Parlavo l' altro giorno con Mauro Marchesan del fatto che qualche tempo fa i Circoli Culturali di Grado erano più d' uno - come sempre a Grado - e proponevano quasi annualmente una raccolta di scritti in dialetto sotto forma di pubblicazione.
Raccolte che godevano di vita breve ma lasciavano un segno.
Ho giusto sulla scrivania un libretto con titolo:
"Versi Gradesi" pubblicato nel 1967 dal Circolo Pittori Gradesi.
Tutto questo non succede più se non rarissimamente e con iniziative private.
Questo porta ad un impoverimento della difesa della parlata dialettale.
Tutto ciò mi porta a riflettere sui perchè tento di comunicare ma soprattutto ricordare sul Web e senza voler imporre a nessuno il mio punto di vista.
Secondo me in ogni comunità la cultura ha vari strati:
Lo strato professionale, che tende ad elevarsi e a perseguire forme d’arte generalizzate, che più o meno raggiunge, ma tocca, in generale, solo quel ristretto gruppo di persone che si ritengono destinatarie dei messaggi che la cultura, nelle sue più svariate forme d’arte, manda;
Lo strato popolare, che tende ad esprimersi spontaneamente per inclinazione naturale, non necessita di basi culturali di chissà quale dimensione ne ambisce a niente più che ad una forma diversa di comunicazione, più agile sfrondata di ogni orpello.
Perché il destinatario dei suoi messaggi è la gente comune.
Si può dire così che cultura con la C maiuscola è un lavoro che necessita, oltre che del talento, di solide basi professionali per esercitarlo, di grandi rifiniture prima di proporre il lavoro finito al giudizio di pochi eletti, mentre la cultura popolare è gioia, non importa se il prodotto esce grezzo purché il prodotto esista.
C’è però una considerazione da fare: se per il prodotto culturale professionale esistono supporti, libri, quadri, dischi e quant’altro l’uomo si sia inventato per registrare la sua memoria, per il prodotto popolare non c’è altro che il passa parola, la memoria comune che per quanto lunga sia prima o dopo si esaurisce.
Il mio fine dunque in questo piccolo pertugio del web è di usare il supporto informatico come memoria per ricordare Grado: nelle persone, negli atti, nella parlata, qualche volta tentare di stimolare la necessità di fare tutto ciò.
Per ricordare quanti abbiano lasciato traccia di sé in qualsiasi modo, per fare sì che non vengano "desmentegai".
Ovviamente la memoria è la mia, ogni interpretazione è libera, perchè punti di vista diversi io li accetto serenamente, anzi sono necessari per colmare eventuali vuoti.
Perchè vedere le macerie di una lingua, di una cultura, mi strizza il cuore.
Ogni parola che si estingue è una casa che cede, si piega e affonda nella sabbia.
Queste parole che si estinguono erano abitate, esseri umani le riempivano di vita, di storie.
Rivedere il tuo paese, la tua gente con gli occhi del ricordo può farti immaginare com'era la casa, immaginare i passi, i bimbi che correvano, le voci che passavano di stanza in stanza... e si torna a vivere.
Si ricomincia a Vivere!
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