Una delle cose che mi piace di più è il dialogo con le persone, la chiacchiera e, se viene, la battuta.
Se sono davvero persone interessanti, le ascolto e basta.
Al massimo chiedo ragguagli. Questi incontri del mio tipo sono eventi sempre più rari.
Invece la maggior parte degli esseri morenti con i quali mi capita d’incrociarmi, padroneggia l’arte di non ascoltare gli altri.
Conoscendoli devi scegliere con cura un argomento che in qualche modo non dico li colpisca al cuore, ma almeno li sfiori sulla pellaccia.
È inutile perché ti guardano con occhi distratti e lontani.
Non sanno trattenersi per più di qualche secondo e t’interrompono iniziano a parlare d’altro, di se stessi ovviamente, ossia dell’argomento che più di ogni altro li appassiona e coinvolge.
La banalità trionfante, immancabile.
Credevo fosse una disfunzione di certe categorie di persone, e invece costato essere un tratto comune in molti individui di tutte le estrazioni sociali.
Siamo un paese di vecchi, siamo un paese vecchio dentro, chiuso, meschino, pigro e senza speranze, perché persino i sogni costano fatica e noi quella fatica non la vogliamo fare, e brontolare senza costrutto è più facile e dà tanta soddisfazione, perché questo i vecchi fanno sempre, da sempre: brontolano dando la colpa al destino del mondo che han costruito e che contribuiscono a mantenere in vita.
Sono giunto alla conclusione che il nostro è' un paese di vecchi che non corrono nessun rischio di essere sfrattati dal potere, perché gli altri più giovani non sono in grado di farlo, convinti che sia troppo faticoso e non convenga, e soprattutto perché per sfrattare una generazione dal potere bisogna prima fare lo sforzo di avere in testa una visione alternativa dello stesso, e questo non è possibile, perché la vecchia visione del potere a loro va benissimo così com’è.
1 commento:
Chiedendo perdono al grande Carlo Levi, cosa dire, "Cristo si è fermato...a Grado".
Ennio, varda avanti e non bassilare.
Te saludo, B.
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