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16 febbraio, 2016

I Batelanti in Palù


Profittando della bellissima immagine di un rematore gradese del 1926 pubblicata dalla Filologica Friulana parliamo oggi della nobile arte del
Batelante di Laguna:

Un tempo In laguna i casoneri erano stanziali ma il prodotto della pesca quotidiana doveva essere venduto, allora ecco l'esigenza di un efficiente servizio di raccolta.

Il lavoro veniva svolto dai batelanti, che prelevavano dai casoni il pesce segnandone la quantità e il proprietario mediante intagli e segni di riconoscimento dei nuclei familiari, su una assicella di legno detta  "tessera". 

I casoneri si recavano poi il sabato o in occasione di qualche festività a Grado a riscuotere il denaro dovuto.

Gigi Strolo, Giovani Mazaneta e Giovanni Sata e l' ultimo Giovanni Vadori (Peverin): questi i nomi dei batelanti; il loro giro li portava da Anfora a Morgo, da Sototerena a Sdoba.

Mare e laguna erano ricchissimi di pesci, sia come specie sia come quantità, e il vero problema in verità non era catturarlo - a quanto raccontano i vecchi bastava piantare a caso la fiocina nel fondo o calare una togna -ma venderlo.

I batelanti erano anche coloro che diffondevano le notizie del paese in Laguna, quante baruffe - a volte passavano mesi per il ritorno a Grado e le notizie si condivano con la fantasia -sono nate per incomprensioni derivate da uno scherzo del batelante.

Ma la velocità della batela o del passo d'uomo non era certo il modo ideale per consentire una rapida distribuzione e garantire la qualità di un prodotto fragile e deperibile come il pesce. 

In questa difficoltà oggettiva sta in buona parte la causa della miseria del passato: l'impossibilità di sfruttare adeguatamente le risorse esistenti per mancanza di comunicazioni e mezzi di trasporto.

Esisteva ed era molto praticato il capillare e spicciolo commercio rappresentato dal baratto del pesce in cambio di farina da polenta o altri viveri svolto quotidianamente dai lagunari più vicini alla terraferma e da un certo numero di donne gradesi, che andavano in Friuli estate e inverno, a piedi, con una gocciolante cassetta di pesce in testa o, chi poteva, con un triciclo.  


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3 commenti:

mario corbatto ha detto...

Cò geremo mamuli, ciacolo dei primi ani '60, vigniva Bastian, un omo grando e grosso comò pochi, cò una bici fragelagia, a vende rasse mute e vovi. Quela volta stevo in Colmata. Al sigheva: "I vovi frischi, femene...". E noltri drio: "I vovi marsi, femene...". Al ne vardeva de bruto, ma no'l ne à mai dito ninte... Gnò mare la me diseva che al 'ndeva in Friul a baratà pesse cò rasse, vovi e oltro... Più grando, primi ani '70, 'ndevo a scuola a Gorissia. Ogni tanto capiteva che prima de Beveder la coriera la sorpasseva al triciclo de garghe femena che la 'ndeva in Friul a vende pesse. Ne gera dò o tre, le ultime. Una gera Bianca Rossa...

Ennio Pasta ha detto...

Bela immagine Mario, tu che tu ha memoria storica e tu son apassionao de Gravo, ancora più stando lontan, tu podaravi mandame garghe storia de elaborà e publicà sul blog, lo faravo con grande gusto, ciao Ennio Lugnan

mario corbatto ha detto...

Ciao Ennio e grassie de la considerassion... stago però ancora a Gravo. Vego che che me vien in suca e te fasso savè de siguro, anche se me par che la tova memoria storica (archivio documentale compreso!!!) xè difficile de superala...
Geri me son sbagliao: gera Aneta Rossa.... domando scusa a duti... ciao
M