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07 agosto, 2021

la serra e le perle

Sopra a tutto, intorno a questo lido, tante le conchiglie che il tempo ha mischiato,integrato con la sabbia, i nostri vecchi, questo borgo edificarono il loro borgo;Grado.non c’è storia antica, non c’è vecchio muro che non sarà dato costruito con la sabbia dorata, filtrata dal sole e dalla salsedine……noN esiste altro impasto con le nostre conchiglie, con le nostre scusse.
perché è così che si chiamanoe ha  posato conchiglie….  le Scusse o ogni del signor, Peverasse, Caravoi….
tra un mattone e l’altro le chiese millenarie, le molte sono accompagnato da SCUSSE…



Nella preistoria, prima che nascessero forme codificate di religione, le conchiglie avevano grande importanza come amuleti, simboli propiziatori legati alla fecondità e alla vita. In questa simbologia che coinvolge l’acqua e la vita, complice il collegamento tra il ciclo riproduttivo di numerose specie di molluschi marini ed il plenilunio (a sua volta collegato alla data del parto), la conchiglia è vista in primo luogo come involucro protettivo dell’essere vivente e, nel Rinascimento, associata al concepimento per via dell’analogia conchiglia-perla.Uno dei valori simbolici più diffusi della conchiglia è proprio quello direttamente legato al sesso femminile, per la somiglianza ravvisata da molte popolazioni di tutto il mondo tra la base dentata della ciprea e i genitali femminili; esiste anche il collegamento al simbolismo pagano nel quale le cappesante  sarebbero un frutto con presunti effetti afrodisiaci, credenza che favorì la nascita del mito di Afrodite.
 Per questa ragione, probabilmente, presso molte popolazioni native (anticamente anche dell’area mediterranea), le donne portavano ornamenti con cipree per scongiurare l’infertilità ed i futuri mariti offrivano doni (spesso con forme falliche) adorni di queste conchiglie come pegno nuziale.In molte statue antropomorfe, le cipree sono poste in corrispondenza degli organi genitali.In Africa, presso l’etnia dei Kuba (popolazioni che fino a metà del 1900 vivevano nelle foreste equatoriali dello Zaire), il sovrano, denominato nyim, “re dei Bushongo e dio della terra” che possedeva poteri eccezionali di carattere sacro che metteva al servizio della comunità, inviava in regalo oggetti adorni di cipree alle donne gravide.La Cypraea tigris, che in giapponese è detta Koiasu-gai, conchiglia del parto facile, la quale viene ancora tenuta in mano dalle partorienti nell’arcipelago delle Ryukyu, nell’estremo sud del Giappone.Per il suo colore e la sua lucentezza, dai cinesi ai giapponesi alle nostre latitudini è associata alla luna e all’elemento femminile. La sua sfericità e la sua lucentezza ne hanno fatto il simbolo della perfezione.In Cina e in India per la durezza e lucentezza era simbolo d’immortalità. In Persia, la perla intatta era immagine della vergine e simboleggiava anche la modellazione primordiale della materia attraverso lo spirito.Dai cinesi e greci, fino agli ebrei, nel nostro medioevo, si riteneva che le conchiglie fossero fecondate dal fulmine e che le perle avessero il fulmine dentro di sé. Presso altri popoli era il tuono a fecondare le conchiglie.
 Secondo la simbologia cattolica, citata da  Giovanni Damasceno nel VII secolo d.C., “il fulmine divino è penetrato dentro la conchiglia più pura, Maria, e ne è nata una perla oltremodo preziosa, il Cristo”.L’associazione conchiglia-madre, perla-bambino è precedente e appartiene a tutte le culture.
 
Nell’antichità i simboli della perla e della conchiglia erano molto presenti. Degno di nota è anche il corallo, da sempre associato a significati esoterici. Con il suo colore intenso e positivo, il rosso,era considerato efficace contro il malocchio. E’ considerato un talismano potente, e ancora oggi si usa regalare ai bambini un cornetto di corallo in segno di protezione.   La perla nel nostro immaginario è sempre associata a qualcosa di raro, prezioso e nascosto perchè si trovano negli abissi del mare, e impossessarsene implica pericolo e notevoli sforzi. La sua purezza è malinconica e secondo la tradizione, regalare delle perle porta lacrime, sfortuna e disgrazia.La perla era uno degli elementi più importanti nell’abbigliamento delle donne romane di famiglia nobile.
La conchiglia ha uno stretto legame con il mare e di conseguenza con l’acqua in quanto elemento femminile, associata quindi alla fecondità. Il suo aspetto richiama l’apparato riproduttivo femminile, dunque si può accostare anche all’idea dell’erotismo e del piacere sessuale. La conchiglia rappresenta il tempo da dedicare alla riflessione sulla natura dei sentimenti corporei, morali, etici e spirituali: è il simbolo dell’introversione mentale e di temperamento spirituale. E’ anche l’emblema dell’illuminazione, della mente nobilitata, di chi sa come deve procedere.
L’alchimia invece, indica i valori iniziatici della conchiglia: Newton probabilmente indicava nel pellegrinaggio a Santiago, il primo viaggio degli aspiranti creatori della pietra. Molti pellegrini nel cammino usano ricamarsi una conchiglia nel mantello, in segno di protezione e riconoscimento.
Uno dei mondi più affascinanti e meno indagati della cultura tradizionale, è quello delle sostanze, degli oggetti e delle forme «anfibie», a cavallo tra due dei tre ambiti solitamente ben distinti e distinguibili: l’animale, il vegetale e il minerale. Nella sensibilità moderna la perla appartiene al mondo animale: tuttavia non ci stupiamo certo se nell’antichità e nel medioevo la vedremo ordinariamente associata a quello minerale e considerata, per la sua preziosità, una gemma.
La conchiglia Pecten Jacobaeus, perla e corallo fanno parte insieme con alcuni pesci del mondo simbolico desunto dalla vita marina. Un mondo misterioso, nel quale i tratti orridi (i mostri degli abissi ) e quelli meravigliosi si assommano. Come dice William Shakespeare nella Tempesta: «a sea-change into something rich and strange» (il mare trasforma in qualcosa di ricco e strano).La perla è importante nel nostro immaginario: qualunque cosa rara è «una perla», preziosa proprio per le piccole quantità contrapposte all’enorme preziosità. Dal concetto di prezioso segue il collegamento con il mito di Afrodite, la dea della bellezza: Afrodite nasce «dalla spuma delle acque» come una perla al centro di una conchiglia bivalve; e nel Vangelo di Matteo (13, 45-46), «il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». D’altro canto, non va dimenticato che le perle si trovano nel fondo del mare e conquistarle costa fatica e pericolo.La loro purezza assume una sfumatura malinconica che rende la sua presenza inquietante: secondo le credenze popolari, regalare delle perle porta disgrazia; durante il romanticismo, questa credenza è stata accentuata e ne conserviamo una testimonianza nel celebre poemetto anonimo trecentesco inglese dove è narrata la visione della figlioletta morta, Margherita (Margarita è il nome latino della perla), da parte di un padre, fu chiamato Pearl dal suo editore ottocentesco, Richard Morris.
Di conchiglie, crostacei e molluschi forniti di corazza – ci sono anche le chiocciole, sia terrestri che marine – Plinio il Vecchio parla in una celebre pagina, il paragrafo 51 del Libro IX, un elenco ricco di delizie, scritto per i Romani, popolo golosissimo di frutti di mare. Lì si parla delle Veneriae, le «conchiglie di Venere» che «navigano, e offrendo la loro parte concava e opponendola al vento fanno vela attraverso la superficie marina», e dei «pettini», che «saltano e volano al di fuori delle acque»..
Nel  Physiologus (forse il primo bestiario dell’umanità, scritto in greco probabilmente nella seconda metà del II secolo d.C. ad Alessandria) è detto che, quando i pescatori vanno a pesca di perle, le trovano grazie all’agata attaccata a una cordicella. Tale pietra ha la proprietà di essere attratta dalla perla. Questa, da parte sua, si genera in questo modo: l’ostrica emerge dal mare nelle prime ore del mattino, e la sua conchiglia «apre la bocca, assorbe la rugiada celeste e il raggio del sole e della luna e delle stelle, e con la luce degli astri superiori produce la perla»
 
Nel mondo indiano la perla è figlia di Soma, la Luna, ed è protetta dai draghi nel fondo del mare; grazie a lei si possono preparare filtri d’immortalità.  La perla nata dalla rugiada è anche il simbolo dell’Immacolata Concezione.Essendo sferica è simbolo di perfezione, così come il rosario è il simbolo di una grande catena cosmica che lega tutto l’esistente. Non a caso nel cristianesimo e nel buddismo è la più perfetta delle preghiere.
Nel Medioevo si affermò il Cristo-perla, descritto da Friederich Ohlynel  saggio, Rugiada e perla  (ora raccolto in  Geometria e  memoria,   Bologna 1984). L’autore ricorda che «nella Chiesa primitiva – in Clemente Alessandrino, in Origene, e, splendidamente, in Efraim il Siro – c’è una vera e propria teologia della perla». In un testo gnostico fondamentale, gli Atti di Tommaso, esiste una pagina rivelatrice: il Canto della Perla, chiamato anche Canto dell’Anima; protagonista del testo è il Figlio del Re, disceso in Egitto, ovvero nel basso mondo, alla ricerca di una perla custodita da un tremendo serpente. Per questa discesa, il Figlio del Re è costretto a vestire una Immonda Veste (il Corpo, e forse i rimandi con i desideri e con gli impulsi, sono rivolti a riflettere sui corrispondenti lati negativi del simbolo), che abbandonerà solo dopo aver riconquistato l’anima (simboleggiata dalla perla), quando potrà risalire al Regno del Padre. È stato notato come questa teologia della perla abbia, nelle sue versioni gnostiche – in contatto con testi mandei e manichei – indubbie somiglianze con i miti della perla nel mondo indiano. Nell’Atharva-veda  è figlia di Soma, la Luna, ed è custodita dai draghi nel fondo degli abissi; trovandola si possono confezionare filtri d’immortalità (la perla sarà usata anche nella farmacopea medievale), e come detentrice del segreto dell’immortalità.
Nell’antichità e nel Medioevo la perla e la conchiglia sono presenti di continuo come vocaboli intensi, importanti, carichi di significato profondo.Insieme a loro, forse, dovremmo nominare il corallo: altra sostanza «marginale», animale-minerale, di grande rilievo nella simbologia e nella medicina tradizionale.Considerato – probabilmente a causa del suo colore, per un processo associativo di magia «simpatica» – efficace contro le emorragie e, ancora per il colore, fondamentale nella lotta al malocchio, un rametto di corallo compare sovente nelle effigi medievali e rinascimentali come appeso al collo del Bambino Gesù. E’ un amuleto potente, che si usava soprattutto per difendere i bambini: l’usanza di regalar loro un cornetto di corallo continua fino ai giorni nostri.
Fulcanelli segnala che:«le conchiglie di San Giacomo sono chiamate acquasantiere, queste grandi conchiglie, un tempo, servivano a contenere l’acqua benedetta, nome dato dagli Antichi all’acqua mercuriale; ancora oggi se ne trovano spesso in molte chiese rurali».Inoltre ci rivela che «le conchiglie servivano come distintivo ai pellegrini di San Giacomo. Agli inizi tutti i pellegrini sono a questo stadio. Devono compiere, con il bordone come guida e la merelle come distintivo, quel lungo e pericoloso viaggio di cui una metà è terrestre e l’altra metà marittima».Con il termine Pellegrino s’intende il neofita che si accinge a intraprendere la Grande Opera; come guida si serve del suo bordone, il lungo bastone simbolo della via lunga e che interpreta lo spirito, ciò che bisogna sempre tenere presente nella pratica, «nella notazione alchemica, qualsiasi barra o tratto, qualunque sia la sua direzione, è il segno grafico convenzionale dello spirito».Il viaggio terrestre e marittimo indica le due vie ermetiche. Quello terrestre è anche definito via secca, cioè priva d’illuminazione e intende la psiche prima della rivelazione che inizia a decifrare gli arcani dell’arte. La via marittima, detta pure via umida, si riferisce alla psiche dopo l’illuminazione che realmente inizia a compiere il Magistero.Il Maestro insegna che «utilizzando la via secca, rappresentata dal sentiero terrestre, seguito per primo dal nostro pellegrino, si giunge a esaltare a poco a poco, la virtù diffusa e latente, trasformando in attività ciò che era solo in potenza. L’operazione è compiuta quando appare alla superficie una stella brillante».Lo stesso significato è dato dalla conchiglia, che se prima rappresentava la comune psiche di tutti gli uomini, ora indica la mente nobilita.Fulcanelli aggiunge: «L’umile e comune conchiglia che portava sul cappello, s’è mutata in astro splendente, in aureola di luce: materia pura di cui la stella ermetica, consacra la perfezione. Adesso è il nostro compost, l’acqua benedetta di Compostella».Questo intende il simbolico pellegrinaggio in Spagna a San Giacomo di Compostella: il lavoro filosofale che permette alla mente di aprirsi.L’autore precisa che le «conchiglie di tipo a pettine, i Filosofi la chiamano merelles de Compostelle, dalle parole greche Mèter e elê, madre della luce».E’ interessante ricordare che i pellegrini approfittavano della grande disponibilità di questi crostacei sulle coste galiziane e se ne cibavano correntemente, tenendo per ricordo la conchiglia. Fu a posteriori la consuetudine di arrivare a Finisterre, sull’Atlantico, distante poco meno di 100 km da Santiago.
C’è anche una leggenda. Teodosio e Attanasio, discepoli di Santiago, stavano portando il corpo del santo in Galizia; passato lo stretto di Gibilterra, seguirono le coste atlantiche sino a giungere in un luogo chiamato “Bouzas”. Stavano celebrando le nozze di una coppia quando il cavallo dello sposo inciampò e cadde in acqua sprofondando immediatamente. La gente già piangeva la loro morte quando sia sposo che cavallo, emersero all’improvviso accanto alla barca che trasportava il corpo del santo. Cavallo e cavaliere si ritrovarono con il corpo interamente tappezzato di conchiglie. I discepoli fecero sapere alla gente che si trattava di un miracolo e che il corpo trasportato era quello di San Giacomo, quello che aveva predicato il vangelo nelle terre di Spagna.  Riconoscendo nell’accaduto la benevolenza dell’apostolo si assunse la conchiglia come simbolo del pellegrinaggio
Nella tradizione cinese la perla è usata anche nei rituali funebri ed è uno dei simboli della fortuna e della prosperità più sentiti.
 Se dall’India (nell’antica iconografia indiana, il dio Vishnu porta una conchiglia, simbolo dell’Oceano e del primo alito vitale) e dalla Persia mandea e manichea, la teologia della perla è giunta agli gnostici, per affermarsi attraverso una lettura almeno originariamente gnostica o paragnostica dello stesso  Vangelo  (nel quale il Regno dei Cieli è simile a una perla), la Persia è stata anche il tramite culturale per l’affermarsi del culto della perla nel mondo islamico. Per altri versi, resta da indagare se, come e fino a che punto il culto cinese della perla – che in quella tradizione è garante di incorruttibilità al pari dell’oro e della giada – abbia rapporto con miti e riti similari non solo nel Laos o nel Borneo, ma anche nel continente americano.
Presso gli Aztechi, Tecsiztecatl (letteralmente “quello della conchiglia”) è il dio della Luna: la conchiglia rappresenta la matrice femminile, la Luna presiede alle nascite della vegetazione e della vita in generale.
La Tofa è uno strumento musicale ricavato da una grande conchiglia e appartiene al genere degli aerofoni. L’uso di suonare la tromba di conchiglia, sopravvive ancora nel Mediterraneo ma è limitata oggi purtroppo ad una sorta di segnaletica sonora dei pastori sardi o siciliani, nelle isole greche addirittura dei postini.Ma tradizioni ancora vive nell’Estremo Oriente testimoniano l’uso della tromba di conchiglia nelle medesime occasioni rituali in cui l’archetipo guscio viene utilizzato come semplice simulacro o amuleto: nelle cerimonie dedicate alla fertilità, alla fecondità, alla nascita, alla morte-rinascita
In araldica, la conchiglia e perla sono poco presenti. La conchiglia nelle armi familiari indica una benemerenza acquisita in pellegrinaggio o in crociata – dal momento che una conchiglia era l’emblema del pellegrinaggio a Santiago – la spiegazione araldico-encomiastica fornita a posteriori indica, il suo uso per nobilitare dinastie. La perla invece è molto usata nelle corone.Lo stemma personale di papa Benedetto XVI è formato da una conchiglia dorata allo scopo di ricordare la leggenda attribuita a sant’Agostino, il quale incontrando un giovinetto sulla spiaggia, che con una conchiglia cercava di mettere tutta l’acqua del mare in una buca di sabbia, gli chiese cosa facesse. Quello gli spiegò il suo vano tentativo, ed Agostino capì il riferimento al suo inutile sforzo di tentare di far entrare l’infinità di Dio nella limitata mente umana. La leggenda ha un evidente simbolismo spirituale, per invitare a conoscere Dio, seppure nell’umiltà delle inadeguate capacità umane, attingendo all’inesauribilità dell’insegnamento teologico.


 




Nata dalla spuma, nella mitologia greca era una dei dodici dèi olimpici. Rappresenta una forma della Dea Madre e dell’amore sensule, nata dalla spuma del mare fecondata dai genitali recisi del dio Urano (che ogni notte fecondava Gea, la madre terra, rappresentando l’amore sotto il solo aspetto dell’atto riproduttivo. Per questo Cromo, nato da una delle loro unioni, castrerà il padre per liberare la madre dalle notturne fecondazioni del padre). Zeus la diede in sposa al dio più brutto dell’Olimpo, Efeso, dio del fuoco e perché temeva che l’estrema bellezza di Afrodite potesse generare discordie e fermento tra gli dei. La tradizione la descrive come sposa infedele e dea invidiosa della bellezza di Psiche, donna umana che si troverà in più occasioni nei tranelli della dea.
Afrodite spesso è sinonimo di donna sempre seducente, che mantiene un rapporto con gli uomini di tipo puramente erotico e privo di natura spirituale e di scambio intellettuale. La studiosa Ginette Paris nel libro La rinascita di Afrodite, rivaluta questo archetipo come simbolo di amore civilizzatore, che si oppone da un lato alla pornografia vuota che vede il corpo come intercambiabile e privo di unicità e dall’altro all’amore spirituale e disincarnato tipico della cultura greca e cristiana. La donna che si ispira ad Afrodite avendo il buon senso di non incarnare l’archetipo stesso, può diventarne “sacerdotessa”, portatrice di un modo di vivere ispirato alla bellezza e al godimento dell’altro. La bellezza è intesa non come perfezione o vanità egoica ma come dono totale di sé attraverso l’amore sensuale.
 Il desiderio per Afrodite è fondamentale, ciò che le reca offesa è piuttosto il sesso meccanico e vuoto o ancora la negazione della propria sessualità come se fosse un bisogno sporco e inferiore. Anche la moda e la cura di sé sono a servizio del godimento e della bellezza, portatori di unicità, non di conformismo e mai per un compiacimento egoistico.Interessante è anche l’episodio che precede la sua nascita, Urano infatti era un dio particolare in quanto stava sempre in cielo, tranne la notte quando scendeva e iniziava la sua copula generativa; un misto di estremo distacco e di sessualità ancestrale finalizzata alla riproduzione; Urano però non amava i suoi figli, anzi, li sacrificava cacciandoli nelle viscere della terra. Gea, stanca di questa situazione si era accordata con Crono, il figlio, per mettere fine a questa situazione, mettendo a punto un piano che prevedeva l’evirazione, in modo che non potesse più fecondarla.Fu così che una notte Crono attese il padre e, quando stava per accoppiarsi con la madre, gli saltò addosso con una falce, tagliandogli i genitali che finirono in mare; Poco dopo, dalla spuma del mare fecondata dal liquido seminale, uscì Afrodite.La dea quindi non è concepita ne cresce in un utero femminile.
Quante volte ci sarà capitato di fare una passeggiata sulla spiaggia ammirando la bellezza delle conchiglie? Sin dall’antichità le conchiglie hanno arricchito l’immaginario collettivo diventando protagoniste di miti, leggende e divinità.
Basti pensare al re Tritone, figlio di Poseidone, che usava la sua grande conchiglia per placare le tempeste e chiamare il dio del mare. Per molte popolazioni inoltre, le conchiglie rappresentavano il simbolo della femminilità e della fecondità. Altresì sono diventate: monili preziosi, strumenti musicali, moneta di scambio e oggetti di culto.
Questi involucri inanimati sono in realtà scheletri di animali marini, chiamati molluschi. Si depositano sulla battigia dopo esser stati trasportati dalle onde e lentamente si dissolvono, contribuendo a comporre la sabbia.
Proviamo a tuffarci in un mare primordiale, 500 Milioni di anni fa, agli albori della vita: gli organismi viventi erano semplici e non avevano ancora esplorato completamente il nostro Pianeta, esistevano solo nell’acqua. E’ in questo periodo che compaiono i primi molluschi, forme di vita probabilmente dapprima erbivore che iniziano a sviluppare una protuberanza laterale, utile ad allungare l’intestino e a digerire più facilmente. Ma brucare è un processo lento, lungo e l’animale rimane indifeso; ecco, che assieme alla sostanza vegetale, assume anche piccole particelle di sedimento che si accumulano nel corpo a tal punto da trasformarsi in una primordiale forma di difesa che si evolverà in un vero e proprio guscio, la conchiglia.
Lo scheletro si attorciglia sempre più e avvolge l’apparato digerente lasciando fuori solo il capo e la parte inferiore del corpo, il piede, che permette l’ancoraggio e il movimento sul suolo: in questo modo si sono formati i primi gasteropodi, dall’involucro a spirale. Oggi sono numerosissimi, a partire dalle lumache di mare (Nassa mutabilis), le cipree (Luria lurida), il gigante tritone (Charonia tritonis), e molti altri ancora.
Nel frattempo, un altro gruppo di animali dal corpo molle inizia a sviluppare una conchiglia diversa, che permette una protezione completa, quella dei bivalvi: due gusci uniti da una cerniera che si aprono e chiudono come un libro. In questo caso l’animale è provvisto di due tubicini, i sifoni, che consentono la nutrizione attraverso la filtrazione di sostanze sospese nell’acqua, mentre il mollusco rimane ancorato ad una superficie o addirittura nascosto completamente sotto la sabbia. Esempi sono le vongole (Ruditapes decussatus), le cozze (Mytilus galloprovincialis) e i coloratissimi pettini (Chlamys varia).
 Le scusse:
Ze i sogni masenai
de onde quete de risaca
Conchiglie: forme complesse e numerosi colori
Lo straordinario mondo di questi organismi è molto complesso, ancora oggi i biologi ne stanno studiando l’evoluzione, il comportamento e l’anatomia. Basti pensare al fatto che, oltre ad aver sviluppato strane forme complesse, gasteropodi e bivalvi sono in grado di colorare e “stampare” decorazioni articolate sulle loro conchiglie.
Probabilmente, l’inchiostro (se così lo vogliamo chiamare) deriva da sostanze cataboliche, cioè prodotti di rifiuto derivanti dal metabolismo. Si sta ancora cercando di capire, però, quale sia il meccanismo effettivo con cui questi animali sono in grado di creare queste livree, e anche la loro vera utilità, considerando che in molti casi vivono nascosti dentro alla sabbia, rendendo invisibili i loro colori.
 
A passeggio nel mare, fra molluschi e conchiglie
Ma c’è ancora di più. Se fossimo in grado di rimpicciolirci e passare una giornata intera in mezzo al mare, ci troveremmo in una vera metropoli. Lungo la roccia, in mezzo ai granchi troviamo un gruppo di cozze dal lucido guscio nero. Sebbene a prima vista, ci appaiano tutte identiche, il colore del mollusco ne determina il sesso: arancione per le femmine, giallo per i maschi. Spostandoci, mentre un paguro (Pagurus maculatus) ruba una conchiglia vuota per crearsi una protezione, in mezzo alla vegetazione si erge una nacchera (Pinna nobilis), il bivalve più grande del Mediterraneo: in alcuni casi raggiunge il metro di lunghezza, e può vivere fino a vent’anni. Attualmente questa specie è protetta poiché l’eccessiva pesca ne ha decimato la popolazione. Infatti, oltre ad essere commestibile, con il suo “bisso” (un insieme di filamenti che le permettono di rimanere ancorata alla sabbia) nel passato si creavano tessuti pregiati.
Continuando, sulla sabbia possiamo vedere uno strano tappeto di tubicini trasparenti, è una colonia di telline (Tellina nitida) completamente immersa nel sedimento, da cui sporgono solo i sifoni filtranti. Più in là, ecco uno strano buco a forma di 8, è un cannolicchio (Solen marginatus), in grado di affondare il suo corpo fino a un metro di profondità.
Minacce e conservazione
Ma, in mezzo a tante creature innocue, si nasconde anche un temibile predatore: la natica (Natica punctata). Assomiglia ad una chiocciola terrestre, ma non è erbivora. Con la sua bocca fornita di dentelli appuntiti, chiamata radula, è in grado di trivellare letteralmente il guscio di un mollusco, e di rilasciare un enzima capace di sciogliere la preda, per poi berla come un frullato.



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