Il 12 e 13 giugno prossimi saremo chiamati a votare attraverso i referendum contro il nucleare, contro la privatizzazione dell’acqua e contro il legittimo impedimento .
Ma ai media, poco interessa evidentemente, considerato che non ne parlano e non ne scrivono.
In compenso sappiamo vita e miracoli di B. Un dato su tutti: il 70% degli italiani non sa che ci sono i referendum.
E' questo l'appello che gira sia sui social network che nel remailing, ed è pensabile che sia cosa buona e giusta.
Però la mia impressione è che per molti basti ripubblicare l’appello su Facebook o simili per illudersi di aver fatto qualcosa di realmente utile alla causa.
Ci giriamo l’appello a vicenda, tra gente già informata.
Ma così siamo come i kamikaze e per di più pigri, cioè persone che, di fronte al male, producono reazioni più per scrupolo di coscienza - “con un click ho fatto la mia parte: sono a posto” - che per reale volontà e speranza di cambiare.
Va a finire che la socialsfera nostrana, che pure trabocca di fini analisti dei media, crolla su un semplice dato di fatto, cioè che se anche la maggioranza degli utenti di Facebook andasse a votare ai referendum di giugno, il raggiungimento del quorum sarebbe lontano.
Forse è il caso di capirlo e di capire che:
“fare cose in Rete” in questo paese significa ancora fare cose numericamente marginali, soprattutto a livello politico, c' è bisogno di agire di conseguenza, sporcarsi le mani con quel pezzo di vita fuori dalla rete che tanto ci blocca, e allora convincere e informare i propri cari e amici reali non virtuali diventa una necessità, perchè il problema è reale non virtuale.
Oppure non fare niente, chiudersi nel proprio bozzolo o schermo che si voglia, essere tutto computer e distintivo e non sperarci.
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