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01 ottobre, 2013

Domenico Marchesini

In contraltare all' esposizione mediatica e riesumatoria consumata due volte, meritata per carità, da barba Bastian Scaramuzza al quale comunque nessuno ha dedicato l' attenzione minima che vorrebbe corretta la data di nascita sulla lapida a lui dedicata,  io ripropongo una personaggio più verace meno volatile, più aderente alla realtà quotidiana di una Grado d' epoca:

Domenico Marchesini

Lui e la sua lingua rimangono nel presente: non si arriva alla trascendenza e alla trasfigurazione lirica.

Marchesini non mitizza il suo mondo, non ha bisogno di compiere per esso un recupero nella memoria, non sorge in lui il desiderio o la necessità di questo itinerario spirituale. 
Esprime il rimpianto del tempo che fu e ne fa una idealizzazione sentimentale, di tipo casalingo e, come i gabbiani o le anatre, si trova bene nella sua laguna.

Più che "rappresentarlo" Domenico Marchesini ci "presenta" il microcosmo gradese: 
un nucleo la cui struttura sociale si esaurisce in pochi elementi: 
i pescatori di mare e di laguna, gli artigiani e i sabionanti.

E gli artigiani allora si chiamavano "artisti", ed erano artisti che per poter vivere in quella società costruita su un'economia del tipo più primitivo  erano spesso costretti a esercitare più "arti" contemporaneamente. 


Marchesini di questo "mondo picolo" è cosciente, e con insistenza gli pone di fronte, quasi a contrappeso spirituale, l'emblema di San Marco e il riflesso splendore della Serenissima, per cui i pescatori "comandauri del palù" ricevono una patente di nobiltà d'antica data e diventano cortesani e, pur nei loro miseri "casuni", i custodi eletti di un'eredità gloriosa e glorificante. 

In questa laguna, la pesca, era d'altra parte la vita stessa del paese. 
Una vita durissima: la pesca che impedisce di morire di fame e gli strumenti di essa sono sempre presenti, e  nel linguaggio hanno forma di modi di dire ed espressioni metaforiche: 
al pulindron , la mota, le cane, la batela; 
i pesci con la loro qualità più o meno pregiata rappresentano i ceti sociali, bransini e cepe , dall'alto verso il basso.

Tutte espressioni che si possono capire ma non tradurre, perché traducendole si distruggono, aderenti come sono alla sostanza isolana, come un affresco è tutt'uno col muro che lo porta.


La elementare durezza di questa vita di mare e di laguna spiega anche gli ideali di beatitudine, che si configurano nell'assenza del massacrante lavoro quotidiano, lo stah de bando  e nelle pochissime feste, che dovrebbero essere religiose ma  si presentano con il tumultuoso e spumeggiante aspetto di una godereccia sagra popolare.

Ecco Domenico Marchesini un graisan tra graisani.


Contrà


Qui! de in Cavo-de-Palasso

E de in Corte, duti fora
Li 'ntendeno su e co un brasso 
Anche qui! in Borgo-de-Fora! 
Thu! de Piassa e Cul-de-Muro 
Ve sfideno sie per tre.

Ocio eee! ... che caté '1 duro 
Se sto gatolo passé! 

Sapevatelo!

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