Mi è capitato qualche giorno fa un incontro/scontro, non cercato ne voluto, con un cretino, le riflessioni sono inevitabili.
La parte più lunga del mio viaggio, non la più eccitante, si chiama “maturità”.
È il tunnel che imbocchi quando ti rendi conto che i cretini sono inevitabili e, in qualche misura, invincibili.
Non c'è errore più grande che prenderli di petto, ed è un errore che ho commesso così volentieri in gioventù.
Non vedevo l'ora di scontrarmi con un cretino per dirgli: Cretino! Che gran soddisfazione.
Ma durava pochi istanti, e lasciava un gusto amaro.
Ti ci vuole tutta la maturità per capire che un cretino, se gli dai del cretino, non migliora.
Si offende, si arruffa, fa la ruota, mostra le unghie, "impira i oci", comincia ad abbaiare, chiama i parenti, gli amici altolocati, e resta un cretino.
Ti va già bene se non ti trascina con sé (è contagiosa, la faccenda).
È una patologia seria, forse genetica, di certo incurabile nei soggetti adulti, e io pensavo di guarirla con cosa?
Con la verità? Non funziona.
Non è un rimedio, la verità, a volte diventa un semplice dettaglio, la verità, una curiosità.
Non si agita uno specchietto davanti a un toro nell'arena: all'inizio era un'idea divertente, ma alla fine capisco che non è sano.
Passerò il resto del mio viaggio ad aggirarli, i cretini, a provare a raggirarli, metterli nella condizione di fare cose intelligenti senza accorgersene, mordendomi la lingua ogni volta che il grido “cretino” ti cresce in gola.
Ma che rabbia essere maturi.
1 commento:
Non serve dire la verità, quella che può far male, se non cambia persone o situazioni. Ti crei inutilmante dei nemici.
Meglio star zitti e cercare chi ti somiglia.
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