (la prima speculazione edilizia con inganno della lunga storia gradese)
L' alleanza dei Savorgnan con i dogali porta alla conquista della piccola patria del Friuli da parte della Serenissima.
La famiglia vi si rifugiò durante la guerra con gli ungheresi (1411) data la possibilità di raggiungere Grado via mare e assicurarsi così una via di fuga.
La Villa Savorgnan Fior Pasi fu costruita al centro dell'abitato di Belvedere, che le si è sviluppato attorno, costruita nel Seicento mostra con evidenza la forte vocazione rurale del borgo.
Rifatta più volte nel corso dei secoli passò poi di proprietà ai Colloredo di Montalbano, le sue forme attuali sono quelle ottocentesche.
La storia di Belvedere inizia con la famiglia Savorgnan, nobili friulani di origini Aquileiesi fedeli al Patriarca prima e alla Repubblica Veneta poi, che li ha come padri nobili e presenti nel Maggior Consiglio, che per premio al loro appoggio aveva concesso loro le terre confinanti con Grado.
I Savorgnan costruirono una roccaforte sulla Centenara di cui si erano appropriati con l' inganno colmando in una notte una parte del fosso che ne faceva un' isola, il che automaticamente la definiva territorio lagunare e quindi di proprietà gradese (la prima speculazione edilizia con inganno della lunga storia gradese)
L' alleanza dei Savorgnan con i dogali porta alla conquista della piccola patria del Friuli da parte della Serenissima.
La famiglia vi si rifugiò durante la guerra con gli ungheresi (1411) data la possibilità di raggiungere Grado via mare e assicurarsi così una via di fuga.
La Villa Savorgnan Fior Pasi fu costruita al centro dell'abitato di Belvedere, che le si è sviluppato attorno, costruita nel Seicento mostra con evidenza la forte vocazione rurale del borgo.
Rifatta più volte nel corso dei secoli passò poi di proprietà ai Colloredo di Montalbano, le sue forme attuali sono quelle ottocentesche.
Il Belvedere-Villa Savorgnan
09 aprile, 2013
La Centenara
Ai margini del territorio gradese di terra tra Belvedere e Boscat c'era un tempo una grande valle circondata da una grande pineta condotta e vegliata da un Gradenigo del ramo povero dei grandi Dogi di Venezia, pescatore e marinaio delle navi della Repubblica Veneta, ferito in battaglia e premiato dalla Serenissima con un lavoro di tutto riposo e una casa in un feudo marginale:
"Dove il feudo della Centenara affoga nella Palude, un ponte di tavola metteva al casone del guardiano delle peschiere. Faceva quel tugurio posticcio da sentinella, incrostato di conchiglie e circondato da gusci vuoti, guardava la campagna di Aquileia con le nebbie spesse, le sue febbri, i fieni che sul terreno molle crescevano alti come biade"
Così descrive il Caprin la situazione del vecchio soldato e pescatore gradese a guardia di una terra contestata e ceduta ai signori della guerra friulani.
Prima territorio gradese, contestato e ceduto al Patriarca Aquileiese, conquistato dai veneziani ma ceduto ai Savorgnan per premiarli dell'apporto alle guerre della Repubblica, venne da questi ceduto dopo cinque secoli ai Colloredo di Montalbano.
Ci sono varie ipotesi sull'origine del nome:
per alcuni storici deriva dai "centonari" i sarti militari romani che fabbricavano vele e corde per navi, per altri i "Centonarium" erano soldati disboscatori perchè al tempo la Centenara era ricca di alberi che formavano una grande pineta.
Per capire bene qual'e la collocazione geografica della Centenara, oggi è la zona del Campeggio di Belvedere.
La Centenara
Così descrive il Caprin la situazione del vecchio soldato e pescatore gradese a guardia di una terra contestata e ceduta ai signori della guerra friulani.
Prima territorio gradese, contestato e ceduto al Patriarca Aquileiese, conquistato dai veneziani ma ceduto ai Savorgnan per premiarli dell'apporto alle guerre della Repubblica, venne da questi ceduto dopo cinque secoli ai Colloredo di Montalbano.
Ci sono varie ipotesi sull'origine del nome:
per alcuni storici deriva dai "centonari" i sarti militari romani che fabbricavano vele e corde per navi, per altri i "Centonarium" erano soldati disboscatori perchè al tempo la Centenara era ricca di alberi che formavano una grande pineta.
Per capire bene qual'e la collocazione geografica della Centenara, oggi è la zona del Campeggio di Belvedere.
La Centenara
08 aprile, 2013
"Graisan" L' Eredità Aquileiese
Leggo dell' anniversario dei quasi 1000 anni della nascita del Friuli con la nomina del Patriarca di Aquileia a Duca del Friuli nel 1077, vale la pena sottolineare che i Patriarchi all' epoca erano due uno a Grado ( l' originale) e l' altro, il suddetto Duca tedesco, ad Aquileia (in effetti la sede era Cividale).
Ecco è più o meno da quel tempo che noi non andiamo esattamente d'accordo con i nostri vicini e ormai fratelli friulani ai quali auguro buon compleanno con questa breve storia delle origini:
È stato troppo spesso detto che il friulano odierno sia il diretto continuatore del latino regionale parlato ad Aquileia.
La cosa potrebbe, in effetti, darsi per scontata senza l'esistenza di Grado con il suo dialetto, sbocciato come un fiore di laguna, mantenutosi incontaminato sino al recente avvento del turismo di massa e che manifesta ancor oggi, integri ed eternati dal suo ormai mitico vate Biagio Marin, ì caratteri di un arcaismo ignoto altrove.
Grazie alla sua periferìcità ma soprattutto alla secolare decadenza, l'apporto di Venezia è del tutto trascurabile, il gradese è uno dei più tipici dialetti veneti.
Nette, all'incontro, sono le divergenze con il friulano, al punto da essere ben superiori che non tra friulano e altri dialetti veneti confinanti.
All'epoca del suo splendore, Aquileia fu indubbiamente la mediatrice della latinità non solo nell'odierno Friuli e nell'Istria, ma in buona parte dell'intera Gallia cisalpina.
L'attrazione culturale da lei esercitata era enorme e valicava i confini delle Alpi raggiungendo il Norico e la Pannonia.
Se vi è però un dialetto che possa più degli altri vantarsi diretto erede della latinità aquileiese, questo non può essere che il gradese e ciò per fin troppo ovvie ragioni storiche ed etniche.
Ma nell'Aquileia di oggi si parla friulano.
Come si spiega tale situazione anomala nel contesto generale dello sviluppo dei dialetti italiani?
Anche qui è la storia a chiarire l'apparente contrasto.
Anzitutto il confine linguistico corrisponde al confine politico che per tanti secoli tenne separata la laguna dal suo retroterra.
Di qua Bisanzio e di là i Longobardi ì quali non vogliono dipendere da un Patriarca suddito dì Bisanzio e insistono perché si ripristini quello di Aquileia.
Il papato, nell'intento di accontentare tutti, lascia al suo posto il patriarca di Grado per i territori soggetti a Bisanzio (da Venezia all'lstria) e crea un doppione per il territorio longobardo.
Ma Aquileia non è che un cumulo di rovine.
1 Longobardi hanno una nuova capitale, Cividale, ed è lì che, dopo una breve dimora a Cormons, risiede il novello patriarca che pur si fregia del titolo di Aquileia.
Più tardi una nuova realtà economica farà ruotare il polo geopolitico a favore di Udine; e sarà da quest'ultima località che specie dopo il Mille si irradierà la friulanilà che nel volgere dì più secoli si espande nella pianura devastata fino all'agro di Concordia amalgamando le rade popolazioni latine residue e quelle alloglotte insediatesi.
Non va dimenticato infatti che la toponomastica ci rivela la presenza di insediamenti slavi disseminati fino alle porte di Pordenone (Sclavons).
L'odierna friulanità di Aquileia ha la sua matrice quindi in una latinità non prettamente autoctona aquileiese ma di rimando.
Per lo meno tre erano infatti gli altri centri romani circonvicini: la medesima Cividale in primo luogo, continuatrice diretta di quel Forum Julii che dette il nome all'intero Friuli, poi a nord Julium Carnicum (l'odierna Zulio) e a occidente Concordia Sagittaria.
Se al friulano è riconosciuto un legame al sostrato carnico, ecco che la divergenza con il gradese, derivato a sua volta dall'aquileiese vero e proprio, appare non solo comprensibile ma addirittura ovvia in quanto pienamente conforme alla norma, considerato che Aquileia, colonia di alleati italici, nacque proprio in funzione di baluardo anticarnico.
Tratto da:
Giuseppe Brancale & Lauro Decarli - Istria, Dialetti e preistoria-
Sapevatelo!
Ecco è più o meno da quel tempo che noi non andiamo esattamente d'accordo con i nostri vicini e ormai fratelli friulani ai quali auguro buon compleanno con questa breve storia delle origini:
È stato troppo spesso detto che il friulano odierno sia il diretto continuatore del latino regionale parlato ad Aquileia.
La cosa potrebbe, in effetti, darsi per scontata senza l'esistenza di Grado con il suo dialetto, sbocciato come un fiore di laguna, mantenutosi incontaminato sino al recente avvento del turismo di massa e che manifesta ancor oggi, integri ed eternati dal suo ormai mitico vate Biagio Marin, ì caratteri di un arcaismo ignoto altrove.
Grazie alla sua periferìcità ma soprattutto alla secolare decadenza, l'apporto di Venezia è del tutto trascurabile, il gradese è uno dei più tipici dialetti veneti.
Nette, all'incontro, sono le divergenze con il friulano, al punto da essere ben superiori che non tra friulano e altri dialetti veneti confinanti.
All'epoca del suo splendore, Aquileia fu indubbiamente la mediatrice della latinità non solo nell'odierno Friuli e nell'Istria, ma in buona parte dell'intera Gallia cisalpina.
L'attrazione culturale da lei esercitata era enorme e valicava i confini delle Alpi raggiungendo il Norico e la Pannonia.
Se vi è però un dialetto che possa più degli altri vantarsi diretto erede della latinità aquileiese, questo non può essere che il gradese e ciò per fin troppo ovvie ragioni storiche ed etniche.
Ma nell'Aquileia di oggi si parla friulano.
Come si spiega tale situazione anomala nel contesto generale dello sviluppo dei dialetti italiani?
Anche qui è la storia a chiarire l'apparente contrasto.
Anzitutto il confine linguistico corrisponde al confine politico che per tanti secoli tenne separata la laguna dal suo retroterra.
Di qua Bisanzio e di là i Longobardi ì quali non vogliono dipendere da un Patriarca suddito dì Bisanzio e insistono perché si ripristini quello di Aquileia.
Il papato, nell'intento di accontentare tutti, lascia al suo posto il patriarca di Grado per i territori soggetti a Bisanzio (da Venezia all'lstria) e crea un doppione per il territorio longobardo.
Ma Aquileia non è che un cumulo di rovine.
1 Longobardi hanno una nuova capitale, Cividale, ed è lì che, dopo una breve dimora a Cormons, risiede il novello patriarca che pur si fregia del titolo di Aquileia.
Più tardi una nuova realtà economica farà ruotare il polo geopolitico a favore di Udine; e sarà da quest'ultima località che specie dopo il Mille si irradierà la friulanilà che nel volgere dì più secoli si espande nella pianura devastata fino all'agro di Concordia amalgamando le rade popolazioni latine residue e quelle alloglotte insediatesi.
Non va dimenticato infatti che la toponomastica ci rivela la presenza di insediamenti slavi disseminati fino alle porte di Pordenone (Sclavons).
L'odierna friulanità di Aquileia ha la sua matrice quindi in una latinità non prettamente autoctona aquileiese ma di rimando.
Per lo meno tre erano infatti gli altri centri romani circonvicini: la medesima Cividale in primo luogo, continuatrice diretta di quel Forum Julii che dette il nome all'intero Friuli, poi a nord Julium Carnicum (l'odierna Zulio) e a occidente Concordia Sagittaria.
Se al friulano è riconosciuto un legame al sostrato carnico, ecco che la divergenza con il gradese, derivato a sua volta dall'aquileiese vero e proprio, appare non solo comprensibile ma addirittura ovvia in quanto pienamente conforme alla norma, considerato che Aquileia, colonia di alleati italici, nacque proprio in funzione di baluardo anticarnico.
Tratto da:
Giuseppe Brancale & Lauro Decarli - Istria, Dialetti e preistoria-
Sapevatelo!
"Graisan" L' Eredità Aquileiese
Iscriviti a:
Post (Atom)