Ottobre è il mio mese, per varie e importanti ragioni, le più importanti la nascita di mia figlia e della mia nipotina, ma anche:
Perché è il mese in cui tutto è incerto.
Perché è l’anello più debole nella catena del tempo e delle stagioni, il passo zoppicante, il tratto di penna più incerto; e come tutti gli anelli deboli alle catene, è quello che lascia intravvedere l’imprevista possibilità della fuga e del ritorno.
Perché si lascia scoprire di soppiatto, come un frusciare d’ali che non t’aspetti, che senti salire lentamente ed è come un lentissimo tuffo nel battito del sangue.
E' il mese che alle cinque del pomeriggio guardi il cielo e il cielo ha un colore che appassisce.
Perché ha il sapore dello disfarsi e dello svanire.
Ma contiene in sé una promessa, che rimarrà nascosta per altri mesi, e che sarà un rimpianto.
Perché è il tempo dei progetti e dei ripensamenti, il tempo del futuro semplice e del passato remoto.
Perché è il gesto che socchiude, senza coraggio, non abbastanza sfacciato da sembrare definitivo; ma è in quella sua timida, esitante lentezza che avverti una perentorietà che non ti lascia scampo.
La porta sempre chiusa… Perché ottobre non ammette repliche.
E anche perché il mare, a ottobre, è bellissimo.
Come se riportasse a terra la spossatezza e la folla e gli urli e i giochi e le corse e le rincorse dell’estate: disfatti.
Come se li restituisse stancamente volentieri: piccolo omaggio alla transitorietà delle cose umane e lieve sussurro di rassicurazione, pronunciato controvoglia.
Perché è il mese degli ossi di seppia e delle alghe marce e degli odori sciroccali di acqua salata imputridita.
E, infine, perché è inattesa luce nuova sul lento placarsi delle onde.
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