Cerca nel blog
17 febbraio, 2010
Sergio Endrigo - Un disco sulla poesia dialettale
Luciano Cicogna mi segnala questo testo di Sergio Endrigo e del suo disco basato sulla poesia di Biagio Marin, purtroppo la cosa non ebbe seguito e sarebbe bello poter avere accesso ai testi e alle canzoni contenute nel disco, se qualcuno sa qualcosa batta un colpo!
---------------------
"Subito dopo la guerra, ho passato un’intera estate a Grado. Avevo quattordici anni. C’ero già stato prima ma ricordavo poche cose. Il viaggio in corriera (non si chiamava ancora pullman), la lunga strada con la laguna attorno e Grado che si avvicinava come un’isola e isola è sempre stata; le farfalle notturne palpitanti sui vetri della terrazza, mia nonna viennese di cui avevo un sacro terrore, mio zio Aldo Smareglia, i miei cugini più grandi. E, prima di addormentarmi, il fascio di luce di un faro intermittente sulle persiane, il motore di un peschereccio e la risacca sulla diga.
Ora invece avevo tutto da scoprire, la grande libreria di mio zio, la cuginetta del piano di sotto e soprattutto una libertà che credo oggi nessun ragazzo può conoscere.
Una libertà fatta di aria, acqua, luce, senza rumori, pericoli di traffico ed altro. Ero diventato amico dei pompieri che avevano l’autorimessa a pochi metri dalla casa di mio zio e a volte mi portavano in giro sul loro camion rosso luccicante di ottoni. Ricordo sempre l’odore di nafta e acqua che mi portavo addosso al ritorno.
La mattina, dopo aver fatto la spesa alla nonna ed esser stato sgridato e rimproverato perché avevo sempre dimenticato o sbagliato qualcosa, scappavo in giardino, scalavo un muretto ed ero sulla diga, sulla spiaggia libera piena di conchiglie e in fondo alla diga andavo a pescare i “guati” con le “naridole” e i “peoci”.
Ho ricordato tutto questo solo perché Biagio Marin viveva e vive anche oggi nella stessa casa dove abitava mio zio. E’ una grande casa divisa in due da una rete, oggi forse un muretto, che separa i due giardini. Chissà quante volte avrò visto un distinto signore passeggiare tra le zigne, le dalie, i mazzetti multicolori di verbena e le “vanesse” di radicchio e prezzemolo.
O camminare curvo sull’arenile alla ricerca delle sue amate conchiglie, ali di rondine, capesante, ostriche levigate da sembrare vetro.
E oggi ritrovare nei suoi versi quella atmosfera, quel colore, quella malinconia delle sere gradesi quando tutto si placa il mare, il cielo e la gente, per me è una gioia tanto grande da farmi male.
Già il dialetto gradese sta morendo sostituito dalla lingua “ufficiale”, e la laguna con i suoi banchi, le sua valli, i casoni, comincia a conoscere l’inquinamento industriale e forse tra poco la speculazione edilizia.
facemmo un disco con Biagio Marin, grande poeta di Grado.
Nell’altra metà della villa abitava Biagio Marin… Dopo aver fatto questo disco, mi accorsi che non riuscivo nemmeno a pagarmi le spese di viaggio, nonostante sullo statuto della Fonit Cetra (allora IRI) c’erano forti incentivi alla cultura…
Se ci ripenso oggi, mi dispiace molto, ma allora andò così: lasciai perdere. I dischi li ho conservati e oltre alle belle poesie recitate dagli autori, sono interessanti i loro punti di vista su tanti argomenti. Peccato sia finita così…
Cosa resterà della vecchia Grado se non l’Anzolo del Duomo e i versi di Biagio Marin?
[Sergio Endrigo]"
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
4 commenti:
Una bellissima lettera, con degli accenni veramente profetici su Grado.
Sergio Endrigo, un grande poeta prima che un grande cantante/autore.
...bisognerebbe chiedere agli eredi di Aldo Smareglia...
Concordo con Alien,
veramente delle bellissime parole, che ci riportano indietro negli anni alla nostra infanzia/gioventù!
Proprio un piacere del cuore e dell'anima leggere questi ricordi!
Profetico, e questo senza avere la bolla di cristallo.
thor.
Posta un commento