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05 maggio, 2021

una gradese ed un forestiero

  • Quando una gradese sposa un forestiero si rispetta un' usanza che prevede lo sbarramento dell' accesso all'imbarcazione costituito da una ghirlanda d'alloro intrecciato, questa poi viene tagliata e lo sposo paga un simbolico pedaggio ai facchini del porto che trattengono la barca . La donna che si marita ad un cazoner (o pautante) segue il marito e resta con lui, ritorna a Grado in occasione del parto (spesso ci viene da sola e viene ospitata dalla madre) che, però, può avvenire anche in cazon. La gestante va a Grado due mesi prima e resta anche due mesi dopo, natUralmente il comportamento è soggettivo . Il sesso del nascituro viene stabilito dalla forma della pancia, si dice: Pansa spuntia una bela fia altrimenti si tratta sicuramente di un maschio . La gestante deve fare molta attenzione, alle voglie, in cazon capita spesso di avere voglia di mazurin o di dire al marito: - Magnarave un boreto de bizati me stasera! ed il marito deve cercare di provvedere . A Grado si dice: Quel che la vede nase cioè le voglie vengono quando si vede qualcosa che non si può avere, o che poi viene nascosto, e ci si tocca per cui il bambino avrà sicuramente una voglia nel punto toccato . Se la gestante dice per es. : - Oh! Che profumo che l'ha quel salame! è meglio risponderle così: - Ciapa, ciapa una fita de sto salame che ocio no tu vissi de tocarte! La partotiente si affida a S. Anna: S. Ana miracoloza dame la grasia che vado fora presto, dame la grasia de un bon parto  però volla candela acesa o a casa o in chiesa . Subito dopo il parto la puerpera non deve uscire per altri motivi se prima non ha provveduto a recarsi in chiesa, accompagnata da una o due donne, portanto una candela per la benedision del parto atto di purificazione e insieme di ringraziamento . La madre che non è sposata va in chiesa quasi sempre la sera tardi, anche il battesimo avviene di sera . Il battesimo non si fa entro una data precisa, non di rado la famiglia ha scarse possibilità e tanti figli per cui diventa difficile trovare qualcuno che faccia da padrino anche perche questo si sente moralmente obbligato a fare un piccolo dono, in certi casi si paga qualcuno, magari il nonsolo . Il primogenito ha come santuli i compari del matrimonio-


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04 maggio, 2021

menego picolo poeta satirico: il Graisan a Venezia, il ruolo del compenso amico

Quando co me Quando co me 'la baia la manfrina No, no 'la fila e gni 'la zuoga 'i dai; Ze una colomba e ze una canarina Che cu la veghe 'i resta 'namorai! SI' sr' 'la sbola, sI' quela gno stela De le gonele zale, Anzola bela!


d) Mo siela benedeta Mo siela benedeta furbaciona No 'la sa 'mpigiah '1 fogo senza rieh Co 'la va urihse l'aqua 'la minciona Cu che va igiahjla in cavo e j fola i pie. Ma a me, che 'la sa de esseh gno parona, Co vago, 'la me ciama: carne mie!


e) Sì, là a Venessia bela SI: là a Venessia bela benedeta Che Gravo j ha dao in man i patriarchi, Che ze la nostra riva che ne speta E j toca a dahne luogo i oltri barchi; Là SI: co barca nostra o de i marcanti Ndareno pe 'sta Sensa liegri e in tanti Vardah i Remagi e a fah la devozion.


c) manfrina: monferrina; varianti (I. cit.) monfrina - ai dai ... - ... 'i cagia 'namorai - De le gonele biave Zuana bela! d) l siela: sia ella. 4 igiahjla: sollevargliela. 6 dama: chiama. e) 2 i Patriarchi: Giovanni Gradenigo stabilisce nel 1105 la sua dimora a Venezia. Si inizia così il trasferimento della sede metropolitana gradese in quella città, sanzionato definitivamente dal Papa Nicolò V che nel 1451 elevò alla dignità patriarcale l'antica sede di Olivola o Castello, riducendo Grado a semplice pieve soggetta al nuovo patriarcato: S. Lorenzo Giustiniani, vescovo di Castello fu il primo patriarca di Venezia .


J La nostra riva: San Silvestro; il patriarca di Grado Enrico Dandolo fa qui erigere (1156) il palazzo dei patriarchi gradesi . 4 e j toca .. : e le altre barche devono cederci il posto.  de i marcanti: non esistendo con Venezia collegamenti regolari e organizzati, chi non possedeva una barca propria doveva servirsi di quella di qualche mercante. Per la Sensa V.


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03 maggio, 2021

A FONDO......A FONDO

Si sa, oh se si sa!  che noi Graisani siamo dei tecnici della protesta, cinture nere del dissenso in specie  di piazza, ci riesce bene e  se ne vedono anche i risultati, ma la storia della protesta (devo dire alternata a momenti di apatia incredibile) è cosa antica.

Scartabellando tra le mie vecchie carte ho trovato in una pubblicazione estiva degli anni '30 questa lirica satirica contro i soliti noti del tempo. l'acqua alla fine nel 1947 arriva l' acqua dolce.


Insomma le cose a Grado vanno nello stesso modo da tempo immemore, e chissà se ci va di cambiare:

A fondo, a fondo…


C’è quel che taglia,

quel che t'abbaglia

ma spesso sbaglia...

poi, chi progetta

con molta fretta,

chi dice:  getta!


Giorgino troneggia,

il Pino ondeggia,

Luciano vaneggia;

Chi proibitive

cosette scrive

e così vive...


Il Bullo vende,

ognuno prende,

Tonin difende:

Marino fantastica

(coscienza elastica),

Sandrino mastica;


Camillo prega,

Dario nega,

Maurizio…frega!

e a tutte le ore

con tanto amore

Nardino si fa le suore...


Intanto il popolo

sta come un broccolo

tenendo il moccolo,

è senza pane

e come un cane

sta nelle tane;


Ma nessuno vede,

nessun ci crede,

nessun provvede...

Quando vien l'onda

che alfine affondi

'sta baraonda?...


L' Anonimo vi saluta

DOMENICO MARCHESINI (MENEGO PICOLO)

1930



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02 maggio, 2021

TIMAVO

Sempre più frequentemente sentiamo dire che l’acqua sarà il petrolio del futuro, che il valore dell’acqua supererà tra non molto quello dell’oro nero, che l’acqua potabile sarà un bene raro e che diventerà preziosa merce di scambio.


Al di là delle parole, è ormai certo che è necessario avviare azioni concrete per salvaguardare il patrimonio idrico. Le azioni devono essere fondate su solide conoscenze e la Regione del Veneto ha, in questo ambito, promosso da tempo molteplici iniziative, anche a livello comunitario, i cui risultati si concretizzano in studi di carattere generale e particolare e in una conside- revole mole di dati indispensabili per la pianificazione, sia a livello locale che regionale.


Nel presente volume sono raccolte le informazioni sulle sorgenti in area montana utilizzate per la redazione del Piano di Tutela delle Acque della Regione del Veneto: uno strumento di programmazione che definisce le strategie volte alla protezione e alla corretta gestione delle acque e al mi glioramento della qualità dei corpi idrici, che sole possono rendere possibile bile il conseguimento degli obiettivi, spesso assai ambiziosi, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale.La riserva d’acqua sotterranea del territorio veneto rappresenta un patri- monio prezioso, tra i più importanti a livello comunitario.


Intensamente sfruttate da secoli per scopi potabili ed agricoli, le acque sotterranee hanno assunto sempre maggiore importanza anche nel settore industriale ed hanno avuto un ruolo essenziale nello sviluppo socio-econo- mico della nostra regione. Le sorgenti montane in particolare, importanti spie della circolazione sotterranea, per l’ottima qualità e la disponibilità rappresentano una risorsa strategica per vaste aree del territorio regionale.


L’acqua sotterranea che non aora naturalmente, in parte è sfruttata me- diante la realizzazione di pozzi e gallerie, in parte continua il proprio per- corso ricaricando gli acquiferi di pianura.


Non va dimenticato tuttavia che in molti casi le attività antropiche hanno determinato nelle acque sotterranee notevoli squilibri quantitativi e qua- litativi e che per il futuro è assolutamente necessaria una pianificazione ed una tutela attenta ed accurata.


Negli ultimi decenni molti studi scientifici hanno consentito di approfon- dire l’idrogeologia regionale, soprattutto quella relativa alle aree di pianura, maggiormente abitate ed antropizzate, in la cui risorsa idrica sotterranea è maggiormente sfruttata.


Mancava però, nel contesto regionale, un censimento delle sorgenti mon- tane, pedemontane e collinari, realizzato in maniera omogenea sull’intero territorio.


Con la pubblicazione dell’atlante delle sorgenti montane del Veneto, rea lizzata nell’ambito del progetto SAMPAS, la Regione Veneto  hanno voluto fornire una prima risposta organica a tale esigenza, nell’am- bito di un percorso più generale, che mira ad accrescere le informazioni relative alle acque sotterranee, a supporto di un corretto utilizzo ed una adeguata protezione di questa preziosa risorsa.


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01 maggio, 2021

i nuovi matrimoni

Passando per il municipio sul mezzogiorno ho visto sullo scalone d’ ingresso un possibile sposo e una probabile sposa- riconoscibile da un Mazzolino di fiori di serie matrimoniale - vestito in maniera abbastanza informale seguiti da poca gente che immagino fossero amici-. Tra urletti d’ approvazione e qualche - "pentito non lo fare" - sono entrati nel Palazzo per la cerimonia. Mi è scattato un flash a posteriori! Un tempo Sposarsi era faccenda faticosa e seria, c’ era una Procedura da SEGUIRE e dei muri da Superare. Lo Sposalizio avveniva rigorosamente in chiesa con passeggiata in piazza, i vigili a testimoniare la validità ed autorevolezza dell’ autorità ed i  i Parenti al seguito.

importante era vestirsi:

con 6 magie sensa maneghe 6 busti de lana o coton 6 cotoluni lavorai col gazo coverturi e sfelsade terlisie de i cussini e intimele colse e scarpe6 magie sensa maneghe 6 busyi de lana o coton 6 cotoluni lavorai col gazo coverturi e sfelsade terlisie de i cussini e intimele colse e scarpe       

                                

                                 6magiesensamsneghe

                                6busti de lana de coton

                                 cotolunilavoraicol gazo

                               coperture sfelsade

                               terlisie de i cuscini untimele

                               colse scarpe

e un matinè————


Si può notare il pragmatismo della tradizione popolare mescolato ad arte con la civtteria del monogramma delle mutande ricamate a fiori e ... il mattinè, che fa pensare ad una vita tu‚a in rosa: e invesse...



 dalongo dopo sposae le se vistiva de nero e le se comporteva, comò che le fossa, vedove...


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30 aprile, 2021

la spiaggia ed un bambino

Io non ci vado spesso in spiaggia, ma una passeggiata sulla diga ad osservare i  girobagnanti sulla riva la faccio spesso, mi è capitato di osservare una scena‚ che merita di essere raccontata:


Il bimbo è un angelo al massimo duenne, pautello e tranquillo. Ha il suo secchiello, è seduto in riva al mare e "sbatocia" allegro con la sabbia bagnata, impastandola con le manine senza altro fine che divertirsi. Infatti si diverte un mondo e non dà fastidio a nessuno. Finché non arriva il padre o presunto tale, fino a quel momento impegnato a farsi i cavoli propri e ahimè invece improvvisamente deciso a farsi quelli del piccolo. 

«No, ma non si fa così! Così non riesci a costruire un castello!» dice il genitore competente, che subito comincia a smanacciare con il secchiello del figlio per costruire una torre. Il piccolo lo guarda perplesso, anche perché di costruire una torre non gliene frega assolutamente nulla, essendo tra l’altro in un’età in cui il conce‚o di “torre” e “castello” è di là da venire, e c’è solo una enorme distesa di sabbia in cui aondare le manine e divetirsi. 15 Quindi prima guarda con la faccina triste il padre che capovolge il secchiello, poi, una volta che il padre ha costruito la torre e la fissa sentendosi un archite‚o aermato, si alza, tro‚ola di fianco alla costruzione e con un ben assestato colpo di piedino la bu‚a giù e poi ci si siede sopra, ridendo a più non posso. «No! – sbo‚a il padre – non si fa!» e inizia a sgridarlo neanche avesse distru‚o la casa di famiglia. Il piccolo ovviamente non capisce cosa ha fa‚o di male, e quindi, lui che fino a quel momento era stato tranquillissimo, scoppia in un pianto disperato, urlando come un ma‚o. Il piccolo, intanto, non potendo più giocare con la sabbia bagnata, inizia a giocare con quella asciu‚a, prendendola con i pugneࢰ e ࢢrandola addosso a chiunque passi. Quando qualcuno alla fine si lamenta, la madre inizia un liࢢgio accusando tuࢰ di essere razzisti e intolleranti nei confronti dei bambini. Seguono dieci minuti di insulࢢ incrociti, bofonchiati a voce più o meno alta, un ttti contro tutii in cui ci si rinfacciano presunte colpe che risalgono ai tempi di Adamo ed Eva, e forse un po’ più su. Il piccolo ha smesso di piangere, nel fratt‚empo. Guarda gli adulti.

 Negli occhi gli leggi il terrore di diventare così.


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29 aprile, 2021

AL deto

...Fai in modo che il tuo passato sia parte di ciò che diventerai...

Grado, come in tutte le comunità circoscritte, ha molti modi di dire o detti popolari che sono gocce di saggezza condensate.
Fotografavano situazioni e davano soluzioni per gente che considerava la scrittura e la lettura un lusso de "siuri".

Ricordarli per me è un tuffo nel passato, un ritorno alle origini, con mia nonna che alternando le grida per farmi star fermo declamava, per educarmi, continuamente gemme di saggezza popolare.

Comportamenti, costumi, pensieri facevano parte di un patrimonio comune, consolidato e acquisito in maniera naturale da quella pozza d'esperienze che era l'ambito familiare.









Era naturale trasmettere esperienza con i motti popolari che compendiavano in quattro parole l'esistenza.
Vediamone alcuni:
Insomma nel passato, pur con le sue contraddizioni e difficoltà, si offriva l'occasione per riflettere e affrontare le difficoltà della vita con ricchezza di spirito e per rendere le persone un po più "persone".
Piero "Canaro" Marchesan (nostro menestrello del passato) scriveva in una sua canzone:

I corni vostri malediti che ze l' arma dei vostri veci

No bisogna magnà duto quel che se ha, no bisogna contà duto quel che se sà.

Un bon e un tristo se confà.

Cò la stela ze vissin a la luna o piova o fortuna.

Garbinasso quel che cato, lasso

Megio un magro acordo che una grassa sentensia.

Per un ciacolon: Tasi pesse brontolo

A sto mondo va fato comò feva Venessia:         la zente se lassa tosà no scortegà

Quando vien la festa se lassa ogni secada, e a bordo de la Radeski se fa la ciacolada.

Se no ze barufa no ze gnanche festa.


 

"Ma qui ze ani ormai passai
timpi alegri e spensierai
che mai più ritornarà,
che pecà, che pecà.
Me recordo co gero in sigonda,
la maestra me diseva che la tera ze tonda,
 studiando l'astronomia,
che ze la roba più bela che sia".


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28 aprile, 2021

Angeli senza il Padre

( mi raccomando non è una notizia è semplicemente una fiaba).


laguna e la sua gente.


La storia della gente gradese è fatta‚ da mille episodi raccontata da bocca in bocca, episodi che si arricchiscono e si deformano ad ogni passaggio, assumendo sempre più il colore delle fiabe man mano che il tempo passa.


’Desso se more un fantulin no se se dà pase, ma un tempo i fantulini i gera cussì fissi che no se badeva più de tanto. Ne muriva tanti de anzolì e qui sensa borsà i vigniva soterai fora del simisterio.


Un tempo a un casoner i ze morto un fantulin pena nato. Nissun lo veva batisao e ’l pare nol gera gnanche ’andao a dalo zozo in Comun. Sto omo no savendo comò fa per soteralo, su la mota rota de l’ intemperie no se podeva, l’ ha pensao de metelo in t’un casseto de l’ armeron, drento i ha messo un poche de piere, de sora l’ ha inciodao do tole e l’ ha ’bandonao in mar.


Sto cassetti
n l’ ha scuminsiao ’l so viaso portao de la corente un poco de quà e un poco de là, fin che un zorno in meso Golfo al ze stao visto de un pescaor. "vara là quela cassa - al sà dito- drento sarà un tesoro!" Svelto al s’ha ’costao e tirao su la cassa in batelo. Verta la cassa, al se ha visto i resti del povero fantulin, doboto che i ciapi una sincope. Passao al momento de paura l’ ha scuminssiao a pensà de cu che al podeva esse sto fantulin, finchè al se ha ricordao de la femena de un casoner che la veva de partorì.


Stò pescaor al ze ’ndao sulla mota del casoner e i ha portao al cassetton col fantulin. Ze vostro sto povero fantulin morto?- i ha domandao.Cussì giutao del pescaor i lo ha portao a Gravo, fato ’mbenedì e soterao, per fai catà pase, vissin de i oltri anzuliti fora del simisterio vecio. Finamente al pare dispiasuo l’ poduo dormì in pase.


Questa storia triste ha un fondo di verità e rispecchia le condizioni dicili di vita del tempo cui è narrata, desso i anzuliti no ze bisogno de soterali, no li femo diretamente più nasse.


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27 aprile, 2021

capelonghera

Capelonghera


Sola ‘nte la mugia

a tirà su la sena,

reumi e mal de schiena,

ormai i zè de famegia.


Ma tu no tu bàuchi,

t’ha de inpinì la cova,

perché a casa tova

t’ha i figi a pansa svoda.


La buora la te tagia,

lama ‘ntel butìro,

‘nti ossi la và in ziro,

comò broza giassagia;


e la te resta drento,

co’ i ani senpre pezo…

quel fior ‘l deventa grevo,

gobo ‘l và ‘vanti lento.


Tu varavi dào la vita

pe’ sassià le creature,

sfidando ole e zornade dure,

vogando tu ‘ndivi sita,


ma in cavo un pinsier costante:

<< figi mie ‘nde a scuola senpre,

studiè e slarghè la vostra mente

pe’ no fa ‘na vita cussì pesante>>.


Teti


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26 aprile, 2021

AL PERDON

Impossibile caricare " melangè.jpg".

Al Perdon


"La comunità isolana soddisfa così il voto che dal lontano 1237 la tiene legata ad un debito di riconoscenza alla Madonna di Barbana per una grazia ricevuta a beneficio di tutta la popolazione."


Quanto rimane di religioso, di passione, di rispetto della tradizione di un voto che non sembra più condiviso dalla gente, ma è sempre più partecipato da istituzioni che cercano il primo piano trascurando l'aspetto popolare e intimo di una promessa eterna di partecipazione?


Con quest'anno fanno 884 anni che la gente di Grado va dalla sua madonnina


Sussurri delle cube. Ho fatto quello che ho potuto fare, il ringraziamento è perpetuo.


per rinnovare un voto, che significa ringraziamento perpetuo per una grazia ricevuta, la comunità si mobilita con grande fervore per ringraziare. Questo è quanto.

io son solo io, un picolo gradese con mille problemi e con un grave problema per la mia salute, con il perdon,  mi associo alle tantissime levate degli angeli che hanno ptovveduto a me stesso e a quegli angeli che hanno ptrovveduto a salvarmi da un possibile e vicino post morten, che significa ringraziamento perpetuo per una grazia ricevuta, la comunità si mobilita con mio grande fervore per ringraziare. Questo è quanto.

grazie Madonnina, se sono ancora qua lo devo ad Ennio ed al mio volerci bene con gratitudine.



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25 aprile, 2021

i bivalvi cuore sperduto

Cuore Sperduto




l'autore del bivalve si compone su due piani distinti; uno è descrittivo e l'altro operativo:

utilizzando per il gradese il lato descrittivo. questo è il punto di forza delle capesante.


..quando ti si gonfia il cuore, e lo lasci andare.. voli con lui.. la sensazione è quella di affidarlo al vento..


come un palloncino sfuggito dalle mani di una bambina.. e comincia a volare.. e salire.. in alto.. lontano da tutto, e tutti.. da logica e ragione.. corre lontano e non ha meta.. sospinto dall'aria.. e osserva.. e sente.. e batte.


Ma i palloncini, hanno vita breve.. tra un poco scoppierà.. ci sarà solo un nastrino colorato che perderà quota.. e si depositerà da qualche parte nascosta o meno alla gente.. Sono stanco, ma forse non è la sensazione giusta... io, non riesco a dare una forma al mio animo.. deluso, non realizzato, sperduto,.. la prossima volta dovrò seminare briciole o sassi dietro di me..


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24 aprile, 2021

mali contro i tanti malanni

Rimedi contro i malanni

 

Raffreddore.

Si prende una mela cotta, la si pela e la si taglia a pezzettini mescolati con un po’ di olio di mandorle.

Bambini col “late ingropà”.

I bambini hanno male di pancia. Gli si da un infuso fatto da tre dita di acqua e tre foglie di “lavrano (lauro). A piccole dosi ogni quarto d’ora a cucchiaini.

Vermi.

Tre dita di latte e un po’ d’aglio. Lasciate bollire e dare l’infuso ai bambini a digiuno. Altro metodo: latte di capra e tre chiodi bollenti dentro il bicchiere. Altro metodo: si prende un verme del bambino, lo si fa seccare su un qualcosa vicino al fuoco, lo si riduce in polvere e lo si da al bambino a digiuno. Se il bambino “ga i vermi, questo li para fora tuti quanti”. Altro metodo: cucinare assieme olio e aglio e ungere il preparato sull’ombelico del bimbo, alle tempie, sotto il naso e sulla gola. Altro metodo: 10 vermi di terra, aglio e olio; il tutto cucinato e unto attorno ai polsi, sotto le ascelle, sotto la gola e sotto le piante dei piedi.

Pazzia.

Bagni di ghiaccio sulla testa e una sanguisuga o due messa sulle dita dei piedi e appena sotto il polpaccio.

Per i bambini che non vogliono saperne di prendere il sonno.

Il germoglio di un papavero senza semi, acqua e zucchero.

Mal del simioto.

Il “mal del simioto” è quando un bambino mangia e non si ingrassa mai (cò se ghe conta e contesine). Con l’olio di mandorle si massaggia il bambino dalla pancia verso la schiena e da dietro la schiena dall’alto al basso. Massaggiare l’osso sacro tentando di spingerglielo dentro. Questo per 8 mattine di seguito. Le donne che guariscono i bambini da questo male dicono che il “simioto” (gorilla o grande scimmia) si appoggia all’osso sacro e, dicendo parole tipo “psz, psz”.

Tosse pagana.

La bava dei cavalli è un ottima medicina. La si raccoglie dopo che i cavalli hanno bevuto in un secchio e se ne prende un bicchiere alla mattina e due dita alla sera e ogni 3 giorni si sospende. Si beve un po’ d’olio di lino così che la tosse “ se indebolisse”. A molti invece della bava del cavallo gli si da da mangiare nella scodella dove aveva mangiato il cane e da bere dove aveva bevuto il cane. E se il cane è nero, si dice, è meglio. In sostituzione a tutto questo si npuò bere dell’acqua con un infuso di bastoncini di ciliege.

Verme solitario.

“Per sto vermo no ghe se quanto el scorso de la raise del pomo ingranà selvadego” (la soluzione sta nella radice del melograno). Bollire quindi la scorza della radice e berne l’acqua alla mattina a digiuno finché il “vermo no se consuma in corpo”.

Malavoglia.

Quando i bambini non sanno mai cosa vogliono e poco appetito gli si da masticare un graspo d’uva senza uva la mattina a digiuno.

Mal del molton.

Il “mal del molton” è un gonfiore al collo che non da dolore ma porta febbre. Si prende una pezza con del bianco d’uovo sbattuto e la si lega sul collo fino a quando “el colo se sfanta”.

Paura.

Se i bambini prendono paura gli si da un po’ di acqua e vino e il giorno dopo un purgante. Se i bambini sono più grandi allora si possono dare fino a 3 bicchieri di vino, si portano a letto e si osserva che sudano.ì

Porri.

Per farli andare via si usa del sangue di maiale appena ucciso o latte di fico crudo messo sopra il porro.

Rusioi.

I rusioi sono dei brufoletti agli occhi che fanno molto fastidio. Rimedio: mettere l’occhio nella boccetta piena d’olio per 3 mattine a digiuno, quando si guarda dentro si sputa per terra e si batte il piede per 3 volte.

Peoci e gendene.

Rosso di uovo sodo e strutto, si mescola bene bene e lo si spalma sulla testa. Si copre la testa con un fazzoletto e si va a letto. Alla mattina vi ritroverete tutti i pidocchi e altre bestioline tutti morti tra i capelli. In alternativa si può usare aceto e tabacco con un infuso di fiori.

Rogna.

“Gratando se va in gloria”. Infatti la rogna Fa bene al sangue (purga el sangue) e bisogna tenersela per un po’. Oleandro macerato nell’aceto per ottenere una pozione che vi farà passare la rogna.

Tegna.

E’ uno sfogo del sangue. Per sconfiggerla: ungere la testa di olio da cucina e asciugarla con un po’ di farina di fava. Altrimenti: scorze di melograno messe nel vino per 24 ore e lasciato a bollire. Tutto va messo, una volta raffreddato, nei capelli.

Mal di gola.

Masticare un po’ di foglie di carciofo selvatico succhiandone il succo.

Solana (scottature).

Acqua e aceto in testa e bere tanto caffè.

Per fortificare i nervi.

Una volta ucciso un bue gli si taglia all’altezza del ginocchio con un coltello affilato e gli si prende quella roba bianca che se ne esce. Con questa bava bianca ci si strofina il corpo. Ne uscirete tutti fortificati.

Morsicatura di cane rabbioso. Lavare la parte interessata con acqua e aceto. Prendere un po' di pelo del cane rabbioso che ci ha morsicato e lo si lascia appoggiato (e legato) nella parte dolorante.

Puntura d'ape. Si prende una chiave "maschia" e la si spinge nella carne dove c'é la puntura in modo da disegnare quasi una croce. Altrimenti: acqua e sale o acqua e aceto.

Morsicatura di scorpione. Pezza bagnata e olio di fico. Prendere un po' di scorpioni, metterli in un vaso pieno d'olio ancora vivi, chiudere il coperchio. Loro divengono "rabiosi" che, morendo, rilasciano il veleno. Quest'olio è il rimedio per qualsiasi taglio o morsicatura. Più l'olio invecchia più è buono.

Punture di ago o di forchetta sotto le unghie. Battere forte le unghie e provocare la fuoriuscita di "sangue cativo". Mettere sul male un po' di cerume prelevato dalle proprie orecchie.

Tagli fatti con chiodi arrugginiti o vetro. Sempre col cerume.

Come levare le schegge dalla carne. Resina di albero messa "sol mal".

Scottature. Se ci si scotta un dito lo si strofina sui capelli e basta. Se il fatto è più grave del previsto si appoggiano delle foglie di verza o cavoli sul dito. Se invece si forma la bolla ci si mette un unguento fatto con olio e acqua. In alternativa: olio, acqua, lardo "maschio" e lo si sbatte ben bene. Per le scottature più gravi: si raccoglie lo sporco che c'é attorno il condotto di una latrina e lo si appoggia sulla scottatura. Si infascia la parte malata e la mattina dopo tutto è passato.

Ematomi.

Se la botta si trova sulla testa ci vuole acqua, aceto e sale da spugnare nella zona interessata. Se si nota del sangue allora si può aggiungere un’alga di barena. “Se la bota fa saca” si usa imprimere una vera da matrimonio a mo’ di croce per tre volte.

Tagli.

Sempre cerume, o, in alternativa, olio di scorpione (olio dove sono stati deposti scorpioni vivi) e un po’ di ragnatele.

Starnuto.

Mai guardare uno che starnuta, potrebbe farlo smettere. Quando uno starnuta, “chel giorno nol mor”.

Sbadiglio.

Lo sbadiglio dipende dal sonno o dalla fame. Quando si sbadiglia bisogna aprire il meno possibile la bocca altrimenti c’è il rischio che ci restate colà bloccati con la mandibola. Uso vecchio: farsi il segno della croce una sul naso, una sulla bocca e una sullo sterno. Uso nuovo: una sola bocca e basta.

Singhiozzo.

Sette sorsi d’acqua senza interrompersi e mettersi subito dopo un limone vicino alla bocca. Il singhiozzo “straeassa” anche quando uno vi fa arrabbiare. Se uno è in pericolo di morte e ha il singhiozzo gli manca tre giorni per morire.

Bile.

Se uno ha un attacco di bile nulla di meglio è un bicchiere di acqua e limone. Se a uno non piace il limone gli si da a bere un paio di bicchieri di vino.

Mal di fegato.

Acqua bollente e salvia la mattina a digiuno.

Per “purgare il sangue”.

Bisogna fare la pipì molto spesso. “Chi vol star san, pissa spesso come un can”. Acqua di asparagi addolcita con del miele. Acqua di radicchio. Ortiche bollite da mangiare come un’insalata. Anche l’acqua di mare fa bene: da mezzo bicchiere fino a due al giorno.

Naso occluso dal raffreddore.

Un po’ di zucchero sulla stufa e aspirarne in fumo.

Sangue da naso.

Si prende un paio di pagliuzze e le si appoggia sulla testa di chi ha sangue da naso senza che se ne accorga. Se non passa si mettono degli asciugamani bagnati in testa. Se il sangue da naso continua si butta dell’acqua fresca sulla nuca in modo che scorra sulla schiena. Se proprio non passa si mette ad essiccare il proprio sangue nel fuoco e lo si da da tabaccare.

Febbre.

Sette grani di pepe da mandar giù a digiuno una mattina, nove la seconda e unici la terza. In alternativa: sei o sette spicchi d’aglio alla mattina sempre a digiuno. In alternativa: 5 spicchi d’aglio pestati assieme con della cenere e messa attorno al dito anulare della mano sinistra per un giorno o due. In alternativa: legare sul corpo dell’ammalato una rana viva messa su un sacchettino. La rana assorbirà il male e morirà stecchita. Per la febbre fa bene bere anche un po’ di urina (la propria se uno no fa piacere bere quella dell’amico).

Strappo alla schiena.

Cenere ben calda messa su un fazzoletto sporco. In alternativa: olio caldo con cenere. In alternativa: stoppa e catrame (quello degli squeraroli) e messa sul male. Il dolore si acuisce il primo giorno ma il secondo scompare.

Dolori articolari.

Scaldare del fango e metterlo nel male. In alternativa: cacca di mucca bella calda. Può essere utile fare dei massaggi con olio.

Dolori interni alle ginocchia.

Bagni caldi con aceto e rosmarino. Molti invece preferiscono la bava bianca di mucca appena ammazzata, quella che viene fuori quando si taglia il ginocchio della mucca.

Calli.

Le foglie del carciofo selvatico messe sopra il callo. In alternativa una fettina di limone può mellificare il callo che poi verrà asportato con l’unghia.

Sudore ai piedi.

Un foglio di giornale con della semola di farina bianca messo sotto la pianta dei piedi far andar via il sudore. Ma fermare il sudore non fa bene.

Emorroidi.

L’acqua di mare riscaldata e messa a evaporare sotto il sedere mollifica le emorroidi. Le rende molli pure la poltiglia di carciofo selvatico. Molti usano mettersi in tasca un paio di marroni. Ma le emorroidi sono anche uno “sfogo de sangue” che fa sempre bene. Chi ha le emorroidi interne con fuoriuscite di sangue può cercare di mangiare due o tre cipolle bianche cucinate sotto la cenere per 20 giorni. In alternativa: acqua di cipolle ogni mattina a digiuno.

Male alla vescica urinaria.

Cipolle crude o cotte nella cenere e condite con olio ma senza aceto.

Mal di denti.

Si può usare di tutto: cenere, aceto, sale, scolo di pipa…ma per il mal di denti ci vuole “succo di tenaglia”. Il proverbio dice: i cali tagliarli, i denti cavarli.

Debolezza di vista.

Tamponarsi gli occhi ogni mattina con un decotto fatto di vino bianco e scorza di tronchi di cavolo. In alternativa tamponarsi gli occhi con urina ancora calda. Chi si sente gli occhi stanchi può tenere la testa sotto il vapore del caffè.

Calvizie.

Per fortificare la pianta dei capelli si prende dell’olio bollito assieme a radici di radicchio. Una volta raffreddato il tutto fa frizionato in testa. Midollo di manzo e vino rosso: con questa pastella ottenuta si massaggia il cuoio capelluto. In più i pidocchi spariranno.


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23 aprile, 2021

NUOVI DENTI DI CANE

Nuove frontiere nella cura e sostituzione dei denti.


Uno studio dell' Università di Pechino propone come alternativa alle protesi in ceramica i   famosi "Denti di Cane" ­ Chthamalus stellatus ­ Categoria: Cirripedi e Balani.


I denti di cane sono crostacei dall'endoscheletro modificato, a forma di un tronco di cono, costituito da sei piastre calcaree che in età adulta equivalgono, in durezza, la ceramica.


Vista l'abbondanza del prodotto in Golfo di Trieste (vedi foto) si aprono nuove prospettive commerciali per i   DENTISTI.


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