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29 novembre, 2017

Lettura de "L' Aviso"


"Cussì al Comandaor al son de la tromba al monteva su la piera del bando rente al stendardo del Comun e lezeva l' Aviso".

Piano piano la tradizione veneta dell' "Aviso Publico" letto da un alto funzionario,  venuta dai Patriarchi, Dogi e Conti, venne sostituita da un messo comunale che magari con meno dignità ma con sicuri minori costi leggeva "L' Aviso" passando da Calle in Calle e fermandosi sulle Piazze rullando su un tamburello che sostituiva la tromba per richiamare l' attenzione dei cittadini gradesi.

E' proseguita sino agli anni '30 la tradizione del banditore che annunciava gli Avvisi Pubblici.

L'ultimo di questi banditori fu  Zef del Tamburo - Giuseppe Bepo Gereon de Belveder -, che girando per le calli con un tamburello e un codazzo di bambini urlava (letteralmente) gli annunci deComandaor , come nuove disposizioni, modifiche ai Regolamenti Comunali o semplici richieste pubbliche.

"Vi averto!...
E' stato perduto un bracioleto de oro
in vial!
Cu che lo ha catao, che lo porti
in Corpo de Guardia
che i sarà dao la mancia!..."

Pare di vederlo, piccolo, con un berretto sformato con il frontino e occhiali scuri a ripararsi dal sole, ogni tanto si arrabbiava con i bambini che lo prendevano in giro, ma sapeva che non avrebbero smesso ma solo allontanati un poco. 

Nella foto Zef circondato da bambini graisani e contornato da turisti divertiti. 

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27 novembre, 2017

L' Anzoleto a torsio




 Grado e la sua gente.
La storia della gente gradese  è fatta di mille episodi raccontati da bocca in bocca, episodi che si arricchiscono e si deformano ad ogni passaggio, assumendo sempre più il colore delle fiabe man mano che il tempo passa.

Questa che vi segnalo è una storia che potrebbe essere vera, giudicate voi:


'Desso se more un fantulin no se se dà pase, ma un tempo i fantulini i gera cussì fissi che no se badeva più de tanto.
Ne muriva tanti de anzoliti e qui sensa batisà i vigniva soterai fora del simisterio.

Un tempo a un casoner i ze morto un fantulin pena nato.
Nissun lo veva batisao e 'l pare nol gera gnanche 'ndao a dalo zo in Comun.
Sto omo no savendo comò fa per soteralo, su la mota mastigagia de l' intemperie no se podeva, l' ha pensao de metelo in t'un cassetin de l' armeron, drento i ha messo un poche de piere, de sora l' ha inciodao do tole e l' ha 'bandonao in mar.

Sto cassetin l' ha scuminsiao 'l so viaso portao de la corente un poco de quà e un poco de là, fin che un zorno in meso Golfo al ze stao visto de un pescaor.
"vara là quela cassa - al sà dito- drento sarà un tesoro!"
Svelto al s'ha 'costao e tirao su la cassa in batelo.
Verta la cassa, al se ha visto i resti del povero fantulin, doboto che i ciapi una sincope.
Passao al momento de paura l' ha scuminssiao  a pensà de cu che al podeva esse sto fantulin, finchè al se ha ricordao de la femena de un casoner che la veva de partorì.

Stò pescaor al ze 'ndao sulla mota del casoner e i ha portao al cassetin col fantulin.
Ze vostro sto povero fantulin morto?- i ha domandao.

Al casoner co lo ha visto al ze scopiao a pianze:
"no catevo più pase de quando che lo he 'bandonao ma...che vevo de fà? Fin a Gravo no podevo 'ndà, vissin cason no se pol soterà e me he pensao de bandonalo in mar.
Ma de quela volta no he catao più pase, no rivevo a durmì perchè che fossa giorno o fossa note, sintivo che 'l pianzeva!".

Cussì giutao del pescaor i lo ha portao a Gravo, fato 'mbenedì e soterao, per fai catà pase, vissin de i oltri anzuliti  fora del simisterio vecio.
Finamente al pare dispiasuo l' poduo dormì in pase.

Questa storia triste ha un fondo di verità e rispecchia le condizioni difficili di vita del tempo cui è narrata, desso i anzuliti no ze bisogno de soterali, no li femo diretamente più nasse.
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25 novembre, 2017

La vita in un viso


La mia passione per la fotografia, mi ha sempre portato ad osservare con attenzione l' ambiente che mi circonda, in particolare osservare la gente che ci vive nel mio ambiente.

Un viso, in specie se segnato marcatamente, si porta dietro le asprezze i sogni i desideri di una vita intera.

Nell' ambito marittimo poi, dove la vita è più dura, i segni dei volti sono più marcati e diventano come una mappa, basta saper leggerla.

Questa  fotografia,  trattata e in parte rifatta e non riferibile a nessuno in particolare, mi ha portato alla riflessione successiva in poesia.


Quel viso

Quel viso al pareva più longo,
tirao de rughe drite,
scavae comò cicatrici,
tagiae da notolade continue,
un viso co la barba longa
lavorao dal tempo.

Drio, la so vita, ma quala vita?
sospesa in memorie macae,
lo veva pestao, fato rabià,
sconvolto nel profondo,
tu lesivi sora i tagi 'pena guarii
che gera facile riverse.

Pò, al se scanseva de la luse,
se coverseva i oci col brasso
la luse i feva mal,
che la fossa de lampadina o de luna piena,
lo dispugeva, lo sgrafeva soto la pele;
i pareva de fa veghe la so vergogna 
e le so lagreme secae.

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23 novembre, 2017

Castrum e Porte



Grado un tempo era un Castrum chiuso e aveva sei porte . 

E’ un bell’ esercizio ricordare la disposizione urbana di un tempo del nostro Paesello con le sue Porte, la Casa co' Leon, in Piazza Duca d'Aosta, un tempo adibita a Municipio, dove si apriva la Porta Granda, le cui tracce sono tuttora visibili nel muro esterno verso la Calle Lunga. 

Oltre alla nominata Porta Granda c'erano la Porta Picola demolita nel 1875 (Campo dei Patriarchi), Porta Nova (verso Piazza XXVI Maggio) - entrambe rimaste nella toponomastica locale,  Porta Vecia (probabilmente nei pressi dell'Ospizio Marino) e le pusterle (questo ha bisogno di spiegazione: sono le porte secondarie)Stiusa (verso la laguna con gli orti a nord est) e Capelana ( permetteva di uscire  “sul Borgo de Fora” verso Piazza Vittoria o B.Marin)

Pur essendo piccolissimo, il paese aveva i suoi 'rioni' e ogni rione il suo partito, naturalmente nemico acerrimo di ogni altro. 

Cavo-de-Palasso: odierna Calle del Palazzo ricorda il sito dove sorgeva il palazzo del Conte di Grado, fatto costruire da Orseolo Il (1009-1026), .
È il lato sud della mura, mentre Cavo de Muro (Cul de Muro) era la parte verso nord. 
Di fronte al palazzo, fabbricato sulla muraglia, si estendeva la 'Corte di Palazzo', registrata con la qualifica 'prato', un vasto spazio che allora arrivava fino alla basilica di S. Eufemia.
Il Borgo-de-fora era la zona al di fuori della cinta del 'castrum' (San Rocco-Via Gradenigo.
Poi Piassa, Savial, Babau, Stronzulin, America, Pulindron, Casata, Ortolani.

Menego Picolo (Domenico Marchesini) ricorda così le battaglie dei bambini per il controllo del territorio delle Contrade

 Gara de Contrà 

Qui de in Cavo-de-Palasso 
E de in Corte, duti fora 
Li 'ntendeno suli e co un brasso 
Anche qui! in Borgo-de-Fora! 
Phu! de Piassa e Cul-de-Muro 
Ve sfideno sie per tre. 
Ocio eee! ... che caté ‘l duro 
Se sto gatolo passé! 

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21 novembre, 2017

Dialetto scritto


Premetto a scanso di equivoci che quelle che seguono sono mie convinzioni e non verità assolute.

Non esiste una regola precisa per scrivere correttamente in "Graisan".


Per ME è sempre stato, non difficile, impossibile farlo, perchè il nostro dialetto oltre al solito legittimo adattamento ai tempi che cambiano, all' influsso più o meno violento della lingua o dei dialetti limitrofi ha sempre subito l' influenza caratteriale tipica gradese del "ME"
La teoria del "Me" vuole che non ci sia altro ME all' infuori di ME, pertanto i modi di scrivere il dialetto sono sempre stati abbastanza diversi a seconda di chi fosse l' autore.

Non sono esenti i padri nobili dello scrivere graisan, i precursori della cultura gradese: i Biagio Marin, Sebastiano Scaramuzza o Menego Picolo Marchesini che da bravi graisani proponevano ognuno la propria formula vincente.

Una delle cose più controverse delle scrivere correttamente in Graisan è l' uso del ZE o Xe .

Io propendo dalla parte dell' uso del ZE ma generalmente più o meno tutti utililizzano il XE mariniano

Ma Biagio Marin degli esordi, meno culturato e più popolano, usava anche lui il ze e a dimostrazione di ciò, propongo una sua chicca poetica, poco conosciuta, quando ancora si firmava Marino Marin, è del 1913 non inserita in Fiuri de Tapo.

Lo strano di questa lirica è che lo stile si rifà in parte a Domenico Marchesini (Menego Picolo) e in parte a Sebastiano Scaramuzza, di cui sposa per una volta (credo unica) l'uso della Z e non della X, insomma non scrive xe ma ze!

Grande ringraziamento a Bruno Scaramuzza ed al suo sterminato archivio  su Grado, che mi consente di trovare documenti altrimenti introvabili.





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19 novembre, 2017

Osteria, La de Tanori


La vita di un tempo a Grado era molto semplice e i suoi ritmi scanditi dal lavoro duro, che fosse in mare per gli uomini o in casa per le donne.
La domenica, dopo messa, la riga di demarcazione tra mondo maschile e mondo femminile sprofondava.
Gli uomini in Osteria e le donne a giocare la tombola, due mondi che non si toccavano, in mezzo i bambini, unici a poter entrare ed uscire dai due mondi.

Questa scenetta descritta magistralmente da Massi "Tachelo" Cicogna, riporta indietro nel tempo:



In ostaria
Quela volta l’ Ostaria de Tanori la gera in Savial là che adesso ze un picolo bar.
Me de picolo vevo una bela vose e la domenega, co ’ndevo a veghe de gno pare, duti i omini che i gera drento i me feva cantà sta canson,  cussì me ciapevo gargossa.

quando gno pare pesteva gno mare
scani e carieghe solteva per aria
e me credevo che fossa alegria e
in compania soltevo anche me

Dopo i me mandeva a veghe là de le femene che le zugheva a tombola, per fale rabià.
Ogni volta l’ amia Arminia co la me vegheva la me sigheva:
“va a remengo, viso de ladro”.
Ma co i passeva la gera la prima a ciamame e la me mandeva sempre a zugai al loto.
Una volta la situassion la se veva invertio, l’ amia Arminia la me ciama:
“ sinti, quii schifusi omenati ‘nbriaguni i te manda sempre qua a tone la vita e magari i te da anche gargossa, ze vero?”
me i rispondo:
“si, amia Arminia, tante volte m’he ngrumao cinque lire cussì i le porto a gno mare”.
Ela la me fa:  
“Adesso tu dovavaravi fame un piasser e dopo de dago do lire e un toco de pan:
Va la Tanori e tu sighi:
“porchi de ‘nbriaguni, co ‘ndè a casa ve le ciapè de le femene”.

Me son ‘ndao  e he fato cussì comò che gero comandao, ma ili, i omini, invesse de sigame, i me ciapa in brasso, i me issa sora una tola e i me fa cantà:

  quando gno pare pesteva gno mare
scani e carieghe solteva per aria
e me credevo che fossa alegria e
in compania soltevo anche me


cussì in una domenega sola vevo ciapao quasi al dopio.

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17 novembre, 2017

Bando del Festival della Canzone 2018



 Si è attivata la grande macchina organizzatrice del Festival della Canzone Gradese. E il primo colpo di remo dal parte dell’Associazioen Querlli del Fesyìtaival della Canzone Gradese è rappresentato dal bando per la nuova edizione della manifestazione canora, che prevede come prossimo adempimento la consegna delle canzoni candidate entro il 5 gennaio 2018. .
“Podemo 'nda in duti i cantuni del sielo, esse a fusi orari de distansa che quando al festival ciama, duti i graisani, che no riva a esse presinti fisicamente, risponde!!!! Questo xe al festival!!!” con questa sottolineatura – comemnto che arriva da diversi chilometri di distanza dall’isola, nei prossimi mesi ancor più isola, conferma il ruolo tradizionale di questo appuntamento che oltrepassa il valore di sfida canora. 
L’edizione numero 52 , stando alle solite indiscrezioni punterà molto sul ruolo degli autori, in una volontà diffusa di esaltarne le qualità e l’impegno . L’organizzazione di Quelli del Festival nel periodo natalizio avrà modo di presentare il programma.
Edizione numero 52 ben settandadue anni di storia, migliaia e migliaia di canzoni.
ornando al Festival del prossimo anno e alla presentazione dei brani, le canzoni, rigorosamente in dialetto gradese, devono essere inedite e proposte da autori che abbiamo un’età superiore ai 14 anni. La partitura musicale deve essere a una voce con accompagnamento di pianoforte o di fisarmonica e l’indicazione degli accordi simbolici, completa di testo letterario.
I partecipanti devono predisporre: cinque copie contrassegnate da uno pseudonimo, ciascuna contenente una copia del testo e una copia della partitura musicale; una busta chiusa contrassegnata dallo stesso pseudonimo, contenente il nominativo e l’indirizzo dell’autore o degli autori; una registrazione completa su Cd del brano musicale proposto. Il materiale elencato deve essere consegnato agli incaricati dell'organizzazione venerdì 5 gennaio 2018 , la sera dello sbarco  delle Varvuole  dalle 15.30 alle 18 alla Biblioteca Civica Grado (via Leonardo da Vinci).
Una delle clausole del bando prevede che i partecipanti si impegnino a non divulgare le canzoni presentate al concorso fino a selezione avvenuta, e quelle selezionate fino alla conclusione del Festival stesso. Sarà, quindi, la volta dei componenti di una commissione di esperti a scegliere al massimo dodici brani che parteciperanno alla serata conclusiva prevista per il mese di marzo del prossimo anno.
L’esecuzione dei brani in concorso non è consentita a gruppi di più di cinque interpreti (cantanti, strumentisti e soggetti recitanti compresi) ed eventuali coreografie dovranno essere autorizzate dall'organizzazione.
Quanto alla scelta della canzone vincitrice, sarà come sempre il pubblico presente al Palacongressi a farlo (obbligo di tre preferenze), ma è pure previsto l’intervento della votazione della “Giuria di Qualità”.
L’associazione “Quelli del festival della canzone gradese” organizzatore della manifestazione di concerto con la Cooperativa Pescatori Grado, Comune di Grado, Regione FVG, Fondazione Carigo e in collaborazione con la Banda civica, il Circolo Castrum e altri afferma che «la volontà di mantener viva la manifestazione, di rispettare la tradizione, dopo il grande impegno celebrativo del mezzo secolo di vita cinquantesimo è fortemente legata ad una ricerca di forze nuove affinché l’impegno organizzativo possa proseguire».

Bando del 52° Festival della Canzone Gradese© – 1946-2018
Premessa – L’Associazione Quelli del Festival della Canzone Gradese organizza la 52° edizione del Festival della Canzone Gradese, manifestazione dilettantistica e popolare, con l’obiettivo di valorizzare la tradizione di Grado nelle sue espressioni poetiche e musicali, mantenendone viva la parlata dialettale. 
Art. 1 – Le canzoni in gara devono essere inedite con il testo rigorosamente in dialetto gradese.
Art. 2 – La partecipazione al concorso è riservata ad autori che abbiano un’età superiore ai 14 (quattordici) anni.
Art. 3 – La partecipazione alla fase di selezione dei brani musicali deve avvenire nel rispetto delle regole seguenti, pena l’esclusione dal concorso: 
La partitura musicale deve essere ad una voce con accompagnamento di pianoforte o di fisarmonica e l’indicazione degli accordi simbolici, completa di testo letterario. I partecipanti devono predisporre: 5 copie contrassegnate da uno pseudonimo, ciascuna contenente una copia del testo e una copia della partitura musicale; 1 busta chiusa contrassegnata dallo stesso pseudonimo, contenente il nominativo e l’indirizzo dell’autore o degli autori; una registrazione completa su CD del brano musicale proposto.
Il materiale elencato deve essere consegnato agli incaricati dell’organizzazione venerdì 5 gennaio 2018 dalle ore 

15.30 alle ore 18.00 Biblioteca Civica Grado (via Leonardo da Vinci) assieme all’importo di 10 (dieci) euro, a parziale copertura delle spese organizzative; i partecipanti si impegnano a non divulgare le canzoni presentate al concorso sino a selezione avvenuta, e quelle selezionate sino alla conclusione del Festival stesso.
Art. 4 – Una apposita commissione giudicherà insindacabilmente ed inappellabilmente le composizioni regolarmente pervenute, scegliendone al massimo 12 (dodici) che saranno ammesse in concorso ed eseguite durante la serata conclusiva del Festival della Canzone Gradese.
Art. 5 – Gli autori si impegnano a cedere al soggetto organizzatore del Festival tutti i diritti dei brani selezionati, compresi quelli di immagine in caso di trasmissione televisiva della manifestazione o di diffusione della stessa mediante altri mezzi.
Art. 6 – Gli autori dovranno segnalare al direttore artistico della manifestazione entro e non oltre 10 (dieci) giorni dall’avvenuta pubblicizzazione delle canzoni selezionate il nominativo o i nominativi degli interpreti vocali nonché l’eventuale presenza di solisti strumentali per l’esecuzione del brano musicale durante la serata finale del Festival.
Art. 7 – L’esecuzione dei brani in concorso non è consentita a gruppi costituiti da più di 5 (CINQUE o) interpreti (cantanti, strumentisti e soggetti recitanti compresi). Eventuali coreografie durante l’interpretazione delle canzoni dovranno essere concordate preventivamente ed autorizzate dall’organizzazione. 
Art. 9 -  Per la determinazione della canzone vincitrice del Festival si terrà conto del giudizio del pubblico presente in sala durante la serata finale; ciascun spettatore dovrà esprimere obbligatoriamente 3 (tre) preferenze sulla scheda di voto, pena l’annullamento della scheda. Ai voti così ottenuti da ciascuna canzone in gara potranno aggiungersi quelli attribuiti da una “Giuria di Qualità”.
Art. 10 – L’organizzazione si riserva di convocare una riunione con gli autori dei brani selezionati per determinare mediante estrazione a sorte la sequenza di esecuzione delle canzoni in concorso e per comunicare in via definitiva le modalità di voto da adottare per la determinazione della canzone vincitrice del Festival.
Art. 11 – L’organizzazione non si assume alcuna responsabilità verso i concorrenti nel caso di sospensione o mancata effettuazione della serata finale del Festival della Canzone Gradese.


NB le prime tre classificate parteciperanno di diritto alla finale del Festival Regionale FVG e ad una serie di manifestazioni, locali, regionali e/o nazionali coordinate dall’organizzazione: a tale riguardo gli esecutori e gli autori si impegnano a garantire la loro presenza e la cessione dei diritti musicali e di immagine per la trasmissione. Per info quellidelfestival@gmail.com Bando Festival della canzone Gradese
Festival della canzone gradese© 1946-2018

Quelli
 del 
Festival della Canzone Gradese 
1946 2018

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16 novembre, 2017

Mamolo - De cu tu son figio

                                                                                 

                                                                    La foto è una straordinaria immagine di Nico Gaddi


In questa Valle di lacrime che è Grado, periodicamente e con varie motivazioni viene tirata in ballo "la graisanità".

Il nostro carattere"graisan" orgoglioso, intollerante alle critiche e con una visione del mondo diciamo circoscritta non ci procura molte simpatie,  senza entrare nel merito se sia meglio esserecosì o cosà voglio fare un' analisi, strettamente personale, delle componenti che considero indispensabili per essere  considerati "viri graisani".

A seconda dei punti di vista "la graisanità" è considerata un pregio o uno svantaggio, a me interessa solamente fare uno screening chirurgico di quelle caratteristiche comportamentali che la compongono semplicemente per poter dire sei fuori o dentro.


De cu tu son figio  è la domanda del test iniziale per l' accettazione dei locali, se il pedigree non è perfetto, con mamme e nonni al punto giusto, sei fuori.

Al Dito se non hai un soprannome locale che possa ricostruire e collocare in un preciso contesto temporale e locale la tua famiglia, sei fuori.

Al Dialeto deve essere puro e duro, senza doppie che storpierebbero la parlata, dunque se sei istruito quel tanto da aver preso la cattiva abitudine di una parlata in lingua corretta, sei fuori.

Al Gnanche pel cul, qui non si transige, non c'è nessun altro al di fuori di ME, se cominci a fare discorsi filosofici o etici di coinvolgimento generale, di socialità a un Graisan, sei fuori.

La visione del futuro ristretta, il campo ha bisogno di spiegazioni:
è necessario, per gente che è sempre stata  dalla parte del torto, solo perchè i posti dalla parte della ragione erano già tutti occupati dai cosiddetti foresti con le loro verità inattaccabili, chiudersi a riccio a guardare con diffidenza le novità.
Potremmo sicuramente cambiare, con calma perché questo, in fondo, è un Paese meraviglioso dove si sta bene e la velocità di trasformazione la si lascia volentieri ai foresti che vivono come pazzi nelle loro città dove tutto si consuma in fretta compresa la vita, in ogni caso se cominci a far proclami sul tipo:
Me son al megio de duti, caschi male perché infrangi la regola del Me che impedisce ad ogni vero graisan di considerare qualcun altro un Me, allora sei fuori.

Eravamo poverissimi, carne da cannone per tutti, ed è vero siamo anarco-cattolici, ribelli e malparlanti, ma è la nostra indole, gli orizzonti sono sempre stati limitati e a nessuno conveniva che noi, in quanto gente, ci si migliorasse intellettualmente, ci hanno sempre manipolato, ma siamo sopravvissuti, siamo sempre rimasti qui e abbiamo un cuore grande, per noltri.

Sono molte ancora le ragioni per non considerare Graisan un residente che non sia completatamente e indissolubilmente autoctono, non bastano gli anni di residenza:

W la graisanità, che in fondo per noi non è una malattia. 

P.S.  questa no ze la verità in scarsela, ze semplicemente al mio personale punto de vista

a ri P.S. v'he sugao a stinche drio in Piassa  del Lavatoio ze punto de merito graisan.


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14 novembre, 2017

Oasi a Grado



In occasione dell' assegnazione a Rimini  del riconoscimento 5 bike-smile della federazione amici della bici, Grado è risultata nettamente la migliore perché oltre alla rete di ciclabili ha anche Zone a Traffico Limitato e limiti a 30 km orari Lorenzo Boemo (Pastor) ha girato e pubblicato questo godibile video in bici attorno  alla Valle Cavanata, merita perderci 5 minuti per vederlo.
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12 novembre, 2017

Patacheo del Morto





































In un paese dove la fame ha fatto da protagonista per generazioni, i termini che identificano il cibo devono per forza essere poetici, ed è così a Grado in Laguna dove, oltre alla poesia, si inventavano storie per passare i lunghi giorni invernali a cason.
Una di queste storie registrata e poi trascritta in Graisan ve la racconto qui di seguito.

Al  Patacheo de Cason dei Biviacqua

La nona co i primi fridi  la ne prepareva al patacheo, al dolse de cason, che ze un misto de suchero cotto su la piastra del spagher e pinoli.
Per giutala a  falo noltri ‘ndevemo in batela a Isola Gorgo a ingrumà le pigne pè vè i pinoli e per fa fogo co’l resto.

Un giorno la n’ha dito de catai una lastra de marmo per parecià al zuchero coldo del patacheo e cussì pian pianin domalo a son de brassi, missiando al caramelo bruno ai pinoli.

Noltri do, sensa pensai massa, semo ‘ndai drio del simisterio e vemo tolto la prima lastra de marmo che vemo catao sensa fasse veghe dal custode che al gera mundi cativo.

Lavagia la lastra i la vemo portagia a cason e la nona dopo ‘vè impissao al fogo sul spagher  ben gratao co la pagieta  l’ ha ghitao al suchero per caramelalo e zontando pian pian i pinoli.
Noltri co le bave incantesemai a vardala, pò la gheta al composto ingrumao su la piastra de marmo che i vemo portao inumidia perchè al patacheo nol se tachi.

“vardè e imparè mamuli” la ne diseva e intanto co gesti linti ma energici la stendeva al composto su la lastra:
“veghè bisogna domalo e fai vignì fora ogni bola de aria” e stindi e stindi finchè pian pianin al Patacheo al s’ha sfredao e al pareva pronto pel consumo.

La nona lo gira e sorpresa, sul dadrio, sul fondo insoma gera una scrita:

qui giace  …………..pronto per l’ eternità.

Un urlo de la nona e dalongo dopo al sigà per noltri:
“malastritti ‘ndola se ‘ndai a to la lastra, la de la tomba de un morto?”

Se stao duto in t’ un, lastra de marmo e patacheo in sima driti in cavana, che quela volta le gera fonde.

Noltri cursi dalongo fora de cason, chè la nona la veva in man al mestolo e le nostre bave de patacheo finie anche ele in cavana.

Eco, queste storie capiteva in cason dii Biviacqua, al patacheo del morto.


Pecao però al veva l’ aria de esse mundi bon.

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10 novembre, 2017

Aldo Tognon -Youtuber di successo



Aldo Tognon -youtuber di successo in navigazione sul Web ha raggiunto  soglie di visibilità importanti nei social, diffondendo la cultura graisana della parola in musica e in immagine:


E' un piacere che condivido volentieri perchè Aldo è un uomo in gamba e zitto zitto continua a proporre cose interessantissime che tanta gente apprezza.
Auguri per il prosieguo del cammino virtuale.
questo il link per il suo blog:    Storie de Gravo

Con il suo canale You Tube è  arrivato alla meta di:
 YoutubeGravomore 1K        (iscritti)
YoutubeGravomore  2.5Milioni di   (contatti-visioni)

P.S. non usa i social per diffondere condividendo e il valore del suo risultato è ancora più veritiero.

Abbiamo percorso insieme su itinerari differenti un bel pezzo di strada e ciò mi rende ancor più contento.

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08 novembre, 2017

Riconoscimento letterario



«Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!» (Apocalisse 1:3).

Amici mi segnalano che un libro particolare ed   inedito “La Pocalisse” di Augusto Cesare Marocco, traduzione in dialetto gradese del libro sacro “L’Apocalisse di San Giovanni” ha conseguito il 3° Premio 2017 al Concorso di Studi Linguistici «Memorial Angelo Giavazzi». 
Il concorso è promosso dall’A.L.P. (Associazion Linguìstica Padaneisa) e riservato alle opere di traduzione nelle parlate del gruppo liguistico reto-cisalpino (o padanese), che comprende piemontese, ligure, lombardo, emiliano, romagnolo, veneto, istrioto, romancio, ladino, friulano

Dopo la pubblicazione in gradese del Vangelo di San Marco (2000) e degli Atti degli Apostoli (2002), arriva un ulteriore  importante riconoscimento per il nostro letterato scrittore e cultore del dialetto gradese,  questa volta per la produzione ancora inedita della  traduzione in dialetto dell’Apocalisse.


La parola “Apocalisse” deriva da un termine greco che significa “rivelazione”. 
Secondo il primo versetto del libro, si tratta di una rivelazione di Gesù Cristo data da Dio e riguarda le cose che devono accadere. 
Già i primi cristiani, con il termine “Apocalisse”, volevano indicare la manifestazione gloriosa di Cristo alla fine dei tempi. 
È l’unico libro della Sacra Scrittura in cui viene promessa una benedizione speciale a chi lo legge


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07 novembre, 2017

Una Storia Gradese: Paron Piero



Ieri Sandro Terremoto "Buba"  mi ha fatto inorgoglire di essere nonno e di poter essere ancora utile pubblicando  su Facebook la foto di uno stralcio di compito di una delle sue bambine dopo un mio piccolo intervento descrittivo della nostra Laguna alla  scuola elementare.
Questo fatto mi ha riportato alle condizioni di un tempo dove i nonni  non avevano ne voglia ne tempo di raccontare storie ai nipoti, ma qualcuno più versato e fantasioso di altri c'era.

Di queste storie alla buona mai trascritte e solo tramandate a parola resta qualche traccia che con un po di fortuna riesco a trovare e registrare sul web in modo che siano a disposizione di chiunque voglia raccontarle, questa è la storia ( mi raccomando è una storia non la verità, senza certezze:

Paron Piero.

Un tempo i pescherecci non entravano in porto se non in casi di pericolo e venivano ormeggiati sulla diga esterna ognuno ad un posto assegnato che di solito era una grossa pietra frangiflutti.
Paron Piero aveva una strana consuetudine, quando toccava terra, legata la sua barca, la salutava prima di lasciarla, come fosse una creatura:
"Buona sera barca mia"

Paron Piero era vedovo ed era padre di una giovane donna di nome Bettina in età da marito, un giovane gradese pescatore di nome Donato le faceva la corte, ricambiato, ma il Padre non voleva saperne, senza grandi motivi aveva preso in antipatia il giovane e ordinò alla figlia di non frequentarlo e guai a parlargli.

Donato tentò in vari modi di approcciare il Paron Piero, ma niente, lo faceva infuriare ancor più la sua insistenza.

Consigliato di sfruttare la mania di Paron Piero di parlare alla propria barca da un vecchio saggio, Donato una sera dopo  il tramonto si nascose proprio dietro la pietra d' ormeggio della barca di Paron Pietro e ne attese l' arrivo.

Fattosi buio Paron Pietro attracca e lega la barca e come al solito la saluta:
Buona sera barca mia.
E Donato a voce bassa:
Buona sera Paron Piero
Il pescatore resta di sasso e tutto spaurito si domanda:
E' Dio o il Diavolo che mi parla?
Nè Dio nè Diavolo, sono un Angelo mandato dal cielo perchè facciate sposare Bettina con Donato che è un bravo figlio.
Al Pol Tossela, urlò a quel punto Paron Piero, al pol Tossela.

Appena arrivato a casa con il cuore in gola, mandò subito a chiamare Donato e acconsentì al matrimonio dei due ragazzi.

Io credo che se avesse avuto ancora un figlia l' avrebbe data anche quella in sposa a Donato.

Con la solita formula del tempo, "E vissero felici e contenti", si chiude la storia. 
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05 novembre, 2017

Ad Sonum Campanae




La situazione odierna di Grado mi fa  ricordare che  un tempo l' amministrazione della cosa pubblica era una cosa seria e che il popolo non era mai oppresso ma semplicemente regolato e poteva partecipare liberamente e contestare l' eventuale sopraffazione.
A tale proposito  è interessante ricordare lo storico richiamo:

 "ad Sonum campanae" 

"La Comunità di Grado chiamata a raccolta dalla campana e dal banditore del Consiglio si raccoglieva nella sala del Palazzo del Conte."

Questo sistema di gestione della cosa pubblica a Grado, avveniva  in Corte e davanti a tutti (L' Arengo), dove il popolo aveva il  diritto di esprimersi, di protestare di denunciare, insomma di partecipare a tutte le decisioni che lo riguardavano.

L'aula dove si svolgeva la vita pubblica e si trattavano gli interessi di tutti era vasta e poteva accogliere chi volesse partecipare.

La riunione de tota universitate Gradi avveniva seguendo un preciso protocollo, entrava in sala prima il Conte e subito dopo il Consiglio e successivamente il popolo..

Le adunanze generali non erano infrequenti e l'Assemblea era ben conscia del diritto-dovere di governarsi perchè la vita era condizionata dal mare, lontano da ogni comunicazione.

Le riunioni, si sa, erano agitate ma  per il rispetto , il cerimoniale, il mantenere la forma, assicurare l'aura aristocratica dei governanti, li si poneva in posizione elevata rispetto al popolino, dava senso all'Autorità costituita garantendo la certezza che qualcuno si occupasse del diritto di tutti.

La Campana suonava per chiamare la "publicazion delli editti e delle grida".
Al Comandaor monta su la piera del bando e dopo uno squillo di tromba che avverte di stare attenti:

Nel nome de Christo amen. A chiara e manifesta intelligenza de ogniuno si fanno, stridano et pubblicano li infrascritti Proclami da essere inviolabilmente oservati, soto le pene infrascritte....

ecc. ecc......


Da notare che profittatori e corrotti erano presenti anche ai tempi che fu, ma non mancava il coraggio di denunciare e pretendere l'intervento pubblico contro la sopraffazione. 

Si può essere d'accordo o no, sui motivi, ma protestare è un diritto se le cose non ti stanno bene.


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03 novembre, 2017

I Santi Graisani- LIsta d' attesa per calendari speciali


I Patroni  di Grado, S.Ermacora e Fortunato, sono Santi e sono certamente speciali, ma nella nostra Isola ci sono altri Santi che,  nella filastrocca  di Giovanni Grigolon "Trombai" ,  vengono descritti magnificamente e messi in lista d'attesa.
Leggendo si capisce il perchè.



Un giorno xe segnao sul calendario

un pio de un santo e anche tre,
ma pe' i santi l'ano intiero al xe curto
che per duti tanto posto no ne xe.

E fra quisti che no ha possuo ficasse
xe i santi graisani trascurai
de racunti in vecia epoca graisana
che un tempo l' mar per 'l raso li ha ghitai.

Ma sti Santi incora in lista i xe de atesa
co l'otavo sò livelo fermo la,
i s'ha messo duti quanti 'l cuor in pase
perché i sa che in calendario no i sarà.

Garghe volta i nostri Santi i comparisse,
per di 'l vero proprio santi no i xe,
no i xe drento nianche 'l primo de novembre
ma a Gravo nominai de sempre i xe.

Xe l' Santonego,
de la pansa protetor,
Al Sangiosso 
protetor de i 'ngavonai
e la Sangola
la protege cessi e odor
e canali al sol
e i depurator.
Dopo xe al Sangulin
de le braghe protetor,
drio le panse che 'l varà
i so busi 'l fermarà.
e xe anche Santopao
protetor de i 'nbragai
de 'ntopasse pol vignì
ma 'mbragai no se xe mai.

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